Gli uomini non saranno mai cosa per te.
Due che non ne fanno uno nemmeno se li metti uno sull'altro. Twitolo: (Si scrive "Contorto", si legge "Pavido". La paura di sé stessi e uno specchio)
Anche a quarantun'anni arrivano momenti in cui la telefonata di una mamma è diversa da qualsiasi altra telefonata.
Non devi scusarti, sono io che ti ho mandata via.
Non devo scusarmi nemmeno io per averlo fatto, andava fatto per salvarci tutti.
Stiamo dove stiamo e sfioriamoci così, quando serve, non una volta in più, non una volta in meno.
E se serve una volta in tre anni sia una volta in tre anni, non una volta in più, non una volta in meno.
Non credo di esser stato un figlio perfetto, ma sono così e questo ti è capitato.
Ma in fondo nemmeno tu sei mai stata una mamma perfetta, ma sei così e questo mi è capitato.
Se quando piango so che da qualche parte ci sei, saremo stati capaci di essere qualcosa nonostante il resto e quando il resto è il nostro resto, allora siamo stati capaci di essere così, di essere quello che ci è capitato di essere.
Ed essere quello che ci è capitato di essere è una cosa davvero difficile, certe volte, e se ci riusciamo vorrà dire che siamo stati bravi nel nostro incredibile viaggio.
Grazie per avermi chiamato.
Lo desideravo proprio, ma non avrei mai potuto farlo io.
Sono uno che dice ciò che pensa e fa quello che dice, fino in fondo.
Non ho altro da offrire al mondo se non la mia capacità di pagarne il prezzo, anche quando è alto.
Ma del resto c'è un prezzo che non sia alto?
Certo che sono solo, io sarò sempre solo anche in mezzo a una folla, non vedi?
La solitudine non è una condizione di prossimità ma di condivisione, di equilibrio.
E stare in equilibrio con me è una cosa troppo complessa per pensare di incotrarla facilmente, costruirla artificialmente o, peggio, chiederla.
E' quello il prezzo che pago per essere l'unica cosa che sono capace di essere, una persona onesta.
Non è facile in un mondo di lupi, ma ogni alternativa a questo per me non sarebbe vita e allora sia questa con tutta la fatica che chiede, ma almeno è vita o quello che per me le si avvicina di più.
Esisterà al mondo qualcuno che di questa cosa qui avrà prima o poi voglia di prendersene cura, di maneggiarla con carezze, di non ferirla sempre così tanto e ogni volta di più, di volermi bene prima di amarmi, come dice chi ne sa.
Grazie per avermi chiamato, lo desideravo proprio.
Non entrarci anche tu.
E' il cuore del male e ne abbiamo già abbastanza.
Se devi pensare a me, pensa a quando nel locale ti cantavo questa canzone ed ero un gigante che teneva in pugno il mondo.
Perché in fondo e comunque vada io questo sarò sempre e tu con me.
E capita che davanti a una birra con il cugino ti ritrovi a dover inventare un esempio per spiegargli il concetto di banalità, di miseria intellettuale presentata (e vissuta!) come fosse filosofia dispensata a ritmo di dieci perle al giorno una più preziosa e imperdibile dell'altra, tutte prodotte con l'aria di chi ha riassunto dieci volte al giorno, trenta volte al mese, 12 mesi l'anno, cento anni un secolo, la sintesi della vita e la generosità di chi la regala al prossimo, perché è chiaro che quando sei così illuminato non puoi che essere anche generoso, ché se sul palco ci sali col trucco ma senza il parrucco saresti un improvvisato ed è chiaro che non lo sei.
Perché quando ci si percepisce depositari di tanta illuminazione si sente il dovere di aiutare gli altri a nutrirsene perché anche loro si elevino e tocchino la saggezza che tu hai donato loro, inconsapevole vittima di una psicotica autopercezione che ci porta a credere non solo che sia possibile una roba che nemmeno Terzani, e stiamo parlando di Terzani, avrebbe mai avuto la presunzione necessaria per credersi capace di fare pur essendo forse l'unico al mondo a potersela permettere e infatti guarda che intima e viscerale umiltà scelse per vivere e morire, ma che soprattutto una cosa tanto irreale è stata data proprio a noi.
Manco Cristo, e stiamo parlando di Cristo, si percepiva così.
E per trovare l'esempio che alla curiosità del cugino riassuma in pochi caratteri tutto questo non fai altro che prendere l'algoritmo che ormai hai capito stare dietro la costruzione delle perle di saggezza e lo applichi al concetto più banale che ti venga in mente nei primi secondi, per non stare a investirne più del necessario in un esempio che sia chiaro.
E capita che stamattina ti svegli, apri la pagina del pacifista amante del dolore altrui e scopri che 3 ore fa l'ha scritto così come l'avevi pensato tu ieri sera le-tte-ra-le.
E allora o io prevedo il futuro (e non sarebbe la prima volta solo che in genere non mi è possibile dimostrarlo così chiaramente) o il Grande Regista Superiore continua a divertirsi o tu sei veramente la materializzazione di ciò che è più facile pensare quando serve spiegare a qualcuno il concetto di banalità umana.
Qualsiasi sia la verità, resta che ieri sera per raccontare il nulla ho inventato ciò che tu stamattina hai inventato per raccontare il tutto.
E tutto questo è sufficiente per spiegarsi ogni perché e per continuare a giocare con il Grande Regista Superiore.
Che se voleva farmi giocare solo con la banalità si sarebbe limitato a farmene trovare la copia da qualche parte in rete, ma che al contrario come abbiamo visto durante la mia campagna bellica ama divertirsi fino in fondo e per questo tra duecento milioni di utenti attivi ha scelto di farla pronunciare proprio a te e proprio stamattina.
Siamo dentro un grande gioco superiore e perdonami se al momento nonostante la tua illuminazione ti dica il contrario io sono in incredibile vantaggio.
