Un tempo parlavo degli amanti del sushi come parlo dei vegetariani, gente che meglio perderli che trovarli, poi ho conosciuto vegetariani che meglio trovarli che perderli e negli ultimi cinque giorni ho mangiato sushi cinque volte, due delle quali sia a pranzo che a cena.
Ho talmente tanto lavoro che in questo momento ci sono due persone che lavorano per me e quando dico per me intendo come se fossi io, solo che non sono io e la cosa è come il sushi, un tempo sarei stato tutto teso in attesa del patatrak perché se non sei me prima o poi la cazzata la fai e dato che lavori come fossi me su lavori miei per clienti miei è come se la cazzata la facessi io e questo fino a ieri mi impediva anche solo di immaginare di dare del lavoro a qualcun altro.
Fino a ieri, perché oggi invece lavori tu al posto mio, io vengo solo agli incontri, tratto i costi, le esclusive, tu sei me e io sono te, solo che io sono te più di quanto tu sia me e oggi questo è tutt'altro che esser tesi, oggi è finire alle 19, andare in albergo, farsi una doccia e uscire a cena con l'amica alla quale raccontare che mi hanno affidato una regia bellissima alla quale sto lavorando da un mese, roba complessa da fare in inglese con tecnici francesi, ologrammi brianzoli, schermi abruzzesi, palcoscenico motorizzato, c'è chi pagherebbe per farla al mio posto e infatti c'è chi la farà al mio posto.
Non sto a spiegare il perché, tanto non si capirebbe, ma ho fatto quello che tecnicamente si chiama, e così l'ho riassunto all'amica a cena: un passo indietro.
"Tu?!" mi ha risposto.
Sì. Io.
A inizio serata le ho detto che ero cresciuto rispetto all'ultima volta che mi aveva visto, a fine serata ci ha creduto.
Mi ha salutato dicendomi Sei pessimo, sorridendo.
Ho dormito a due chilometri dal posto di lavoro solo perché dove dormo c'è un posto dove il sushi è buonissimo, un posto dove il whiskey è buonissimo, un posto dove il gestore del pub è gentilissimo, un posto dove una cameriera è bellissima e una sera mi ha chiesto Cosa scrivi e le ho detto Vuoi che te la legga?
Al lavoro camminando e camminando ritorno in hotel, due chilometri che a milano quando lo dici si chiedono se ti droghi e invece sono esattamente venticinque minuti, tra andata e ritorno un'ora della giornata con la musica in cuffia e niente a cui pensare se non dare indicazioni stradali, ultimamente devo aver assunto l'espressione di uno che sa qualsiasi cosa perché ogni dieci metri c'è qualcuno che mi ferma per chiedermi qualcosa, gli orari di chiusura della biglietteria, dove mangiare, dov'è Wagner.
In due giorni diversi alla stessa ora nello stesso identico punto di quei due chilometri mi hanno fermato due persone diverse per chiedermi dov'era la stessa piazza e a entrambi ho dovuto spiegare che è esattamente da dove stavano arrivando entrambi, pareva il giorno della marmotta, Buonasera Signor Bozza mi dicono in hotel quando arrivo il primo giorno e apro la porta, Ciao Bruno mi dicono al pub quando arrivo la prima sera, è come se vivessi in cento tempi, in cento città, ovunque sono a casa, ovunque c'è chi mi legge, ovunque c'è chi mi scrive, ovunque c'è chi mi pensa, ovunque c'è chi mi raggiunge, ovunque ci sono persone che mi chiedono dov'è una piazza.
