29 aprile 2004

Il post d’onore

Ti avevo scritto un post lungo lungo, per non lasciarti la sotto, nascosta tra i commenti.
Per darti il posto che meriti.
E ho pensato a te, a noi, al passato e al presente.
A quel presente nel quale oggi la ragazza che 13 anni fa mi insegnò l’amore, regalandomi la fortuna di poter dire di aver fatto l’amore per la prima volta con la donna che amavo, è cresciuta.
E mi sono reso conto che questo è anche il presente nel quale quella ragazza oggi è mamma.
E allora ho ripreso tutte le parole e le ho rimesse al loro posto, nel mio cuore.
Credo sia più giusto così.

Con te sono diventato l’uomo che sono.
In te.
Ti devo più di quanto immagini.
Grazie.

28 aprile 2004

Pane e acqua

Mario quel giorno imparò a pescare che non ci voleva tanto perché il fiume era pieno di pesci
E Mario quel giorno prese più pesci di tutti, anche più della mamma Mària e di Mario Bros.
Allora Mario quel giorno imparò anche che è il risultato quello che conta.
Mario Senior era già partito per lavoro quel giorno.

Mario e Mario Bros da piccoli facevano tutte le cose in due perché mamma Mària andava a lavorare tutto il giorno e anche tutta la notte perché Mario Senior la aveva lasciata da sola con loro e loro dovevano fare tutte le cose dei grandi ma essendo piccoli le facevano sempre in due.
Mario faceva i letti e Mario Bros cucinava.
Mario comprava il pane e Mario Bros il latte.
Mario giocava a pelota con la stanghetta di sinistra e Mario Bros con quella di destra.
Mario aveva Force Commander e Mario Bros Baron Karza.
Perché Mario e Mario Bros stavano sempre insieme.

Poi un giorno Mario Bros iniziò a crescere più in fretta di Mario e iniziò a giocare con le Mariette.
E a Mario lui un po’ mancava e non capiva perché Mario Bros cresceva sempre e lui no.
Ma Mario Bros non giocava più con Mario perché aveva sempre altro da fare e allora Mario chiese a Babbo Natale il telescopio che almeno quando stava da solo in camera lui poteva guardare la luna e le stelle.
E allora Babbo Natale gli portò il telescopio.
E Mario da quel giorno imparò anche che le cose belle anche se sono lontane possono essere lo stesso vicine.
Come la luna nel telescopio.
E quel giorno Mario disse alla luna di aspettare li, che un giorno Mario Bros sarebbe tornato a giocare con lui e glie l’avrebbe presentato che Mario Bros era tanto bravo.
E anche se Mario Bros oggi è lontano perchè non sta tanto bene Mario oggi sa che la luna ha capito e infatti è per quello che ogni sera lei è li che aspetta.
E anche Mario ogni sera ancora aspetta.
E ancora spera.
E finché la luna avrà pazienza Mario ha promesso che ce l’avrà anche lui.



A Mario e Mario Bros,
a quando facevano le cose in due perchè da soli era difficile,
a quando stavano sempre insieme,
come il pane e l'acqua.

23 aprile 2004

Un sogno

Mi sono svegliato mezzo incriccato vestito di tutto punto come ero vestito ieri sul lavoro di traverso sul letto pieno di vestiti e con la valigia ancora chiusa sopra, con i capelli ancora legati e un rincoglionimento degno di chi torna da chissà quale missione di guerra.
Non ricordo come sia successo, però sono riuscito a cucinarmi una abbondantissima cena e questo lo ricordo, dopodiché mi sono letto la posta e questo lo ricordo e poi mi sono detto “Mi appoggio un attimo sul letto” e questo lo ricordo.
Poi il buio.
E ho sognato e questo lo ricordo.

