Puse è la protagonista vera di un romanzo.
No, aspetta, rifaccio, partiamo dall'inizio.
Un giorno ricevo via mail la richiesta del permesso di inviarmi un regalo, una forma di delicatezza che so mi sarebbe stata riservata anche se non fosse stata motivata dalla necessità di chiedermi un indirizzo al quale inviarlo, perché delicatezza non formale ma parte delle qualità (e quindi a prescindere) dei mittenti.
Fornito l'indirizzo della zia, che essendo io sempre via mi fa da gentile casella postale, attendo.
Anzi attendiamo, perché la sorpresa, mi viene detto, fa stare sulle spine anche chi me l'ha inviata dal momento che, mi si anticipa, già l'apertura del plico sarà in sé una sorpresa.
Laurea honoris causa in Creazione Aspettativa, difficile riuscire a superarli, il gradino superiore è una stella cometa da seguire e poi chissà cosa trovi, c'è chi dice Gesù, io ci mettevo il mio Fiammiferino ed era lo stesso.
Finalmente arriva il plico, finalmente lo apro, finalmente capisco e mi chiedo perché non ci sia a quel punto anche la cometa.
Ok ho capito, non avete capito.
Questo perché quando vedete una foto non ci cliccate mai sopra e quando vedete una parola evidenziata pensate sia solo una parola evidenziata, quindi andiamo di bricioline di pane:
Ingrandite la foto.
Fatto?
Bene, ora leggete la carta.
Fatto?
Bene, ora cliccate qui
Capito ora?
Allora adesso facciamo che quello che ho provato quando ho aperto quel pacco non ci provo nemmeno a spiegarlo.
Troppe cose, troppe direzioni, troppi piani sovrapposti in maniera perfetta, troppi bersagli centrati in un colpo solo.
Dico solo che per me il regalo poteva fermarsi lì, nel punto in cui qualcuno ha saputo così tanto farsi millimetrico, cos'altro avrebbe potuto farsi altrettanto intenso, quale contenuto avrebbe potuto essere capace di relegare un pensiero tanto grande a mero contenitore, di quale asso i mittenti sapevano di disporre, per potersi permettere una scommessa tanto alta come può esserlo la perfezione ridotta a involucro?
È il 1919, a Zara, in anticipo di due mesi sui nove di noi riflessivi e prudenti nasce Puse, al secolo Jelka, Elena, già dal numero dei nomi capisci che una vita non basterà a un pipistrello che da quel momento vivrà l'intera sua esistenza con la stessa tenacia e forza spese per recuperare quei due mesi vinti al tavolo dell'ansia di iniziare a vivere due mesi più di chiunque altro, di dare al mondo anche il suo volto, la sua voce, le sue domande e le sue soluzioni il prima possibile.
Di Puse, di come Puse abbia messo il suo sigillo sui principali fatti storici che hanno fatto da cornice alla sua immensa vita, si conoscerà da quel momento in poi solo la parte che Vinka, Mamma, ha deciso di raccontare in un diario scritto perché facesse esattamente ciò che ha fatto: sopravviverle e, sopravvivendole, renderla eterna.
Quello che quando Vinka decise di iniziare una cosa meravigliosa come solo un diario che raccontasse la vita del suo piccolo pipistrello avrebbe potuto essere non poteva sapere, è che non stava dando il via a un diario, ma stava dando il La a una storia che sarebbe diventata una matrioska, un gioco di storie ciascuna contenente una seconda storia, contenitore di una terza storia, l'una protezione custodia e narratrice dell'altra, dentro le quali una quarta storia si sarebbe fatta prezioso contenitore di prezioso contenuto: Puse.
Quel semplice diario non chiedeva di essere tanto, ma non avrebbe mai potuto essere meno di ciò che è diventato.
La storia di Puse è racchiusa nella storia di Vinka e qui vale la pena di aprire una parentesi.
Non una sola pagina vede Vinka protagonista, non una sola pagina vede Vinka essere meno che protagonista.
Bisogna essere depositarie di qualcosa che assomiglia al vero e proprio dono, all'alchimia, ciò che qualcuno con felice sintesi chiama Grazia, per riuscire a essere madre in un modo tanto discreto e nello stesso momento tanto intenso.
Capace di amare tutti e tre i propri figli e nello stesso momento di riservare al suo piccolo pipistrello quel di più che sa farsi esclusiva senza togliere nulla agli altri.
Un equilibrio, il filo di un rasoio sul quale solo una madre fatta dell'essenza dell'essere madre avrebbe potuto e saputo muoversi con tanta materna perfezione.
