Stasera volevo vedere il festival, ma visto che poi
Proserpina mi cazzia non lo faccio, e, visto che lei oltre alla cazziata non si è minimamente sbattuta per trovarmi un’alternativa, io mo la frego e parlo di lei.
Che poi a lei non so se farà piacere, ma tanto se lei è lei, io sono io, e di quello che può far piacere o meno, come è noto, me ne sono sempre fregato.
Proserpina la riconosci quando sali su un treno perché lei c’è.
Sempre.
Lei prende treni.
Noi caffè la mattina, lei treni.
Passa metà della sua vita a fotografare la sua Puglia e l’altra metà a portare in giro le foto, su rotaia.
È a spasso per l’Italia così tanti giorni all’anno che il suo è l’unico blog itinerante, visto che inspiegabilmente non smette di scrivere, né di viaggiare, nemmeno un giorno all’anno.
Proserpina, poi, è anche il nome di una cartella nel mio computer che contiene tante foto di tante tette che un giorno misi da parte perché lei chiese di disegnarle un logo che aveva un sacco di caratteristiche, e cioè doveva avere le tette e le mani, e io quel giorno, non avendo una macchina digitale per fotografarmi le mani, iniziai intanto a raccogliere foto di tette che ancora oggi conservo con un pizzico di nostalgia, anche.
Oggi ho comprato una macchina digitale.
Difficilmente abbandono un sogno.
Proserpina un giorno passò da Milano e venne a trovarmi, ma essendosi messa come al solito pessimisticamente d’accordo col suo amico al quale aveva detto “Tra mezz’ora chiamami e dimmi che hai anticipato l’orario”, fu costretta dalla trappola da lei stessa creata a tornare il giorno dopo, giorno che segnò, avendomi visto anche col sole tra banchi di mercato e basilico per il pesto, il definitivo tracollo di qualsiasi sua capacità di controllo su se stessa, nonostante si ostini a dire il contrario.
Mi amò da quel giorno in poi.
Le regalai un fotogramma del mio film con tanto di autografo perché mi sembrava doveroso verso una mia così preziosa fan.
Proserpina si diverte un sacco a riempire il suo blog di lettori per poi, ogni tre settimane, minacciare di scomparire perché in preda ad ascesso da eccesso di accessi, per vedere di nascosto l’effetto che fa.
Anche sua mamma ormai ha imparato e si limita a comprare qualche bottiglietta di Bacardi Lemon in più in quei periodi, certa che l'alcol sia la giusta soluzione alle notti e notti in cui è costretta a rimanere sveglia per colpa dei Carmina Burana che in ognuno di questi periodi, puntualmente, riempiono di gioia le notti di casa Proserpina.
Proserpina un giorno mi chiese un regalo per il compleanno, ed essendo lei la presidentessa del mondo dei blog, e io (in quanto a bellezza) la Marilin Monrò dello stesso mondo, le regalai un “Eppi bordei” che purtroppo ancora non avevo la macchina digitale, perché se no un bel filmatino d’archivio per i prossimi vent’anni di tivvù non ce lo levava nessuno.
Mi amò pure di più da quel giorno in poi.
Proserpina vanta poteri paranormali, anzi, direi millanta.
E io che ci sono cascato perché sono credulone, ogni volta che ho un sogno erotico che la riguarda, spesso generato da quelle foto che ritrovo casualmente nella cartella che porta il suo nome, la chiamo per dirglielo facendo in modo che lei mi prometta di usare quei poteri per venirmi a trovare in sogno.
Mi preparo per la notte, ogni volta, mi lavo tutto tutto, cambio le lenzuola, mi metto anche un po’ di profumo e aspetto, in genere finchè la Clerici non mi sveglia urlando “Pronti, cuochi, via!”.
Ma io non dispero.
Perché lei dice che è vero e allora penso sempre che quella notte aveva di meglio da fare.
Anche se mi chiedo cosa.
Proserpina una sera mi invitò ad una festa di suoi amici e io andai solo perché volevo vedere lei e dato che andai solo per lei, a lei mi incollai a cozza e, anche se per poco, alla giusta distanza.
Dopo quella sera affinai le mie chiavi di ricerca per trovare le immagini relative al logo di cui sopra.
Proserpina quella sera mi disse “Sono contenta di vederti”.
E io risposi “Anch’io”
E poi scomparì tutta la notte con un altro.
Ma io ero contento lo stesso perché l’avevo vista e soprattutto perché mi aveva lasciato insieme alla sua amica che in quanto a “Sono contento di vederti” non aveva nulla da invidiarle.
Sarà la Puglia.
Proserpina ancora oggi mi parla ogni tanto ma un po’ meno di una volta, perché adesso la tigre di notte la fa davvero e io che sono uomo lo so perché non sta più tanto a giocare col telefono.
Proserpina dice che vuole fare la giornalista, e dato che qualcuno un giorno le disse che per fare la giornalista bisogna avere tanti nemici politici, lei continua da quel giorno a scrivere sia sul giornale della sua città che sul suo blog che il sindaco (perché lei punta in alto già da subito che così non si perde tempo) non accetta che sul giornale della città scriva una che sul proprio blog parla male sia della sua città che di lui, e lei, sia sul suo blog che sul giornale, dice che lui non sa leggere e quindi non ce la poteva avere con lui, né sul giornale, né sul suo blog.
Proserpina si batte perché possa camminare in piazza nella sua città, quella del giornale, senza essere guardata come quella che ce l’ha col sindaco perché la libertà, lo diceva anche Martin Luter King, è un diritto.
Ma il sindaco è un uomo strano e quindi ancora non ci riesce.
Ma tanto
Proserpina un giorno andrà a fare la giornalista in un’altra città.
L’ha detto il sindaco.
Non scritto, ma detto si.
Proserpina un giorno voleva sentirsi dire che è bellissima e quindi un giorno scrisse un post dove diceva “Ditemi che sono bellissima se no vi fulmino con le fiamme della mia coda!” e tutti, me compreso, scrivemmo che è bellissima.
Poi, gustato il sapore del potere, non contenta come un orso che assaggia il sangue, decise che voleva proprio sentirseli dire a voce e disse a tutti “E adesso voglio che lo diciate a voce” e tutti, me compreso, dicemmo a voce che è bellissima.
Proserpina è questo.
Una che quando dice una cosa la gente la fa.
Sindaco escluso.
E io che la conosco ma non lo dico nei colloqui di lavoro quando ci sono di mezzo testate di giornali, ne vado abbastanza orgoglioso, contento anche di avere un discreto materiale per i miei sogni erotici che la riguardano ma solo nel senso di attesa sempre disattesa che poi in fondo è il segreto dell’ammmmmore.
E in quelle sere nelle quali mi capita di riaprire quella cartella che c’ha dentro tutte quelle foto di tette io lo sento che in fondo qualche anno fa dalla mia porta non è entrata una tigre ma nemmeno una persona qualunque.
E in quelle sere a volte smetto di guardare quelle foto di tette e me ne frego se il sindaco sa leggere, se lei chiude il suo blog o no, se apre l’ennesimo blog-ritrovo che unisce tutti quelli uniti da quegli interessi comuni che li avevano fatti aderire a ciascuno dei blog-ritrovi precedenti che lei apre solo per vedere quanta gente riesce a spostare solo dicendolo per testare la sua prossima discesa in campo, e mi metto a guardare quel filmato che mi mandò, di pochi secondi, di quella Puglia, da parte di padre anche mia, nella quale un albero si muove, in silenzio, spinto dal vento.