Tu pensi quello che io dico agli altri che tu pensi e dopo poche ore lo scrivi convinto di, dandomi così l'inattesa possibilità di mostrarglielo per chiudere la dimostrazione in una maniera che non avresti potuto rendermi più facile e dirgli "Visto? Se io penso una cosa entro breve quella cosa si materializza" e lui, con una saggezza che non sa di avere ma che in realtà è solo inesperienza a maneggiarla, rispondermi "Potrei chiamarti veggente ma questa è tutta logica".
E' tutta logica, esatto.
Poi c'è il resto, la materializzazione temporale, che è tutta roba mia e ultimamente direi che si è riattivata con una certa intensità.
Se io sono quello che tu pensi io sia, fossi in te mi preoccuperei perché significherebbe che come pensieri vali proprio poco.
Se non lo sono, mi preoccuperei anche di più perché significherebbe che vali anche meno.
Ma tu non ti preoccuperai in entrambi i casi, perché in realtà vali nulla.
Io lo so, tu inconsciamente lo sai altrimenti non ti danneresti a dissimularlo con tanto fervore, l'importante per entrambi è che continui a non capirlo lei, così siamo salvi entrambi.
Il problema è che quando io amo tendo sempre a sopravvalutare e invece guarda lì quant'era facile, un algoritmo e il nulla diviene tutto.
Ma è un problema mio, tu sei perfetto così e non potresti essere più adeguato.
Mi raccomando resta sempre così, finché ci sono quelli come te noi possiamo continuare a sentirci giganti.
Siamo arrivati alla fine di questa spedizione, Signore, a casa.
Un viaggio talmente lungo da dover essere diviso in due con un pernottamento a Milano e l'arrivo definitivo alla base solo stamattina.
Una spedizione tutta di segnali, Signore, come ha avuto modo di vedere.
Che come tale non poteva che concludersi con l'ultimo, stamane, quando al risveglio apro la finestra della stanza dell'ennesimo hotel per capire dall'abbigliamento dei passanti quale fosse la stagione in cui in nottata ero atterrato e il mondo in cui sono tornato ha deciso di farmi concludere questa lunga spedizione con la più simbolica immagine che potesse avere l'ultimo miglio di questo percorso verso l'alba.
C'è come sempre tutto, Signore.
C'è la Bovisa dove tutto è iniziato, c'è il kebab, che arriva dalla Turchia Signore, c'è l'immondizia che attende qualcuno che la porti via, ci sono i nuovi manifesti che coprono quelli vecchi dove tutto è finito e che manifesti, ci clicchi sopra se non li vede bene perché una casualità (...) così merita di esser vista bene.
Signore, non ha importanza se tutto questo sia vero, se sia solo la mia capacità di materializzare sintesi visive nel materializzare le quali dopo vent'anni di questo mestiere sono divenuto insuperabile, se sia il gioco infinito di un divertito regista superiore che ha voluto accompagnarmi in questo racconto in chiave bellica di questo passaggio epocale regalandomi continue immagini e simboli sui quali e con i quali giocare.
Ha importanza solo il fatto che quando ho aperto le tende e ho visto ques'immagine conclusiva ho riso molto pensando "Non è possibile".
E invece sì, Signore, è possibile.
E quando si incontrano le persone sbagliate, non sbagliate per noi ma sbagliate per loro stesse, le persone interrotte, da possibile diviene anche probabile e allora si scivola.
Càpita, ci si rialza, si va avanti come si è sempre fatto: da soli.
E non in senso poetico, chè noi nell'andare avanti da soli non ci troviamo nulla di poetico e anzi, la cosa che ora mi mancherà di più era il mio cercare di cucinare ogni sera, ogni sera per sei anni, una cosa diversa perché mi desse un bel voto sul ricettario da scrivere a mano insieme che mi regalò prima che il grande burrone, non io, ne inghiottisse i sogni, ma nell'unico senso in cui si intende quel da soli e cioè come realtà amara della quale prendere per l'ennesima volta atto.
Signore, l'ho mantenuta per sei anni e si è presa 50 euro di microonde perché era suo e io ora me ne vado giustamente a comprare un altro.
Rida molto con me, Signore, perché quello che i leoni chiamano poesia il mondo lo chiama senso del ridicolo.
I peluches che ho vinto per lei quando da soldato centravo alle giostre tutte le lattine perché lei fosse felice e io pavone per lei, perché vedesse che anch'io quando ho del gran tempo libero sono capace di giocare all'amore, invece stanno tutti qui buttati dov'erano a ricordarmi, servissero ulteriori prove tra l'altro, quanto poco valessero.
Così come qui sono rimasti i cuori scelti da allegare ai fiori dell'ultimo monodirezionale sanvalentino inconsapevolmente vissuto dentro monodirezionali anni, il vaso con il cuore preso perché visto di sfuggita tra un tassello e l'altro perché era sempre con me, servissero ulteriori prove tra l'altro.
Tutto ciò che era il mio amore per lei è rimasto qui, nemmeno il disturbo di buttarli lasciandomi il dubbio che fossero andati via con lei, la speranza che qualcosa di buono che meritasse di essere conservato l'avessi fatto.
Il microonde invece se l'è preso.
Non la trova un'immagine piuttosto riassuntiva di tutto ciò che è stato, che siamo stati, che sono stato?
Io sì.
Qualcuno al mio posto sarebbe stato tentato di chiamarlo disprezzo pronunciandolo Libertà, io invece so bene cos'è perché un tempo prima di liberarmene l'ho conosciuta anch'io e so quanto sia soffocante, si chiama Paura.
Dannatissima paura di guardarsi indietro e onestamente ora che ho visto quell'indietro anch'io l'avrei.
Comprendo la necessità di una vita fatta di tabule rase e set continuamente riallestiti da zero, neanch'io avrei vita facile a convincere tutti che la colpa è sempre d'altri e di esser stato sequestrato da un mostro per anni se intorno mi circondassi del suo avermi amata.
