Mamma Mària era una di quelle persone che non avevano paura di andare in pensione.
Lei sapeva che quella non era la fine, ma finalmente l’inizio di una nuova fase della sua vita nella quale finalmente avrebbe potuto dedicarsi a quello che aveva sempre sognato.
Non era triste, infatti, Mamma Mària.
Anzi.
Decise così di dedicarsi a quello che per molte è un hobby come un altro, mentre per lei diventò subito la sua nuova attività, come avrebbe voluto e dovuto fare da anni.
Era più brava delle altre, del resto, Mamma Mària.
E come tutti i componenti della famiglia di Mario, che quando fanno qualcosa lo fanno in grande stile, invece di limitarsi a fare i lavoretti per passare il tempo, iniziò a inventare degli oggetti così belli che in breve lo spazio per soddisfare le richieste che riceveva non le bastò più, le persone interessate non furono più le solite due o tre amiche, quello che prima stava su un tavolo la portò ad affittarsi un laboratorio tutto suo.
Per finire con l’attirare, come è giusto che sia, su di sé l’interesse persino di un giornale, che le chiese di scrivere qualcosa per raccontarsi.
Lei chiese a Mario di scrivere qualcosa per quel giornale, perché se lei è brava con i pennelli, Mario, dice lei, era bravo con le parole.
Mario allora scrisse questo per il giornale:
“Il giorno che disse: “Sparecchiamo in fretta che voglio provare a fare una cosa”, Silvia, non immaginava che, da quel giorno in poi, non avrebbe mai più apparecchiato nello stesso modo.
Aveva sempre avuto, in realtà, qualcosa di colorato in mente, ma non aveva mai fatto spazio sul tavolo per vedere cos’era.
Che qualcosa quel giorno cambiò, fu chiaro a tutta la famiglia, la quale da quel giorno vide lentamente ma costantemente ridursi il numero dei piatti nei quali mangiare e dei bicchieri nei quali bere.
In compenso in casa iniziarono a comparire portacandele dedicati e vasi antichi e le pareti pian piano si coprirono di vetri colorati e di fotografie d’arte.
Trovare un vero e proprio inizio a tutto questo non è cosa semplice; ma forse non sarebbe neanche giusto farlo, visto che se inizio c’è stato è agli anni di bambina che bisogna andare con la memoria.
Perché si può imparare a qualsiasi età a suonare uno strumento, ma la musica bisogna averla amata da sempre per riuscire a suonare qualcosa di emozionante. Come è anche possibile dedicarsi alle piante quando finalmente se ne ha il tempo, ma quando arriverà il freddo, solo chi da sempre ha osservato i fiori saprà non esporli al vento.
Silvia quel giorno non scoprì che aveva da sempre guardato le cose in una maniera diversa, perché quello l’aveva sempre saputo, Silvia quel giorno scoprì semplicemente come farle vedere anche agli altri così come le immaginava lei, diverse.
Non credeva fosse così semplice far vedere anche agli tutto quello che vedeva lei, non immaginava fosse così facile dare ad un oggetto quel sapore diverso, quel fascino tutto personale che alle persone spesso sembra irraggiungibile, più per mancanza di voglia che per assenza di capacità.
E tutti, intorno a Silvia, si accorsero che era vero, che bastava sedersi un momento, in silenzio, per riuscire a far nascere qualcosa di bello da un semplice pezzo di vetro, da una semplice scatola di legno.
Non chiedeva un pubblico speciale, Silvia; le bastavano le persone che aveva intorno, la sua famiglia.
Da quel giorno ogni pasto era un’occasione di festa, ogni amico che veniva a trovare la famiglia diventava un inconsapevole osservatore, sempre più spesso compiaciuto, di una casa che ogni giorno si trasformava in qualcosa di diverso con cose semplici, con poco tempo, con la fantasia.
La fantasia.
Silvia pian piano imparò a raccontare a chi le stava intorno il suo modo di vedere le cose, il suo modo di trasformarle, il suo modo di farle nascere, e più raccontava più le persone ascoltavano, scoprivano, apprendevano.
Nacquero così, spontaneamente, serate nelle quali le amiche la andavano a trovare per imparare quel modo tutto personale di raccontare le cose, con la fantasia.
Serate all’insegna dell’amicizia, delle confidenze, della buona cucina e del tempo passato in piacevole compagnia, mentre carta e colori scandivano il tempo in maniera discreta e silenziosa.
Col passare del tempo, queste serate, da occasionali incontri, si trasformarono in appuntamenti ricercati da quelle stesse amiche che un giorno dopo l’altro sentivano nascere la voglia di raccontare quelle stesse cose che fino ad allora avevano solo ascoltato.
Silvia aveva imparato che se la fantasia è innata, non è da tutti saperla raccontare, e per questo accettò di insegnare a chi ne sentiva il desiderio, quelle cose che avevano permesso per prima a lei di vederla materializzarsi in oggetti semplici nella realizzazione, ma affascinanti nel loro comunicare un’idea, un gesto, un piacere.
