La mia amica Riley è stata la prima della sua famiglia a frequentare l'università. I suoi antenati irlandesi erano poveri e nessuno aveva mai ricevuto un'istruzione superiore. Durante l'ultimo anno di corso, Riley ha cominciato ad avere degli incubi: faceva un sogno ricorrente in cui il bisnonno le bruciava tutti i libri. In un altro una folla di zii e zie la tratteneva mentre cercava di andare a lezione. Alla fine, però, è riuscita a laurearsi. La settimana dopo, ha fatto un altro sogno: le è apparso un coro di antenati che cantava le sue lodi. Secondo il suo analista, il sogno significava che aveva superato l'inerzia del passato e aveva risanato un'antica ferita della sua famiglia. Sono convinto che nei prossimi mesi sarai in grado di compiere un'impresa simile.
28 febbraio 2009
26 febbraio 2009
Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l'umanità
Questo è un "Berlusconi in galera!" ma non è un "Berlusconi in galera!".
Perché io non potevo scrivere un "Berlusconi in galera!" perché non si può e quindi ho scritto un "Berlusconi in galera!" virtuale.
Voi lo leggete ma io non l'ho scritto.
C'è, ma non c'è.
E' virtuale.
Voi volete leggerlo?
Potete farlo!
Io non potevo scriverlo?
Non l'ho scritto.
Ne ho scritto uno virtuale.
Ho espresso la mia intenzione di scrivere "Berlusconi in galera!" ma poi non l'ho scritto, ne ho scritto uno virtuale così io sono quello che non l'ha scritto.
Perché io non potevo scrivere un "Berlusconi in galera!" perché non si può e quindi ho scritto un "Berlusconi in galera!" virtuale.
Voi lo leggete ma io non l'ho scritto.
C'è, ma non c'è.
E' virtuale.
Voi volete leggerlo?
Potete farlo!
Io non potevo scriverlo?
Non l'ho scritto.
Ne ho scritto uno virtuale.
Ho espresso la mia intenzione di scrivere "Berlusconi in galera!" ma poi non l'ho scritto, ne ho scritto uno virtuale così io sono quello che non l'ha scritto.
21 febbraio 2009
Abbronzati a confronto
C’è una legge in Italia che nessuno tocca, della quale nemmeno si parla, che sta alla base di una grossa fetta della attuale crisi, la fetta dell’immobiliare.
È quella legge che impedisce a chi ha acquistato casa con i benefici della prima casa, di venderla entro i primi cinque anni, a meno di non dover restituire allo stato quanto risparmiato attraverso quei benefici.
Una legge nata sulla base di tutele giuste, pensata per impedire la speculazione immobiliare quando la speculazione immobiliare non solo era possibile ma era anche decisamente diffusa.
Ma oggi?
Oggi quella legge è una catena generatrice di spirali inarrestabili che stanno portando mezzo paese direttamente in bocca alle banche.
Perché?
Perché chi ha comprato casa negli ultimi 5 anni utilizzando i benefici della prima casa e oggi, a seguito del blocco pressoché totale di qualsiasi settore, si ritrova a non riuscire più a sostenere il mutuo che fino a ieri le stesse banche gli riconobbero come in linea con le sue entrate e quindi concedibile, di quella casa non può disfarsene a meno di non avere da parte diverse migliaia di euro da restituire allo stato secondo quanto stabilito da quella legge.
Ma il problema è che se uno avesse da parte quelle migliaia di euro significherebbe che le guadagnava e per questo cadrebbe il principio stesso dei benefici sui quali si basa quella legge.
Così accade che se uno si compra una prima casa grazie al fatto che essendo prima casa la pagherà meno di una seconda casa e oggi non può più sostenere il mutuo per motivi che vanno ben oltre le sue possibilità di intervento, di quella casa non può disfarsi perché appunto non ha i soldi da restituire allo stato, visto che se li avesse non si porrebbe il problema del mutuo insostenibile.
Ci si ritrova così in una spirale statale che non ti lascia via d’uscita, che ti blocca in quella casa che diventa prigione e che ti porta a diventare tuo malgrado un moroso che non paga il mutuo e che contemporaneamente non può disfarsi della casa nemmeno volendo, ottenendo l’unica conseguenza di avviare quella strada in fondo alla quale c’è solo il pignoramento della casa stessa che tempo due anni diverrà di proprietà della banca.
Qualcuno lo dice?
No.