Una vita condotta non insieme ma accanto, non diga per arginare le naturali tendenze che solo una vita in via di sviluppo può rendere esondanti, ma letto per accogliere il fiume che fu Puse con la sua corrente impetuosa, con la sua portata, con le sue anse improvvise e le sue cascate.
Non si offenderà Manuela, non se ne avrà a male Puse né verrà a trovarmi in sogno per chiedermi conto del perché le abbia dato solo un Distinto se a sua madre ho dato Ottimo, quando la vita con la quale Vinka si è meritata quel punto in più è proprio quella di Puse che allora, come minimo e se il mondo fosse giusto, avrebbe dovuto prendere Ottimo anche lei, ma per quanto mi riguarda la protagonista di quel diario non è Puse ma è sua madre e lo è in maniera inversamente proporzionale alla sua volontà di esserlo.
Che persona preziosa, come avrebbe mai potuto generare meno di una meraviglia?
Mi dispiace Vinka, comprendo il tentativo e dovrebbero fare un monumento alla bellezza della volontà, ma non una sola virgola riesce a non raccontare prima di tutto e sopra ogni episodio la grandezza della madre che sei stata.
La madre contenuta nella vita della figlia, la madre contenitore di quella vita, è tutte le madri, se esistesse un modo perfetto per essere madre quel modo si chiamerebbe Vinka, quanto dev'esser facile essere Puse quando il destino ci ha resi prima di tutto e all'origine di ogni nostro lato dell'anima figli di Vinka, la matrioska Vinka che fa da involucro a Puse anche dopo essersene prematuramente separata, una separazione che farà da traccia e filo conduttore di un'intera vita di continue e reiterate separazioni quasi a voler ricreare quella prima e originale come fosse il palco unico sul quale mamma e figlia possono davvero essere una cosa sola pur senza più esserlo, una placenta possono essere dei cuscini di piume, una voce che non si alza per non deviare il corso naturale del fiume, un cappello riparato, un paltò confezionato in tinta con le ghette, un cane tanto desiderato, una madre che prosegue per sempre la sua creazione eternamente incompiuta, il suo perenne prematuro trenta con il trentuno sempre a un passo ogni volta un metro più in là per il destino, l'ingiustizia, la storia, se Puse avesse saputo che quei due mesi d'anticipo sarebbero stati allegoria della sua intera esistenza, la sua perenne rincorsa dell'ultimo metro verso il giusto, l'esatto, il razionale, sarebbe ugualmente uscita al mondo incompiuta?
Sì, al limite ne avrebbe poi discusso il senso ma indubbiamente sì.
A fare da involucro a Vinka che fa da involucro a Puse c'è la storia del '900 Yugoslavo, meno di un protagonista, più di un semplice contesto storico.
Non solo un Dove e un Quando, come ogni cosa di Puse è un metro in più di ciò che la norma stabilisce e allora è anche, soprattutto, un Perché.
Se Puse è stata Puse è perché quel giorno accadeva un evento che Puse avrebbe potuto vivere nell'unico modo in cui andava vissuto e cioè il suo, se solo il mondo fosse stato a sua immagine quanto sarebbe stata diversa la storia.
Di fascismo si è letto, detto e scritto tutto e il contrario di tutto, tutto tranne il fascismo come l'ha vissuto Puse, un modo che quando lo leggi con gli occhi e i racconti di Vinka che racconta di Puse senti di averlo letto nella sua vera e unica storia, una storia di uomini e poco altro, poca retorica e tanto umano, nel misero sminuito senso che il termine Umano assume quando associato al termine Fascismo.
Il fascismo, ci hanno insegnato, è stato spezzarsi ma non piegarsi, a meno di non essere il fascismo che incontrava Puse sbarcata da una nave presa apposta per andare a piegarlo alla logica, al buonsenso, riuscendoci, chi altri se non lei, capace di piegare ai suoi involontari voleri, quei voleri dai quali riusciva a farsi seguire e precedere nello stesso momento, malattie, equipaggi di navi, posti di blocco, professori così intransigenti che tra lo sminuire lei e sminuire se stessi scelgono di uscire a fumare, se vi hanno detto che il fascismo furono uomini che mai si piegarono sappiate che vi hanno mentito: Puse piegò il mondo a sè e se il destino la poggiò nel mondo insieme al fascismo Puse piegò quello, non fu questione personale, fu contemporaneità storica, fosse stata l'inquisizione avrebbe piegato l'inquisitore portandolo a uomo prima di tutto e a quel punto l'inquisitore non è più nulla, fossero stati i dinosauri avrebbe piegato i dinosauri, Puse semplicemente era fiume e il mondo il suo letto, se non c'è ci pensa il fiume stesso a scavarlo.
