Ieri sera il TG5 ha aperto il servizio sulle vacanze di Prodi con:
"Giorni di vacanza per il Presidente del Consiglio. Per qualche giorno le uniche cadute di cui si dovrà preoccupare sono quelle dagli sci".
Ho toccato ferro io per lui.
Oggi per lavoro ho guardato i video presenti sul sito del TG5.
Quello dell'omicidio della Bhutto è stato preceduto da uno spot con una statua che si lancia dal timpano di una chiesa e la caduta fragorosa con i pezzi di marmo che volano si chiude con la scritta "Buttati".
Poi il video dell'omicidio.
Qualcuno dica a Mimun che l'abbiamo capito che i prezzi sono saliti e la gente non ce la fa ad arrivare a fine mese.
Un servizio al giorno da quattro mesi a questa parte è sufficiente, può passare oltre.
Chessò, può parlarci dell'accordo che il governo sta stipulando con i dentisti per garantire fondi che renderanno gratuite le prestazioni alle famiglie sotto un certo reddito, oppure, chessò, dell'articolo sulla rottamazione approvato con la finanziaria, che a differenza delle rottamazioni dei precedenti governi si rivolge pure a chi un'altra auto nuova non la vuole regalandogli tre anni di abbonamento ai mezzi pubblici gratuito se rottama comunque l'auto con più di 10 anni e addirittura finalmente promuove il car sharing regalando l'abbonamento, oppure chessò, dell'accordo governo-ABI grazie al quale i giovani 18-35 potranno chiedere un prestito alle banche senza fornire garanzie né firme dei genitori perché il garante sarà il governo con un apposito fondo.
Non tanto, un paio di minuti ogni tanto tra un servizio sui panda e uno sul cavaliere, giusto perché è appena stata approvata, ce la racconti un po' 'sta finanziaria, magari a spanne.
Il servizio sul caro prezzi l'abbiamo visto, tipo 684 volte, lo sappiamo a memoria, ormai.
Ora provi a fare qualcosa che sia un po' meno TV delle Libertà e un po' più informazione.
Se è nelle sue capacità, naturalmente.
Nel frattempo nella macelleria della mia zona dove stava a 27 euro al chilo, ora la stessa fesa è a 23.
Sono andato a controllare la settimana successiva a quella del blocco dei tir.
4 euro in meno su 27 nella settimana nella quale i prezzi si è detto sono raddoppiati, un vero eroe, quasi meriterebbe di finire in tv.
30 dicembre 2007
Passacarte smettila.
Smettila di appuntarti medaglie sporche del sangue di altri.
Smettila di riempirti il petto con cuori che non possono più dirti se vogliono battere dentro di te o no.
Tu non muori, passacarte, è inutile che parli come se lo fossi.
Muoiono quelli che agli incroci con il destino scelgono di proseguire a piedi e da soli, non quelli che tornano indietro scortati.
C’è differenza tra uomini e caporali e quella differenza è una linea sottile quanto un “io proseguo” e un “io torno indietro con la scorta armata”.
Passacarte non basta essere iscritti all’albo, per stare nell’elenco degli eroi.
Passacarte, scrivi il tuo pezzullo inutile per la storia con i carabinieri fuori dalla porta a proteggere il tuo culo nel bunker e non fare tuo il valore delle anime di chi sulle mine, al contrario di te, ci ha camminato.
Ti faremo clap clap lo stesso e le teche porteranno sempre anche il tuo contributo, l’Italia è così, raramente specifica chi ha le mani sporche di merda e chi d’inchiostro e croissant, non temere, nella storia c’è posto anche per te e i tuoi banditi plurisequestratori e i tuoi dittatori che impiccano i froci.
Anche io, passacarte, ho impugnato una pistola, ma non vado per questo in giro a dire di aver partecipato alla resistenza.
Passacarte, recapita giocattoli, va bene così, non ti chiederemo indietro lo stipendio, anche quello è un ruolo.
Ma smettila di mettere il tuo nome su ogni cazzo di lapide che in giro per il mondo ha appesa sopra una macchina fotografica perché se su quella lapide non c’è il tuo nome è perché chi ci sta sotto la scorta non l’ha avuta nemmeno il giorno del funerale, sempre se un funerale l’ha avuto.
Passacarte, per il rispetto della dignità umana, fai silenzio.
E quando guardi in faccia un soldato, una vedova, un bambino senza una gamba, per un istante, un solo istante, vergognati quanto noi.
Non un istante di più, non un istante di meno.
Passacarte, non sarai mai, come non lo saremo mai noi, un decimo di un pelo del culo di chi è morto con una bandiera bianca in mano.
Tu a quell’incrocio sei tornato indietro.
Legittima scelta, l’avrei fatto anch’io.
Ma ricordalo sempre come lo ricordiamo noi, perché questa è la differenza tra te e chi è morto al posto nostro.
Ricordalo sempre perché sempre lo ricordiamo noi, passacarte del cazzo.
Smettila di appuntarti medaglie sporche del sangue di altri.