Uno di quei sogni che sono stancanti, perché pieni di protagonisti stancanti che anche in sogno obbligano a ragionare, in situazioni stancanti perché piene di pericoli e di cose da valutare prima di agire, e questo lo ricordo.
Ho sognato che mio padre non era morto davvero nel senso che non era morto come sappiamo noi anzi come sanno loro perché io lo so che non è andata così come sanno loro, ma era ancora vivo almeno fino al momento del mio sogno perché in questo sogno ero in una sala d’aspetto di un consultorio o giù di li con una televisione attaccata al muro che trasmetteva il tiggì nel quale si annunciava l’omicidio di un occidentale e se ne mostrava la foto del corpo riverso sopra un altro corpo e quello sopra era mio padre quello sotto non lo so e si raccontava la storia di questo tizio che stava lavorando a dei documentari e conduceva una trasmissione dove i suoi documentari venivano trasmessi e poi qualcuno gli sparò e quel qualcuno era un tossico seduto davanti a me in questa sala d’aspetto e io lo sapevo che era lui mentre lui non sapeva chi ero io e quindi non poteva sospettare che l’avrei seguito per rubargli la sua borsa per sapere cosa conteneva e quando sono uscito con la sua borsa per sapere cosa conteneva ho guardato dentro e conteneva un sacco a pelo vuoto e visto che era solo un sacco a pelo ho pensato di riportarglielo perché magari mi ero sbagliato e quando sono tornato nella sala d’aspetto del consultorio ho visto che sulla porta c’era mio fratello che lo stava guardando e senza chiedergli nulla ho capito che quel tossico era in pericolo perché mentre io avevo capito che lui non c’entrava se non per il fatto che era un tossico e questo lo candidava ad essere un possibile omicida, mio fratello non gli avrebbe riservato lo stesso trattamento di favore e anzi glie lo leggevo in faccia che era pronto a vendicare nostro padre e questo lo ricordo come ricordo che appena entrato in quel consultorio il problema da risolvere era impedire a mio fratello di fare la cazzata che la sua mente in questo momento non gli impedirebbe di fare e non era tanto per proteggere il tossico quanto per non far fare a mio fratello una cosa per la quale avrebbe pagato un altro prezzo ma vaglielo a spiegare a lui che si trovava di fronte a quello che gli aveva portato via papà mica sarebbe stato facile, e mentre pensavo di impedire a mio fratello di seguire il suo e il mio istinto mi resi conto con soddisfazione che il tossico non c’era più e invece di incazzarmi perché volevo guardarlo in faccia mi aveva fatto tirare un sospiro di sollievo perché almeno non dovevo più stare attento a mio fratello, ed ero pure contento per aver scoperto che non essendo mio padre morto tre anni fa ma solo oggi, doveva aver scritto almeno altri due libri che a questo punto avrei potuto leggere e avrei anche potuto guardare quelle trasmissioni che conduceva per vedere che faccia aveva in questi ultimi tre anni di cui ignoravo l’esistenza e questo lo ricordo bene.

Poi mi sono svegliato e lo so che non glie ne frega un cazzo a nessuno di questo sogno, come a me non frega un cazzo del fatto che a nessuno frega un cazzo, e che non ha nessun alone poetico ne parole d’amore ne pensieri su cui riflettere tra le righe, mi sono svegliato vestito com’ero con una fretta pazzesca di scrivermi da qualche parte questo sogno prima che mi passasse di mente per motivi miei e l’ho fatto qui.
Ora faccio quello che avrei dovuto fare ieri e in una specie di gioco del tempo al contrario mi svesto, mi lavo e disfo la valigia pensando al perché di questi tre anni ricomparsi così mentre sono crollato dal sonno.
Perché non basta dirmi che ho dormito con la tivù accesa che parlava del grande fratello, dell’incidente ferroviario in Cina e dell’ostaggio italiano.

Dev’essere come i dejavù di Matrix.
Al regista del Brooman Show stanotte dev’essere sfuggito qualcosa.
O gli autori hanno litigato tra loro e qualcuno per sfottò mi ha fatto vedere qualcosa che non doveva farmi vedere o il programma ha subito l’attacco di qualche hacker che vuole salvarmi.
E non si parla di segnali onirici o paranormali.
Ma perché Splinder ha cancellato gli ultimi dieci giorni e solo quelli?
Eppure io li ricordo.
Ma non ci sono.
E mi son subito detto che può succedere, che possono sparire così solo determinati pezzi, sono computer e quindi sbagliano anche loro.
Quello che non capisco è il counter tornato indietro a dieci giorni fa.
Cos’è che non dovevo vedere?