Meglio far sparire ogni traccia e se qualcuno chiedesse dove mai siano queste catene basterà dire che per volare finalmente libera le si è buttate via e quindi purtroppo non si possono più vedere ma fidatevi tutti il mio romanticismo bohemienne era circondato di regali cuori di cioccolata e fiori era in catene e lui aveva la chiave e mi ha trattenuta per anni ma ora che mi ha buttato fuori di cas che mi sono liberata con la mia forza rock non voglio più vederle.
Sono arrivato a casa, Signore, l'alba.
L'alba in un mondo diverso da quello da cui ero partito.
Non migliore o peggiore, diverso.
Perché migliore o peggiore dipenderebbe da noi, ma noi siamo sempre gli stessi.
Difettosi e pieni di errori, ma onesti.
Non avrei mai potuto salvarla da sé stessa, Signore, nemmeno con tutto l'amore del mondo.
Perché era proprio il mondo a essere diverso.
Sul mio ci insegnano che onestà è il modo in cui ci comportiamo quando non siamo visti, non quello in cui ci comportiamo quando ci vedono.
Sul suo insegnano l'opposto.
Entrambi la chiamiamo onestà, ma intendiamo una cosa profondamente diversa e per questo in maniera profondamente diversa siamo destinati a viverla.
Non avrei mai potuto salvarla dal suo.
Nessuno potrà mai, forse nemmeno lei stessa.
Forse.
Non finché sarà questa lei stessa, prigioniera di un'idea di felicità congelata ai vent'anni in cui tutti ci siamo ubriacati sotto i portici ma solo qualcuno ha saputo prendere quell'emozione e portarla in età adulte e forme adulte pronta a viverne una versione nuova, migliore, persino più intensa di quando il massimo della femminilità erano tacchi alti e ore piccole.
Qualcuno da quelle sbronze si è svegliato e si è salvato.
Qualcun altro non ci riesce proprio e lì vorrebbe tornare, perché nella memoria non ha altri ricordi di felicità realizzate e quindi procedure per realizzarne versioni aggiornate all'età cui attaccarsi per vivere i quarant'anni con la stessa intensità dei venti.
La questione, la banale questione, è tutta qui.
E nessuno come chi l'ha toccata giorno per giorno per lunghi e pazienti anni può sapere che non è riassumibile in nessuna frase che contenga anche solo di striscio termini come stella, notte, sogno, distanze.
Bisogna essercisi sporcati le mani, non averla vissuta da lontano, la difficoltà del percorso insieme a una vita interrotta, per riuscire ad amarla davvero.
Così come per smettere di farlo.
Esistono prìncipi e princìpi.
Per i primi basta allestire un set e offrirgli un copione, sui forum per quindicenni in cerca di ricariche telefoniche a colpi di slip vedo-non-vedo e sui social regno dei maschi genere poeta struggentMensélt - Falla impazzire in 140 caratteri ce ne sono milioni a disposizione per l'uno come per l'altro ruolo, non serve nemmeno essere troppo abili nel comporli in esclusiva, la piazza è immensa e con la rete giusta qualcuno in cerca di soluzioni veloci a problemi complessi lo si tira sempre in barca, per ogni slip fotografato c'è sempre un uomo disposto a chiamarla stella, la rete è questa da quando è stata inventata e non saremo noi a renderla più pulita.
Per i secondi serve una vita a costruirli minuto per minuto, caduta dopo caduta, serve viverli senza mai svenderli in cambio di nulla perché mai nulla varrà tanto e la vita è troppo breve per attraversarla alleggerendosi delle uniche cose che quel giorno ci diranno se abbiamo vissuto bene o male, serve proteggerli contro l'attacco di ogni male, contro la tentazione di cederli anche una sola volta in cambio di un veloce lasciapassare, perché quando li svendi una volta li hai svenduti per sempre.
I princìpi sono tali solo se arrivano sempre prima di ogni altra cosa, anche quando dar loro la precedenza tutto è tranne che conveniente.
I princìpi li riconosci proprio perché non hanno, mai, maissimo, allegata una convenienza.
Se non avessero un prezzo non sarebbero princìpi.
Tutto sta a stabilire sopra quale prezzo si è pronti a svenderli pur di trovare qualcuno che li compri promettendoci di considerarli comunque tali, la vita alla fine è tutta lì, quello diverrà il nostro prezzo.
I princìpi sono un peluche che non puoi comprare, puoi solo vincere o chiedere a qualcuno di vincerlo per donartelo per sempre.
I prìncipi sono un forno a microonde che quando serve prendi o ricompri.
Uomini da 50 euro per donne da 2 euro e 93.
I peluche sono rimasti qui e non è un caso.
Non hanno un prezzo.
Ed è per questo che questa è la loro casa e lì resteranno.
Io paura di guardarli non ne ho.
Io è ciò che ho fatto che posso guardare con orgoglio, non ciò che farò sempre domani.
Se sono orgoglioso di ciò che ho fatto, per esserlo di ciò che farò mi basterà non cancellare mai nulla del mio passato.
Sembra difficile ma in realtà è la cosa più semplice del mondo.
Meno zero.
E' l'alba Signore, la notte lasciamola a chi ha bisogno di romanzare il buio fuori per sentire meno pesante quello dentro.
E grazie tutti quelli che quando ero in trincea mi hanno scritto per prendermi a schiaffi, per invitarmi ovunque (Alfonso caro, sei sempre speciale e prometto che prima o poi me le meriterò le parole che da anni mi regali), per cazziarmi come fossi tuo fratello, per dirmi di essere orgogliosi di avermi come cugino e perché ora anche come scrittore, a te per svegliarmi la mattina alle sei e non farmi perdere gli aerei, per farmi sorridere, perché arrivata fin qui vorresti prendermi a pugni ma non lo farai, per dirmi che.
Che dio li fa e poi li accoppia e quanto c'hai ragione.
