20 dicembre 2003

Una storia vera

Succede che dopo più di dieci anni pensi di averle viste più o meno tutte nel tuo lavoro.
Succede che se per caso il tuo lavoro consiste nel trasformare qualcosa di freddo, di inanimato, di commerciale, in qualcosa che lasci il segno, che venga ricordato, tu sia abbastanza abituato a vedere lo stupore negli occhi di chi guarda, di chi ascolta.
Succede che dopo più di dieci anni tu questa cosa la consideri un’emozione che conferma che sei riuscito in quello che volevi e dovevi fare.
Succede che ne sei sempre felice, perché ogni volta puoi dire a te stesso che sei di nuovo riuscito a fare una cosa diversa, soprattutto per chi la vede.
Succede che dieci anni e più di questo lavoro siano quantificabili in centinaia di persone che rimangono affascinate, in migliaia di mani che applaudono, in centinaia di occhi sbarrati, in decine di persone che prima ti guardano come uno a cui insegnare e dopo come uno a cui stringere la mano.
Succede che dopo più di dieci anni le emozioni che stanno per arrivare le sai un secondo prima perché sei tu che le stai guidando.
Succede che dopo più di dieci anni, per una volta, questa cosa improvvisamente cambi.

E allora succede che tu arrivi in una produzione della quale pensavi di sapere ogni passaggio di scaletta.
Tranne quello.
Che tra l’altro non fa parte dei tuoi compiti questa volta.
Perché questa volta tu ti devi occupare della parte più noiosa, capita.
E scopri che questa volta, nella quale tu ti devi occupare della parte più noiosa, capita, c’è una parte della quale tu non eri al corrente, che appena letta sulla scaletta ti dice subito che quel giorno, per una volta sarai tu ad emozionarti.
E scopri che dopo dieci anni e più fai ancora un lavoro che ogni giorno è diverso.
E te ne rendi conto perché per la prima volta in dieci anni e più, durante le prove, quando non c’è nemmeno un quarto di quell’atmosfera che solo la presenza di un pubblico renderà definitivamente reale, a differenza di quella che si sta simulando, a te, senza che nemmeno te ne accorga, viene un nodo in gola.
E quei dieci anni e più di esperienza ti dicono che quel nodo in gola, se arrivato addirittura durante le fredde prove, diventerà difficile da controllare quando tutto quello che stai guardando accadrà in diretta.
Perché sai che quello che si sta tecnicamente provando, tre due uno live vai con il beta su la musica alza! Alza! Dobbiamo pettinarli! Morandi e Barbarossa in scena vai vai falli entrare! Camera 1 stringi! Camera 2 vai dove sarà seduto lui Bruno voglio la foto del regalo sullo schermo due quando sull’uno ci sono i nomi pronti con le luci a questo punto sicuro si alzeranno tutti preparate memoria luci sulla sala appena parte il video fate arrivare la famiglia in regia abbiamo 12 minuti di tempo per nasconderli quando conto meno 30 fateli scendere in sala volume al massimo quando appaiono le parole mind soul body signori dobbiamo togliergli il fiato, sarà un momento che nella vita di quell’unico uomo per cui tutto questo è stato organizzato rimarrà indelebile come pochi altri momenti.

Perché non capita spesso nella vita di un unico uomo, che più di quattrocento persone abbiano organizzato uno di quei saluti che ognuno di noi sogna nella propria.
Perchè quando capitano queste cose ci si rende conto di avere davanti un uomo speciale.
Perchè bisogna essere speciali per portare quattrocento uomini a provare il desiderio di un saluto che meriti di essere chiamato tale.
Perché non capita spesso che un uomo che fino a un secondo prima è sempre stato chiamato “amministratore delegato” diventi per scelta contemporanea di quattrocento persone un uomo a cui dire “ciao Paolo, Grazie”.