Smettila di riempirti il petto con cuori che non possono più dirti se vogliono battere dentro di te o no.
Tu non muori, passacarte, è inutile che parli come se lo fossi.
Muoiono quelli che agli incroci con il destino scelgono di proseguire a piedi e da soli, non quelli che tornano indietro scortati.
C’è differenza tra uomini e caporali e quella differenza è una linea sottile quanto un “io proseguo” e un “io torno indietro con la scorta armata”.
Passacarte non basta essere iscritti all’albo, per stare nell’elenco degli eroi.
Passacarte, scrivi il tuo pezzullo inutile per la storia con i carabinieri fuori dalla porta a proteggere il tuo culo nel bunker e non fare tuo il valore delle anime di chi sulle mine, al contrario di te, ci ha camminato.
Ti faremo clap clap lo stesso e le teche porteranno sempre anche il tuo contributo, l’Italia è così, raramente specifica chi ha le mani sporche di merda e chi d’inchiostro e croissant, non temere, nella storia c’è posto anche per te e i tuoi banditi plurisequestratori e i tuoi dittatori che impiccano i froci.
Anche io, passacarte, ho impugnato una pistola, ma non vado per questo in giro a dire di aver partecipato alla resistenza.
Passacarte, recapita giocattoli, va bene così, non ti chiederemo indietro lo stipendio, anche quello è un ruolo.
Ma smettila di mettere il tuo nome su ogni cazzo di lapide che in giro per il mondo ha appesa sopra una macchina fotografica perché se su quella lapide non c’è il tuo nome è perché chi ci sta sotto la scorta non l’ha avuta nemmeno il giorno del funerale, sempre se un funerale l’ha avuto.
Passacarte, per il rispetto della dignità umana, fai silenzio.
E quando guardi in faccia un soldato, una vedova, un bambino senza una gamba, per un istante, un solo istante, vergognati quanto noi.
Non un istante di più, non un istante di meno.
Passacarte, non sarai mai, come non lo saremo mai noi, un decimo di un pelo del culo di chi è morto con una bandiera bianca in mano.
Tu a quell’incrocio sei tornato indietro.
Legittima scelta, l’avrei fatto anch’io.
Ma ricordalo sempre come lo ricordiamo noi, perché questa è la differenza tra te e chi è morto al posto nostro.
Ricordalo sempre perché sempre lo ricordiamo noi, passacarte del cazzo.
28 dicembre 2007
e|mer|gèn|za
Il Viminale ieri ha avvertito: "Le leggi verranno fatte rispettare in maniera decisa e rigorosa, e chi si opporrà con gesti irresponsabili potrà andare incontro anche a severi provvedimenti". Ieri la provincia di Napoli ha vissuto un'altra giornata difficile. Blocchi stradali a Santa Maria La Carità, incendi di cassonetti ovunque, e a Nola il sindaco ha deciso di chiedere l'intervento della forza pubblica per requisire un sito di stoccaggio presidiato dai manifestanti.
Cassonetti sotterrati dall'immondizia accumulata per giorni si presentano ora deformi, con le bocche spalancate, tra i resti carbonizzati del festino notturno.
E il vicepremier Fini: "La questione rifiuti in Campania ha superato i limiti della decenza". In serata il consiglio dei ministri prorogherà di un altro anno l'emergenza e varerà una superordinanza destinata a rafforzare il ruolo di Bassolino, presidente della Regione e commissario ad acta.
Domenico Ciaramella, sindaco di Aversa, si dice sconsolato e "insoddisfatto dell'esito dell'incontro tenuto nella tarda serata di ieri alla prefettura di Caserta" con il neocommissario all'emergenza rifiuti, Corrado Catenacci. E da Napoli arriva la replica del Commissario di governo: "no alle polemiche che non servono a risolvere i problemi"; sos finanziario al Governo, per anticipare fondi che permettano di inviare i rifiuti fuori regione; accelerare i tempi per il rientro nei poteri ordinari.
Siamo partiti dai Campi Flegrei e siamo arrivati ai piedi del Vesuvio, quaranta chilometri di roghi e di rivolte, una bidonville che si allunga come un serpente, cinque o seimila tonnellate di immondizia che marciscono nei vicoli e sulle piazze, la paura di epidemie, i vigili del fuoco che corrono a spegnere gli incendi, blocchi stradali, discariche che non ce la fanno più a sopportare gli avanzi della grande Napoli.
È la fotografia che ha spinto Rosa Russo Iervolino a chiedere aiuto a Giorgio Napolitano. Un sos a pochi giorni dall'arrivo in città del Capo dello Stato che trascorrerà a Villa Rosebery l'inizio del 2008.
Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell'ambiente ed ex consigliere comunale a Napoli, alla vigilia avvisa: "Chiederò l'impegno di tutto il governo per superare il commissariamento.