Siamo giunti al giorno del rientro da una campagna lunga e faticosa, Signore.
Prima di avviarmi all'evacuazione, Signore, le offro l'ultima testimonianza di segnali giunti qui al fronte, segnali di inequivocabile accompagnamento in questa mia esperienza bellica.
Abbiamo avuto grandi condottieri qui con noi in questi giorni di battaglia, Signore, il principale dei quali è stato il suo preferito che ha deciso di aprire lo spettacolo con la sua parodia preferita.
E già qui potevamo dirci come sempre soddisfatti per i segnali dal cielo.
Ma non è bastato perché la missione di guerra andava chiusa con segnali il più netti possibile.
Signore, se non li vuole chiamare segnali li chiami come meglio crede, magari bottiglia se le torna meglio, ma resta che come Soldato Bruno chiudo questa mia spedizione bellica non con un condottiero qualsiasi ma con il nostro capo delle forze armate che, con viva e vibrante soddisfazione, decide di aprire la serata cantando Generale.
Signore, alla fine c’è sempre anche l’altro lato di ogni
medaglia e questo viaggio mi ha ricordato che quando si ha a che fare con l’uno
non si può prescindere dall’altro.
Abbiamo lavorato per far star bene persone davvero
pessime.
Ma lo stesso le abbiamo fatte stare davvero bene,
nonostante abbiano passato sette giorni a trattarci come fossimo sotto di loro
di tanti di quei piani che non ci veniva riservato nemmeno il rispetto
dell’insulto dietro le spalle.
Abbiamo passato sette giorni a essere insultati e quando
dico insultati intendo dire insultati con quella forma di disprezzo che nella
storia è rintracciabile solo nei gesti con i quali i colonialisti trattavano
gli indigeni.
Ma nessuno di noi ha mai risposto, mai.
Siamo 160 persone di staff, Signore.
Questa spedizione in territorio bellico è stata davvero
imponente come numeri, come impegno, come movimentazioni.
Signore per darle una misura le dico solo che abbiamo
fatto arrivare, per questi giorni di campagna di guerra, quattordicimila
bottiglie d’acqua.
Le ha mai viste lei quattordicimila bottiglie d’acqua?
È talmente tanta acqua che ci si potrebbe rendere
coltivabile il Sahara.
Mi crede se le dico che quelle poche riservate a noi
dello staff che lavoravamo 20 ore al giorno, ci venivano portate via da
ubriachi abituati a vivere come se il mondo fosse a loro disposizione?
Lo sa che se lei sta tirando un cavo attraverso un teatro
e quel cavo occupa l’1x1000 del pavimento, ci sono persone (e quando dico ci
sono intendo dire ci sono sempre, in qualsiasi teatro, in qualsiasi piazza, in
qualsiasi spazio, perché è una componente statistica dell’umanità e quindi
ritrovabile ovunque ci sia un campione rappresentativo) che attraverseranno la
sala, pur potendo attraversarla senza toccarlo nel restante 999x1000 di
pavimento, esattamente dove sta passando quel cavo solo per calpestarlo mentre
lei in ginocchio lo sta stendendo e con l’unico fine di marcare la differenza tra
lei che sta lavorando e loro che sono lì per divertirsi in qualsiasi modo loro
intendano la parola divertimento?
Ci sono persone davvero pessime, Signore, e noi le
facciamo stare davvero bene non nonostante ci insultino, quello sarebbe anche
paradossalmente facile, ma MENTRE ci insultano e questo è tutt’altro che facile.
Perché siamo migliori di loro, Signore.
Non è questione di chi guadagna di più ma di
indispensabilità.
Senza di loro noi questa cosa la sappiamo fare lo stesso,
senza di noi loro non saprebbero nemmeno trovarsi da soli l’acqua e mi creda
Signore, ci sono persone che reggono l’economia di una nazione e qui ne abbiamo
un campione piuttosto rilevante, ma che messi davanti a un problema come
trovare la piazza in un villaggio che abbiamo disseminato di indicazioni
“Piazza” con la frequenza di un campo minato, le vengono a un centimetro dal
naso e con fare arrogante le dicono che non si capisce dove cazzo sia questa
cazzo di piazza e che quindi tu adesso molli quello che stai facendo e mi ci
porti.
Noi non rispondiamo Signore, perché la risposta più bella
è sempre “Ce l’ha attaccata al collo la piantina Signore, sta sull’altro lato
del badge e le basta girarlo per scoprire che la Piazza è questa dove mi sta
impedendo di lavorare”.
Quanto diventiamo giganti rispetto a loro in quel
momento, quanto saliamo sopra di loro rispondendogli sorridendo.
C’è un mondo arrogante là fuori, Signore, che ci guarda dall'alto in basso.
Signore, oggi abbiamo portato a casa un'altra di quelle occasioni in cui alla fine tutti sudati, stremati, stanchi, tesi come corde di violino e in trance agonistico da adrenalina pura, ci stringiamo tutti la mano e ci diciamo grazie tra noi.
Perché siamo tutti bravi, tutti dal primo all'ultimo e non potremmo essere così bravi se ciascuno di noi non facesse al meglio il proprio pezzettino.
Alla fine sono persone emozionate che ti vengono incontro per ringraziarti a farti capire che siamo bravi.
Persone che vengono in regia per stringerci le mani, il cliente per abbracciarti forte come fossi il loro migliore amico e in quel momento lo sei perché tutto è stato perfetto e ci sono lavori e quindi famiglie e quindi regali di natale ai figli che dipendono dal tuo fare al meglio questa roba qui perché se sbagliamo noi pagano (anche) loro, persone che uscendo dal teatro guardano la maglietta Staff e leggi nei loro occhi l'idea che quello che hanno visto l'ha fatto chi indossa quella maglietta, non importa chi sia, se sia un macchinista, un luciaio, un fonico, un facchino, un regista, non conta, nessuno deve sbagliare altrimenti tutti sbagliamo e noi non sbagliamo e quando va a un concerto, a uno spettacolo, a un evento di gioia ci faccia caso Signore, la maglietta Staff le richiama sempre qualcosa di poetico perché fa pensare che se tu da davanti hai vissuto tutto quello, chissà chi si vive anche il retro, anche il come, anche la bacchetta magica.