Sono stato a cena da una persona importante in una casa importante nella quale la foto più sobria sugli scaffali era quella con lui e il Papa, vogliono che lavori per loro fisso, nessuno è mai riuscito a convincermi a farlo, qualche settimana fa a pranzo non prima di aver fatto arrivare quattro piatti di pesce crudo e un vino bianco gelato uno di quelli con cui vivo da quattro mesi, tra un Vuoi gamberoni e un Assaggia questo tonno che cos'è, butta lì un Ma tu ti fermeresti con noi? e io senza pensarci un istante, come non avessi dribblato la stessa domanda cento volte negli ultimi anni, mi vedo scappar fuori un Sì che mai avrei detto se solo ci avessi pensato un secondo di più e invece non ci ho pensato ed è uscito un Sì che non so perché ma ha avuto l'esatto suono che ha una liberazione, come avessi voluto dirlo da anni ma mai avessi avuto l'occasione a mia misura, il tempo a tavola si ferma, nessuno se lo aspettava, nessuno credeva che una domanda così senza speranza sarebbe stata la domanda migliore mai fatta nell'unico momento in cui andava fatta, il giorno dopo la notizia si diffonde e l'amministratore delegato che mi conosce da anni chiede a chi mi ha fatto la domanda se è sicuro, Ma Bruno Bruno? Ma sei sicuro? Nessuno è mai riuscito a fermarlo e allora da quel giorno è tutto far programmi e io che capisco la necessità di chiarire paletti, a patto che, sia chiaro che, qualsiasi proposta deve girare attorno a pochi punti ma di cemento, non devo tornare a vivere a milano, scelgo io con chi lavorare, voglio una squadra selezionata da me da formare, e tutto è Sì, Certo che sì, Ovvio che sì, ma davvero ti fermi, faremo il botto.
Non lo so, le cose sono già cambiate e l'arrivo di un'altra persona con la quale anni fa giurai di non sedermi nemmeno più a tavola fa improvvisamente cambiare l'aria e io prendo la persona che mi fece la domanda del secolo e gli dico che allora adesso è di nuovo no, non lavoro in un posto dove c'è lei perché dove c'è lei l'aria diventa irrespirabile, il terremoto, adesso come si fa, cosa si fa, non lo so io intanto mi faccio i miei chilometri per tornare in albergo, c'è gente in strada che se non gli dico dov'è una piazza non sa dove andare, Voi se volete un consiglio alzate le trincee e rinforzate gli argini perché vi mangia e so di cosa parlo.
In due giorni hanno già avuto modo di dire tre volte Forse ha ragione Bruno.
Certo che ha ragione Bruno, Bruno ha sempre ragione, e infatti Bruno non si ferma più fisso però è stato bello pensarci per una volta dopo tanti anni.
Mio fratello si fa un'ora di metrò solo per venire a cena con me per raccontarmi che sta bene, che il lavoro gli va bene, che l'equilibrio gli sta bene, che mi vede stanco ma mi vede in grado di.
L'altro fratello mi telefona solo per dirmi Ciao volevo solo sentirti, prima volta in mille anni, viene a cena anche lui una sera, Gianluca mi telefona dopo più di un anno, dice che Simone ha avuto voglia di vedermi, hanno tutti voglia di vedermi e nessuno che sappia cosa è successo ad agosto, hanno tutti semplicemente voglia di vedermi nello stesso momento, è come fosse saltato un tappo e lo champagne uscisse a fontana inarreastabile.
In agenzia c'è lei, bellissima ma di ghiaccio, fai fatica ad avvicinarti, pensi ti mangi, sembra di un pianeta a mille anni luce dal tuo, poi ci parli dieci minuti e scopri che è il contrario, appartiene al tuo più di quanto immaginassi, è normale, è semplice, frequenta i tuoi posti, vive i tuoi quartieri, scorgi che quel ghiaccio è in realtà solo la scelta di chi vive fuori dal lavoro, che è qualità di chi non ha l'ansia tutta milanese di mendicare mattoncini per l'autostima in ogni minuto della giornata e per questo capisci d aver di fronte una persona che ha da dire ma semplicemente sceglie quando e con chi, dieci minuti dopo la prima volta che le rivolgi la parola per dirle Ci offriamo un caffé? ti dai al bunjee jumping chiedendole di uscire con la stessa istintività usata per dire quel Sì mi fermerei a lavorare fisso, se solo ci avessi pensato un secondo di più non l'avrei più fatto solo per risparmiarmi il No di un altro pianeta, ma non ci penso e salto, mi scrive un mega giga sì e ci allega un disegno che mi fa sorridere al pensiero del suo aver sorriso quando l'ha scelto.
Non era di ghiaccio, semplicemente sceglie quando e con chi sorridere e quando sei così di cose da dire rischi di averne persino più di me, che è tutto dire, appunto.
Vivo in mille città come fossero tutte quartieri di un'unica enorme città alla quale appartengo e questa cosa (oggi) mi piace moltissimo, mi sposto tra le città con la leggerezza (e la frequenza) con la quale le persone normali vanno in centro a passeggiare o in quel quartiere a sentire musica, i treni sono autobus, gli aerei sono taxi, gli hotel sono case, i ristoranti sono parenti la domenica e infatti lì ci vediamo.
