In questi giorni quasi tutte le letture “politiche” sono state in qualche maniera condizionate dall’ormai famoso articolo con il quale il Movimento 5Stelle, tramite il blog di Grillo e a firma Di Battista (sono abbastanza convinto che l’articolo non sia frutto di Di Battista ma ne porti solo la firma, necessaria per dare alle forti posizioni contenute il carattere dell’opinione personale e non della linea ufficiale del Movimento, riuscendo nello stesso momento a dare loro il peso della condivisione dato il valore riconosciuto all’interno del Movimento a Di Battista, capra e cavoli senza mai scoprirsi, come sempre), ha preso posizione rispetto alla questione mediorientale.
In effetti sarebbe meglio dire che quell’articolo prende posizione contro l’occidente, gli Stati Uniti in particolare, e che la storia mediorientale sia semplicemente stata usata come pretesto per meglio trasferirla nella sua spugnosa base elettorale data l’attualità del tema.
Il M5S utilizza questo modello di propaganda con una regolarità e ripetitività tale, da essere ormai considerabile qualcosa più di una semplice strategia personale della firma che sigla la dichiarazione del momento.
Avendo una base elettorale composta in larga parte da persone con un bagaglio culturale che inizia a formarsi in coincidenza con l’inizio del progetto M5S, alla cui rete di siti internet collegati più o meno dichiaratamente non a caso riconosce anche il valore di uniche fonti dalle quali prendere le informazioni con cui crearsi quel bagaglio, l’M5S è consapevole che il miglior modo per veicolare le proprie posizioni verso quella base elettorale è l’associarle alla cronaca contemporanea, in termini di giorni e non di periodo storico, essendo l’unico paniere di informazioni che quella base conosce perché al suo interno immersa quotidianamente attraverso i media.
Se c’è un importante evento che prende il principale spazio sui media, l’M5S fa suo quell’evento prendendo immediatamente posizione così che la sua base abbia modo di decodificare (e fare suo) il messaggio che gli arriva incartato in un evento a lei noto che non richiederà ricerche per decodificare l’incarto prima che il contenuto.
Questa cosa accade da circa un anno sempre uguale.
Se c’è un importante processo i parlamentari saranno sui gradini del Palazzo di Giustizia a farsi fotografare mentre “fanno scorta al magistrato” attivando la base che riempirà nelle ore successive la rete di “Guai a chi lo tocca, se la vedrà con noi”.
Del magistrato il giorno dopo non si saprà più nulla, se non che ha ripreso il suo lavoro e a fargli da scorta saranno come sempre gli angeli silenziosi che gliela facevano anche il giorno prima e senza bisogno di farsi fotografare.
Se c’è in discussione una riforma costituzionale i parlamentari saranno in piedi davanti ai cancelli per impedirla, naturalmente con corposa dotazione di media che corrono a riprendere il tutto, della Costituzione il giorno dopo ne parlerà solo il giornale di riferimento e chi avendo letto il progetto iniziale M5S si ricorderà che il farne carta straccia era tra i pilastri principali del programma che diede al M5S quel 30% grazie al quale oggi possono andare a difenderla.
Se c’è un terremoto il M5S correrà a fare donazioni con grandissimi assegni di cartone e tante telecamere al seguito, il giorno dopo dei terremotati se ne ricorderà solo qualche giornale, per esempio quel L’Unità che un paio di mesi dopo gli chiese di mostrare il bonifico vero oltre all’assegno di cartone, ricevendo con tono sprezzante la foto di un bonifico recante data del giorno dopo la richiesta, e la base elettorale che a elezioni europee perse correrà a verificare se i destinatari della donazione abbiano o meno votato M5S per battere Renzi, quello del voto di scambio con gli 80 euro, augurando loro un secondo terremoto nel momento in cui scoprirono che no, Mirandola non ha votato in massa M5S nonostante gli abbiano sganciato un sacco di soldi.
Questi sono i giorni dell’ISIS e questo è il nuovo carro sul quale l’M5S carica il suo armamentario retorico per farlo arrivare alla sua base e così esce l’articolo a firma Di Battista che spiega al mondo come tutto quello che accade sia da ricondurre a responsabilità dell’americano che per soldi uccide bambini, tra qualche giorno dell’ISIS nessuno di loro parlerà più se non quelli che accompagneranno Grillo all’ennesimo cocktail all’ambasciata americana dove viene convocato ogni tre mesi per sapere un po’ come procede quella sua battaglia per cancellare la sinistra parlamentare.