Signore, siamo grandi perché noi di mestiere emozioniamo persone, attiviamo le leve più belle, siamo bravi in misura proporzionale a quanto riusciamo ad intervenire sulle parti migliori del tempo delle persone e a quanto riusciamo a farlo senza far percepire la fatica che c'è dietro.
Perché lei non lo sa Signore, ma la cosa meno nota al mondo è quanto lavoro ci sia dietro una risata, un applauso, una lacrima di commozione, pensano tutti che basti dire la cosa giusta al momento giusto e invece no, non basta, dietro una frase giusta al momento giusto ci sono vent'anni di emozioni e decine di persone ognuna con un piccolo compito fondamentale perché quell'emozione di un secondo tocchi il punto massimo proprio in quell'esatto secondo.
Le racconterei tutta la giornata, Signore, le racconterei cosa significa l'sms a palco libero da parte di chi ti paga mandato un istante dopo lo spegnimento delle luci solo per dire "Questa volta, anche questa volta, oltre ogni aspettativa".
Si Signore, le racconterei le aspettative e quanto siamo grandi a superarle ogni volta.
Ma stanotte non le racconto nulla, Signore, perché oggi qui si è deciso che è giornata che merita un rispettoso silenzio e un pensiero a una persona che oggi passerà una giornata un po' difficile e al Soldato Bruno piace farle sapere che le regala il dispaccio dal fronte numero 7 e il silenzio su tutta l'emozione di oggi.
Chè alla fine noi siamo pagati per far emozionare dei cazzo di maleducati, boriosi, classisti, la peggio feccia umana ma lo stesso lo facciamo come un chirurgo non si chiede chi sia la persona alla quale riattacca il cuore, ma là fuori le emozioni sono altro e se di felicità questo dispaccio deve parlare allora quella felicità non sia la mia ma quella di chi oggi mi dirà "E' andato tutto bene".
Signore, quando era al fronte lo sentiva anche lei quel profumo al mattino?
Io in tempo di pace lo sentivo ma non lo distinguevo ma adesso qui al fronte ne ho conosciuta l'origine.
Era napalm marca Topolin Signore, non lo trova adorabile?
Il tempo di un flash e wwrrraaaaaaammmmm rade al suolo qualsiasi cosa intorno a sé e per anni non ci cresce manco un cespuglio secco.
Meno quattro all'alba.
Adorabile profumo da sentire al mattino Signore, non trova?
Pulito, soprattutto.
Signore, Soldato Bruno chiede il permesso di utilizzare
la Staffetta per recapitare un messaggio personale.
Pa’, che avresti fatto tu?
Saresti venuto all’aeroporto di Istanbul mimetizzato all’uscita
bagagli in mezzo alle centinaia di cartelli con sopra i nomi mostrandone uno
con scritto “Allora non ti ho insegnato nulla” così, senza punto interrogativo,
solo per vedere se ho ancora (si) il vizio di farmi il carosello leggendoli tutti
chissà mai che ci sia il mio nome e il volto di qualcuno che non aspetto ma lui
sì e io avrei capito che eri tu nonostante gli anni e la scelta ti abbiano così
tanto cambiato ma quel modo di dire Ciau, che dio non sai come Vale lo replichi millimetrico.
Avresti finito di insegnarmi a giocare a scacchi, invece
di lasciarmi a otto anni con un sacco di inutili aperture e nemmeno uno di
quegli implacabili schemi di chiusura che tu, ma solo nella tua, hai reso vita.
Avresti finito di insegnarmi a scrivere in cinese, invece
di lasciarmi a dieci anni in grado di scrivere solo Grande e Uomo e Albergo e
nient’altro come se per affrontare il mondo non servisse altro e guarda come
sono finito, è chiaro che su Uomo e Albergo mi ero entusiasmato ma su Grande
qualcosa mi ha distratto.
O forse tutto questo è proprio tutto quello che mi
sarebbe servito e il resto non sarebbe comunque stato insegnabile, se tu mai
l’avessi conosciuto, e quindi tocca a me inventarmelo, ma che fatica
improvvisare.
Pa’, ti do un po’ di margine perché so che arrivi da
lontano: Volo Antalya – Istanbul 22 Settembre atterro 16:55 ho tre ore di tempo e una vita davanti prima del volo successivo e pensa io e te con un bicchiere davanti.
Io sarò quello ferito, tu quello morto, non serve
cartello.
O uno con su scritto quel resto che in questo momento mi
è aria.
Non lo so pa’, nella vita ci sono punti fermi e il resto
ci gira intorno, così ci era stato detto.
Hai mica sentito da qualche parte che tra i punti fermi c’è
il mio poter incassare qualsiasi cosa?
Perché il mondo sembra pensare questo e qualcuno deve
averlo fatto credere e davvero, ma davvero, non sono stato io.
Io alle persone che amo spiego solo quali sono i miei
punti più deboli, mai quelli più forti, come può accadere un malinteso così
grande?
Basta la malvagità dei vuoti esistenziali altrui per spiegare tutto questo?
Istanbul, Pà, 22 settembre ore 16:55 volo in arrivo da
Antalya.
Solo in un aeroporti dimenticati dal mondo ci possiamo reincontrare io e te viaggiatori, Pa', come in aeroporti dimenticati dal mondo siamo stati l'ultima volta padre e figlio.
Pà, basta questa fatica.
Io davvero sono stanco di questa fatica.
Mandami una persona che abbia un cuore.
No cinese, no scacchi, non chiedo la luna fiabe e roba da
sottosviluppati incapaci di vivere la realtà costretti a inventarsi film per
non soccombere sotto la propria mediocrità.