Come tutte le donne (e gli uomini) nati all'inizio del secolo scorso, Puse dovette imparare il duello tra l'istinto alla vita e la guerra, guerra nella guerra, natura contro irrazionalità, amore contro bombe, figli contro fame, Puse dà alla luce Tea, che darà alla luce Manuela, quarta generazione attraversata da quel diario che Manuela e Nico hanno deciso di riappoggiare sul fiume del tempo perché riprendesse il suo cammino.
Non nasconde il suo ruolo Manuela, né quello tecnicamente editoriale né quello che il destino decide di assegnarle un giorno di appuntamenti mancati e sigarette mai accese.
La famiglia si unisce, ciascuno con le proprie capacità, fino al punto da studiare il croato pur di tradurre quel diario e così regalargli una non prevista nuova vita italiana.
Rinascere italiani dopo il fascismo per uno yugoslavo è cosa che richiede carattere, riuscire a farlo due volte inserendoci una morte in mezzo, è essere Puse.
Puse è la storia matrice di tutte le storie, la dimostrazione di ciò che è sempre stata una mia convinzione: ciascuno di noi è un romanzo al quale manca solo uno scrittore che gli dia forma.
Tutti quelli della mia generazione hanno avuto accanto la propria Puse, i più fortunati, io tra questi, ancora possono guardarla, ascoltarla e imparare come si vince la guerra delle guerre.
In ogni casa c'è una Vinka, anche se non tutte le Vinka hanno in sé la medesima perfetta sintesi del concetto di madre del quale era dotata Vinka Šperac Bulić.
Ed è questa l'ultima matrioska che contiene tutte le precedenti: la storia di chiunque di noi se solo fossimo capaci di essere Manuela e di incontrare, riconoscere e sigillarsi per sempre al nostro Nico, girarci indietro verso la nostra Tea, che girandosi indietro incontra Puse, che girandosi indietro incontra Vinka.
Quale di questi gradini saprebbe dirsi capace di essere ciò che è o è stato, senza i precedenti a trattenerlo e liberarlo, contenitori e contenuti, madri di madri di madri, matrioske.
Fuori da quella linea solo Nico, il cui valore deve davvero essere pari alla delicatezza con la quale avrà messo piede straniero in una storia così tanto e nello stesso momento così poco sua, una storia che ha saputo dirgli tutto ciò che gli andava detto mettendo semplicemente, silenziosamente, il suo nome in testa alla dedica.
Piccole virgole che sono tappeti rossi, sono Da qui in poi, sono braccia strette al cuore di un grazie per tutto quanto fino lì.
A lui il compito di romanzare e che compito, non c'era altro da aggiungere a quella storia se non la propria impronta italiana al cui estro viene concesso il privilegio di dare qualcosa a una storia che non aveva bisogno di nulla per dirsi romanzo.
Non una pagina senza chiedersi se sia stata davvero così tanto, il sogno di poterlo e saperlo leggere in originale, quale dono per chi ha potuto, a ogni pagina chiedersi se sia il diario così ricolorato ad aver reso Puse così adatta a essere il personaggio di un romanzo, o se sia Puse col suo esser stata un perfetto personaggio da romanzo ad aver reso così facile cucirle addosso un romanzo con la stessa precisione e lo stesso amore con cui Vinka le cuciva addosso vestiti per feste sempre più grandi di lei.
Sapendolo, perché i ruoli di ciascuno vengono dichiarati fin dall'inizio, leggi l'incredibile diario giocando a indovinare quali pennellate siano di Puse, quali di Vinka e quali di Nico, intruso non intruso, straniero con cittadinanza, un ruolo così nuovo e perfetto che alla fine trovi tutto talmente preciso che l'unica cosa che realizzi è che in quell'incredibile storia gli unici due uomini che compaiono con ruoli attivi e responsabili delle direzioni al bivio, sono italiani.
Brava gente.
E giochi a chiederti se il tranello della scopa e dei gradini è davvero avvenuto così o se è in quelle vette di fantasia che puoi leggere l'italiano che ha avuto l'onere e l'onore di colorare quella tela.
Ti chiedi se il professore sia davvero uscito a fumare o se è quello che Nico avrebbe fatto al posto suo, dichiarandolo mettendo anche un po' di se stesso e non solo della sua abilità formale in quella che vista da qui ha davvero i contorni nettissimi dell'occasione della vita per dire un giorno ai propri nipotini ma soprattutto oggi a se stesso di aver fatto parte di qualcosa di magico.