Settimana prossima sono a Montecarlo.
Stesso hotel, stesso teatro, stessi locali, so persino quale semaforo attraverserò la mattina per andare a lavorare e dove andrò la sera a bere il bicchiere per liberare la mente dalla giornata.
Poi però quando torno mi fermo un pochino altrimenti muoro e sulla lapide come epitaffio ci mettono il numero di punti della tessera di Italo, quattro mesi così comprensivi di uragano Katrina senza mai fermarsi più di cinque minuti nello stesso posto e nello stesso pensiero e un numero di lavori che solitamente faccio in un anno sono davvero troppo anche per me.
Un po' di bici, qualche invito a cena da accettare, qualche sigaretta in meno da fumare, le luci di natale da mettere a nonnina che è già entrata in zona defcon e non preme solo perché mi vede una volta alla settimana giusto quando lancio la valigia sul letto quella di un lungo viaggio ma la conosco e se aspetto ancora un po' cede e nel piatto mi fa trovare il tubo di luci, burocrazie da sbrigare, avvocati da sguinzagliare, mercati da passeggiare, cucine da riattivare, campanelli da sostituire, addobbi ad arredare ché tra poco è Natale.
Il venticinque dicembre sarà esattamente un anno che non faccio sesso (lasciato oltretutto incompleto a causa della tanto brutta quanto mai provata prima sensazione di star violentando qualcuno che mi ha fatto girare dall'altra parte e dire basta così) e almeno tre che non faccio l'amore.
Se non sai cosa regalarmi per natale, dico.
In cambio vivrai i sei secondi più belli dei tuoi ultimi anni, nove se ci diamo anche ai preliminari.
Vogliamo dire che sono felice non esageriamo, vogliamo dire che sorrido sì, diciamolo, un mega giga sì diciamolo.
E onestamente solo tre mesi fa non avrei messo nemmeno un centesimo sulla possibilità e perciò a me oggi basta questo.
C'è chi crede io mi senta dio, la verità è che sogno di essere Valerio Mastandrea.
Capace di star zitto in quel modo lì, dire l'essenziale con quella faccia lì e fare di storie banalissime dei film bellissimi.
Ho talmente tanto lavoro che in questo momento ci sono due persone che lavorano per me e quando dico per me intendo come se fossi io, solo che non sono io e la cosa è come il sushi, un tempo sarei stato tutto teso in attesa del patatrak perché se non sei me prima o poi la cazzata la fai e dato che lavori come fossi me su lavori miei per clienti miei è come se la cazzata la facessi io e questo fino a ieri mi impediva anche solo di immaginare di dare del lavoro a qualcun altro.
Fino a ieri, perché oggi invece lavori tu al posto mio, io vengo solo agli incontri, tratto i costi, le esclusive, tu sei me e io sono te, solo che io sono te più di quanto tu sia me e oggi questo è tutt'altro che esser tesi, oggi è finire alle 19, andare in albergo, farsi una doccia e uscire a cena con l'amica alla quale raccontare che mi hanno affidato una regia bellissima alla quale sto lavorando da un mese, roba complessa da fare in inglese con tecnici francesi, ologrammi brianzoli, schermi abruzzesi, palcoscenico motorizzato, c'è chi pagherebbe per farla al mio posto e infatti c'è chi la farà al mio posto.
Non sto a spiegare il perché, tanto non si capirebbe, ma ho fatto quello che tecnicamente si chiama, e così l'ho riassunto all'amica a cena: un passo indietro.
"Tu?!" mi ha risposto.
Sì. Io.
A inizio serata le ho detto che ero cresciuto rispetto all'ultima volta che mi aveva visto, a fine serata ci ha creduto.
Mi ha salutato dicendomi Sei pessimo, sorridendo.
Ho dormito a due chilometri dal posto di lavoro solo perché dove dormo c'è un posto dove il sushi è buonissimo, un posto dove il whiskey è buonissimo, un posto dove il gestore del pub è gentilissimo, un posto dove una cameriera è bellissima e una sera mi ha chiesto Cosa scrivi e le ho detto Vuoi che te la legga?