Perché non capita spesso nella vita di nessun Paolo del mondo di scoprire che ad un certo punto di quell’evento che per lui al massimo si poteva trasformare in un orologio d’oro firmato “la tua azienda saluta la tua pensione” le luci si spengano, la sala si zittisca, i dati di mercato spariscano nel nulla e sugli schermi appaia una scritta piccola, bianca su nero, nel silenzio tombale di chi sa, semplicemente “Paolo, questo è per te”, che da il via a 12 minuti ininterrotti di storia della sua vita raccontata da noi che cazzo i video li sappiamo fare proprio emozionanti e sappiamo scegliere anche le musiche emozionanti e gli sappiamo dare proprio il volume emozionante e se per fare tutto questo abbiamo avuto anche la fortuna di avere come complici le persone che lui ama di più e che ci hanno detto quali frasi scrivere su quali foto mettere su ricordi che lui nemmeno sapeva fossero rimasti nei cassetti di quella moglie che un giorno di quaranta anni prima lo fermò per strada in Colombia per avere un passaggio dicendogli quella piccola frase che lui credeva riposta in un cassetto della memoria e che invece ora si accende sotto la loro foto di quel giorno “Vas al norte?” sottolineata da una musica che avrebbe aperto il cuore persino di chi un cuore nemmeno ce l’ha e il primo contratto di lavoro che qualche collega tristissimo ha deciso di impazzire per trovare negli archivi e le foto delle gite in barca con gli amici che oggi dopo trent’anni ancora sono seduti in quell’esatto momento accanto a lui e le foto dei nipotini che sono anni che non vede perché vivono in sudamerica ma lui in quelle foto li ama davvero tanto e loro pure anche se non lo possono ancora dimostrare e wonderful world che per una volta non sembra più banale perché sulle colline di quella toscana dove andrà a passare il resto di quella sua splendida vita sembrano starci come se fossero state scritte apposta e un finale da spaccare il fiato che per cinque minuti elenca uno per uno i quattrocento nomi di chi in quel momento vuole lasciare un piccolo segno in quel cuore che ormai non ha più difese regalandogli non un orologio d’oro che quello lo possono fare tutti ma un semplice trattore come dire “Vai e gioca anche per noi” e una sola piccola parola a chiusura di tutto che poche volte ha avuto così tanto significato “Grazie, Paolo” e cazzo piangevamo tutti porca puttana piangevamo davvero tutti quando un omone di cinquant’anni tutto marketing e prodotti si è alzato a fatica dalla sedia e ha cercato per dieci lunghissimi secondi di dire qualcosa senza riuscire a trattenere le lacrime e non è facile guardare un omone di cinquant’anni avere il singhiozzo e gli occhi così enormi e rossi che anche da lassù in regia si vedevano bene cercare ogni briciolo di forza gli fosse rimasta in corpo per accennare uno strozzatissimo “graz…” senza provare per un attimo il desiderio di scendere dalla regia per andare a stringergli la mano per essere riuscito a dare a quattrocento persone diverse la voglia di regalargli un momento così bello quando se la potevano cavare con un orologio d’oro, e non è stato facile rimanere concentrati sulla regia con le lacrime agli occhi obbligati dal fatto che ancora non era finita, perché se lui pensava che fosse finita li, davvero si sbagliava perché il suo caro amico organizzatore di tutto quello, cercando di divincolarsi da un abbraccio che solo un omone di cinquant’anni in lacrime può dare ad un amico, doveva dirgli quella frase così tanto provata “Vuoi dire grazie? Dillo anche a chi ci ha aiutato”, frase apparentemente fuori luogo in quel momento se non fosse stato per il fatto che dava a noi il comando per aprire le porte e fare entrare in sala quella famiglia a cui lui è legato come pochi altri omoni di cinquant’anni in lacrime possono essere legati e che per motivi aziendali non vedeva da diversi anni e che quella stessa azienda gli ha recapitato a casa dritti dritti direttamente dal sudamerica con un volo preso apposta che ha stabilito per ritardo i tempi di un’intera giornata di regia, per Natale tutti quanti mamma, figli ,nipoti fratelli e pure il cane che nel video ne aveva uno ogni dieci anni e si capiva che se la famiglia ci ha chiesto di metterli tutti nel video un motivo ci doveva essere e guardando quell’omone di cinquant’anni definitivamente bambino riuscire ad abbracciarli tutti quanti in una volta sola per tre interminabili minuti di puro amore come se non avesse desiderato altro per il Natale di tutti i Natale davvero nessuno più è riuscito a guardare quella scena senza crollare in un’emozione che ha riempito gli occhi di tutti di quelle lacrime che hanno il potere di farti ridere di gioia per la felicità di un uomo che pensava che il suo regalo fosse quella maglietta della nazionale cantanti che Moranti cacchio Moranti in persona era arrivato per regalargli e che mezz’ora dopo poteva al massimo servire per asciugare gli occhi di quattrocento uomini in piedi in un applauso così vero e enorme che faceva l'effetto del silenzio.

Più in regia noi otto uomini.
Più la sua famiglia uomini.
Più il suo cane uomini.
Più Paolo uomo.

Si piange.
Sul lavoro, se si fa un lavoro meraviglioso, a volte si piange.
Perchè a volte capita che ad emozionarsi, per fortuna, siamo noi.
E si va avanti grazie a questo per altri dieci anni e più cercando di farlo per vivere una vita come quella.

Grazie anche da parte mia, Paolo.
Fa bene incontrare persone così.
E adesso prendi il braccio di quella meravigliosa moglie che devi avere amato proprio tanto per farle nascere questa cosa nel cuore e “Vas al norte” per i prossimi cinquant’anni.
Come hai detto tu, la tua vita inizia adesso.
E come hai detto tu, grazie.
Con un nodo in gola.
La mia.