Non la storia di Puse, non il diario, non il libro ma la matrioska, la semplice vita di ciascuno di noi che se solo volessimo, se solo fossimo capaci, conterrebbe quella di tutti quelli che abbiamo intorno e da quella di tutti quelli che abbiamo intorno sarebbe contenuta.
Chiedetele di mandarvene una copia.
Non perché sia un libro migliore di altri o una storia più intensa di altre, ma proprio per il suo non esserlo, perché quello che hanno fatto Tea Manuela e Nico non è raccontare una storia unica ma dare un senso a tutte le storie contenendole in una storia unica iniziata e mai finita, da Vinka che ha scritto la prima riga a Manuela che ha scritto l'ultima.
Per il momento, naturalmente.
Perché questa traduzione non è un modo per diffondere il diario, questa traduzione ne è solo il nuovo capitolo che si svolge in Italia, in Puglia, nel 2014, è sempre Puse, solo che invece di esserlo girandosi indietro, in questo nuovo capitolo lo è guardando avanti.
E da Zara guadando avanti si vede l'Italia, passasse anche un secolo di viaggio Zara guardando avanti vedrà sempre l'Italia e l'Italia guardando avanti vedrà sempre Zara.
È la natura che ha deciso così.
No, aspetta, rifaccio, partiamo dall'inizio.
Un giorno ricevo via mail la richiesta del permesso di inviarmi un regalo, una forma di delicatezza che so mi sarebbe stata riservata anche se non fosse stata motivata dalla necessità di chiedermi un indirizzo al quale inviarlo, perché delicatezza non formale ma parte delle qualità (e quindi a prescindere) dei mittenti.
Fornito l'indirizzo della zia, che essendo io sempre via mi fa da gentile casella postale, attendo.
Anzi attendiamo, perché la sorpresa, mi viene detto, fa stare sulle spine anche chi me l'ha inviata dal momento che, mi si anticipa, già l'apertura del plico sarà in sé una sorpresa.
Laurea honoris causa in Creazione Aspettativa, difficile riuscire a superarli, il gradino superiore è una stella cometa da seguire e poi chissà cosa trovi, c'è chi dice Gesù, io ci mettevo il mio Fiammiferino ed era lo stesso.
Finalmente arriva il plico, finalmente lo apro, finalmente capisco e mi chiedo perché non ci sia a quel punto anche la cometa.
Ok ho capito, non avete capito.
Questo perché quando vedete una foto non ci cliccate mai sopra e quando vedete una parola evidenziata pensate sia solo una parola evidenziata, quindi andiamo di bricioline di pane:
Ingrandite la foto.
Fatto?
Bene, ora leggete la carta.
Fatto?
Bene, ora cliccate qui
Capito ora?
Allora adesso facciamo che quello che ho provato quando ho aperto quel pacco non ci provo nemmeno a spiegarlo.
Troppe cose, troppe direzioni, troppi piani sovrapposti in maniera perfetta, troppi bersagli centrati in un colpo solo.
Dico solo che per me il regalo poteva fermarsi lì, nel punto in cui qualcuno ha saputo così tanto farsi millimetrico, cos'altro avrebbe potuto farsi altrettanto intenso, quale contenuto avrebbe potuto essere capace di relegare un pensiero tanto grande a mero contenitore, di quale asso i mittenti sapevano di disporre, per potersi permettere una scommessa tanto alta come può esserlo la perfezione ridotta a involucro?
È il 1919, a Zara, in anticipo di due mesi sui nove di noi riflessivi e prudenti nasce Puse, al secolo Jelka, Elena, già dal numero dei nomi capisci che una vita non basterà a un pipistrello che da quel momento vivrà l'intera sua esistenza con la stessa tenacia e forza spese per recuperare quei due mesi vinti al tavolo dell'ansia di iniziare a vivere due mesi più di chiunque altro, di dare al mondo anche il suo volto, la sua voce, le sue domande e le sue soluzioni il prima possibile.
Di Puse, di come Puse abbia messo il suo sigillo sui principali fatti storici che hanno fatto da cornice alla sua immensa vita, si conoscerà da quel momento in poi solo la parte che Vinka, Mamma, ha deciso di raccontare in un diario scritto perché facesse esattamente ciò che ha fatto: sopravviverle e, sopravvivendole, renderla eterna.
Quello che quando Vinka decise di iniziare una cosa meravigliosa come solo un diario che raccontasse la vita del suo piccolo pipistrello avrebbe potuto essere non poteva sapere, è che non stava dando il via a un diario, ma stava dando il La a una storia che sarebbe diventata una matrioska, un gioco di storie ciascuna contenente una seconda storia, contenitore di una terza storia, l'una protezione custodia e narratrice dell'altra, dentro le quali una quarta storia si sarebbe fatta prezioso contenitore di prezioso contenuto: Puse.