Se al contrario si sbloccasse quella legge o se solo la si sospendesse per qualche anno, tutti coloro i quali non possono oggi pagare più un muto acceso come prima casa, potrebbero tranquillamente venderla e magari comprarne una più piccola o semplicemente in linea con le mutate condizioni di reddito, senza diventare morosi, senza entrare negli elenchi dei cattivi pagatori che condizionano la vita per anni, muovendo il mercato e restituendo alla banca quanto prestato, ricavando magari persino un piccolo margine per superare il momento drammatico.
Perché oggi le case non valgono di meno, semplicemente vengono tenute ferme da quella legge che impone quella e solo quella via, facendo sì che l’unico scenario futuro sia un mare di gente che ha dovuto cedere alla banca la casa e in più si ritrova pure a dover uscire dal momento di crisi che in quella situazione ce li ha messi senza né casa né soldi, cioè senza alcuna possibilità di uscirne.
Dicono che volendo la si può vendere senza rinunciare ai benefici, se solo si ricompra una prima casa entro un anno.
Sì, ma il problema è che le banche hanno tutto l’interesse a far sì che la cosa non accada perché lasciando così le cose entro due anni si ritrovano con un patrimonio immobiliare triplicato senza aver tirato fuori un euro per comprarlo e per questo improvvisamente hanno deciso di stringere le porte, di non concedere mutui, di togliere fidi, di levare ossigeno a tutti coloro i quali magari un’altra prima casa se la comprerebbero pure ma vai a trovare i soldi che servono oggi anche solo per un trasloco.
Qualcuno lo dice?
Sì.
Obama, l’abbronzato che per rispondere alla crisi ci mette i soldi e ai suoi dice che in cambio devono smetterla di vivere al di sopra delle loro possibilità, una roba che da noi appare concetto da marziani, bombardati come siamo dal nostro abbronzato che dice esattamente il contrario e cioè che per uscire dalla crisi bisogna uscire e spendere, spendere, comprare, vivere insomma al di sopra delle proprie possibilità.
Soldi sul tavolo?
I tuoi.
Usa la carta di credito, cambia auto, avevi una vecchia ritmo? Compra subito una nuova fiat e torna anche tu nel giro dell’economia, hai un frigo che funziona ma non fai il ghiaccio dallo sportello? Compra un nuovo frigo, lo stato ci mette una parte! Compra forchette per le acciaierie, compra vestiti per le sartorie, compra compra compra, se non si esce dalla crisi la colpa è tua che non spendi e non sei ottimista.
I soldi alle banche?
I tuoi, gli interessi sulla carta di credito, sul finanziamento per la nuova macchina, sull’operazione della Social card che è circuito visa e quindi paghi l’operazione, la casa che gli lasci, i prestiti che chiedi.
Giorni fa mi ha chiamato la banca e in un momento di raro genio mi comunica che, avendo deciso di togliermi il fido, mi offrono la possibilità di fare un prestito con loro per rientrare entro il tempo da loro stabilito per chiuderlo.
Cioè per non pagare x percento di interessi passivi mi offrono la possibilità di pagarne xx percento per tre volte tanto di anni.
Il momento della telefonata non mi permetteva di ridergli in faccia, ma a giorni lo farò.
Penso che quando andrò all’incontro che mi fisseranno, al genio della strategia aziendale farò solo una domanda, secca e precisa:
Chi ha corrotto David Mills?
È quella legge che impedisce a chi ha acquistato casa con i benefici della prima casa, di venderla entro i primi cinque anni, a meno di non dover restituire allo stato quanto risparmiato attraverso quei benefici.
Una legge nata sulla base di tutele giuste, pensata per impedire la speculazione immobiliare quando la speculazione immobiliare non solo era possibile ma era anche decisamente diffusa.
Ma oggi?
Oggi quella legge è una catena generatrice di spirali inarrestabili che stanno portando mezzo paese direttamente in bocca alle banche.
Perché?
Perché chi ha comprato casa negli ultimi 5 anni utilizzando i benefici della prima casa e oggi, a seguito del blocco pressoché totale di qualsiasi settore, si ritrova a non riuscire più a sostenere il mutuo che fino a ieri le stesse banche gli riconobbero come in linea con le sue entrate e quindi concedibile, di quella casa non può disfarsene a meno di non avere da parte diverse migliaia di euro da restituire allo stato secondo quanto stabilito da quella legge.