Non c’era mai, in queste serate, l’intenzione di fare scuola, c’era al contrario la voglia di offrire quei piccoli segreti nati dalla sua capacità di aggiungere alle tecniche e alle regole base del Decoupage quel tocco personale e quella capacità di non fermarsi a ciò che qualsiasi libro o manuale possono offrire a chiunque abbia voglia di avvicinarsi con curiosità a questa arte, con la stessa passione e la stessa bravura di chi ad una ricetta nota e accessibile a tutti, ha saputo aggiungere un ingrediente particolare che rende quel piatto speciale e diverso da tutti gli altri.
Come un amore improvviso, il sempre crescente piacere di creare e vivere tutto questo ha fatto nascere in Silvia la voglia di avere uno spazio suo, personale, dove regalare a questa passione il tempo che sentiva meritare e che in maniera spontanea esigeva in maniera sempre crescente.
Oggi Silvia finalmente vive e condivide questa sua passione nel suo laboratorio a Niguarda, a pochi passi da quella casa dove fino a poco tempo fa quello che sembrava essere soltanto un modo come un altro per passare il tempo, si trasformò, grazie alla fantasia, in un modo per fermarlo.
Un laboratorio nel quale Silvia, dalla sua casa, ha portato, insieme ai colori, ai pennelli, alla carta e al legno, al vetro e ai metalli preziosi, quelle piccole e semplici cose per portare le quali non servono scatole né sacchetti, automobili o braccia forti, quelle piccole cose che rendono tutto questo qualcosa di speciale, di diverso.
La sua fantasia, la sua amicizia e la sua capacità di raccontare tutto questo a chi ha voglia di regalare a se stessa e ai suoi desideri quel tempo che lei, con un semplice disegno, ha saputo fermare.”
E il giornale lo pubblicò.
Con la foto del laboratorio dove Mamma Mària finalmente faceva quello che amava fin da bambina, fare.
Creare.
Mario un po’ aveva preso da Mamma Mària.
Se non altro la voglia di guardare le cose sempre con occhi colorati, nonostante una vita non proprio semplice.
Ma anche Mamma Mària aveva preso qualcosa da Mario.
Aveva infatti aperto anche un sito internet
Mamma Mària oggi compie gli anni.
E se la conosceste, capireste perché Mario è venuto su così.
Così bene, intendo.
Mario, quando cantava nel locale, cantava tante canzoni, ma quando Mamma Mària andava a sentirlo lui le cantava sempre una canzone.
E adesso che Mario non canta più glie la mette qui, che non è la stessa cosa, ma va bene lo stesso.
Tanto lei se lo ricorda come glie la cantavo.
Lei sapeva che quella non era la fine, ma finalmente l’inizio di una nuova fase della sua vita nella quale finalmente avrebbe potuto dedicarsi a quello che aveva sempre sognato.
Non era triste, infatti, Mamma Mària.
Anzi.
Decise così di dedicarsi a quello che per molte è un hobby come un altro, mentre per lei diventò subito la sua nuova attività, come avrebbe voluto e dovuto fare da anni.
Era più brava delle altre, del resto, Mamma Mària.
E come tutti i componenti della famiglia di Mario, che quando fanno qualcosa lo fanno in grande stile, invece di limitarsi a fare i lavoretti per passare il tempo, iniziò a inventare degli oggetti così belli che in breve lo spazio per soddisfare le richieste che riceveva non le bastò più, le persone interessate non furono più le solite due o tre amiche, quello che prima stava su un tavolo la portò ad affittarsi un laboratorio tutto suo.
Per finire con l’attirare, come è giusto che sia, su di sé l’interesse persino di un giornale, che le chiese di scrivere qualcosa per raccontarsi.
Lei chiese a Mario di scrivere qualcosa per quel giornale, perché se lei è brava con i pennelli, Mario, dice lei, era bravo con le parole.
Mario allora scrisse questo per il giornale:
“Il giorno che disse: “Sparecchiamo in fretta che voglio provare a fare una cosa”, Silvia, non immaginava che, da quel giorno in poi, non avrebbe mai più apparecchiato nello stesso modo.
Aveva sempre avuto, in realtà, qualcosa di colorato in mente, ma non aveva mai fatto spazio sul tavolo per vedere cos’era.
Che qualcosa quel giorno cambiò, fu chiaro a tutta la famiglia, la quale da quel giorno vide lentamente ma costantemente ridursi il numero dei piatti nei quali mangiare e dei bicchieri nei quali bere.
In compenso in casa iniziarono a comparire portacandele dedicati e vasi antichi e le pareti pian piano si coprirono di vetri colorati e di fotografie d’arte.
Trovare un vero e proprio inizio a tutto questo non è cosa semplice; ma forse non sarebbe neanche giusto farlo, visto che se inizio c’è stato è agli anni di bambina che bisogna andare con la memoria.
Perché si può imparare a qualsiasi età a suonare uno strumento, ma la musica bisogna averla amata da sempre per riuscire a suonare qualcosa di emozionante. Come è anche possibile dedicarsi alle piante quando finalmente se ne ha il tempo, ma quando arriverà il freddo, solo chi da sempre ha osservato i fiori saprà non esporli al vento.