18 aprile 2004

Fabio the Calendar boy

Che tanto poi lo sappiamo tutti che ci si perde.
Perché questo è scritto nel corso delle cose.
E ti ritrovi a salutare un amico che parte e tutti a dire “Ci sentiamo, scriviamoci, una mail, ti verremo a trovare”.
Ma tanto lo sai che non succederà.
Perché è scritto nel corso delle cose che col tempo ci si perde, soprattutto quando è di due continenti che si parla.
Perché andare a vivere negli Stati Uniti non è come sposarsi.
Li, si, al massimo ci si ritaglia un martedì con gli amici a bere rum, ma gli Stati Uniti no, quelli sono lontani.
E allora lo guardi dicendo a te stesso che se succede quello che tu speri che succeda tu non lo rivedi più.
Perché ti auguri che realizzi ogni suo sogno, ogni suo desiderio.
Come ogni uomo sulla terra degno di tale nome merita.
E sai che se dovesse riuscirci significherà che non ci si rivedrà più, o comunque non ci si rivedrà per chissà quanto tempo.
Ed è strano salutare qualcuno sapendo che se realizzerà quello che lui sogna tu non lo vedrai più.
Ed è strano perché ti ritrovi a dire “Spero di rivederti il più tardi possibile” intendendo una cosa bella.
Ed è strano perchè sai che se succede, nella tua vita ci sarà un Uomo in meno col quale bere qualcosa la sera.
E non è poco sapere che gli Uomini che hai intorno sono, da stasera, uno in meno.
E c’è anche un po’ di invidia mentre lo saluti, perché sai che domani c’è un aereo che lo porterà la dove sognava di andare da quando ha iniziato a sognare.
E allora è stima quella che racchiudi nel tuo saluto.
Per un uomo che ha tenuto fede ai suoi sogni.
Che li ha costruiti, rincorsi.
E che finalmente ha dato loro il via.
E te ne fotti se tu sei d’accordo o meno, perché non è la tua vita, è la sua.
E allora gli auguri di farcela, di spaccare il culo al mondo.
Sognando si, di andare a trovarlo quando lo premieranno con l’oscar.
Tutti insieme, come si diceva stasera, a urlare che noi lo sapevamo, mentre ti si salutava, che ce l’avresti fatta.
Per quel film che sei finalmente riuscito a girare come regista, con Spike Lee come aiuto regista.
Immaginando, forse sperando, che un giorno, quando farai colazione con Michelle Pfeiffer ti ricordi di me.
E che tra un pan cake e un orange juice tu le dica “Sai, a migliaia di chilometri da qui ci sono degli amici a cui ancora oggi, dopo anni, manco un po’”.

Take care of you Fabio.

14 aprile 2004

La (sottile) linea rossa

C’è un confine sottile in ognuno di noi che per ignote ragioni dalla stragrande maggioranza delle persone non viene superato.
È un confine dentro la testa, una sottile linea rossa che ognuno ha, quasi mai, ben presente.
Al di qua di quella linea ci sono quelli che si chiamano normali, al di là di quella linea si trovano quelli che non riescono più a fingere.
Quasi sempre si è portati a pensare che chi ha superato quel confine sia uno strano, un perdente, uno che ha perso perché ha ceduto, ha gettato le armi con le quali ognuno di noi ogni giorno senza saperlo si difende dal rischio di oltrepassare quella linea rossa.
E quando si ha ogni giorno a che fare con una persona che quella linea suo malgrado l’ha oltrepassata, un po’ alla volta, ci si rende conto di quanto siamo tutti lì, pronti a fare il salto di là ogni minuto della giornata, di quanto sia sbagliato pensare che quella linea divida i normali dai malati, i forti dai deboli, i giusti dagli sbagliati.
La vicinanza con chi quel confine l’ha oltrepassato toglie ogni giorno un mattoncino da quel muro di consapevolezza che ognuno di noi ha, il cui unico scopo è quello di non farci guardare al di là, per continuare a lasciarci nell’illusione che la realtà al di la di quel muro sia fatta da uomini diversi da noi.
Ed è fortunato chi non ha a che fare ogni giorno con qualcuno che ha saltato la linea rossa, perché così può continuare a pensare che a lui non potrebbe mai accadere perché quelli la sono malati, lui no.
L’ignoranza a volte è davvero un biglietto per un viaggio felice.
Con i finestrini chiusi.

Chi invece per sfiga, per destino, per chissà quale assurda ragione non può fare a meno di tenere la mano ogni giorno a chi si trova al di là di quel muro sa bene che di la c’è gente come noi, normale, con gli stessi identici problemi, gli stessi bisogni le stesse incertezze.
Solo molto più grandi.
Non diverse.
E anch’io a volte ho paura della solitudine, oggi o in futuro, come lui, solo che non ne ho il terrore e allora riesco a conviverci.
Come anch’io ho bisogno di sapere che valgo qualcosa per qualcuno, come lui, solo che quando non ho nessuno riesco a valere qualcosa almeno per me e allora non ne vengo divorato.
Ma il problema è lo stesso suo.
Solo non così grande.
La differenza non è nei problemi diversi, ma nella consapevolezza di poterli superare.