Quel semplice diario non chiedeva di essere tanto, ma non avrebbe mai potuto essere meno di ciò che è diventato.
La storia di Puse è racchiusa nella storia di Vinka e qui vale la pena di aprire una parentesi.
Non una sola pagina vede Vinka protagonista, non una sola pagina vede Vinka essere meno che protagonista.
Bisogna essere depositarie di qualcosa che assomiglia al vero e proprio dono, all'alchimia, ciò che qualcuno con felice sintesi chiama Grazia, per riuscire a essere madre in un modo tanto discreto e nello stesso momento tanto intenso.
Capace di amare tutti e tre i propri figli e nello stesso momento di riservare al suo piccolo pipistrello quel di più che sa farsi esclusiva senza togliere nulla agli altri.
Un equilibrio, il filo di un rasoio sul quale solo una madre fatta dell'essenza dell'essere madre avrebbe potuto e saputo muoversi con tanta materna perfezione.
Una vita condotta non insieme ma accanto, non diga per arginare le naturali tendenze che solo una vita in via di sviluppo può rendere esondanti, ma letto per accogliere il fiume che fu Puse con la sua corrente impetuosa, con la sua portata, con le sue anse improvvise e le sue cascate.
Non si offenderà Manuela, non se ne avrà a male Puse né verrà a trovarmi in sogno per chiedermi conto del perché le abbia dato solo un Distinto se a sua madre ho dato Ottimo, quando la vita con la quale Vinka si è meritata quel punto in più è proprio quella di Puse che allora, come minimo e se il mondo fosse giusto, avrebbe dovuto prendere Ottimo anche lei, ma per quanto mi riguarda la protagonista di quel diario non è Puse ma è sua madre e lo è in maniera inversamente proporzionale alla sua volontà di esserlo.
Che persona preziosa, come avrebbe mai potuto generare meno di una meraviglia?
Mi dispiace Vinka, comprendo il tentativo e dovrebbero fare un monumento alla bellezza della volontà, ma non una sola virgola riesce a non raccontare prima di tutto e sopra ogni episodio la grandezza della madre che sei stata.
La madre contenuta nella vita della figlia, la madre contenitore di quella vita, è tutte le madri, se esistesse un modo perfetto per essere madre quel modo si chiamerebbe Vinka, quanto dev'esser facile essere Puse quando il destino ci ha resi prima di tutto e all'origine di ogni nostro lato dell'anima figli di Vinka, la matrioska Vinka che fa da involucro a Puse anche dopo essersene prematuramente separata, una separazione che farà da traccia e filo conduttore di un'intera vita di continue e reiterate separazioni quasi a voler ricreare quella prima e originale come fosse il palco unico sul quale mamma e figlia possono davvero essere una cosa sola pur senza più esserlo, una placenta possono essere dei cuscini di piume, una voce che non si alza per non deviare il corso naturale del fiume, un cappello riparato, un paltò confezionato in tinta con le ghette, un cane tanto desiderato, una madre che prosegue per sempre la sua creazione eternamente incompiuta, il suo perenne prematuro trenta con il trentuno sempre a un passo ogni volta un metro più in là per il destino, l'ingiustizia, la storia, se Puse avesse saputo che quei due mesi d'anticipo sarebbero stati allegoria della sua intera esistenza, la sua perenne rincorsa dell'ultimo metro verso il giusto, l'esatto, il razionale, sarebbe ugualmente uscita al mondo incompiuta?
Sì, al limite ne avrebbe poi discusso il senso ma indubbiamente sì.
A fare da involucro a Vinka che fa da involucro a Puse c'è la storia del '900 Yugoslavo, meno di un protagonista, più di un semplice contesto storico.
Non solo un Dove e un Quando, come ogni cosa di Puse è un metro in più di ciò che la norma stabilisce e allora è anche, soprattutto, un Perché.
Se Puse è stata Puse è perché quel giorno accadeva un evento che Puse avrebbe potuto vivere nell'unico modo in cui andava vissuto e cioè il suo, se solo il mondo fosse stato a sua immagine quanto sarebbe stata diversa la storia.
Di fascismo si è letto, detto e scritto tutto e il contrario di tutto, tutto tranne il fascismo come l'ha vissuto Puse, un modo che quando lo leggi con gli occhi e i racconti di Vinka che racconta di Puse senti di averlo letto nella sua vera e unica storia, una storia di uomini e poco altro, poca retorica e tanto umano, nel misero sminuito senso che il termine Umano assume quando associato al termine Fascismo.