E il vicepremier Fini: "La questione rifiuti in Campania ha superato i limiti della decenza". In serata il consiglio dei ministri prorogherà di un altro anno l'emergenza e varerà una superordinanza destinata a rafforzare il ruolo di Bassolino, presidente della Regione e commissario ad acta.
Domenico Ciaramella, sindaco di Aversa, si dice sconsolato e "insoddisfatto dell'esito dell'incontro tenuto nella tarda serata di ieri alla prefettura di Caserta" con il neocommissario all'emergenza rifiuti, Corrado Catenacci. E da Napoli arriva la replica del Commissario di governo: "no alle polemiche che non servono a risolvere i problemi"; sos finanziario al Governo, per anticipare fondi che permettano di inviare i rifiuti fuori regione; accelerare i tempi per il rientro nei poteri ordinari.
Siamo partiti dai Campi Flegrei e siamo arrivati ai piedi del Vesuvio, quaranta chilometri di roghi e di rivolte, una bidonville che si allunga come un serpente, cinque o seimila tonnellate di immondizia che marciscono nei vicoli e sulle piazze, la paura di epidemie, i vigili del fuoco che corrono a spegnere gli incendi, blocchi stradali, discariche che non ce la fanno più a sopportare gli avanzi della grande Napoli.
È la fotografia che ha spinto Rosa Russo Iervolino a chiedere aiuto a Giorgio Napolitano. Un sos a pochi giorni dall'arrivo in città del Capo dello Stato che trascorrerà a Villa Rosebery l'inizio del 2008.
Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell'ambiente ed ex consigliere comunale a Napoli, alla vigilia avvisa: "Chiederò l'impegno di tutto il governo per superare il commissariamento.
26 dicembre 2007
A'moratoria
Ho chiesto (tra le altre cose) a Babbo Natale di trasformare, solo per un breve periodo, Giuliano Ferrara (quello del "Medievale nel senso più alto del termine") in una donna.
Però lasciandolo così com’è e cioè grasso (ché lo è “felicemente” e non vorrei sembrasse una punizione) e peloso.
Così nessuno se la scoperebbe e si ritroverebbe con qualche quintale di roba della quale non potrebbe decidere autonomamente che farsene oltre che per inesperienza data dalla novità, per impossibilità oggettiva, chiamala assenza di scelta.
In alternativa avevo proposto una trasformazione in un cardinale, ché almeno uno lo riconosce anche senza star lì a decodificare.
Il 25 mattina ho trovato una lettera a firma BN che mi controreplicava “Mi è scappata la mano e me ne sono usciti due; che faccio, lascio?”
Però lasciandolo così com’è e cioè grasso (ché lo è “felicemente” e non vorrei sembrasse una punizione) e peloso.
Così nessuno se la scoperebbe e si ritroverebbe con qualche quintale di roba della quale non potrebbe decidere autonomamente che farsene oltre che per inesperienza data dalla novità, per impossibilità oggettiva, chiamala assenza di scelta.
In alternativa avevo proposto una trasformazione in un cardinale, ché almeno uno lo riconosce anche senza star lì a decodificare.
Il 25 mattina ho trovato una lettera a firma BN che mi controreplicava “Mi è scappata la mano e me ne sono usciti due; che faccio, lascio?”
23 dicembre 2007
Facciamo che io ero il bue e l’asinello.
Contiamo i re magi un due tre, stella.
Ma qui non si crede, non c’è fede, alziamo gli occhi solo per sbuffare, un paio di volte l’anno al massimo.
Ecco, l’augurio è di non dover alzare gli occhi al cielo per più di due volte l’anno, come quando tutto ciò che merita di essere guardato è qui, davanti, altezza viso, cuore.
Per il bambinello c’è poco da attendere, qui è arrivato.
Anzi, è arrivatA.
E allora prendiamola, Maddalena, come simbolo di quel bello da guardare ad altezza occhi di ciascuno, ognuno la sua Maddalena, Marco le sue due meraviglie sul trattore ché domani accidenti che mani nella farina avranno, Emanuela e i suoi tesori da guardar sorridere, i figli perfetti e fieri del Generale, li prendo tutti a simbolo di qualcuno da guardare mentre con gli occhi si chiede cosa ci sarà nel pacchetto, non li elenco tutti, me ne perderei sicuramente altri e poi non serve, ognuno sa che un pezzettino qui è per lui, quel rompicoglioni di Arc compreso, ché non saremo tutti indispensabili, ma siamo tutti utili e questo è certo.
Quindi auguri non a voi, miei quattro cazzutissimi e tenaci affezionati ché non mi mollate manco quando non vi filo per settimane, manco quando vi butto tutti nel cesso dopo anni di affetto, ma a voi passando per le persone che di questo posto non sanno nulla, siano figli, mogli, mariti, mamme e papà, amici, compagni, tutti quelli che ignorano che noi passiamo il tempo dentro un blog fatto a forma di mani e di braccia uguali alle loro, tutti quelli che di noi vivono la seconda vita, quella nella quale non siamo Paperinik né Cat Woman, non siamo ammiragli né scrittori, quella nella quale siamo semplici impiegati delle poste, un po’ sfigatelli anche, tutti impegnati a tener nascosta la nostra vera identità di supereroi, l’augurio di aver sempre meno tempo da passare dentro un monitor e che quel poco sia dedicato davvero solo e soltanto a sapere come state, come stiamo, poi siano abbracci veri, foss’anche un semaforo, l’albero di natale, la colonna di scarico dl water, voi fate finta che sia qualcuno che avreste tanto voluto abbracciare, guardate la colonna dello scarico del water e abbracciatela come fosse la persona più cara al mondo.