Pà, mandami una donna, un amico, un fratello.
Anzi no, non ci crederai ma un fratello in qualche modo
sono riuscito a costruirmelo nonostante le macerie.
Mi ha solo detto “Buttala fuori di casa più velocemente
possibile e torna a sorridere, certe persone distruggono tutto ciò che incontrano” e quanto sa essere vera una persona che ha ridotto la sua mente all'essenziale dell'istinto e della sopravvivenza.
E il giorno dopo mi ha chiesto scusa per esser stato
brusco.
Pa’, Vale mi ha chiesto scusa solo due volte in vita sua.
Ho un fratello, pa’.
Che non c'è mai se non negli unici momenti in cui mi servirebbe avere un fratello.
Lo diresti mai che lui difettoso è più capace di me di vedere il cuore delle cose?
Hai due figli, pà.
Istanbul, 22 settembre, ore 16:55 volo da Antalya.
Vieni a vedere quanto ha bisogno di un padre uno dei due.
Pa’, io all'uscita in aeroporto avrò un batticuore che non hai idea
perché io vivo credendo che quella possibilità su un miliardo sia
sufficiente per.
Meno cinque all’alba.
Se ti sei mai chiesto quale avrebbe potuto mai essere il momento, è questo.
Signore mi perdoni, stasera non ho molto da dire, se non che stasera abbiamo dato fuoco alle polveri e tutti sono felici, come sempre, perché siamo bravi a rendere tutti felici come sempre.
Sono stato bravissimo stasera nella stanza dei bottoni.
Fare da spettatore da un punto distante come questo medioriente permette uno sguardo totale che ha un sapore che dev'essere molto vicino a quello con il quale da lassù ci hanno sempre guardati e ci stanno guardando e allora non c'è nulla da spiegare, nulla da aggiungere, nulla da evidenziare, è proprio tutto così come appare da qui ed è sufficiente per qualsiasi risposta su qualsiasi ieri e qualsiasi domani.
E' tutto così più piccolo, visto con sguardo distante, che mi sembra di non aver mai visto nulla di così tanto prossimo alla sintesi originale dell'idea di totale.
Io lì in mezzo non c'entravo davvero nulla, mai avrei potuto coincidere con quei contorni, se non nelle mie età irrisolte per fortuna chiuse e dimenticate, e non l'ho mai visto così chiaramente come lo sto vedendo da questo medioriente lontano e complessivo.
Un pensiero che giorno dopo giorno lascia scorrere sempre più aria dal sapore fresco.
A guardare il mondo da qui, Signore, viene solo da rasserenarsi sulla consapevolezza che alla fine ogni cosa sarà illuminata.
Meno sette all'alba.
Tutto è conseguente, tutto sarà conseguenza, io devo solo stare a guardare ma in realtà nemmeno quello.
Nella notte seduto fronte palco a seguire i posizionamenti dei mortai e degli obici la mia attenzione veniva catturata da innegabili segnali del passaggio di Charlie.
Le allego prova fotografica numero 1 Signore, nota nulla?
Signore perdoni l’ardire, ma se non nota nulla è perché lei è di quelli che crede che i segnali siano inventabili perché non realmente esistenti, uno di quelli che per le favole ha il plugin Rainbow cui attaccare la poesia artefatta quanto il segnale ma non ha il tempo, non il momento, non il favore degli astri, quello vero però.
Signore Soldato Bruno chiede il permesso di fornirle prova fotografica numero 2, Signore, stringo il campo quando i miei occhi capiscono cosa il destino ha deciso di farmi trovare là dietro perché se qualcuno ha pensato di avere il cielo dalla sua è perché non l’ha mai avuto davvero, altrimenti lo saprebbe che quando scendo in campo io il cielo si volta da questa parte e se ieri ci eravamo detti soddisfatti dei segnali oggi siamo stati ripagati dell’attesa ma noi lo sapevamo e per questo sappiamo attenderli.
Signore Soldato Bruno una volta decodificato il segnale ha deciso di introdursi per riportarle approfondita documentazione dalle linee nemiche.
Soldato Bruno ha l’abitudine di introdursi nei retropalco dei teatri, Signore, perché ogni volta che l’ha fatto ha sempre trovato messaggi per lui, come quella volta nel 2007, che gli venne fatta trovare una balena grandissima con i denti affilatissimi e l’anno fu particolare, il messaggio anche, ma fu sottovalutato Signore, non commetteremo l'errore una seconda volta, non quando il segnale è così più imponente.
Per farle capire quanto imponente Soldato Bruno chiede il permesso di fornirle documentazione fotografica numero 3 utile a prendere chiara visione di quanto recapitatomi questa volta, Signore.
Signore questo è quanto è stato smontato nella giornata di ieri per far spazio alle nostre luci e alle nostre immagini e alle nostre idee e ai nostri progetti Signore.
Una Tour Eiffel tagliata in due e delle stelle di polistirolo accatastate, Signore.
Serve altro Signore?
Signore Soldato Bruno come l’altro ieri si poteva dire soddisfatto dei segnali ricevuti, ma Soldato Bruno sa che dietro i palchi dei teatri se c’è qualcosa c’è tutto e per questo è entrato ancora e si è spostato per trovare quel resto che sentiva esserci.
C’era Signore, le allego documentazione fotografica numero 4 al fine di mostrarle prova definitiva.
C’è tutto signore.
Ci sono tutti i personaggi, ci sono tutti gli elementi, c’è il drago cattivo che imprigiona le principesse e impedisce loro di volare via, c’è il pagliaccio col berretto che parla al muro scambiandolo per una platea entusiasta, c’è lei, la Tour Eiffel, Signore Soldato Bruno si permette di farle notare che c’è persino il divano-torre prigione.
Signore per oggi Soldato Bruno si direbbe incredibilmente soddisfatto così, Signore, come ieri anche oggi non potrebbe chiedere di più.