Al lavoro camminando e camminando ritorno in hotel, due chilometri che a milano quando lo dici si chiedono se ti droghi e invece sono esattamente venticinque minuti, tra andata e ritorno un'ora della giornata con la musica in cuffia e niente a cui pensare se non dare indicazioni stradali, ultimamente devo aver assunto l'espressione di uno che sa qualsiasi cosa perché ogni dieci metri c'è qualcuno che mi ferma per chiedermi qualcosa, gli orari di chiusura della biglietteria, dove mangiare, dov'è Wagner.
In due giorni diversi alla stessa ora nello stesso identico punto di quei due chilometri mi hanno fermato due persone diverse per chiedermi dov'era la stessa piazza e a entrambi ho dovuto spiegare che è esattamente da dove stavano arrivando entrambi, pareva il giorno della marmotta, Buonasera Signor Bozza mi dicono in hotel quando arrivo il primo giorno e apro la porta, Ciao Bruno mi dicono al pub quando arrivo la prima sera, è come se vivessi in cento tempi, in cento città, ovunque sono a casa, ovunque c'è chi mi legge, ovunque c'è chi mi scrive, ovunque c'è chi mi pensa, ovunque c'è chi mi raggiunge, ovunque ci sono persone che mi chiedono dov'è una piazza.
Sono stato a cena da una persona importante in una casa importante nella quale la foto più sobria sugli scaffali era quella con lui e il Papa, vogliono che lavori per loro fisso, nessuno è mai riuscito a convincermi a farlo, qualche settimana fa a pranzo non prima di aver fatto arrivare quattro piatti di pesce crudo e un vino bianco gelato uno di quelli con cui vivo da quattro mesi, tra un Vuoi gamberoni e un Assaggia questo tonno che cos'è, butta lì un Ma tu ti fermeresti con noi? e io senza pensarci un istante, come non avessi dribblato la stessa domanda cento volte negli ultimi anni, mi vedo scappar fuori un Sì che mai avrei detto se solo ci avessi pensato un secondo di più e invece non ci ho pensato ed è uscito un Sì che non so perché ma ha avuto l'esatto suono che ha una liberazione, come avessi voluto dirlo da anni ma mai avessi avuto l'occasione a mia misura, il tempo a tavola si ferma, nessuno se lo aspettava, nessuno credeva che una domanda così senza speranza sarebbe stata la domanda migliore mai fatta nell'unico momento in cui andava fatta, il giorno dopo la notizia si diffonde e l'amministratore delegato che mi conosce da anni chiede a chi mi ha fatto la domanda se è sicuro, Ma Bruno Bruno? Ma sei sicuro? Nessuno è mai riuscito a fermarlo e allora da quel giorno è tutto far programmi e io che capisco la necessità di chiarire paletti, a patto che, sia chiaro che, qualsiasi proposta deve girare attorno a pochi punti ma di cemento, non devo tornare a vivere a milano, scelgo io con chi lavorare, voglio una squadra selezionata da me da formare, e tutto è Sì, Certo che sì, Ovvio che sì, ma davvero ti fermi, faremo il botto.
Non lo so, le cose sono già cambiate e l'arrivo di un'altra persona con la quale anni fa giurai di non sedermi nemmeno più a tavola fa improvvisamente cambiare l'aria e io prendo la persona che mi fece la domanda del secolo e gli dico che allora adesso è di nuovo no, non lavoro in un posto dove c'è lei perché dove c'è lei l'aria diventa irrespirabile, il terremoto, adesso come si fa, cosa si fa, non lo so io intanto mi faccio i miei chilometri per tornare in albergo, c'è gente in strada che se non gli dico dov'è una piazza non sa dove andare, Voi se volete un consiglio alzate le trincee e rinforzate gli argini perché vi mangia e so di cosa parlo.
In due giorni hanno già avuto modo di dire tre volte Forse ha ragione Bruno.
Certo che ha ragione Bruno, Bruno ha sempre ragione, e infatti Bruno non si ferma più fisso però è stato bello pensarci per una volta dopo tanti anni.
Mio fratello si fa un'ora di metrò solo per venire a cena con me per raccontarmi che sta bene, che il lavoro gli va bene, che l'equilibrio gli sta bene, che mi vede stanco ma mi vede in grado di.
