26 maggio 2007

Sciolze



Quando eravamo piccoli ci troveremo di nuovo sulla collina, io la sabbia, tu l’acqua, lui ci guarderà sorridendo indicandoci mattoni grandi, troppo grandi, io la sabbia infatti, tu l’acqua infatti, dove mai andremo, quando eravamo piccoli.
Farà caldo e andavamo al pozzo, che paura ma poi uscirà ancora fresca, fredda, quando eravamo piccoli sarà buona, cammineremo sul sentiero e sceglieremo la cameretta sopra i ciotoli e la sabbia e l’erba, eravamo piccoli la vedevamo era lì, io la sabbia, tu l’acqua, la cameretta poteva essere dovunque, la faremo, ci sembrerà possibile, eravamo piccoli, più piccoli dei mattoni, più grandi della cameretta, un legno disegneremo la finestra qui, la porta là, ci guarderà sorridendo, ci dirà sì, dove facevamo la cameretta.
Quando eravamo piccoli impareremo il cemento, dove eravamo rimasti il giorno che avevamo smesso, io la sabbia, tu l’acqua, lui i mattoni troppo grandi anche per lui.
Io, sai, ho imparato a costruire clessidre, qualcosa dovevo farmene di quella sabbia senz’acqua quando ci siamo lasciati quel giorno sulla collina, vedessi che belle, all’inizio non tanto oggi tanto, soffio il vetro con la sabbia già dentro, un pezzo unico, il vetro è sabbia prima, lo sapevamo, disegnavamo finestre sulla sabbia, infatti, oggi prendo la sabbia soffio intorno ma solo poco, quanto serve per rendere vetro un velo intorno, si chiamano clessidra, mi hanno detto segnano il tempo, non è vero, lo dicono quelli che non sanno ma se vuoi dimostrarglielo mostragli una clessidra e chiedi di dire quanto tempo è passato, non lo sanno, ti devono prima per forza chiedere quante volte l’hai girata, ti devono chiedere da quanto ce l’hai, ti devono chiedere se l’hai fermata, il sole segna il tempo, quando eravamo piccoli ci scalderà sul prato mentre disegnamo finestre e camerette.
Quando eravamo piccoli saremo figli, io porterò le mie clessidre e ti racconterò il segreto, ti dicevo “Guarda, guarda qui, che cos’è?” e tu mi dirai “Una clessidra, segna il tempo” e io ti dicevo “No, sono i piccoli delle finestre nella pancia della finestra mamma” tu mi dirai che tu avevi l’acqua.
Sei bravo, sai, con l’acqua, hai imparato a lavare tutto, a scavare solchi nella roccia, a far scorrere via i legni, le auto, le case, maniacalmente pulito, tutta quell’acqua del resto, qualcosa dovevi fartene senza sabbia, quando eravamo piccoli mi farai vedere il pozzo e mi dirai che hai imparato, ci sei stato, c’è l’acqua, tanta acqua, io ti dicevo “È fredda” e tu mi dicevi “Solo se la lasci lì, fuori c’è il sole, scalda oltre che segnare il tempo”.
Allora lo saprai e avevi disegnato le finestre, mi hanno detto che sono grandi oggi, lo sapevi che sono fatte di sabbia?
Non ci fossimo lasciati, quel giorno, oggi lo sapresti.
Quando eravamo piccoli lo saprai, andremo sulla collina dove c’è il pozzo disegneremo finestre sulla sabbia tu prenderai l’acqua nel pozzo ché io non ci sono mai stato e avrò paura tu non più, io prenderò tutte le mie clessidre, le più belle, le appoggerò dove avevamo disegnato le finestre della cameretta, il sole scalderà il vetro, si scioglierà come acqua, i piccoli delle finestre scapperanno tutti fuori tu non ti tenevi più l’acqua tutta per te, la lascerai andare, dove avevamo disegnato le finestre tutto si unirà e nascerà la cameretta, avevamo a un passo dal nostro naso il cemento, quanti anni, quando eravamo piccoli ne avremo passati tanti, troppi, io sabbia, tu acqua, bravissimi a disegnare dove vorremo la nostra casa ma incapaci di costruirla.
È andata così, pazienza.
Di buono c’è che quel giorno anche lui scoprirà che cazzo farsene di tutti quei mattoni.
Era bravo, sai, lui con i mattoni, qualcosa doveva farsene, del resto, non stavano più attaccati quel giorno che ci siamo lasciati sulla collina io ho portato via la sabbia, tu l’acqua.
Andava in giro per le piazze e faceva l’artista di strada metteva una bilancia con i due piatti al centro, su uno ci metteva tutti tutti tutti i mattoni sull’altro si sedeva e la bilancia tornava in pari e tutti dicevano “Oooohhhhhh” e gli davano i soldi, aveva trovato il trucco era diventato bravissimo, non era vero che i mattoni che metteva sul piatto erano tutti, erano solo la metà, l’altra metà li aveva inghiottiti lui, pesava come la casa, dentro era di pietra, il bilancio era pari, io fragile come il vetro, tu svicolante come l’acqua, lui pesante, pesante come tutti i mattoni di quella casa sulla collina che un giorno che ci siamo lasciati ingoiò, l’avessimo seppellito intero pesante com’era avrebbe fatto un buco per terra profoooooondo di quelli quando eravamo piccoli che credevamo che se fai un buco profooooooondo esci in Cina, dalla terra, come i fiori.
Pensa le facce.
"E questo che cazzo è? Una casa?"
"No, un suiseki grande quanto, una casa"
Quel giorno saremo finalmente piccoli come non lo siamo mai stati, se escludiamo quel giorno che dopo aver disegnato la casa per terra, ci lasceremo per sempre.


