Dopo aver ponderato molto i pro i contro ma soprattutto i che me ne faccio, la settimana scorsa approfittando di una congiuntura economica che possiamo definire decisamente favorevole, ho deciso di fare quello che sporadicamente, ma molto sporadicamente faccio: mi sono fatto un regalo.
Per regalo sporadico si intende uno di quegli acquisti normalmente evitati a causa del fatto che l’oggetto del desiderio non appartiene alla categoria di beni che uno compra per sfizio o a seguito di un pensiero di qualche secondo.
C’è insomma che a dispetto di una professionalità che mi offre una disponibilità economica che onestamente, e per rispetto di chi al contrario lo è suo malgrado, non posso certo definire da persona costretta al risparmio, non sono mai stato uno che spende in maniera superficiale se non per fare regali alle persone alle quali voglio bene, per le quali sono capace di spendere cifre assolutamente sproporzionate rispetto all’esigenza e per fortuna in pochi casi rispetto alla persona stessa, per poi comportarmi esattamente all’opposto quando il destinatario del desiderio soddisfatto sono io stesso, al quale regalo una cosa ogni due anni e dopo averci pensato per non meno di tre.
Un processo a seguito del quale ogni desiderio viene in sostanza tenuto lontano dal rischio di vedersi realizzato, dal semplice fattore temporale in base al quale nel momento in cui la ponderazione sembra avviarsi verso una soluzione positiva, l’oggetto della stessa è ormai superato da una sua versione migliore che fa ripartire da capo il processo.
Viceversa quando il destinatario è persona a me cara anche chi se ne frega della ponderazione, anzi in quel caso il fattore tempo procede esattamente al contrario dal momento che il mio desiderio non è più la realizzazione del mio desiderio ma la realizzazione di uno altrui e lì anche subito, anche ieri, si potesse (tornare indietro).
Ché poi sembra si stia parlando di chissà quali beni di valore, chissà quali oggetti di lusso da ostentare in chissà quali occasioni mondane.
Io, che sono mondano quanto mia nonna e che per una tutt’ora inspiegabile distorsione delle leggi della fisica sono credo l’unica persona al mondo a essere riuscito a fare regia nonostante nel mio guardaroba non sia mai comparsa una dicasi una pashmina, accessorio che nel mio settore è divisa d’ordinanza nonché segnale distintivo atto a separare e quindi identificare senza ombra di dubbio chi appartiene al girone di chi è pagato per dare ordini dagli appartenenti a quello delle maestranze pagate per eseguirli.
E invece si sta parlando di regali come
questo, il padre di tutti gli utensili, una vera e propria cassetta degli attrezzi tascabile che è oro per chi come me ha la passione per i lavoretti manuali e per le riparazioni casalinghe e che nonostante un prezzo non certo proibitivo ho ugualmente inseguito per anni prima di decidermi a regalarmelo per natale, dopo aver capito che o me lo regalavo da solo o avrei potuto continuare a sognarlo per altri dieci anni.
E insomma è così, se uno mi sentisse parlare del mio concetto di valore si aspetterebbe di vedermi concludere tirando fuori un orologio o, chessò, una giacca di pitone muschiato e invece me ne esco con una pinza e un cacciavite tascabili e avessi visto la gioia quando è arrivato.
Tutto questo per dire che la settimana scorsa, dopo aver passato mesi a leggere i famosi depliants di ogni negozio di elettronica all’inseguimento del motivo per cui ancora non fosse il momento, una notte alle tre ho chiuso la questione e in stato di semi-trance ho digitato in gùgol per cercare il prezzo migliore, ho scelto il sito, mi sono iscritto e in tre minuti totali mi sono comprato
questo, contento di poter finalmente contare su prestazioni e strumenti facilmente presentabili come "Eh ma ora finalmente ci si può anche lavorare eh"
Perché quando sono in viaggio leggere le notizie sul telefono la mattina a colazione non è proprio comodissimo, ma soprattutto perché è un giocattolo e ogni tanto anch’io me li posso concedere.
Allora in quest’ultimo viaggio da cui sono tornato stasera me lo sono portato dietro e tutto contento mi sono messo a capire come funziona quella cosa carinissima che è la rivista personale, null’altro che un aggregatore di notizie ma fatto a forma di rivista sfogliabile che, diciamolo, effettivamente la rende un po’ più calda dei soliti aggregatori da computer, facendola apparire come una vera e propria rivista e dando quindi la sensazione di non aver ceduto al fascino dell’elettronica pur avendo di fatto scavalcato esattamente quel confine lì.
E passa la prima mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
Passa la seconda mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
I temi, i toni, gli argomenti, qualcosa non torna.
Scopro che è personalizzabile, che la versione che di fabbrica viene fornita customizzata sull’utente di riferimento è successivamente personalizzabile attraverso la selezione delle categorie che si vogliono avere a disposizione.
Che quindi posso eliminare tutto lo sport, tutti i motori, tutta la moda e posso riempire ogni spazio libero con le mie passioni e cioè notizie e politica.
Elimino quindi le voci e mi resta la categoria Notizie e politica.
E passa la prima mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
Passa la seconda mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
Un aggregatore che sembra in realtà un’unica testata per linguaggio, per argomenti e per sintesi.
Scopro che la personalizzazione non si ferma agli argomenti, ma gli stessi offrono un sottolivello di customizzazione nel quale si ha la possibilità di selezionare le fonti dalle quali l’aggregatore pescherà le notizie e apro il menù Politica nel quale c’è l’elenco, fisso, di fonti tra le quali scegliere.
Le cui prime cinque in elenco sono, nell’ordine:
Ansa
Blog di Beppe Grillo
Cado in piedi
Il Fatto Quotidiano
Il Fatto Quotidiano su Youtube
Capito?
Cioè tu compri un tablet, anzi il tablet più venduto oggi, e le notizie di politica a meno che tu non ti faccia tutto il percorso per andare a cambiare le impostazioni ti arrivano principalmente da quelle cinque fonti lì che, credo sia superfluo sottolineare, sono tutte (tranne l’ansa che pare messa lì solo per non far pensare di averla fatta proprio sporca sporca) in maniera più o meno diretta anelli di una catena alla fine della quale trovi una rete di utenti riconducibili alla stessa società che come core business ha la gestione di imprese sul web finalizzate a capitalizzare il traffico, nonché da un paio d’anni a questa parte anche partiti politici di ragguardevole dimensione.
Capito come funziona?
Quei cinque siti lì spediscono notizie di politica su tutti i tablet di quella azienda lì venduti oggi in italia e chiunque usi uno di quei tablet per leggersi la politica la mattina a colazione, legge la politica principalmente per come la intendono e soprattutto raccontano loro.
E questo vantaggio qui sulla concorrenza non lo porti a casa con duecento euro.
Per convincere il secondo venditore mondiale di tablet a legare la propria immagine a quei cinque siti lì, di soldi sul tavolo gliene devi aver messi tanti, ma proprio tanti.
Tutto questo per dire che io ci penso i mesi, guardo prezzi, sfoglio offerte, ci penso e ci ripenso, mi convinco e cambio idea, mi dissuado e mi persuado, per poi trovarmi a decidere di comprarmi il mio giornale personale finalmente a mia misura e vedermi andare di traverso il caffè nel momento in cui ogni mattina a farmi ciao ciao è da una a cinque foto di Beppe Grillo che ha detto questo, ha fatto quest’altro, ha minacciato quest’altro ancora e l’unico modo di evitarlo è non aprire quella rivista.
Si arriva così a fare il 30% dei votanti partendo da zero.