Allenatevi, dico.
Poi uscite dal bagno e abbracciatela, quella persona più cara al mondo, se l’avete davanti.
Anche da parte mia.
Un pensiero speciale, davvero speciale, incartato in un pezzettino di cuore a Sabrina.
E un mondo di cose per lei che rimangono segrete dentro questo cuore.
E una canzone meravigliosa dedicata alla nuova Maddalena, quindi, passando per il fratellino, come fossero tutti i figli e tutti i fratelli, soprattutto tutti i fratelli, del mondo, soprattutto il mio.
Ché sarà anche difettoso, ma è mio ed è la cosa più grande che ho.
Buon natale.
Contiamo i re magi un due tre, stella.
Ma qui non si crede, non c’è fede, alziamo gli occhi solo per sbuffare, un paio di volte l’anno al massimo.
Ecco, l’augurio è di non dover alzare gli occhi al cielo per più di due volte l’anno, come quando tutto ciò che merita di essere guardato è qui, davanti, altezza viso, cuore.
Per il bambinello c’è poco da attendere, qui è arrivato.
Anzi, è arrivatA.
E allora prendiamola, Maddalena, come simbolo di quel bello da guardare ad altezza occhi di ciascuno, ognuno la sua Maddalena, Marco le sue due meraviglie sul trattore ché domani accidenti che mani nella farina avranno, Emanuela e i suoi tesori da guardar sorridere, i figli perfetti e fieri del Generale, li prendo tutti a simbolo di qualcuno da guardare mentre con gli occhi si chiede cosa ci sarà nel pacchetto, non li elenco tutti, me ne perderei sicuramente altri e poi non serve, ognuno sa che un pezzettino qui è per lui, quel rompicoglioni di Arc compreso, ché non saremo tutti indispensabili, ma siamo tutti utili e questo è certo.
Quindi auguri non a voi, miei quattro cazzutissimi e tenaci affezionati ché non mi mollate manco quando non vi filo per settimane, manco quando vi butto tutti nel cesso dopo anni di affetto, ma a voi passando per le persone che di questo posto non sanno nulla, siano figli, mogli, mariti, mamme e papà, amici, compagni, tutti quelli che ignorano che noi passiamo il tempo dentro un blog fatto a forma di mani e di braccia uguali alle loro, tutti quelli che di noi vivono la seconda vita, quella nella quale non siamo Paperinik né Cat Woman, non siamo ammiragli né scrittori, quella nella quale siamo semplici impiegati delle poste, un po’ sfigatelli anche, tutti impegnati a tener nascosta la nostra vera identità di supereroi, l’augurio di aver sempre meno tempo da passare dentro un monitor e che quel poco sia dedicato davvero solo e soltanto a sapere come state, come stiamo, poi siano abbracci veri, foss’anche un semaforo, l’albero di natale, la colonna di scarico dl water, voi fate finta che sia qualcuno che avreste tanto voluto abbracciare, guardate la colonna dello scarico del water e abbracciatela come fosse la persona più cara al mondo.
Allenatevi, dico.
Poi uscite dal bagno e abbracciatela, quella persona più cara al mondo, se l’avete davanti.
Anche da parte mia.
Un pensiero speciale, davvero speciale, incartato in un pezzettino di cuore a Sabrina.
E un mondo di cose per lei che rimangono segrete dentro questo cuore.
E una canzone meravigliosa dedicata alla nuova Maddalena, quindi, passando per il fratellino, come fossero tutti i figli e tutti i fratelli, soprattutto tutti i fratelli, del mondo, soprattutto il mio.
Ché sarà anche difettoso, ma è mio ed è la cosa più grande che ho.
Buon natale.
21 dicembre 2007
Avrei voluto la bicicletta, m'è toccato pedalare.
In giro per regali entro in cartoleria per comprare carta da pacco (proprio da pacco, quella marrone, ché mi piace così, è più pacco) mentre attendo incuriosito dal loro incartarmi la carta da pacco (tentato di comprare del nastro per vederglielo nastrare) mi cade l'occhio su un espositore con i libricini per i pensierini ogni libricino dedicato a una persona c'è il libricino per papà c'è il libricino per l'amico del cuore c'è il libricino per il fratello e apriamolo 'sto libricino per il fratello leggiamo come inizia
"grazie a te per esserci sempre stat.."
chiudo senza arrivare alla fine della frase ché tanto s'era capita l'antifona, rimetto via, prendo la carta incartata esco e rido.
