Se questo fosse il vecchio blog stasera porterei tra queste righe tutti i suoi personaggi, per raccontare loro dei cerchi che mi hanno aiutato ad aprire, attraversare e qualche volta chiudere non sempre come avremmo voluto e a volte meritato, altre volte sì.
Mario l'altra sera era insieme a Mario Bros come spesso capita da quando Mario se n'è andato da Milano, il suo lavoro di supereroe sempre in viaggio gli ha insegnato che le distanze non esistono se non nella mente, ogni altra è solo una scelta, una voglia, un metro che puoi moltiplicare per un milione sempre un metro resta e il Per (enne) che fa variabile è quell'istante della vita in cui realizzi che fare un metro e non farlo sono scelte separate solo da un foglio con due colonne, nella prima gli errori commessi, nella seconda lo stesso elenco ma a forma di nomi e il titolo Amici persi per stupidità, perché da giovani ci si pensa capaci di tutto e bisognosi di nessuno e quanto quella sensazione sia il titolo della prima delle due colonne lo si scopre quando l'elenco non potrà mai essere recuperato per intero.
Torino e Milano sono un'unica città, in una vivo nell'altra esco la sera, chi l'avrebbe detto sei anni fa che mi sarei trovato oggi a prendere treni per passare le serate con mio fratello, un passaggio da lei oggi che quel passaggio non ha più un prezzo, accompagnare a casa l'amico dopo aver finalmente accettato i suoi mille inviti per la voglia di raccontarmi cosa fa oggi che ha scelto di fare il salto, andare a leggere nel mio pub abituale che in sei anni non è riuscito a farsi sostituire da analogo torinese e allora cosa si fa, non si può non uscire, si prende un treno e si va a bere una birra a Milano nel pub più familiare del mondo, la città è un'unica città molto grande come nei sogni di chi le progettò entrambe pensando che un giorno si sarebbero espanse così tanto da unirsi ed eccoci qua, è successo.
Mario Bros mi chiede perché non torni a Torino la sera finite le riunioni così risparmierei ristorante e albergo, gli rispondo che se non lavorassi per pagarmi quello che desidero non avrebbe senso il sacrificio che mi richiede e dato che quando esco con lui sto bene fermarmi dà un senso al mio lavoro, ne è felice e lo capisco perché non lo esterna, mezz'ora a offrirci mezzo bicchiere di rhum mi saluta e va a dormire, io mi fermo a godermi la bellezza; quindici anni fa i birilli era erano gli stessi ma disposti esattamente all'opposto, esternava la felicità di stare con me, non lo era, io capivo fischi e bevevamo insieme decine di fiaschi, non dormivamo, morivamo ogni notte e chi non ci riusciva salvava l'altro.
Chiamerei Mario Senior per raccontargli come stia andando il progetto, la fatica di tenere insieme i pezzi, di lavorare sugli altri per impedire che il necessario tempo sommato a quello prevedibilmente imprevisto si faccia distrazione, dissuasione o cambio di direzione, di fare riunioni in cui alzarmi in piedi e recitare il mio show così che l'avvocato sappia, il socio capisca, vedere che l'unica voce dell'elenco dei problemi sembra incredibilmente l'entusiasmo di chiunque arrivato a fine performance scopre che davvero non esista nulla di simile a me in tutta italia e allora chi ci mette i soldi no grazie voglio solo i suoi, chi vorrebbe metterci la sede no grazie dev'essere Torino, chi ci metterebbe la sua assistente e parliamone perché l'ho vista, non mi stava ascoltando mi stava sposando, e quanto cambierebbe idea Mario Senior se vedesse dove si possa arrivare anche senza aver studiato, senza aver avuto nessuno, diavolo davvero nessuno, vicino negli anni in ginocchio a dirmi che ce l'avrei fatta a fare almeno una cosa nella vita come non la fa nessun altro.
Chiamerei lei che queste righe tanti anni fa abitò a forma di violenza, odio, buio della ragione e paura, per farle sapere che il tempo ci ha già perdonati e spiegati, per chiederle se quella foto scattata quindici anni dopo nel suo oggi è il suo racconto di direzioni inevitabili quanto il non poter uscire mai più da corpi amati nell'unico modo possibile e cioè oltre quel buio, oltre quella paura, così oltre qualsiasi ostacolo da raggiungere un cuore che quando ha provato a battere a sincrono non può più smettere di farlo, a meno di farlo rimettendo in scena lo spettacolo o chiudere il sipario e salutare il pubblico.
E chiamerei il Grande Regista Superiore, il personaggio dei personaggi, per chiedergli se sa che così come il mio perdono è arrivato il giorno del mio compleanno, quella foto, l'ho realizzato oggi, è arrivata il giorno del suo.
Domanda inutile, certo che lo sa, non sarebbe altrimenti il Grande Regista Superiore che innegabilmente è.
Domanda inutile, certo che lo sa, non sarebbe altrimenti il Grande Regista Superiore che innegabilmente è.
Quanto sa essere strana la vita quando non vuole smetterla di essere un film, un romanzo, una guerra e una pace.
A te a a lui.