Il tempo è moneta, è bene, è capitale costruito e sottovalutato.
Ciascuno il suo sacchetto, ciascuno una vita durante la quale spenderlo, investirlo, buttarlo in gratt'evvinci stampati per non farti mai vincere il premio grosso, quello per vincere il quale sei pronto a investirne la quota maggiore di quello a tua disposizione pensando che al prossimo turno capiterà a te il biglietto vincente che ti restituirà tutto quello investito.
Cresci sprecandolo, deprezzandolo, cedendolo in cambio di briciole d'attenzione, condivisione, il gioco ti sembra valere la candela e allora mani sulle orecchie e occhi serrati avanti a valigia, corri verso quella stazione alla quale ti hanno detto aspettarti il premio e invece non c'è, non c'è nella prima, non c'è nella seconda, mani sulle orecchie e occhi serrati non cedi e corri alla terza pensando sia un problema di pazienza quindi tuo e allora corri alla quarta, poi alla quinta, finché cresci e ti accorgi che.
Che non c'è un premio, che il tempo non è moneta accidenti, era il bene e non lo capivi, quello che credevi di dover barattare in cambio di qualcosa scopri essere il qualcosa e capisci il gioco, capisci il trucco, la truffa.
Ti avevano detto che il tempo era la moneta per raggiungere il traguardo e invece il traguardo era il tempo stesso, che intanto stavi sprecando sperando arrivasse il premio in cambio.
Ci metti anni ma un giorno ci arrivi e quando ci arrivi il tempo smette di essere moneta e diventa il bene più prezioso che hai, la moneta sei tu e ogni singolo minuto assume un valore mai avuto, il valore che solo le cose che una volta lasciate andare non tornano più assumono.
Crescere significa scoprire che il tempo non era il frattempo, non era moneta, non era baratto per un premio, era il bene e punto di arrivo.
In quell'esatto istante smetti di sprecarlo, di svalutarlo, di offrirlo a chi quando lo offri te lo rifiuta, a chi del tuo tempo non ha bisogno né sa cosa farsene, a chi ti dice grazie per averglielo offerto con lo stesso trasporto di una signora alla quale lasci il posto sull'autobus.
Cammini per il mondo con un timer in tasca che programmi per avvisarti quando il tempo messo sul tavolo è superiore a quello che forse, magari, chissà, potresti vincere in cambio.
Quando il tempo augurato diventa inferiore a quello che investi, il timer scatta e senza lasciar passare un solo secondo in più ti alzi e te ne vai.
Quel giorno scopri cosa vuol dire smettere di automortificarsi, la dignità, l'autostima.
Quell'esatto istante in cui realizzi che la tua merce non interessa e la tua merce sei tu, un solo istante in più e si chiamerà elemosina.
Crescere è diventare capaci di cogliere quell'istante, alzarsi un lampo prima e semplicemente dissolversi.
Il tempo riempito di qualsiasi cosa che non sia il nulla, la vita non è altro.
Diventare capaci di parlare con gli sconosciuti al tavolo accanto, farne arte, e insieme di capire che quella è l'unica alternativa al silenzio che i presenti ti riservano.
Aspettare che cadano briciole e scannarsi per contendersele non so che nome abbia, ma qualsiasi sia quel nome non è Vivere e se lo è non lo è per me.
Già dato, già inghiottito abbastanza, già perso.
Uscire da solo, stare da solo, cerchio che si può chiudere solo tornando a casa da solo.
Ciascuno il suo sacchetto, ciascuno una vita durante la quale spenderlo, investirlo, buttarlo in gratt'evvinci stampati per non farti mai vincere il premio grosso, quello per vincere il quale sei pronto a investirne la quota maggiore di quello a tua disposizione pensando che al prossimo turno capiterà a te il biglietto vincente che ti restituirà tutto quello investito.
Cresci sprecandolo, deprezzandolo, cedendolo in cambio di briciole d'attenzione, condivisione, il gioco ti sembra valere la candela e allora mani sulle orecchie e occhi serrati avanti a valigia, corri verso quella stazione alla quale ti hanno detto aspettarti il premio e invece non c'è, non c'è nella prima, non c'è nella seconda, mani sulle orecchie e occhi serrati non cedi e corri alla terza pensando sia un problema di pazienza quindi tuo e allora corri alla quarta, poi alla quinta, finché cresci e ti accorgi che.
Che non c'è un premio, che il tempo non è moneta accidenti, era il bene e non lo capivi, quello che credevi di dover barattare in cambio di qualcosa scopri essere il qualcosa e capisci il gioco, capisci il trucco, la truffa.
Ti avevano detto che il tempo era la moneta per raggiungere il traguardo e invece il traguardo era il tempo stesso, che intanto stavi sprecando sperando arrivasse il premio in cambio.
Ci metti anni ma un giorno ci arrivi e quando ci arrivi il tempo smette di essere moneta e diventa il bene più prezioso che hai, la moneta sei tu e ogni singolo minuto assume un valore mai avuto, il valore che solo le cose che una volta lasciate andare non tornano più assumono.
Crescere significa scoprire che il tempo non era il frattempo, non era moneta, non era baratto per un premio, era il bene e punto di arrivo.
In quell'esatto istante smetti di sprecarlo, di svalutarlo, di offrirlo a chi quando lo offri te lo rifiuta, a chi del tuo tempo non ha bisogno né sa cosa farsene, a chi ti dice grazie per averglielo offerto con lo stesso trasporto di una signora alla quale lasci il posto sull'autobus.
Cammini per il mondo con un timer in tasca che programmi per avvisarti quando il tempo messo sul tavolo è superiore a quello che forse, magari, chissà, potresti vincere in cambio.
Quando il tempo augurato diventa inferiore a quello che investi, il timer scatta e senza lasciar passare un solo secondo in più ti alzi e te ne vai.
Quel giorno scopri cosa vuol dire smettere di automortificarsi, la dignità, l'autostima.
Quell'esatto istante in cui realizzi che la tua merce non interessa e la tua merce sei tu, un solo istante in più e si chiamerà elemosina.
Crescere è diventare capaci di cogliere quell'istante, alzarsi un lampo prima e semplicemente dissolversi.
Il tempo riempito di qualsiasi cosa che non sia il nulla, la vita non è altro.
Diventare capaci di parlare con gli sconosciuti al tavolo accanto, farne arte, e insieme di capire che quella è l'unica alternativa al silenzio che i presenti ti riservano.
Aspettare che cadano briciole e scannarsi per contendersele non so che nome abbia, ma qualsiasi sia quel nome non è Vivere e se lo è non lo è per me.
Già dato, già inghiottito abbastanza, già perso.
Uscire da solo, stare da solo, cerchio che si può chiudere solo tornando a casa da solo.