Il fascismo, ci hanno insegnato, è stato spezzarsi ma non piegarsi, a meno di non essere il fascismo che incontrava Puse sbarcata da una nave presa apposta per andare a piegarlo alla logica, al buonsenso, riuscendoci, chi altri se non lei, capace di piegare ai suoi involontari voleri, quei voleri dai quali riusciva a farsi seguire e precedere nello stesso momento, malattie, equipaggi di navi, posti di blocco, professori così intransigenti che tra lo sminuire lei e sminuire se stessi scelgono di uscire a fumare, se vi hanno detto che il fascismo furono uomini che mai si piegarono sappiate che vi hanno mentito: Puse piegò il mondo a sè e se il destino la poggiò nel mondo insieme al fascismo Puse piegò quello, non fu questione personale, fu contemporaneità storica, fosse stata l'inquisizione avrebbe piegato l'inquisitore portandolo a uomo prima di tutto e a quel punto l'inquisitore non è più nulla, fossero stati i dinosauri avrebbe piegato i dinosauri, Puse semplicemente era fiume e il mondo il suo letto, se non c'è ci pensa il fiume stesso a scavarlo.
Come tutte le donne (e gli uomini) nati all'inizio del secolo scorso, Puse dovette imparare il duello tra l'istinto alla vita e la guerra, guerra nella guerra, natura contro irrazionalità, amore contro bombe, figli contro fame, Puse dà alla luce Tea, che darà alla luce Manuela, quarta generazione attraversata da quel diario che Manuela e Nico hanno deciso di riappoggiare sul fiume del tempo perché riprendesse il suo cammino.
Non nasconde il suo ruolo Manuela, né quello tecnicamente editoriale né quello che il destino decide di assegnarle un giorno di appuntamenti mancati e sigarette mai accese.
La famiglia si unisce, ciascuno con le proprie capacità, fino al punto da studiare il croato pur di tradurre quel diario e così regalargli una non prevista nuova vita italiana.
Rinascere italiani dopo il fascismo per uno yugoslavo è cosa che richiede carattere, riuscire a farlo due volte inserendoci una morte in mezzo, è essere Puse.
Puse è la storia matrice di tutte le storie, la dimostrazione di ciò che è sempre stata una mia convinzione: ciascuno di noi è un romanzo al quale manca solo uno scrittore che gli dia forma.
Tutti quelli della mia generazione hanno avuto accanto la propria Puse, i più fortunati, io tra questi, ancora possono guardarla, ascoltarla e imparare come si vince la guerra delle guerre.
In ogni casa c'è una Vinka, anche se non tutte le Vinka hanno in sé la medesima perfetta sintesi del concetto di madre del quale era dotata Vinka Šperac Bulić.
Ed è questa l'ultima matrioska che contiene tutte le precedenti: la storia di chiunque di noi se solo fossimo capaci di essere Manuela e di incontrare, riconoscere e sigillarsi per sempre al nostro Nico, girarci indietro verso la nostra Tea, che girandosi indietro incontra Puse, che girandosi indietro incontra Vinka.
Quale di questi gradini saprebbe dirsi capace di essere ciò che è o è stato, senza i precedenti a trattenerlo e liberarlo, contenitori e contenuti, madri di madri di madri, matrioske.
Fuori da quella linea solo Nico, il cui valore deve davvero essere pari alla delicatezza con la quale avrà messo piede straniero in una storia così tanto e nello stesso momento così poco sua, una storia che ha saputo dirgli tutto ciò che gli andava detto mettendo semplicemente, silenziosamente, il suo nome in testa alla dedica.
Piccole virgole che sono tappeti rossi, sono Da qui in poi, sono braccia strette al cuore di un grazie per tutto quanto fino lì.
A lui il compito di romanzare e che compito, non c'era altro da aggiungere a quella storia se non la propria impronta italiana al cui estro viene concesso il privilegio di dare qualcosa a una storia che non aveva bisogno di nulla per dirsi romanzo.
Non una pagina senza chiedersi se sia stata davvero così tanto, il sogno di poterlo e saperlo leggere in originale, quale dono per chi ha potuto, a ogni pagina chiedersi se sia il diario così ricolorato ad aver reso Puse così adatta a essere il personaggio di un romanzo, o se sia Puse col suo esser stata un perfetto personaggio da romanzo ad aver reso così facile cucirle addosso un romanzo con la stessa precisione e lo stesso amore con cui Vinka le cuciva addosso vestiti per feste sempre più grandi di lei.