Ma il problema è che se uno avesse da parte quelle migliaia di euro significherebbe che le guadagnava e per questo cadrebbe il principio stesso dei benefici sui quali si basa quella legge.
Così accade che se uno si compra una prima casa grazie al fatto che essendo prima casa la pagherà meno di una seconda casa e oggi non può più sostenere il mutuo per motivi che vanno ben oltre le sue possibilità di intervento, di quella casa non può disfarsi perché appunto non ha i soldi da restituire allo stato, visto che se li avesse non si porrebbe il problema del mutuo insostenibile.
Ci si ritrova così in una spirale statale che non ti lascia via d’uscita, che ti blocca in quella casa che diventa prigione e che ti porta a diventare tuo malgrado un moroso che non paga il mutuo e che contemporaneamente non può disfarsi della casa nemmeno volendo, ottenendo l’unica conseguenza di avviare quella strada in fondo alla quale c’è solo il pignoramento della casa stessa che tempo due anni diverrà di proprietà della banca.
Qualcuno lo dice?
No.
Se al contrario si sbloccasse quella legge o se solo la si sospendesse per qualche anno, tutti coloro i quali non possono oggi pagare più un muto acceso come prima casa, potrebbero tranquillamente venderla e magari comprarne una più piccola o semplicemente in linea con le mutate condizioni di reddito, senza diventare morosi, senza entrare negli elenchi dei cattivi pagatori che condizionano la vita per anni, muovendo il mercato e restituendo alla banca quanto prestato, ricavando magari persino un piccolo margine per superare il momento drammatico.
Perché oggi le case non valgono di meno, semplicemente vengono tenute ferme da quella legge che impone quella e solo quella via, facendo sì che l’unico scenario futuro sia un mare di gente che ha dovuto cedere alla banca la casa e in più si ritrova pure a dover uscire dal momento di crisi che in quella situazione ce li ha messi senza né casa né soldi, cioè senza alcuna possibilità di uscirne.
Dicono che volendo la si può vendere senza rinunciare ai benefici, se solo si ricompra una prima casa entro un anno.
Sì, ma il problema è che le banche hanno tutto l’interesse a far sì che la cosa non accada perché lasciando così le cose entro due anni si ritrovano con un patrimonio immobiliare triplicato senza aver tirato fuori un euro per comprarlo e per questo improvvisamente hanno deciso di stringere le porte, di non concedere mutui, di togliere fidi, di levare ossigeno a tutti coloro i quali magari un’altra prima casa se la comprerebbero pure ma vai a trovare i soldi che servono oggi anche solo per un trasloco.
Qualcuno lo dice?
Sì.
Obama, l’abbronzato che per rispondere alla crisi ci mette i soldi e ai suoi dice che in cambio devono smetterla di vivere al di sopra delle loro possibilità, una roba che da noi appare concetto da marziani, bombardati come siamo dal nostro abbronzato che dice esattamente il contrario e cioè che per uscire dalla crisi bisogna uscire e spendere, spendere, comprare, vivere insomma al di sopra delle proprie possibilità.
Soldi sul tavolo?
I tuoi.
Usa la carta di credito, cambia auto, avevi una vecchia ritmo? Compra subito una nuova fiat e torna anche tu nel giro dell’economia, hai un frigo che funziona ma non fai il ghiaccio dallo sportello? Compra un nuovo frigo, lo stato ci mette una parte! Compra forchette per le acciaierie, compra vestiti per le sartorie, compra compra compra, se non si esce dalla crisi la colpa è tua che non spendi e non sei ottimista.
I soldi alle banche?
I tuoi, gli interessi sulla carta di credito, sul finanziamento per la nuova macchina, sull’operazione della Social card che è circuito visa e quindi paghi l’operazione, la casa che gli lasci, i prestiti che chiedi.
Giorni fa mi ha chiamato la banca e in un momento di raro genio mi comunica che, avendo deciso di togliermi il fido, mi offrono la possibilità di fare un prestito con loro per rientrare entro il tempo da loro stabilito per chiuderlo.
Cioè per non pagare x percento di interessi passivi mi offrono la possibilità di pagarne xx percento per tre volte tanto di anni.
Il momento della telefonata non mi permetteva di ridergli in faccia, ma a giorni lo farò.
Penso che quando andrò all’incontro che mi fisseranno, al genio della strategia aziendale farò solo una domanda, secca e precisa:
Chi ha corrotto David Mills?