Silvia quel giorno non scoprì che aveva da sempre guardato le cose in una maniera diversa, perché quello l’aveva sempre saputo, Silvia quel giorno scoprì semplicemente come farle vedere anche agli altri così come le immaginava lei, diverse.
Non credeva fosse così semplice far vedere anche agli tutto quello che vedeva lei, non immaginava fosse così facile dare ad un oggetto quel sapore diverso, quel fascino tutto personale che alle persone spesso sembra irraggiungibile, più per mancanza di voglia che per assenza di capacità.
E tutti, intorno a Silvia, si accorsero che era vero, che bastava sedersi un momento, in silenzio, per riuscire a far nascere qualcosa di bello da un semplice pezzo di vetro, da una semplice scatola di legno.
Non chiedeva un pubblico speciale, Silvia; le bastavano le persone che aveva intorno, la sua famiglia.
Da quel giorno ogni pasto era un’occasione di festa, ogni amico che veniva a trovare la famiglia diventava un inconsapevole osservatore, sempre più spesso compiaciuto, di una casa che ogni giorno si trasformava in qualcosa di diverso con cose semplici, con poco tempo, con la fantasia.
La fantasia.
Silvia pian piano imparò a raccontare a chi le stava intorno il suo modo di vedere le cose, il suo modo di trasformarle, il suo modo di farle nascere, e più raccontava più le persone ascoltavano, scoprivano, apprendevano.
Nacquero così, spontaneamente, serate nelle quali le amiche la andavano a trovare per imparare quel modo tutto personale di raccontare le cose, con la fantasia.
Serate all’insegna dell’amicizia, delle confidenze, della buona cucina e del tempo passato in piacevole compagnia, mentre carta e colori scandivano il tempo in maniera discreta e silenziosa.
Col passare del tempo, queste serate, da occasionali incontri, si trasformarono in appuntamenti ricercati da quelle stesse amiche che un giorno dopo l’altro sentivano nascere la voglia di raccontare quelle stesse cose che fino ad allora avevano solo ascoltato.
Silvia aveva imparato che se la fantasia è innata, non è da tutti saperla raccontare, e per questo accettò di insegnare a chi ne sentiva il desiderio, quelle cose che avevano permesso per prima a lei di vederla materializzarsi in oggetti semplici nella realizzazione, ma affascinanti nel loro comunicare un’idea, un gesto, un piacere.
Non c’era mai, in queste serate, l’intenzione di fare scuola, c’era al contrario la voglia di offrire quei piccoli segreti nati dalla sua capacità di aggiungere alle tecniche e alle regole base del Decoupage quel tocco personale e quella capacità di non fermarsi a ciò che qualsiasi libro o manuale possono offrire a chiunque abbia voglia di avvicinarsi con curiosità a questa arte, con la stessa passione e la stessa bravura di chi ad una ricetta nota e accessibile a tutti, ha saputo aggiungere un ingrediente particolare che rende quel piatto speciale e diverso da tutti gli altri.
Come un amore improvviso, il sempre crescente piacere di creare e vivere tutto questo ha fatto nascere in Silvia la voglia di avere uno spazio suo, personale, dove regalare a questa passione il tempo che sentiva meritare e che in maniera spontanea esigeva in maniera sempre crescente.
Oggi Silvia finalmente vive e condivide questa sua passione nel suo laboratorio a Niguarda, a pochi passi da quella casa dove fino a poco tempo fa quello che sembrava essere soltanto un modo come un altro per passare il tempo, si trasformò, grazie alla fantasia, in un modo per fermarlo.
Un laboratorio nel quale Silvia, dalla sua casa, ha portato, insieme ai colori, ai pennelli, alla carta e al legno, al vetro e ai metalli preziosi, quelle piccole e semplici cose per portare le quali non servono scatole né sacchetti, automobili o braccia forti, quelle piccole cose che rendono tutto questo qualcosa di speciale, di diverso.
La sua fantasia, la sua amicizia e la sua capacità di raccontare tutto questo a chi ha voglia di regalare a se stessa e ai suoi desideri quel tempo che lei, con un semplice disegno, ha saputo fermare.”
E il giornale lo pubblicò.
Con la foto del laboratorio dove Mamma Mària finalmente faceva quello che amava fin da bambina, fare.
Creare.
Mario un po’ aveva preso da Mamma Mària.
Se non altro la voglia di guardare le cose sempre con occhi colorati, nonostante una vita non proprio semplice.
Ma anche Mamma Mària aveva preso qualcosa da Mario.
Aveva infatti aperto anche un sito internet
Mamma Mària oggi compie gli anni.
E se la conosceste, capireste perché Mario è venuto su così.
Così bene, intendo.
Mario, quando cantava nel locale, cantava tante canzoni, ma quando Mamma Mària andava a sentirlo lui le cantava sempre una canzone.
E adesso che Mario non canta più glie la mette qui, che non è la stessa cosa, ma va bene lo stesso.
Tanto lei se lo ricorda come glie la cantavo.