Sapendolo, perché i ruoli di ciascuno vengono dichiarati fin dall'inizio, leggi l'incredibile diario giocando a indovinare quali pennellate siano di Puse, quali di Vinka e quali di Nico, intruso non intruso, straniero con cittadinanza, un ruolo così nuovo e perfetto che alla fine trovi tutto talmente preciso che l'unica cosa che realizzi è che in quell'incredibile storia gli unici due uomini che compaiono con ruoli attivi e responsabili delle direzioni al bivio, sono italiani.
Brava gente.
E giochi a chiederti se il tranello della scopa e dei gradini è davvero avvenuto così o se è in quelle vette di fantasia che puoi leggere l'italiano che ha avuto l'onere e l'onore di colorare quella tela.
Ti chiedi se il professore sia davvero uscito a fumare o se è quello che Nico avrebbe fatto al posto suo, dichiarandolo mettendo anche un po' di se stesso e non solo della sua abilità formale in quella che vista da qui ha davvero i contorni nettissimi dell'occasione della vita per dire un giorno ai propri nipotini ma soprattutto oggi a se stesso di aver fatto parte di qualcosa di magico.
Non la storia di Puse, non il diario, non il libro ma la matrioska, la semplice vita di ciascuno di noi che se solo volessimo, se solo fossimo capaci, conterrebbe quella di tutti quelli che abbiamo intorno e da quella di tutti quelli che abbiamo intorno sarebbe contenuta.
Chiedetele di mandarvene una copia.
Non perché sia un libro migliore di altri o una storia più intensa di altre, ma proprio per il suo non esserlo, perché quello che hanno fatto Tea Manuela e Nico non è raccontare una storia unica ma dare un senso a tutte le storie contenendole in una storia unica iniziata e mai finita, da Vinka che ha scritto la prima riga a Manuela che ha scritto l'ultima.
Per il momento, naturalmente.
Perché questa traduzione non è un modo per diffondere il diario, questa traduzione ne è solo il nuovo capitolo che si svolge in Italia, in Puglia, nel 2014, è sempre Puse, solo che invece di esserlo girandosi indietro, in questo nuovo capitolo lo è guardando avanti.
E da Zara guadando avanti si vede l'Italia, passasse anche un secolo di viaggio Zara guardando avanti vedrà sempre l'Italia e l'Italia guardando avanti vedrà sempre Zara.
È la natura che ha deciso così.
Per chi non l'avesse capito, Manuela e Nico sono, rispettivamente, PdM-Lei e PdM-Lui.
RispondiEliminaScusate, non ho letto tutto il post e non ho letto niente, ho visto solo Zara, 1919, la storia siamo noi e tanto mi è bastato.
RispondiEliminaIl PdM, lui e lei: sappiate che io sono innamorata di Trieste e dell'Istria, e questa cosa è iniziata dalla quinta elementare, ho fatto una ricerchina per l'esame di quinta sul Friuli Venezia Giulia - viggiuro è una cosa incredibboli, io vi sento già fratelli.
Cherì, puoi farmi da ponte e mandare loro il mio indirizzo mail?
Daidaidaidai.
Mi laureo su Attilio Selva ragazzi, e grazie a quel "fiòl de un can" de Trieste ho scoperto un universo mondo - che, pur essendo anni luce distante, sento mi appartiene.
baci a tutti, la giornata inizia alla grande! :)))
(... altro che ruote di pavone, qua)
@bongiorno: leggi prima tutto il post, vale assaje.
EliminaCon piacere aspetto ponte e tramite.
E oggi le 50 sfumature di rosso diventano le mie, quelle con cui avvampo di gratitudine e felicità per aver meritato tutte queste parole, questo prezioso spazio, e gli occhi e il cuore di chi vorrà scoprire e amare Puse.
(Uno stormo, di pavoni, altrochè. Urlanti, pure)
sei un ragazzo fortunato perché t'hanno regalato un sogno ...
RispondiEliminascomodo pure uno dei tuoi numi tutelari perché sei davvero fortunato!
tu sei un catalizzatore. provochi reazioni meravigliose ma a differenza di quanto ci dice la chimica non rimani inalterato. anzi. e noi con te. ora che io sia facile alla commozione è un dato di fatto. che io stamani stessi balzando di frase in frase come di roccia in roccia per arrivare prima alla fine e sapere come andava a finire il post, per poi rileggerlo con più calma è un altro dato di fatto. e alla fine a me è venuta in mente l’immagine di una collana. un filo ad annodare ad una ad una Vinka, Puse, Tea, Manuela. e Nico per fermaglio. ma di quelli che non solo servono a chiudere, ma che danno risalto alla collana stessa.
