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23 dicembre 2016

dimostri chi sei quando vieni a capirmi

E Buon Natale.

Mi trovo in un punto della curva professionale in cui tutti i clienti che ho, nove volte su dieci, che tradotto significa ogni volta che possono, arrotondano per eccesso i consuntivi che mando.
Scrivere cifre che rendano incontestabile l'onestà e quindi la conseguente umiltà e per volontà altrui si autotrasformano in quello che il mondo pensa meriti sempre a forma di di più, è quella cosa che altri chiamano "Potere contrattuale" non sapendo che il concetto di Potere è tale quando hai bisogno di esercitarlo.
Il vero potere è invece fatto a forma di una cosa che costa fatica, sacrifici, perdite, un incredibile numero di perdite, e sottrazioni: diventare così bravo in ciò che fai che il problema di sentirsi dire No è di chi ha bisogno di te.
Tipo una storia d'amore ma senza l'amore, per darle un contorno comprensibile.

Dei quattro amici che ho collezionato in sei anni di vita a Torino che al netto dei viaggi di lavoro si riducono a un paio di settimane forse tre se includiamo un paio di ponti:
Una mi evita perché dice che parlare con me fa sentire sbagliati non su una cosa o su un'altra ma così, in assoluto; diventare l'inferno di qualcuno è così dannatamente veloce che un giorno semplicemente accade e tu non puoi farci che un gigantesco mastodontico nulla.
L'altra mi tiene lontano perché sono single e lei ci tiene alla sua coppia, mi riaprirà la porta della loro meravigliosa casa solo quando e se avrò qualcuna accanto; ho provato a chiederle se si rendesse conto dell'assurdo, mi ha guardato con quel meraviglioso sguardo un metro più avanti di me che aveva quando dieci anni fa ci amavamo e fine lì.
Uno sta aspettando che lo chiami per quella cena che due anni fa gli ho promesso per settimana prossima.
Uno non mi parla più perché non sa cosa sia peggio tra quello che gli direi io e quello che gli direbbe la sua fidanzata se lo facesse.
Una  mi regala ogni anno la palla di natale più bella tra quelle che ogni anno fanno il loro ingresso in casa e ieri ci siamo visti per la tradizionale cena di consegna, è tornata a casa in lacrime perché ha provato a darmi meno che ragione.
Proposito per il nuovo anno: rivedere il mio approccio a quel coso là che mi dicono chiamarsi mondo esterno.

Mio fratello è l'uomo migliore del mondo e tutti dovrebbero conoscerlo.

Vivo la mia vita come se la vedessi da lontano, spersonalizzata, è di un altro, motivo per cui non mi sento in diritto di intervenire per spostarla in una direzione che mi, anzi gli, faccia anche solo ipotizzare di prendere un giorno quella mano mentre ci vestiamo da qualcosa che vola, camminiamo sull'acqua, mangiamo per strada e giochiamo a star bene.

Il mio vicino di casa con il quale ho l'intimità da ascensore, l'altro giorno mi ha detto che aspetta il terzo figlio e che io sono l'unico al quale ha avuto voglia di dirlo. 
L'ho ammirato per sette piani e invidiato per due, arrivati al nono io ho infilato la chiave lui ha suonato il campanello e i nostri mondi si sono svolti in quei due gesti di due attori chiamati a mettere in scena Sliding Doors su un pianerottolo come palco e per pubblico il nostro passato.

Ho la fortissima tentazione di passare il capodanno guardando Carlo Conti su Rai1 insieme all'affollatissimo gruppo di persone che mi stanno nel cuore in maniera inversamente proporzionale alla distanza che li separa da me nel mondo reale.

Mi ha chiesto perché tu.
Perché il tuo non sapere di avere in mano la spiegazione di tutti i miei difetti è il peggiore dei tuoi, il che rende tutti i tuoi restanti un pregio.
Non chiederesti né spiegheresti, sei esatta senza bisogno di dimostrarlo.
Non è impossibile che esista qualcuna più bella di così, è impossibile che sia caduta sulla terra ancora più vicina di così, evidenza che rende la distanza che ci separa comunque la minima possibile e il fatto che le due volte l'anno che certamente ti vedevo siano passate a forse una se il caso lo vorrà, diventa un trascurabile dettaglio che nessun effetto ha sul mio essere qui a pensare che se quel giorno [non] è domani non chiederò perché.
Lo so il perché e so anche di saperlo.