Nel frattempo di USA comunque si parla e non passa minuto che in rete non s’incontri il fanatico che chiede a tutti di inchinarsi alla saggezza e al coraggio di Dibba, unico capace di farsi scudo contro gli Yankees per proteggere i bambini del terzo mondo, fanatico che una volta sì e l’altra pure ricorda a tutti l’informazione appresa un mesetto fa al massimo due e cioè che gli USA sono quelli che hanno bombardato con l’atomica una città di civili.
Allora in questi giorni ho ripensato a quel fatto là dell’atomica e del Giappone, ho letto tutto l’articolo di Di Battista e ho pensato alle ricostruzioni storiche, a come cambino mettendo o togliendo gli eventi e mi è tornato alla mente un evento storico che non solo la base M5S ignora completamente, ma anche il resto del mondo tende a non ricordare mai abbastanza anche grazie a un’opera di vera e propria rimozione storica che in pochi casi è stata efficace come in questo e nonostante l’abnormità dell’evento sia in termini di orrore che di influenza sulla storia successiva, in particolare proprio sul bombardamento di Hiroshima e Nagasaki.
Poche volte la storia umana ha aperto quelle parentesi all’interno delle quali avviene una vera e propria dissoluzione del confine che separa l’uomo dall’animale, confine che naturalmente viene subito ripristinato a parentesi chiusa.
Nella memoria collettiva la parentesi più grande che la mente automaticamente richiama è la Shoah, seguita da una lunga pausa interrotta da quella che viene considerata la parentesi successiva e cioè Srebrenica e tutto l’orrore collegato nella guerra dei Balcani, anche quando avvenuto in città modalità e numeriche meno d’impatto di quel singolo episodio, se così possiamo chiamarlo.
Se non fosse collegata a una guerra considerata locale, anzi nella ricostruzione di Berlusconi “un problema di ordine pubblico” e cioè la guerra in Cecenia, anche la vicenda di Beslan avrebbe vinto nella memoria collettiva un posto d’onore tra le parentesi nelle quali l’uomo si è fatto animale, ma purtroppo per quei bambini non è andata così e quindi a loro è rimasto null’altro che un posto nella memoria delle loro madri e dei loro padri, che li videro trucidati in diretta senza nemmeno poter capire se furono uccisi dal fuoco dei terroristi o da quello dell’esercito Russo che decise che aprire il fuoco dentro quella scuola sarebbe stata una soluzione efficace.
Così come un posto non l’hanno trovato nemmeno nella memoria di Di Battista o chi per lui, che nella ricostruzione storica con la quale ha spiegato alla sua base la forma che ha un terrorista che uccide bambini, un cenno a Beslan proprio non è riuscito a ricordarsi di mettercelo.
Forse perché né quelli che chiusero 1200 ostaggi nella palestra lanciando granate contro quelli che volevano andare in bagno né l’esercito che entrò sparando erano americani, vai a sapere, o forse perché se nessun drone ha abbattuto la casa di quelli che riempirono di esplosivo una scuola elementare non sono considerabili terroristi nell’accezione M5S, chissà.
Sta di fatto che morirono centinaia di persone, segnatevelo perché è accaduto anche quello nella storia del terrorismo che uccide civili con l’esplosivo e magari potreste incontrare un M5S che vi potrebbe rispondere “Beslachè?” perché in quegli anni aveva la stessa età di quei bambini.
In ogni caso segnatevelo comunque, perché quel giorno sono morti 186 bambini senza ONU, senza USA, senza M5S, solo con i pantaloni bagnati prima di piscio e poi di sangue, in entrambi i casi il loro, e non li si piange mai abbastanza.
Insieme a quelle due parentesi di inumanità ce n’è una terza che non viene mai citata nonostante abbia letteralmente cambiato, o diciamo pesantemente contribuito a cambiare, la storia del mondo e delle guerre, essendosi tra l’altro svolta negli anni in cui contemporaneamente si aprì anche la parentesi Shoah, cioè gli anni che precedettero la Seconda Guerra Mondiale.
Si tratta di quella parentesi (s)conosciuta come Il Massacro di Nachino.
Ora io non sono uno storico né aspiro ad esserlo, quindi adesso metterò qui solo i perché è decisamente il caso che quelli di voi che leggendo quel nome non hanno visto apparire nulla nella mente si vadano a cercare documenti più estesi, dettagliati e precisi di questo mio amatoriale e incompetente riassunto.
Sia questo riassunto che i documenti più dettagliati sono sconsigliabili a chi è sensibile all’orrore anche solo immaginato, quindi se fai parte di quella categoria fermati qui e ci vediamo al mio rientro.
Il 13 Dicembre 1937 l’esercito giapponese entra a Nanchino, in quel momento capitale della Cina, incontrando nessuna resistenza da parte dell’esercito cinese presente anche grazie a ciò che precedette quell’ingresso in termini di racconti della devastazione lungo la strada che portò i giapponesi alla capitale.