(e quell’involucro non è un incarto ma un incanto).
broono puoi far scattare l’operazione ponte?
Oh, anche per me, anche per me, pliiis, l'operazione ponte!
RispondiEliminaChé stamattina mi son letta questo post stupendo e non sapevo se i brividi che provavo e i polsi che tremavano fossero per via della febbre o per quello che stavo leggendo, ma poi ho capito che per quanta febbre io potessi avere, e stamattina non ne avevo poca addosso, i brividi provocati da questo post avrebbero sempre superato tutte le febbri del mondo e le avrebbero annullate di colpo, per lasciarmi assieme alle sensazioni purissime che ho provato.
Eppoi sì, non è vero che il catalizzatore rimane inalterato, cioé apparentemente sì, a livello macroscopico sì, ma quando le molecole di cui si è composti hanno l'occasione di venire a contatto con qualcosa di così speciale come quello che è scritto in questo post, quelle molecole vengono cambiate per sempre, e niente sarà mai più uguale, e quanto è immenso rendersene conto.
Ora ecco, è che rileggendo il commento che ho lasciato dopo il post sembro una demente - e in parte lo sono eh, peccarità. :)
RispondiEliminaPerò non è la ricerca delle elementeri: è andare a Trieste e sentir parlare un non-più-bambino istriano sfollato, e giù cren e bianco dal Carso - ma che ti dico a fare Carso se non ci sei mai stato - e prosciutto in crosta, e lesso e bombardino, e tornare a casa con un poncino caldo e la bora, ché quando io ti dicevo anni orsono che a Trieste sì che - e appena dico Trieste, si scatena un irradiamento che riguarda ogni confine, ogni matriosca, ogni storia intrecciata che solo chi ha nonni austriaci o zii slavi può capire.
E poi mi venivi a dire che tra i libri polverosi, io mi ero innamorata di qualcuno.
Epperforza, eh.
Ci penso io a fare da ponte e mai immagine fu più azzeccata visto che di storia di fiume si tratta.
RispondiEliminaDatemi(ci) il tempo di rientrare da questa faticosissima vacanza e poi risolviamo.
Nel frattempo una precisazione:
Correttamente Manuela mi comunica il mio essere caduto in un malinteso: Nico non è il suo compagno ma è suo padre, quindi il marito di Tea.
Precisazione doverosa che lascia inalterato quanto scritto su di lui.
In fondo, anche se una generazione prima, sempre di maschio "fuori dalla linea" si tratta, con anesso ruolo e fortuna conseguente.
Diciamo che in questo caso malinteso si fa parafrasi e quel PdM-Lui, senza nulla togliere al silenzioso vero attuale Lui, può essere inteso come Prima di Manuela - Lui.
Suo padre, appunto.
Tappeto rosso alla linea parallela alle donne Puse - Tea - Manuela, quindi.
Franco - Nico - Claudio.
Non cambia quanto immaginato, se non per la generazione d'appartenenza.
(Per il resto grazie grazie e grazie, anche per l'azzardo di spingersi a cirare Jovanotti)
Ah no, anche un'altra cosa per Elena prima di andare a nanna (sto facendo una vita da pensionato che levati, sto persino riscoprendo il magico mondo del pisolino doposole/precena...ma che meraviglia):
RispondiEliminaUn grazie speciale per "Il bar delle grandi speranze" e lo dico adesso che sono all'inizio e già ho capito come mi rivolterà la pancia e non so come ne uscirò alla fine, quindi diciamo grazie prima.
Sette chili di carta che in altri contesti ci metterei un mese a leggere e invece qui mi segue al mare, mi segue a cena, mi segue al pub e in tre giorni lo finirò con il dispiacere, già lo so, di non averne altri sei uguali a disposizione.
E ci hai pure messo quel "Spero ti piaccia" nella dedica.
Certo, chissà, mah, può essere, magari no, magari sì.
Una lama.
Quanto sapete essere sottili voi donne, eh, quanto?
E quanto devo essere io un libro (appunto) aperto, per essere infilzato con così tanfa precisione ogni volta, eh, quanto?
@Bruno: tanto, direi proprio tanto.
RispondiEliminaE quel monosillabo tra parentesi al terzo rigo dell'una e cinquantotto promette post molto interessanti, direi.
Ci mettiamo comodi: racconta.
io mi faccio pure un pisolino.
RispondiEliminaoh... attento a non ribaltare giù dal materassino eh, mettitti i braccioli!!
(buon proseguimento)