Io penso una cosa, quella cosa si materializza e non a parole ma così reale che io posso fotografarla.
Se io penso a una Tour Eiffel di legno in una cantina, io a mille chilometri trovo una Tour Eiffel di legno in una cantina.
Questa roba qui è materializzare i sogni, null'altro.
Io posso, gli altri possono solo raccontarselo.
Meno otto all’alba.
Per lezioni di magia vera si accettano iscrizioni, sconti comitive, 140 tutto compresso.
Giunti in serata al fronte la truppa viene accolta dai locali che si occupano di assegnarsi ciascuno a uno smarrito da accompagnare guidare seguire supportare. Your room number? mi sento dire da una voce alle mie spalle.
Voltandomi scopro che una bambola di porcellana talmente perfetta da impedire di darle un'età mi ha scelto per essere la mia guida nei chilometri da lì alla stanza e chissà in cos'altro nei prossimi giorni, ma anche fosse solo questo è una sopresa talmente luminosa che mi sento a posto così.
Impossibile darle un'età così come un'origine, può essere iraniana come libanese, non ho familiarità con i lineamenti mediorientali se non quel minimo sindacale che dopo un po' di anni di viaggi ti resta addosso e ti fa sapere che le donne più belle del mondo arrivano da queste terre, quindi chiedo.
E' egiziana.
Quei fenomeni, non hanno solo allineato in maniere geometricamente perfette linee di fuga secoli prima che ci riuscisse chiunque altro, ma hanno anche estratto la forma perfetta di un viso. What's your name? Bruno, yours?
Mi sorride e mi indica la spillettina sul petto, dalla quale la mia educazione mi aveva imposto di tener lontano gli occhi. Moon.
Diocristosantissimo per uno scherzo del destino grande quanto le tre piramidi messe insieme si chiama Moon e mi sorride di porcellana e mi dice Ti aspetto qui fuori dalla stanza quando hai fatto andiamo insieme a cena, ti va di mangiare insieme a me?
Tu che dici, Moon, non so nemmeno come si pronunci No in questo momento.
Dio (che a questo punto è chiaro che c'è) ha voluto accogliermi in una notte mediorientale mostrandomi la proverbiale "altra faccia della luna", quella che mi sceglie e mi sorride accompagnandomi perché non mi perda.
Io mi sono fatto sedici piatti di sushi, lei sedici lumache.
Dico io, l'avete mai vista voi una porcellana egizia di nome Moon che mangia un piatto di lumache come fosse la cosa più buona del mondo?
Se non l'avete vista non saprete mai perché sono state inventate le lumache.
Perché è chiaro che sono state messe sulla terra solo per essere mangiate in quel modo lì da una porcellana così con un nome così in un momento così. Dopo vieni a vedermi allo spettacolo? Ballo! Mi chiede.
No Moon, dopo non vengo a vederti ballare, dopo c'ho da buttarmi su un letto e svenire da solo.
Come prima sera non ho altri messaggi da chiedere al cielo.
Soldato Bruno operativo Signore, missione codice Man on the Moon.
Ma pure under in questo momento sarebbe un messaggio talmente divino che il giorno dopo mi converto mi faccio frate ed evito di mettermi un'altra volta a disposizione del destino.
Perché io lo so che non c'è due senza tre ma anche basta così, davvero, non ce la farei un'altra volta, soprattutto perché se ogni volta è peggiore non riesco davvero a immaginare in quale maniera la prossima potrebbe mai essere peggio di come è stata fatta questa e onestamente mi risparmierei di scoprirlo.
Meno nove all'alba.
La notte è buia e c'è un perché e quel perché non sono io.
Salgo a bordo (cazzo!) e automatico mi nasce il gesto legato ai decolli.
Nulla a che fare con scaramanzie o timori, ma semplicemente con le occasioni, perché anche se prendi trenta aerei l'anno il decollo è sempre un momento emozionante e i momenti emozionanti sono quelli che chiedono di essere condivisi.
Così a ogni decollo l'ultimo gesto prima di spegnere il telefono era una piccola foto fuori dall'oblò da mandare alla persona che amavo per dirle Ehi, sei con me, ti sto portando in volo, ovunque vado andremo.
Un giorno mentre stavo scattando, il volo era per la Tunisia o un paese un po' nervoso non ricordo quale, la hostess mi ferma e con l'inglese meno femminile che abbia mai sentito mi chiede cosa stia fotografando, dato che a detta sua regole di sicurezza proibiscono di fotografare aerei dall'interno o piste di decollo.
Con l'inglese più sereno di cui disponevo le spiego che non sono un terrorista, sto solo mandando un pensiero al mio amore.
Tornata femminile la hostess mi prende il telefono, mi inquadra e mi dice "Allora ci penso io, sorridi".
No, le spiego, non mando quello che che vedono i tuoi occhi, mando quello che vedono i miei.
Non è Guarda dove sono, è Guarda come fossero i tuoi.
Capisce, mi sorride, mi ridà il telefono e mi saluta.
Nello stesso momento a casa accadeva la stessa magia.
Appena arrivava la foto che dimostrava il mio essere sull''aereo, anche lei prendeva il telefono si truccava sexy si metteva i vestiti provocantissimi la collana speciale e per dire Ehi guarda qui da cosa stai lontano, fotografava ciò che gli occhi del suo amore vedevano in quel momento e mandava le foto che dicevano anche loro Guarda dove sei, guarda sei qui, tu ci sei.
Era bella questa gara di romanticismo che abbiamo giocato ogni volta che partivo, era bello ogni volta che tornavo sentirmi sfidare a esserne all'altezza, leggere negli occhi la sicurezza di chi mi diceva Vinco io, tu non sei all'altezza del mio romanticismo, io sono più romanticissima di te e tu non mi starai mai dietro però ti amo lo stesso e io dicevo Vedrai! Vedrai la prossima volta che parto chi vince!
E la volta dopo ricominciavamo a giocare a chi vinceva.
