12 dicembre 2007

Urban

Poi un giorno passeggiando distratto mi trovo mio malgrado in quel quartiere che un giorno ho lasciato e mi fermo un istante, solo un istante, rivedere un po’ i palazzi, i passanti, le vetrine, soprattutto le vetrine, era pieno di vetrine quel quartiere e lo è tutt’ora.

Sto lì un istante, mi fermo all’incrocio a guardare verso la vetrina più illuminata per vedere se alla solita ora passa sempre lui a dire sempre la stessa cosa “Che ce l’hai ‘l grattaevvinci teee?” e passa, incredibile, la battuta funziona ancora, intorno ancora ridono ogni giorno alla stessa ora ancora ridono, alla stessa battuta.

Attendo che si allontani per vedere se ancora, ogni giorno, appena si allontana gli altri parleranno male di lui e ancora, ogni giorno, appena si allontana gli altri parlano male di lui ma quando entra ogni giorno alla stessa ora a dire la stessa battuta “Che ce l’hai ‘l grattaevvinci teee?” gli stessi ridono, lui è felice, senza di lui il quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.

Appena fuori dalla vetrina sempre lei al telefono con l’amante di turno, sono anni che ha amanti di turno e sono anni che ogni giorno, alla stessa ora, li chiama per sapere se stasera finalmente saranno coppia ogni giorno fa la stessa domanda all’amante di turno, compra ogni giorno alla stessa ora una ricarica sempre dello stesso taglio, il minimo sufficiente per il tempo che dura quel non ancora dell’amante di turno, poi mette giù per l’ultima volta mentre dentro la vetrina la guardano dicendo che gli starà dicendo che è l’ultima volta e fa bene perché dev’essere l’ultima volta, ogni giorno la guardano pensando che fa bene a dirgli che è l’ultima volta mentre lei è fuori al telefono, poi entra e tutti fanno finta di parlare dell’ultima rassegna di Kieślowski, senza di lei il quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.

Mi fermo appena in tempo per veder passare sempre lui, il combattente, ogni giorno alla stessa ora appena finisce l’ora dei vigili entra in azione col suo plico di manifestini da attaccare contro il sistema, contro la guerra, contro il controllo, stasera riunione al circolo, dobbiamo stendere il piano d’azione, dobbiamo decidere il programma programmatico dobbiamo valutare le valutazioni o la spesa ne farà le spese, ogni giorno alla stessa ora attacca il suo manifesto con il numero di telefono stampato sotto in verticale replicato da staccare se vuoi unirti alla lotta, ogni giorno attende le reclute, ogni giorno alla stessa ora sa che qualcuno lo seguirà, stasera ci sono io che lo seguo, con gli occhi, senza di lui quel quartiere non sarebbe lo stesso, è lo stesso.

Mentre faccio un passo per lasciarmi indietro di nuovo quel quartiere che è lo stesso, dall’altro lato passa lei, un giorno mi disse che per me avrebbe spostato le montagne, non siamo mai arrivati alla verifica, scatta il verde, fa un passo perché è verde le hanno detto che verde si passa rosso si ferma, mette giù un piede e inciampa in un sassolino.

L’istinto mi sposta in avanti per andare a sollevarla ma il quartiere è sempre lo stesso, da ogni vetrina spuntano fuori tutti, quelli di Kieślowski, l’altra mette per la prima volta giù il telefono prima della risposta dell’amante di turno, il combattente corre gridando che lui ha fatto un corso di pronto soccorso, i vigili tornano in servizio e fermano il traffico per lei, lei mi vede di sfuggita in uno spiraglio lasciato libero da tutta quella gente accorsa, io non faccio in tempo a guardarla che è di nuovo in piedi, non puoi cadere finché vivi in quel quartiere le dico con gli occhi, non potresti stare in piedi se ne uscissi.

Giro l’angolo e torno a casa, nella mia via silenziosa dove mi hanno valutato la casa uno sputo e un tappo perché, dicono, è l’unica via della zona dove non c’è passaggio.
Mi chiudo la porta alle spalle, contento della mia via deserta dove se cadi almeno il rumore lo senti bene e non corri il rischio di scambiarlo per un inedito di Wagner.

Poi faccio una telefonata e dico un grazie.
Suona bene, nel silenzio, un grazie.
Suona davvero bene.

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