11 maggio 2007

Carosello

Va bene, lo dico, ché altrimenti qui non si capiscono i contorni della cosa e il perché di questo mio continuare a girare intorno a questa cosa aggiungendoci dubbi su dubbi e poi me lo sono tenuto fino a oggi che comincia per non gridare al lupo al lupo quando magari sarebbe saltato tutto all’ultimo minuto (la verità? Quasi me lo sono augurato, lo ammetto) e invece non è saltato quindi oggi si comincia e posso dirlo:
Mi hanno già chiamato per la seconda regia.

No, in realtà non è questo, questo me lo aspettavo abbastanza visto che la prima era riuscita, anche se non me l’aspettavo così presto.
Il fatto è che dal momento che quando io m’atteggio m’atteggio seriamente, cioè me la tiro convincente (ve n’eravate accorti?) come sempre m’è venuto bene (l’atteggiarmi, dico) e quelli m’hanno creduto e quindi non me ne hanno affidata una seconda dello stesso livello della prima, non facile sicuramente ma almeno affrontabile, no, troppa grazia.

Come dicevo là sotto non mi ricordo dove, quando parlavo del tirocinio che non esiste più (non è vero), m’hanno chiamato per un…MUSICAL!
Si ok una roba piccolina, mica Cats (cioè, nel senso del musical, non di esclamazaione pugliese), un corpo di ballo piccolino, un’oretta di spettacolo, evento aziendale, robetta insomma.
Per chi fa Cats.
Vi sembro uno che ha fatto Cats, io?
(no, sempre non quella cosa pugliese, ché altrimenti mi rispondete tutti in coro “A mazzi!”)
Ecco, no, appunto.
Dico io, io ero qui tutto bello pronto a farne altre cinque, dieci, del livello di quella prima (ma anche meno, ché quella prima proprio semplice non è stata) ma insomma il percorso solito, normale, PROGRESSIVO, ché qui già ci chiediamo se siamo in grado di fare quello che alla fine in un modo o nell’altro abbiamo fatto, figurarsi pensare di passare già di un livello.
Ma qui è come averne saltati 10, di livelli!
Gli stessi tecnici quando l’hanno saputo hanno risposto “LUUUUUI????” e io davvero al loro posto avrei risposto la stessissima identica cosa e infatti l’ho fatto insieme a loro, come non si parlasse di me, visto che me l’hanno comunicato davanti a loro e quindi la reazione è stata contemporanea e identica.
IIIIIOOOOOO?
Minchia.
Una roba che oltretutto dovrò portare a spasso per l’Italia per cinque date (e forse altre 5, se l’altro regista, ce lo dividiamo in due blocchi da due settimane a testa, darà forfait e ovviamente incastrate negli altri 10 viaggi che già avevo in calendario, preparatevi a parlare tra voi per moooooolti giorni) così non potrò nemmeno contare sul culo, visto che una può andare di culo, ma 5 sono 5 possibilità di fare cazzate e la percentuale di successo affidabile al culo si abbassa drasticamente.
No dico, un musical, sono mille mila microfoni, mille mila attori, mille mila cambi scena, le camere (tele-camere, brutti buzziconi ignoranti!) mille mila luci, mille mila musiche, aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!