L'altro fratello mi telefona solo per dirmi Ciao volevo solo sentirti, prima volta in mille anni, viene a cena anche lui una sera, Gianluca mi telefona dopo più di un anno, dice che Simone ha avuto voglia di vedermi, hanno tutti voglia di vedermi e nessuno che sappia cosa è successo ad agosto, hanno tutti semplicemente voglia di vedermi nello stesso momento, è come fosse saltato un tappo e lo champagne uscisse a fontana inarreastabile.
In agenzia c'è lei, bellissima ma di ghiaccio, fai fatica ad avvicinarti, pensi ti mangi, sembra di un pianeta a mille anni luce dal tuo, poi ci parli dieci minuti e scopri che è il contrario, appartiene al tuo più di quanto immaginassi, è normale, è semplice, frequenta i tuoi posti, vive i tuoi quartieri, scorgi che quel ghiaccio è in realtà solo la scelta di chi vive fuori dal lavoro, che è qualità di chi non ha l'ansia tutta milanese di mendicare mattoncini per l'autostima in ogni minuto della giornata e per questo capisci d aver di fronte una persona che ha da dire ma semplicemente sceglie quando e con chi, dieci minuti dopo la prima volta che le rivolgi la parola per dirle Ci offriamo un caffé? ti dai al bunjee jumping chiedendole di uscire con la stessa istintività usata per dire quel Sì mi fermerei a lavorare fisso, se solo ci avessi pensato un secondo di più non l'avrei più fatto solo per risparmiarmi il No di un altro pianeta, ma non ci penso e salto, mi scrive un mega giga sì e ci allega un disegno che mi fa sorridere al pensiero del suo aver sorriso quando l'ha scelto.
Non era di ghiaccio, semplicemente sceglie quando e con chi sorridere e quando sei così di cose da dire rischi di averne persino più di me, che è tutto dire, appunto.
Vivo in mille città come fossero tutte quartieri di un'unica enorme città alla quale appartengo e questa cosa (oggi) mi piace moltissimo, mi sposto tra le città con la leggerezza (e la frequenza) con la quale le persone normali vanno in centro a passeggiare o in quel quartiere a sentire musica, i treni sono autobus, gli aerei sono taxi, gli hotel sono case, i ristoranti sono parenti la domenica e infatti lì ci vediamo.
Settimana prossima sono a Montecarlo.
Stesso hotel, stesso teatro, stessi locali, so persino quale semaforo attraverserò la mattina per andare a lavorare e dove andrò la sera a bere il bicchiere per liberare la mente dalla giornata.
Poi però quando torno mi fermo un pochino altrimenti muoro e sulla lapide come epitaffio ci mettono il numero di punti della tessera di Italo, quattro mesi così comprensivi di uragano Katrina senza mai fermarsi più di cinque minuti nello stesso posto e nello stesso pensiero e un numero di lavori che solitamente faccio in un anno sono davvero troppo anche per me.
Un po' di bici, qualche invito a cena da accettare, qualche sigaretta in meno da fumare, le luci di natale da mettere a nonnina che è già entrata in zona defcon e non preme solo perché mi vede una volta alla settimana giusto quando lancio la valigia sul letto quella di un lungo viaggio ma la conosco e se aspetto ancora un po' cede e nel piatto mi fa trovare il tubo di luci, burocrazie da sbrigare, avvocati da sguinzagliare, mercati da passeggiare, cucine da riattivare, campanelli da sostituire, addobbi ad arredare ché tra poco è Natale.
Il venticinque dicembre sarà esattamente un anno che non faccio sesso (lasciato oltretutto incompleto a causa della tanto brutta quanto mai provata prima sensazione di star violentando qualcuno che mi ha fatto girare dall'altra parte e dire basta così) e almeno tre che non faccio l'amore.
Se non sai cosa regalarmi per natale, dico.
In cambio vivrai i sei secondi più belli dei tuoi ultimi anni, nove se ci diamo anche ai preliminari.
Vogliamo dire che sono felice non esageriamo, vogliamo dire che sorrido sì, diciamolo, un mega giga sì diciamolo.
E onestamente solo tre mesi fa non avrei messo nemmeno un centesimo sulla possibilità e perciò a me oggi basta questo.
C'è chi crede io mi senta dio, la verità è che sogno di essere Valerio Mastandrea.
Capace di star zitto in quel modo lì, dire l'essenziale con quella faccia lì e fare di storie banalissime dei film bellissimi.