Occupata la capitale, su ordine di Yasuhiko Asaka, zio dell’imperatore Hirohito e da quest’ultimo nominato responsabile dell’esercito d’invasione, per sei irreali settimane venne sospesa l’umanità e si aprì qualcosa che ha tutti i contorni per essere definito quanto di più vicino all’idea di inferno l’uomo abbia potuto inventare: ai soldati venne dato il via libera all’orrore.
E tale fu.
Per sei settimane venne superato qualsiasi confine tra l’uomo e l’animale, si uccise per il solo gusto di poterlo fare impunemente, vennero stuprate ventimila donne, legate nude ai pali nelle strade perché i soldati le potessero trovare pronte al passaggio, donne sfinite nelle carni e poi uccise quando non più stuprabili perché massacrate, prima di finirle impalandole con canne di legno venivano mutilate dei seni con le baionette, stesso destino veniva riservato ai bambini, chiusi nudi dentro stanze infernali senza cibo né acqua per essere stuprati da gruppi interi di soldati, che a lavoro compiuto li castravano e li uccidevano aprendo loro la pancia e gettandoli in mezzo alla strada, ai padri veniva imposto di stuprare i figli e le figlie prima di essere in ogni caso tutti uccisi, i figli venivano obbligati a violentare le proprie madri prima di essere a loro volta decapitati, gli uomini più fortunati venivano fucilati, gli altri decapitati con le spade in dotazione, l’inferno fu tale che riuscì a concedersi persino il lusso del ludico nel momento in cui due ufficiali (ma questo avvenne lungo la strada per Nanchino quindi prima e giusto per far sapere cosa stesse arrivando in città) si sfidarono a giocare a chi sarebbe riuscito a decapitare per primo 100 persone, le donne e i bambini non più violentabili venivano portati lungo il fiume, spogliati, legati e sepolti vivi o uccisi con le baionette prima di seppellirli, gli uomini venivano uccisi e anche loro gettati nel fiume, lungo il quale le teste tagliate venivano posizionate su pali di legno.
In sei infernali settimane vennero uccise, uno per uno e in modi ogni volta più orrendi, circa 350.000 persone, quasi tutti civili.
Gli unici che si salvarono dall’orrore devono la loro vita, qui sta l’elemento che mostra quanto il termine inferno sia appropriato, a quello che in quel momento era la parte infernale del resto del mondo e cioè al nazismo.
Il massacro di Nanchino fu così infernale, che il protagonista buono fu un nazista.
Tale John Rabe, un tedesco che lavorava a Nanchino per la Siemens e che a occupazione avvenuta e massacro avviato riuscì, insieme agli altri stranieri, a istituire un’area di città extraterritoriale risparmiata dai giapponesi grazie a un patto che in quel momento legava la Germania al Giappone e soprattutto alla minaccia dell’intervento tedesco.
Garantita l’intangibilità di quel distretto, l’area che prese il nome ufficiale di Area di Protezione di Nanchino divenne rifugio per chiunque riuscisse a entrarci, dato l’inferno esterno più di quanti umani si riesca a immaginare siano disposti a schiacciarsi dentro una scatola di 4 km quadrati, portando John Rabe a diventare l’uomo che salvò la vita a circa 250.000 mila persone, solo una parte di quelli che non riuscirono a salvarsi.
Chiusa parentesi.
Perché questo episodio cambiò la storia?
Perché quando la notizia di quanto avvenuto in quella città uscì e raggiunse prima l’Europa e poi gli Stati Uniti, spostò l’opinione pubblica in una direzione che permise negli anni successivi agli Stati Uniti di far passare con più facilità l’idea dell’attacco al Giappone e, successivamente, dell’atomica che chiuse un periodo storico nel quale i Giapponesi uccisero, si stima, milioni di persone.
Se venne sganciata l’atomica su Hiroshima e Nagasaki senza l’opposizione dell’opinione pubblica, fu anche grazie a ciò che si venne a sapere, nonostante l’opera di rimozione successiva operata anche da Mao che per salvare i successivi rapporti col Giappone e soprattutto perché non particolarmente turbabile dal tema "milioni di morti" suoi connazionali fece scomparire dai libri ogni riferimento a quelle settimane, del Massacro di Nanchino.
Nel quale morirono per mano del diavolo in persona e uccise una per una 350.000 persone, quasi il doppio di quante ne uccise l’atomica che fermò la guerra e soprattutto il Giappone, quel Giappone, che negli anni fino al 6 agosto 1945 tra prigionieri di guerra e territori conquistati finché non venne fermato dall’atomica, in quel modo, uno per uno, ne uccise milioni.
Mentre io sono via per lavoro, se lo incontrate ditelo al Dibba lo sto(r)ico.