A mio fratello quest'anno regalo la bicicletta (tutta incartata nella carta da pacco), ché avrebbe dovuto farlo papà (quello del libricino), poi avrebbe dovuto farlo mamma (quella del libricino), poi avrebbe dovuto farlo nonna (quella del libricino) oh insomma abbiamo atteso 35 anni 'sta minchia di bicicletta, non ce l'hanno mai comprata e ce la compriamo tra di noi e poi su insomma lui è pur sempre quello che mi rubò i soldi per comprarsi la volvo dicendomi "Cazzi tuoi" quando la banca mi chiamò per chiedermi di coprire l'assegno (mio) scoperto, se oggi gli regalo spontaneamente (son libertà preziose, oh) la bici magari tra altri trentacinque anni ci leggerà pure dietro una sottile metafora e in un colpo solo avrò fatto mamma papà nonna nonno e tutt'u pedi du cucuzzaru a quel punto ne avremo settanta a testa e chissà che non esca un libricino anche per noi.
Pensavo, magari scritto a quattro mani.
Sai che ridere.
Nelle pagine pari scrive lui di suo padre quell'idolo, nelle dispari scrivo io di mio padre quel coglione, alla fine, nell'ultima pagina, solo una bicicletta, un tandem magari.
Che mieloso cazzuto post pre-natalizio, eh?
"grazie a te per esserci sempre stat.."
chiudo senza arrivare alla fine della frase ché tanto s'era capita l'antifona, rimetto via, prendo la carta incartata esco e rido.
A mio fratello quest'anno regalo la bicicletta (tutta incartata nella carta da pacco), ché avrebbe dovuto farlo papà (quello del libricino), poi avrebbe dovuto farlo mamma (quella del libricino), poi avrebbe dovuto farlo nonna (quella del libricino) oh insomma abbiamo atteso 35 anni 'sta minchia di bicicletta, non ce l'hanno mai comprata e ce la compriamo tra di noi e poi su insomma lui è pur sempre quello che mi rubò i soldi per comprarsi la volvo dicendomi "Cazzi tuoi" quando la banca mi chiamò per chiedermi di coprire l'assegno (mio) scoperto, se oggi gli regalo spontaneamente (son libertà preziose, oh) la bici magari tra altri trentacinque anni ci leggerà pure dietro una sottile metafora e in un colpo solo avrò fatto mamma papà nonna nonno e tutt'u pedi du cucuzzaru a quel punto ne avremo settanta a testa e chissà che non esca un libricino anche per noi.
Pensavo, magari scritto a quattro mani.
Sai che ridere.
Nelle pagine pari scrive lui di suo padre quell'idolo, nelle dispari scrivo io di mio padre quel coglione, alla fine, nell'ultima pagina, solo una bicicletta, un tandem magari.
Che mieloso cazzuto post pre-natalizio, eh?
18 dicembre 2007
Scappo (?)
Non so se ridere o se piangere.
Ma il vaticano non potrebbe funzionare come l'unione europea?
Un tot di anni a nazione, ce lo passiamo, a turno, così ogni nazione passato il proprio non ce l'ha tra i coglioni per un bel po' di anni finché non ricomincia il giro.
No, eh.
Proprio tutto tutto nostro?
Ci teniamo tanto?
E allora ce lo meritiamo.
Ma il vaticano non potrebbe funzionare come l'unione europea?
Un tot di anni a nazione, ce lo passiamo, a turno, così ogni nazione passato il proprio non ce l'ha tra i coglioni per un bel po' di anni finché non ricomincia il giro.
No, eh.
Proprio tutto tutto nostro?
Ci teniamo tanto?
E allora ce lo meritiamo.
12 dicembre 2007
Urban
Poi un giorno passeggiando distratto mi trovo mio malgrado in quel quartiere che un giorno ho lasciato e mi fermo un istante, solo un istante, rivedere un po’ i palazzi, i passanti, le vetrine, soprattutto le vetrine, era pieno di vetrine quel quartiere e lo è tutt’ora.
Sto lì un istante, mi fermo all’incrocio a guardare verso la vetrina più illuminata per vedere se alla solita ora passa sempre lui a dire sempre la stessa cosa “Che ce l’hai ‘l grattaevvinci teee?” e passa, incredibile, la battuta funziona ancora, intorno ancora ridono ogni giorno alla stessa ora ancora ridono, alla stessa battuta.
Attendo che si allontani per vedere se ancora, ogni giorno, appena si allontana gli altri parleranno male di lui e ancora, ogni giorno, appena si allontana gli altri parlano male di lui ma quando entra ogni giorno alla stessa ora a dire la stessa battuta “Che ce l’hai ‘l grattaevvinci teee?” gli stessi ridono, lui è felice, senza di lui il quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.