Ecco, da una parte sono tranquillo perché alla regista che ha fatto il mio nome per sostituirla, portata fuori per una birra e quattro chiacchiere serie che qui non si scherza più, ho chiesto se secondo lei sono in grado e lei m’ha risposto si.
Il fatto è che lei ha fatto il mio nome PRIMA di sapere di cosa si trattasse.
Cioè sapeva che era un musical ma non ha saputo altro.
E quindi dall’altra (parte) io non è che sia proprio definibile uno che ci sta andando tutto bello tronfio come al mio solito.
Anzi.
Lo dico?
Lo dico.
Mi sto cagando un po’ sotto.
Per dire, domani (oggi)(tra tre ore insomma) mattina vado in sala prove a conoscere e a farmi conoscere dal corpo di ballo.
Ecco, adesso, chi mi conosce fisicamente si immagini la scena di me che entro in una sala prove di ballo nella quale si attendono l’arrivo del regista.
Foste nella coreografa (o coreografo, fate voi), come i tecnici di cui sopra, non mi fermereste sulla porta dicendomi “no, per i corsi, soprattutto il livello starter, devi venire il sabato mattina dalle 10 alle 12, se puoi meglio se accompagnato dalla mamma ché ci vuole l’autorizzazione se ti fai male, e tu ti fai male, a portarti in pediatria”?
Io si.
Credo lei (o lui) pure.
Minchia.
L’ho detto minchia?
Lo ridico.
Minchia.

Lunedì sera a Roma invece dirò Merda.
Poi ci aggiungerò merda.
Poi lo dirò una terza volta.
Noi del mondo dello spettacolo, mica come voi brutti buzziconi, diciamo così prima dello sciò.
Cazzo che fifa.
Cazzo però è bello.

P.S. Quelli che m'hanno chiamato, l'anno scorso hanno fatto una parte della cerimonia di inaugurazione delle olimpiadi a Torino.
Quella spettacolare fantastica stellare, intendo.
Ecco, per dire, serve dirlo dove sarò io tra 3 anni?
Segnatevi questa data e poi non dite che non ve l'avevo detto.
Ché qui da anni si sta assistendo alla nascita di una stella e la gente nemmeno se ne rende conto.
Brutti buzziconi ingrati.

3 maggio 2007

Iran?

Scusate se vi disturbo, ma qui in Spagna non mi sanno essere d'aiuto per levarmi un dubbio enorme che da ieri mi segue e non riesco a levarmi dalla testa tipo quando ti svegli al mattino con un ritornello in testa e passi la giornata a chiederti che canzone sia e sai che la conosci ma proprio non ti viene in mente e insomma voi che sapete le cose forse mi potete aiutare:
Come si chiama già quel paese dove non puoi esprimere dissenso verso le autorità religiose ché se no vieni classificato come "strumento del nemico"?

Niente...è da ieri che ci penso e non mi viene in mente...eppure ce l'ho sulla punta della lingua...Qualcosa che inizia con una I....poi se non sbaglio c'ha una consonante ma non ricordo quale....poi si...ricordo una A...il resto boh...dai com'é che si chiama?

1 maggio 2007

Rawa

Metti via quel carretto, è ora di andare”
“Dove andiamo, nonno?”
“A vedere la zia, è ora di diventare uomo”