19 febbraio 2009
Abbrazio
Fabrizio è un omone di quelli solidi quanto una quercia, robe di mani che hanno sollevato per decenni e ogni giorno cose che non dovevano pesare meno di cento chili l’una, le guance rosse di chi sta all’aperto dalle 5 del mattino, occhi blu che magari sono marroni ma al contrasto con le gote diventano blu e un sorriso a completare una faccia che quando ti dice che fa il cacciatore tu pensi “di aquiloni”.
In uno dei momenti più tristi della sua famiglia ti accoglie in casa sorridendo e sorridente lo ritrovi ogni volta che nei tre giorni successivi lo reincroci lungo i passi di quel momento, ti offre grappa, ti invidia quando fumi, ti offre grappa, ti taglia pane, ti taglia prosciutto, ti offre vino, si scusa se non può mangiare con te e se ne va lasciandoti casa dicendo apri dove vuoi prendi ciò che vuoi è tutto tuo tranne il frigo che è mio e ride e ride ed esce per andare al funerale.
Alla fine della giornata di nuovo tutti a casa sua e di nuovo ti offre grappa ti offre caffè e ride e racconta di quando era piccolo e giocava col nonno dicendogli “Dimmi sporco viso pallido ché così io ti sparo” e a sorprenderlo da dietro per spaccargli la testa col fucile e il nonno gli tirava il falcetto e ride dicendo “se m’avesse preso m’avrebbe aperto la testa” poi diceva che il nonno con la testa spaccata rideva e lo prendeva per mano per tornare in casa e quando il padre convinceva il cugino americano ospite per giorni nominato “Il Terribile” a mangiare e Il Terribile diceva No a ogni cosa no alla pasta no alla carne no alla verdura e il padre gli disse “Fabrizio, vai su e caricami la scacciacani” e SBAM sulla faccia de Il Terribile che ogni sera per mangiare aveva bisogno che gli si sparasse un colpo in faccia e ride Fabrizio mentre ti spiega che per pisciare sulla testa del nonno ne sprecò un po’ prendendo la mira dall’alto e di quando tirò i pomodori della cantina sulla facciata appena imbiancata del vicino che uscì chiamato dalla moglie per sgridarlo e si unì ai lanci perché la parete a chiazze rosse gli sembrò divertente e tutti ridevano tornati dal funerale.
Accanto a Fabrizio sempre il figlio, sempre intorno in un raggio di massimo due metri, conosciuto qualche sera prima quando rientrò presto dicendo “Al pub ci annoiavamo” per sedersi con noi a non annoiarsi più sempre nel raggio di quei due metri all’interno dei quali o una stretta di cacciatore o un bacio Fabrizio glie lo mollava sempre tra una barzelletta e l’altra tra un racconto di quando giocava a spaccare la testa del nonno che rideva o a sporcare la facciata del vicino che rideva.
Intorno altri figli e altri padri, figli problematici con un padre identificabile solo guardando chi stava ben attento a orbitare sempre intorno ai figli a una distanza mai inferiore ai quattro metri, stava alle mie spalle, l’ho visto in faccia solo due volte, la prima fuori dalla chiesa mentre telefonava con dentro la moglie che piangeva, la seconda quando abbiamo salutato tutti e lui compreso visto che alla fine c’era.
Ogni volta che sono uscito da casa di Fabrizio mi si chiedeva scusa per i suoi modi grezzi, per il suo essere un po’ così, per il suo essere omone primitivo, come se io mi portassi addosso la faccia di chi può avere a che fare solo con principi e io che oggi tornato a casa dentro la mia casa penso a quel padre là che aveva come unica urgenza quella di non entrare mai nei due metri di raggio intorno ai suoi due figli, che penso a come potrei fare per spiegare a chi sta cerando di conoscermi che se c’è qualcuno del quale scusarsi con me quel qualcuno non è Fabrizio ma quell’altro.
Ho provato dicendo che secondo me ogni famiglia dovrebbe avere al suo interno una bellezza interiore come Fabrizio, ma non so se sono riuscito a spiegare bene cosa intendevo.
Forse avrei dovuto spiegare la cosa partendo non da Fabrizio ma da suo figlio, forse avessi detto che per ogni Fabrizio sulla terra c’è un figlio felice avrei ottenuto più successo.
Il bello di quando entri a far parte di un’altra famiglia è che entri a far parte di un’altra famiglia.
Io pensavo questo in questi giorni, ma capisco che il concetto è comprensibile solo a me.