E ogni giorno un po’ alla volta inizi a guardare la gente che litiga al semaforo scommettendo su chi dei due oltrepasserà quella linea, perché entrambi sono li li per farlo e tu lo sai, loro no.
E inizi a guardare uomini che tradiscono le proprie donne e viceversa e un po’ alla volta ti accorgi di quanto terrore della solitudine ci sia dietro a un sacco di gesti che ognuno di noi ogni giorno compie abilmente tenuto all’oscuro dei reali motivi che quei gesti generano da una società che passa il suo tempo a dire a tutti che stiamo bene e abbiamo tutto e siamo giusti e siamo forti.
E allora la tua inguaribile ostinazione a cercare sempre qualcosa di buono nelle cose anche questa volta è uscita dal cilindro pronta a darti qualcosa se non da guadagnare, almeno da cui imparare.
E allora io certo vorrei che mio fratello stesse bene, e non dico guarisse perché non è malato, il più presto possibile.
Però nel frattempo in fondo lo ringrazio perché mi sta facendo vedere un sacco di cose della realtà, anche se dura anzi sempre più dura.
Perché cazzo si sta facendo veramente dura e quella linea rossa è sempre più vicina anche a me ma in fondo vederla sempre li bella davanti mi sta facendo vivere un po’ meglio anche in mezzo ad una realtà che dura è dire poco.
E mi sta facendo capire quanto valga l’affetto nella scala dei bisogni di ognuno di noi.
E mi sta facendo capire però anche quanto sia davvero fondamentale imparare a stare bene anche da soli.
Sognando certo di avere qualcuno per cui sorridere ogni giorno, ma contenti anche se quel qualcuno siamo noi stessi anche se per esclusione.
E mi sta insegnando a non considerarmi esente dagli errori.
Perché di errori cazzo ne faccio anch’io e quando sbaglio sbaglio forte ma oggi lo so che c’è una sottile linea rossa oltre la quale non bisogna andare perché tornare indietro è davvero dura e non è detto nemmeno che ce la si faccia.
E questo in fondo lo devo a lui.

Quella linea rossa ha un tremendo nome clinico che però non rappresenta tutto quello che c’è dopo, ma solo il confine superato.
Oltre c’è gente normale, come me, come te.
Credimi, anche come te.
E bisognerebbe che qualcuno lo spiegasse cosa c’è dietro alla moda di fottere il prossimo, dietro alle mancanze di rispetto per la propria donna, per il proprio marito, ai tradimenti degli amici, alle violenze sui bambini, ai quotidiani pezzi di coca.
E bisognerebbe che un giorno a testa, un solo giorno per ognuno degli abitanti della terra venisse costretto ognuno di noi a guardare chi c’è al di la di quel confine per fargli vedere quante persone con le quali prende il caffè ogni giorno ci sono.
Così da fargli sapere che se ci sono loro forse ci può essere anche lui.
Così da fargli capire che violenza è violenza non c’è differenza se non nell’intensità.
E paura è paura, senza compromessi.
Vera, dura, pesante, mortale.
Non esiste nessuno che non abbia paura di qualche fantasma.
Nessuno.

E allora ve lo spiego io dov’è la sottile differenza tra noi al di qua e loro al di la.
La differenza è semplicemente che noi tra le nostre vittime non includiamo noi stessi.
Anche se il più delle volte, anche questa, è una comoda illusione donataci dall'ignoranza.

13 aprile 2004

Parole al vento

E metto solo una foto scattata la domenica di pasqua, a casa della nonna tutti insieme come quando si stava tutti bene insieme.
Scattata quando uscii sul balcone per fumare una sigaretta e mi accorsi del perché in fondo in fondo la fantasia sia una cosa che ci si porta dentro e si tramandi come il colore dei capelli ai figli e ai nipoti.
L'unica foto che ho avuto voglia di fare.
Ho sempre pensato di attaccare un aquilone fisso sul terrazzo, e da ieri so che prima o poi lo farò.
Fosse anche tra cinquant'anni.



A nonna Mària.
Che ha insegnato a Mario cosa serve per stare bene