Appena fuori dalla vetrina sempre lei al telefono con l’amante di turno, sono anni che ha amanti di turno e sono anni che ogni giorno, alla stessa ora, li chiama per sapere se stasera finalmente saranno coppia ogni giorno fa la stessa domanda all’amante di turno, compra ogni giorno alla stessa ora una ricarica sempre dello stesso taglio, il minimo sufficiente per il tempo che dura quel non ancora dell’amante di turno, poi mette giù per l’ultima volta mentre dentro la vetrina la guardano dicendo che gli starà dicendo che è l’ultima volta e fa bene perché dev’essere l’ultima volta, ogni giorno la guardano pensando che fa bene a dirgli che è l’ultima volta mentre lei è fuori al telefono, poi entra e tutti fanno finta di parlare dell’ultima rassegna di Kieślowski, senza di lei il quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.
Mi fermo appena in tempo per veder passare sempre lui, il combattente, ogni giorno alla stessa ora appena finisce l’ora dei vigili entra in azione col suo plico di manifestini da attaccare contro il sistema, contro la guerra, contro il controllo, stasera riunione al circolo, dobbiamo stendere il piano d’azione, dobbiamo decidere il programma programmatico dobbiamo valutare le valutazioni o la spesa ne farà le spese, ogni giorno alla stessa ora attacca il suo manifesto con il numero di telefono stampato sotto in verticale replicato da staccare se vuoi unirti alla lotta, ogni giorno attende le reclute, ogni giorno alla stessa ora sa che qualcuno lo seguirà, stasera ci sono io che lo seguo, con gli occhi, senza di lui quel quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.
Mentre faccio un passo per lasciarmi indietro di nuovo quel quartiere che è lo stesso, dall’altro lato passa lei, un giorno mi disse che per me avrebbe spostato le montagne, non siamo mai arrivati alla verifica, scatta il verde, fa un passo perché è verde le hanno detto che verde si passa rosso si ferma, mette giù un piede e inciampa in un sassolino.
L’istinto mi sposta in avanti per andare a sollevarla ma il quartiere è sempre lo stesso, da ogni vetrina spuntano fuori tutti, quelli di Kieślowski, l’altra mette per la prima volta giù il telefono prima della risposta dell’amante di turno, il combattente corre gridando che lui ha fatto un corso di pronto soccorso, i vigili tornano in servizio e fermano il traffico per lei, lei mi vede di sfuggita in uno spiraglio lasciato libero da tutta quella gente accorsa, io non faccio in tempo a guardarla che è di nuovo in piedi, non puoi cadere finché vivi in quel quartiere le dico con gli occhi, non potresti stare in piedi se ne uscissi.
Giro l’angolo e torno a casa, nella mia via silenziosa dove mi hanno valutato la casa uno sputo e un tappo perché, dicono, è l’unica via della zona dove non c’è passaggio.
Mi chiudo la porta alle spalle, contento della mia via deserta dove se cadi almeno il rumore lo senti bene e non corri il rischio di scambiarlo per un inedito di Wagner.
Poi faccio una telefonata e dico un grazie.
Suona bene, nel silenzio, un grazie.
Suona davvero bene.
Sto lì un istante, mi fermo all’incrocio a guardare verso la vetrina più illuminata per vedere se alla solita ora passa sempre lui a dire sempre la stessa cosa “Che ce l’hai ‘l grattaevvinci teee?” e passa, incredibile, la battuta funziona ancora, intorno ancora ridono ogni giorno alla stessa ora ancora ridono, alla stessa battuta.
Attendo che si allontani per vedere se ancora, ogni giorno, appena si allontana gli altri parleranno male di lui e ancora, ogni giorno, appena si allontana gli altri parlano male di lui ma quando entra ogni giorno alla stessa ora a dire la stessa battuta “Che ce l’hai ‘l grattaevvinci teee?” gli stessi ridono, lui è felice, senza di lui il quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.
Appena fuori dalla vetrina sempre lei al telefono con l’amante di turno, sono anni che ha amanti di turno e sono anni che ogni giorno, alla stessa ora, li chiama per sapere se stasera finalmente saranno coppia ogni giorno fa la stessa domanda all’amante di turno, compra ogni giorno alla stessa ora una ricarica sempre dello stesso taglio, il minimo sufficiente per il tempo che dura quel non ancora dell’amante di turno, poi mette giù per l’ultima volta mentre dentro la vetrina la guardano dicendo che gli starà dicendo che è l’ultima volta e fa bene perché dev’essere l’ultima volta, ogni giorno la guardano pensando che fa bene a dirgli che è l’ultima volta mentre lei è fuori al telefono, poi entra e tutti fanno finta di parlare dell’ultima rassegna di Kieślowski, senza di lei il quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.
Mi fermo appena in tempo per veder passare sempre lui, il combattente, ogni giorno alla stessa ora appena finisce l’ora dei vigili entra in azione col suo plico di manifestini da attaccare contro il sistema, contro la guerra, contro il controllo, stasera riunione al circolo, dobbiamo stendere il piano d’azione, dobbiamo decidere il programma programmatico dobbiamo valutare le valutazioni o la spesa ne farà le spese, ogni giorno alla stessa ora attacca il suo manifesto con il numero di telefono stampato sotto in verticale replicato da staccare se vuoi unirti alla lotta, ogni giorno attende le reclute, ogni giorno alla stessa ora sa che qualcuno lo seguirà, stasera ci sono io che lo seguo, con gli occhi, senza di lui quel quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.