Fabrizio è una delle cose più belle che mi ha dato questo viaggio.
L’altra è la sensazione che la mia ragazza sia la scelta più intelligente che abbia fatto negli ultimi trent’anni.
E non dico trentasei solo perché nei primi sei non avevo facoltà di scelta.
Cioè l’avevo, ma mi fu tolta con l’inganno, un inganno che oggi ho svelato e interrotto.
La seconda scelta più intelligente degli ultimi trent’anni.
O quella è la prima e la mia ragazza è la più bella conseguenza, boh, non so, non mi so spiegare agli altri perché principalmente non mi sono mai spiegato nemmeno a me stesso, semplicemente dicevo quel che mi si diceva di dire, tra le tante che il non avere nessuno all’interno dei miei due metri di raggio significasse essere adulti e felici, a dieci anni, pensa te che stronzi.
In uno dei momenti più tristi della sua famiglia ti accoglie in casa sorridendo e sorridente lo ritrovi ogni volta che nei tre giorni successivi lo reincroci lungo i passi di quel momento, ti offre grappa, ti invidia quando fumi, ti offre grappa, ti taglia pane, ti taglia prosciutto, ti offre vino, si scusa se non può mangiare con te e se ne va lasciandoti casa dicendo apri dove vuoi prendi ciò che vuoi è tutto tuo tranne il frigo che è mio e ride e ride ed esce per andare al funerale.
Alla fine della giornata di nuovo tutti a casa sua e di nuovo ti offre grappa ti offre caffè e ride e racconta di quando era piccolo e giocava col nonno dicendogli “Dimmi sporco viso pallido ché così io ti sparo” e a sorprenderlo da dietro per spaccargli la testa col fucile e il nonno gli tirava il falcetto e ride dicendo “se m’avesse preso m’avrebbe aperto la testa” poi diceva che il nonno con la testa spaccata rideva e lo prendeva per mano per tornare in casa e quando il padre convinceva il cugino americano ospite per giorni nominato “Il Terribile” a mangiare e Il Terribile diceva No a ogni cosa no alla pasta no alla carne no alla verdura e il padre gli disse “Fabrizio, vai su e caricami la scacciacani” e SBAM sulla faccia de Il Terribile che ogni sera per mangiare aveva bisogno che gli si sparasse un colpo in faccia e ride Fabrizio mentre ti spiega che per pisciare sulla testa del nonno ne sprecò un po’ prendendo la mira dall’alto e di quando tirò i pomodori della cantina sulla facciata appena imbiancata del vicino che uscì chiamato dalla moglie per sgridarlo e si unì ai lanci perché la parete a chiazze rosse gli sembrò divertente e tutti ridevano tornati dal funerale.
Accanto a Fabrizio sempre il figlio, sempre intorno in un raggio di massimo due metri, conosciuto qualche sera prima quando rientrò presto dicendo “Al pub ci annoiavamo” per sedersi con noi a non annoiarsi più sempre nel raggio di quei due metri all’interno dei quali o una stretta di cacciatore o un bacio Fabrizio glie lo mollava sempre tra una barzelletta e l’altra tra un racconto di quando giocava a spaccare la testa del nonno che rideva o a sporcare la facciata del vicino che rideva.
Intorno altri figli e altri padri, figli problematici con un padre identificabile solo guardando chi stava ben attento a orbitare sempre intorno ai figli a una distanza mai inferiore ai quattro metri, stava alle mie spalle, l’ho visto in faccia solo due volte, la prima fuori dalla chiesa mentre telefonava con dentro la moglie che piangeva, la seconda quando abbiamo salutato tutti e lui compreso visto che alla fine c’era.
Ogni volta che sono uscito da casa di Fabrizio mi si chiedeva scusa per i suoi modi grezzi, per il suo essere un po’ così, per il suo essere omone primitivo, come se io mi portassi addosso la faccia di chi può avere a che fare solo con principi e io che oggi tornato a casa dentro la mia casa penso a quel padre là che aveva come unica urgenza quella di non entrare mai nei due metri di raggio intorno ai suoi due figli, che penso a come potrei fare per spiegare a chi sta cerando di conoscermi che se c’è qualcuno del quale scusarsi con me quel qualcuno non è Fabrizio ma quell’altro.
Ho provato dicendo che secondo me ogni famiglia dovrebbe avere al suo interno una bellezza interiore come Fabrizio, ma non so se sono riuscito a spiegare bene cosa intendevo.