Alla fine si parte.
E parto acciaccato, parto fragile, parto indebolito e tachicardico, parto mortificato e ridotto, parto preoccupato, per la prima volta.
Ma dopo quindici giorni immerso dentro un mondo che non conoscevo, per contrasto parto consapevole di essere in ogni caso incredibilmente più vivo, profondo e reale di un sacco ma proprio un sacco di gente che in un gigantesco truman show del quale davvero ignoravo l'esistenza nonostante ne avessi intuito la dimensione, sta in piedi solo grazie al potere normalizzante dell'aggregazione.
Se uno solo di loro si allontanasse e guardasse il totale da fuori, mammamia.
Mammamia.
Quante parole per rendere notizia un tappo di bottiglia, un cane che ti ha attraversato la strada, quanto tulle sprecato per vestire di nobiltà quella che è e resta incredibile quanto evidentemente temuta solitudine umana.
Centinaia di Oscar Wilde che a ritmo di dieci, cento, mille al giorno producono nulla vestito da trucchi dialettici, gente che ha scoperto che se giochi con i contrari puoi far sembrare profondo il nulla fermandoti al titolo con l'alibi del limite dei caratteri, siamo lontani per starci vicini, non ti guardo per vederti, allontànati per avvicinarci, sei qui perché sei lì, ti sogno da sveglio, ti sveglio sognando, conto ciò che non conta, mi rendo conto di non rendermi conto, sono tuo perché non sei mia, il nulla ma musicalissimo, decine al giorno, centinaia, un fiume in piena di wannabe filosofo con un'allegria che al confronto un gruppo di emo che si danno appuntamento in una piazza senza strisce pedonali il 4 novembre in confronto sono una bocciofila di anziani che ballano di gioia e diosantissimo nessuno che fermi il mondo scenda e si chieda se il fatto che di Wilde ne sia nato uno in cento secoli forse non è perché non c'era la rete.
Quanta paura di scoprirsi miseri umani come tutti, quanta fatica per tenere lontano il terrore del momento della rivelazione, quanta intimità svenduta come non fosse la cosa più preziosa che un essere umano possa proteggere per farne vita, quanti pacifisti che leggi contenti di buttare sale sulle ferite altrui, quante torte di compleanno che, prima di essere il sorriso dei presenti, vengono dagli occhi deformati lette a forma di inquadrature per scatti a favore di assenti che passano prima dei presenti, candeline che attendono lo scatto dello stargate che le spara nella galassia parallela e poi il soffio in questa e non il contrario, come avveniva una volta, un secolo fa, quando la priorità l'aveva chi la torta te l'aveva cucinata in questa galassia.
Io sarò precario difettoso e complesso, ma mammamia, grazie per avermi fatto comunque così perché poteva andarmi incredibilmente peggio e ora lo so.
Potevo venir su incapace di percepirmi come mi vedessi da fuori e quella sì sarebbe stata la mia rovina.
Invece è la mia salvezza.
Pensavo di esser stato immondizia e invece mi scopro oro, platino e diamanti tutto in uno stesso unico cuore.
Un cuore tachicardico per stanchezza e aritmico per tenacia, poveraccio dagli torto, ma grande quanto il mondo e tutti i pianeti dell'universo.
Stavo scivolando qui, mi sono ripreso e sono tornato qui.
Perché se quando ti trovi al bivio in cui la tua salvezza passa attraverso la distruzione altrui o attraverso la protezione altrui scegli la prima strada, tu muori dentro, perdi te stesso, ti uccidi.
Se scegli la seconda anche se consapevole che il prezzo lo pagherai interamente tu, tu sei buono come un cuore grande quanto il mondo e tutti i pianeti dell'universo.
Non si tratta di essere forti, io forte non lo sarò mai, si tratta di voler restare vivi.
Amare qualcuno non è un patto di onestà, amare qualcuno è rendere quel patto tuo unico faro.
E non si può essere onesti con nessuno se non si è mai lavorato, lavorato mani nel fango fino al punto più profondo del proprio pozzo, per esserlo prima di tutto con sé stessi.
Io da fuori mi vedo e oggi sono orgoglioso di quello che vedo, lividi compresi, anzi sono orgoglioso proprio perché sono quello che sono nonostante quei lividi.
Sto in ginocchio e mi rialzerò con incredibile fatica, ma ci sto a testa altissima.
La mia vita è fango sudore dolore e fatica e se questa è, questa vivo con dignità, proteggendola, curandola, cercando di regalarle ogni attimo di lucentezza che lungo la strada incontro e se non ne incontro li costruirò con il sudore e con le mani tagliate dalla fatica di scalare le montagne senza scorciatoie, vie che apro io e nessuno ha mai battuto prima perché in cima ci arrivo con le mie forze e con quelle di nessun altro, da sempre e per sempre perché è l'unica cosa che davvero so fare come nessun altro al mondo.
E se è umile sarà umile con dignità, se è affaticata sarà affaticata con determinazione, se è dolorante sarà dolorante con onore.
Se non avrò soldi per andare a Parigi porterò Parigi nella mia cantina dove per il compleanno la Tour Eiffel la costruirò con le mie stesse mani per chi guardando un pezzo di legno diventare un burattino e poi un bambino con il nome inciso si sentirà portata nel più bel paese dei balocchi che possa esistere al mondo, quello che sta nel cuore e non in fondo a un binario dove possono andare tutti.
Perché se la mia merda la chiamo merda, è perché solo così il mio amore potrò chiamarlo amore sapendomi onesto.
Sto in ginocchio ma a testa altissima.
E parto preoccupato, ma fiero di ciò che sono e non solo a parole.
Se non torno dite ai miei che da qualche parte c'è l'assicurazione vita con un beneficiario che non ho fatto in tempo a cambiare ma vorrei fosse ugualmente l'altro amore della mia vita e cioè mio fratello.
Si capisce che ho paura di partire, questa volta?