Mentre faccio un passo per lasciarmi indietro di nuovo quel quartiere che è lo stesso, dall’altro lato passa lei, un giorno mi disse che per me avrebbe spostato le montagne, non siamo mai arrivati alla verifica, scatta il verde, fa un passo perché è verde le hanno detto che verde si passa rosso si ferma, mette giù un piede e inciampa in un sassolino.
L’istinto mi sposta in avanti per andare a sollevarla ma il quartiere è sempre lo stesso, da ogni vetrina spuntano fuori tutti, quelli di Kieślowski, l’altra mette per la prima volta giù il telefono prima della risposta dell’amante di turno, il combattente corre gridando che lui ha fatto un corso di pronto soccorso, i vigili tornano in servizio e fermano il traffico per lei, lei mi vede di sfuggita in uno spiraglio lasciato libero da tutta quella gente accorsa, io non faccio in tempo a guardarla che è di nuovo in piedi, non puoi cadere finché vivi in quel quartiere le dico con gli occhi, non potresti stare in piedi se ne uscissi.
Giro l’angolo e torno a casa, nella mia via silenziosa dove mi hanno valutato la casa uno sputo e un tappo perché, dicono, è l’unica via della zona dove non c’è passaggio.
Mi chiudo la porta alle spalle, contento della mia via deserta dove se cadi almeno il rumore lo senti bene e non corri il rischio di scambiarlo per un inedito di Wagner.
Poi faccio una telefonata e dico un grazie.
Suona bene, nel silenzio, un grazie.
Suona davvero bene.
10 dicembre 2007
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaè!
E ieri mi son visto il documentario sulla cocaina a Milano.
E un applauso ai realizzatori, in senso tecnico un lavoro davvero pregevole, con delle soluzioni nuove nel montaggio (che è un po' che non se ne vedevano) che davvero potevano persino risultare gratuite visto che già il tema era sufficiente e invece accidenti, che bel lavoro hanno confezionato.
Ma poi c’è il contenuto e lì accidenti.
C’era tutto.
Nella sua parte bassa, certo, non sono andati a raccontare la parte ricca di quel mondo ma vabbè, non si può chiedere troppo, va bene anche la parte bassa, per il momento.
E quella parte bassa c’era tutta.
Sì ok, gli agenti si sono vestiti tutti da assistenti sociali che avevano una parola buona per tutti i fermati, il consiglio del buon padre per i ragazzi, le risate con la sudamericana che aveva droga pure nelle asole dei bottoni, e sappiamo che senza telecamere non sono così buoni e comprensivi ma vabbè diamogli un po’ di luce anche a loro ogni tanto ché fanno un lavoro veramente di merda ma molti di loro hanno un valore dentro che via il cappello al loro passaggio e allora passi anche la figura del capo vestito da Er Monnezza che era un po’ caricaturale, d’accordo, però che uomini, accidenti, che uomini.
E intanto c’era il tuo sellino dello scooter, stupido convinto di aver avuto chissà quale idea originale, sul quale la fretta era cattiva consigliera, c’era la custodia del cd dei bresciani, accidenti persino la provenienza, c’era, c’erano i loro discorsi sul lavoro quindici ore al giorno e ridevano e tiravano e che puzza in quella macchina quanto cazzo puzza la cocaina la senti in una stanza anche dopo venti ore.
C’erano gli aspettami qui mentre dai tetti ci riprendevano e io te lo dicevo, c’erano, e io ti aspettavo sotto il portone a fare da complice a una merda che mai ho provato e mai proverò solo perché eravamo amici e per me valeva il rischio di fare da coprotagonista in quelle inquadrature ché, pensavo, uno sano in caso di fermo magari ti poteva aiutare ad apparire meno delinquente, che idiota eh?.
C’erano le nostre serate, i nostri locali, i tuoi torno subito e uscivi in camicia, c’erano i tuoi motivi diversi da quelli di chiunque, i tuoi stipendi, c’era il nulla dei tuoi valori ingigantiti da paroloni per riuscire a intravederli nella nebbia, c’era lo spaccio per non pagare la tua, c’era la tolleranza e l’auto assoluzione, c’eravamo noi due quando eravamo amici e tu quando ancora avevi un cervello semi funzionante.
Mentre lo guardavo rivedevo i nostri anni culo a culo ventiquattrooresuventiquattro e la merda che ho visto in quei giorni, rivedevo te oggi e mi chiedevo se ti sei fatto aiutare o se ti sei ammazzato o se sei ancora riuscito a tenere lontano il momento delle uniche due scelte possibili.