Forse avrei dovuto spiegare la cosa partendo non da Fabrizio ma da suo figlio, forse avessi detto che per ogni Fabrizio sulla terra c’è un figlio felice avrei ottenuto più successo.
Il bello di quando entri a far parte di un’altra famiglia è che entri a far parte di un’altra famiglia.
Io pensavo questo in questi giorni, ma capisco che il concetto è comprensibile solo a me.
Fabrizio è una delle cose più belle che mi ha dato questo viaggio.
L’altra è la sensazione che la mia ragazza sia la scelta più intelligente che abbia fatto negli ultimi trent’anni.
E non dico trentasei solo perché nei primi sei non avevo facoltà di scelta.
Cioè l’avevo, ma mi fu tolta con l’inganno, un inganno che oggi ho svelato e interrotto.
La seconda scelta più intelligente degli ultimi trent’anni.
O quella è la prima e la mia ragazza è la più bella conseguenza, boh, non so, non mi so spiegare agli altri perché principalmente non mi sono mai spiegato nemmeno a me stesso, semplicemente dicevo quel che mi si diceva di dire, tra le tante che il non avere nessuno all’interno dei miei due metri di raggio significasse essere adulti e felici, a dieci anni, pensa te che stronzi.
3 febbraio 2009
Mòrtire
Io sul caso Englaro una posizione certa, almeno quanto la avevo sul caso Welby, non ce l'ho.
L'avevo prima, ma più ci si avvicina al "giorno" e più si fa incerta.
E' talmente anomalo e controverso che non riesco a scindere la reale quota di motivazioni attribuibili al suo essere simbolo da quella relativa al suo essere persona singola, unica opera necessaria per farmi una posizione in merito.
E questo sia nell'eventuale posizione a favore che in quella quella contro.
Per dire, più si avvicina il giorno in cui avverrà il decesso e più immagino, come tutti, un eventuale utopico risveglio il minuto prima.
Ecco, ogni volta che ci penso mi trovo a metà tra l'augurarmi che si svegli, pensando a lei come figlia di quel padre, e l'augurarmi che non accada, pensando al baratro di oscurantismo teocratico a quel punto di impossibile arginazione in cui cadrebbe l'Italia, mai come oggi pronta a farsi oscurare, se accadesse davvero.
Il potere (in più) che un risveglio di quella portata regalerebbe a persone come Formigoni, l'immagine del suo campo di intervento, già oggi raramente attribuibile ad altri potenti in Italia, moltiplicato per un miliardo, da sola mi fa rabbrividire così tanto da farmi ogni volta espellere velocemente la sensazione con un "No no, per favore fai che no".
Poi però immediatamente mi ricordo che è di persona con un padre accanto che si tratta e resto lì, con quel piccolo senso di colpa per l'augurio appena prodotto a ricordarmi che no, che non tutto può essere utilizzato per le proprie battaglie e torno a immaginarmi e ad augurarmi un mondo nel quale la gioia di un Formigoni non sarebbe certamente nemmeno paragonabile a quella della famiglia e a bomba torno a metà tra le due possibilità.
Il casino, quello che mi impedisce di prendere una posizione certa insomma, è che a differenza di Welby in questo caso il dubbio, prima che riguardo a una posizione in risposta, riguarda i termini della domanda.
Cioè, ultimamente ogni volta che me la pongo mi trovo sempre incastrato sul termine che in realtà sto usando.
Perché la mia posizione è stata certa finché mi concentravo sulla mia risposta "Sì", mentre ha cominciato a vacillare quando ho fatto l'azzardo di pormi un dubbio sulla domanda.
Non riesco a capire se dicendo "sì" mi stia chiedendo se "è giusto" che Eluana muoia o se "è meglio" che Eluana muoia.
E sto lì in mezzo da giorni, fermo nella posizione di chi si rende conto che la gioia di un padre per l'eventuale risveglio di una figlia, quanto di più bello si senta di augurargli, è purtroppo direttamente proporzionale al prezzo che un'intera nazione pagherebbe se accadesse davvero, quanto di peggio si possa augurare a chi in quella nazione ci vive.
Accadesse a me, comunque, non fosse sufficiente quanto già detto ufficialmente, pensate alla nazione.
Se servisse anche solo per far capire a un Formigoni che tra il credere in dio e ESSERE dio, c'è una differenza, fatemi pure fuori.