L’aria secca e gialla di polvere toglie la possibilità di dare una immediata dimensione alla folla, il suono no, il suono di centinaia di voci sembra permettere di contarle una a una, lo stadio è pieno, nel campo, quello che dovrebbe essere il campo, gruppelli di persone sembrano giocare a dadi vendere frutta, “Nonno, quanta gente, che bello, lo stadio!” in un’area del campo tre signori stanno finendo di spostare terra su un cumulo accanto, un metro, un metro e mezzo al massimo di terra in su segnala un buco di un metro, un metro e mezzo al massimo in giù lì accanto, un panno bianco, candido, lo riflette tutto, il sole, quasi stona in quel giallo aria, giallo sabbia, giallo spalti, giallo pelle, un bianco che pare accecante e invece si vede si deve vedere, la donna si deve vedere, “Nonno, la zia! Allo stadio! Che bello!”, si siedono il nonno e il bambino, un uomo fà loro posto, si scosta, c’è posto, per i bambini c’è sempre posto allo stadio, devono diventare uomini, uno dei tre signori abbandona il badile, la buca è pronta, la donna è pronta, la prende sotto braccio, la accompagna, la fa scendere un metro, un metro e mezzo al massimo, rimangono fuori le spalle della zia, la testa della zia, il panno bianco su quel che resta esposto della zia, sul viso, non deve vedere la zia, non deve sapere da dove arrivano, il giallo intorno della terra, dell’aria, al centro adesso un’imperfetta piramide bianca di mezzo metro, sessanta centimetri al massimo, intorno cumuli di pietre, tutte uguali, lì accanto, a pochi metri, dagli spalti sembrano chicchi di riso, “Nonno, cosa sono quei sassi?”, sono la legge, “Nonno perché sono tutti uguali?”, sono tutti uguali perché così il giudice ha stabilito, non ci sia differenza, ogni gesto contribuisca, ogni uomo contribuisca, nella stessa maniera, lo stadio alza la voce, l’aria pare farsi più gialla, sono le mani, di tutti, mosse nell’aria, mossa dai gesti, tum, arriva il primo sasso, l’imperfetta piramide bianca sposta di colpo l’aria intorno a sé, dalla parte opposta, tum, arriva il secondo sasso, le voci esaltano, le voci esultano, tum, secco, come l’aria gialla, il terzo, il quarto, l’imperfetta piramide si muove come un sacco preso a calci, tum, il bianco rivela un’impercettibile cambio di colore, tum, è rosso, meno impercettibile, gli uomini intorno girano, ognuno un sasso, “Nonno dov’è la zia?”, il panno bianco non è più bianco, il sacco bianco è macchiato, è sempre più imperfetto, nella forma, nei movimenti, tum, tum, un sasso, un sasso, un sasso, rosso, sempre meno bianco quel panno, quella piramide imperfetta, sempre più imperfetta, tum tum, “Perché i sassi sono piccoli, nonno?”, tum, sono piccoli perché la condanna è dura, così dice la legge, così ha stabilito la legge, tum, rosso, sempre più rosso, sempre più sacco nei movimenti, sempre meno rigidi, sempre meno resistenti, la legge dice che più la pena è severa e più piccoli dovranno essere i sassi perché non siano letali ma lenti, tum, il bianco non c’è più, è ocra adesso, il sacco, “Nonno, dove vai?”, deve andare a fare un cosa, il nonno, “Mi dia un’occhiata al nipote” chiede il nonno al signore che aveva fatto spazio “sa è giovane e ancora non è educato, potrebbe allontanarsi”, il nonno scende nel campo, tum, gli uomini intorno, il nonno scompare tra gli uomini, tum, il rosso, il tempo, lento, lungo, tum, sassi, minuti, sassi, ore, tum, giorni, anni, rosso, paiono secoli, il vento, la piramide imperfetta pare muoversi solo per il vento, è ocra, il giallo della sabbia, si è aggiunto al rosso del panno, si muove la piramide, così vuole la legge, i sassi sono scelti in base ai bordi, devono essere smussati perché non spacchino il cranio ma lo indeboliscano fino a che si spacchi per l’insieme dei colpi, tum, non per quello di uno solo, tum, come la pallottola a salve del plotone di esecuzione, tum, ma con in più la geometria della fisica, rosso, sempre più rosso, applicata alla legge, ancora sassi, il sacco è marcio, sembra marcio dagli spalti, non può fuggire, un metro, un metro e mezzo al massimo gli impedisce di fuggire bloccandola fino alle spalle, ma non di cercare di farlo, senza farlo, provare a farlo, tum, per un tempo che pare secoli, tum, senza poterlo fare, tum tum, finché il panno marcio si lacera, non sono i sassi, si lacera dall’interno, tum, pezzi di giallo escono, si lacera dall’interno, schegge d’osso lo lacerano, gli uomini intorno, girano intorno, esaltanti, tum, dal panno lacerato escono schegge d’osso, esultanti, i sassi aprono gli strappi, adesso, dal panno lacerato ora la zia forse vede, tum, forse vede il padre, tum, forse, sassi, tum, escono cascate d’ocra, è acqua rossa che porta fuori dagli strappi pezzi di cervello, giallo, come la sabbia, come l’aria, il sacco non oppone più resistenza, i sassi fanno saltare le ultime schegge di resistenza, il panno non c’è più, il cranio non c’è più, un purè ocra esce da un metro un metro e mezzo al massimo dal terreno, la zia non c’è più, giustizia è fatta, se dio vuole.
“Nonno, dove andiamo?”
“Andiamo a casa, ora, sei un uomo che sa cosa è giusto”
“Domani dove mi porti?”
“Domani ti insegno la giustizia sugli uomini, se dio vuole”

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viaggio27-6-06