E un applauso ai realizzatori, in senso tecnico un lavoro davvero pregevole, con delle soluzioni nuove nel montaggio (che è un po' che non se ne vedevano) che davvero potevano persino risultare gratuite visto che già il tema era sufficiente e invece accidenti, che bel lavoro hanno confezionato.
Ma poi c’è il contenuto e lì accidenti.
C’era tutto.
Nella sua parte bassa, certo, non sono andati a raccontare la parte ricca di quel mondo ma vabbè, non si può chiedere troppo, va bene anche la parte bassa, per il momento.
E quella parte bassa c’era tutta.
Sì ok, gli agenti si sono vestiti tutti da assistenti sociali che avevano una parola buona per tutti i fermati, il consiglio del buon padre per i ragazzi, le risate con la sudamericana che aveva droga pure nelle asole dei bottoni, e sappiamo che senza telecamere non sono così buoni e comprensivi ma vabbè diamogli un po’ di luce anche a loro ogni tanto ché fanno un lavoro veramente di merda ma molti di loro hanno un valore dentro che via il cappello al loro passaggio e allora passi anche la figura del capo vestito da Er Monnezza che era un po’ caricaturale, d’accordo, però che uomini, accidenti, che uomini.
E intanto c’era il tuo sellino dello scooter, stupido convinto di aver avuto chissà quale idea originale, sul quale la fretta era cattiva consigliera, c’era la custodia del cd dei bresciani, accidenti persino la provenienza, c’era, c’erano i loro discorsi sul lavoro quindici ore al giorno e ridevano e tiravano e che puzza in quella macchina quanto cazzo puzza la cocaina la senti in una stanza anche dopo venti ore.
C’erano gli aspettami qui mentre dai tetti ci riprendevano e io te lo dicevo, c’erano, e io ti aspettavo sotto il portone a fare da complice a una merda che mai ho provato e mai proverò solo perché eravamo amici e per me valeva il rischio di fare da coprotagonista in quelle inquadrature ché, pensavo, uno sano in caso di fermo magari ti poteva aiutare ad apparire meno delinquente, che idiota eh?.
C’erano le nostre serate, i nostri locali, i tuoi torno subito e uscivi in camicia, c’erano i tuoi motivi diversi da quelli di chiunque, i tuoi stipendi, c’era il nulla dei tuoi valori ingigantiti da paroloni per riuscire a intravederli nella nebbia, c’era lo spaccio per non pagare la tua, c’era la tolleranza e l’auto assoluzione, c’eravamo noi due quando eravamo amici e tu quando ancora avevi un cervello semi funzionante.
Mentre lo guardavo rivedevo i nostri anni culo a culo ventiquattrooresuventiquattro e la merda che ho visto in quei giorni, rivedevo te oggi e mi chiedevo se ti sei fatto aiutare o se ti sei ammazzato o se sei ancora riuscito a tenere lontano il momento delle uniche due scelte possibili.
6 dicembre 2007
In zona mia c'è un minimarket che la fesa di vitello la vende a 19 euro al chilo o 22 se tagliata.
Poco avanti c'è un macellaio che la vende a 27 euro al chilo, epperò va detto che è molto più buona la carne.
Quello che non sopporto è che il prosciutto cotto possa costare 24 euro al chilo.
Dico io, si possono pagare quasi 5 euro per due etti di cotto?
Ma il vero dilemma m'ha assalito stanotte, quando accendendo la radio mi sono chiesto come mai, come sia possibile, come possa accadere che la scomparsa fisica sia coincisa con la totale assoluta e pare irreversibile cancellazione da qualsiasi programmazione, da qualsiasi rassegna, da qualsiasi palinsesto, della musica di Alex Baroni mentre tra un paio di mesi gente come Paolo Meneguzzi ricomincerà a riempire le radio con quella roba che poi all'estero chiamano musica italiana.
Poco avanti c'è un macellaio che la vende a 27 euro al chilo, epperò va detto che è molto più buona la carne.
Quello che non sopporto è che il prosciutto cotto possa costare 24 euro al chilo.
Dico io, si possono pagare quasi 5 euro per due etti di cotto?
Ma il vero dilemma m'ha assalito stanotte, quando accendendo la radio mi sono chiesto come mai, come sia possibile, come possa accadere che la scomparsa fisica sia coincisa con la totale assoluta e pare irreversibile cancellazione da qualsiasi programmazione, da qualsiasi rassegna, da qualsiasi palinsesto, della musica di Alex Baroni mentre tra un paio di mesi gente come Paolo Meneguzzi ricomincerà a riempire le radio con quella roba che poi all'estero chiamano musica italiana.
3 dicembre 2007
A Mario Bros
Qui c'era un post che parlava di paura e di ipermondo (non si finisce mai di imparare), di corpi piegati dalla fatica e di occhi lucidi.
Un occhio lucido per guardare con lucidità l'altro per guardare il corpo piegarsi.
Qui c'era un post che è diventato una mail.
Un occhio lucido per guardare con lucidità l'altro per guardare il corpo piegarsi.
Qui c'era un post che è diventato una mail.
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