Avrò fatto bene alle persone che ho intorno certamente molto di più di quanto sia ruiscito a fare fin'ora, così come le persone come lui hanno fatto loro molto più male di quanto io con la mia sola vita sono stato in grado di impedirgli.
Ma qui torno alle mie battaglie personali nelle quali la Englaro non c'entra nulla mentre è di lei che parlavo.
Su di lei non so.
Se è quello che desiderava, le auguro le sia dato.
"Se così non fosse" è una domanda alla quale solo un padre può dare risposta degna di chiamarsi tale.
L'avevo prima, ma più ci si avvicina al "giorno" e più si fa incerta.
E' talmente anomalo e controverso che non riesco a scindere la reale quota di motivazioni attribuibili al suo essere simbolo da quella relativa al suo essere persona singola, unica opera necessaria per farmi una posizione in merito.
E questo sia nell'eventuale posizione a favore che in quella quella contro.
Per dire, più si avvicina il giorno in cui avverrà il decesso e più immagino, come tutti, un eventuale utopico risveglio il minuto prima.
Ecco, ogni volta che ci penso mi trovo a metà tra l'augurarmi che si svegli, pensando a lei come figlia di quel padre, e l'augurarmi che non accada, pensando al baratro di oscurantismo teocratico a quel punto di impossibile arginazione in cui cadrebbe l'Italia, mai come oggi pronta a farsi oscurare, se accadesse davvero.
Il potere (in più) che un risveglio di quella portata regalerebbe a persone come Formigoni, l'immagine del suo campo di intervento, già oggi raramente attribuibile ad altri potenti in Italia, moltiplicato per un miliardo, da sola mi fa rabbrividire così tanto da farmi ogni volta espellere velocemente la sensazione con un "No no, per favore fai che no".
Poi però immediatamente mi ricordo che è di persona con un padre accanto che si tratta e resto lì, con quel piccolo senso di colpa per l'augurio appena prodotto a ricordarmi che no, che non tutto può essere utilizzato per le proprie battaglie e torno a immaginarmi e ad augurarmi un mondo nel quale la gioia di un Formigoni non sarebbe certamente nemmeno paragonabile a quella della famiglia e a bomba torno a metà tra le due possibilità.
Il casino, quello che mi impedisce di prendere una posizione certa insomma, è che a differenza di Welby in questo caso il dubbio, prima che riguardo a una posizione in risposta, riguarda i termini della domanda.
Cioè, ultimamente ogni volta che me la pongo mi trovo sempre incastrato sul termine che in realtà sto usando.
Perché la mia posizione è stata certa finché mi concentravo sulla mia risposta "Sì", mentre ha cominciato a vacillare quando ho fatto l'azzardo di pormi un dubbio sulla domanda.
Non riesco a capire se dicendo "sì" mi stia chiedendo se "è giusto" che Eluana muoia o se "è meglio" che Eluana muoia.
E sto lì in mezzo da giorni, fermo nella posizione di chi si rende conto che la gioia di un padre per l'eventuale risveglio di una figlia, quanto di più bello si senta di augurargli, è purtroppo direttamente proporzionale al prezzo che un'intera nazione pagherebbe se accadesse davvero, quanto di peggio si possa augurare a chi in quella nazione ci vive.
Accadesse a me, comunque, non fosse sufficiente quanto già detto ufficialmente, pensate alla nazione.
Se servisse anche solo per far capire a un Formigoni che tra il credere in dio e ESSERE dio, c'è una differenza, fatemi pure fuori.
Avrò fatto bene alle persone che ho intorno certamente molto di più di quanto sia ruiscito a fare fin'ora, così come le persone come lui hanno fatto loro molto più male di quanto io con la mia sola vita sono stato in grado di impedirgli.
Ma qui torno alle mie battaglie personali nelle quali la Englaro non c'entra nulla mentre è di lei che parlavo.
Su di lei non so.
Se è quello che desiderava, le auguro le sia dato.
"Se così non fosse" è una domanda alla quale solo un padre può dare risposta degna di chiamarsi tale.
L'unico pensiero vero che mi viene da fare in tutto questo, è che il problema più grande di questa società è che il suo non saper accettare la morte come evento normale, le impedisce di intraprendere la strada necessaria per imparare anche a gestirla e questo fa sì che l'evento resti lì, a disposizione di criminali di ogni sorta, da quelli che sparano a quelli che pregano.
Iscriviti a:
Post (Atom)