11 dicembre 2016

Connessioni

Nonna non ha perso uno dei fratelli, ha perso quello che amava così tanto da essere l'equivalente di un unico fratello.
Da giorni osservo il suo silenzioso rapporto con questa perdita, un silenzio esteriore e per questo di nessuna utilità per capire, misurare, cercare in qualche modo di imparare come si faccia a restare in piedi di fronte a quella che se la ipotizzo su di me mi appare l'unica sfida che il mio cuore non saprebbe vincere.
Ma anche su questo mi sta insegnando la dignità del dolore, la necessità di non coinvolgere il mondo esterno in un'elaborazione che mai come in questo caso di esterno non potrebbe avere comunque nulla e si farebbe solo commiserazione, come la esterni la fine di quasi novant'anni di confidenze, parole, sostegni, dediche, cura, segreti, se non con il suo equivalente più rappresentativo e cioè il totale silenzio, un silenzio che non è assenza di racconto di come stai abitando quella fine ma il suo racconto più perfetto.
Stasera mi sono concesso una sola piccola finestra a forma di domanda che della curiosità della quale non poteva che vestirsi non portava nessun contenuto, avrei potuto evitare l'intonazione interrogante per farle capire che non chiedevo risposta ma solo dirle che il mio silenzio è rispetto, non disinteresse.
Le chiedo come va il rapporto con il pensiero di lui, se ce la sta facendo, abbassa gli occhi e ammette la fatica, non serve andare oltre, quello che dovevo dire a lei l'ho detto, quello che doveva dire al mondo esterno l'ha risposto, ogni aggiunta sarebbe morbosità e violazione.

L'età le sta facendo perdere la memoria e a nulla serve dirle ogni volta che non è questione di età dato che io ne ho meno di lei, non serve perché dimentica l'avermelo detto la sera prima e anche quella prima ancora e insieme alle sue parole dimentica le mie risposte che per questo possono permettersi il lusso di essere sempre uguali.
Lo chiamo lusso perché tale è, essendo l'unico essere vivente che non mi fa pagare il giorno dopo cose dette il giorno prima o il mese prima o l'anno prima, sono qui con lei ormai da sei anni ed è come se fossi qui da un giorno, sempre lo stesso bellissimo primo giorno in cui mi trovò dietro la porta di una casa che non sapeva essere diventata mia con in mano una valigia che conteneva il necessario per il per sempre e nemmeno il sospetto del peso e della violenza che mi porto in dote e scarico addosso a chiunque si avvicini a meno di due metri dalle mie vene, la gioia di oggi è la stessa di quel giorno, il dolore lo dimentica ogni giorno o per amore si comporta come se, il risultato è uguale e io sono a casa, luogo che persone più fortunate e pratiche della questione mi dicono avere questa forma qui.
Potessi alleviarle la paura che la perdita della memoria le sta imponendo farei l'unica cosa che manca per farla riposare ma non si può, perdere la memoria la sta spaventando forse più del perdere un fratello perché si rende conto che significa perdere anche i vivi, chi non ne sarebbe terrorizzato.
Guardiamo in tv Ligabue, le piace la musica, la commenta, mi racconta dettagli della vita ricavati dalle riviste con l'affetto che si riserva alle notizie dei parenti, è il rapporto che gli anziani hanno con la tv e che finirà con loro, vorrebbe raccontarmi di quell'altra canzone che ha sentito dalla parrucchiera e che le è sempre piaciuta ma non ricorda né la canzone né di chi sia, torna la paura, si riabbassa lo sguardo, la fatica, le propongo di giocare ad arrivarci per tentativi così da insegnarle indirettamente, la finalità le risulterebbe certificante e quindi la respingerebbe, un modo per non cadere sotto il peso della sconfitta dell'inutile ricerca del ricordo confezionato, lo si può evocare anche un pezzo alla volta, se impara il meccanismo per un po' siamo a posto, accetta e allora le dico che bisogna partire dal macro: è maschio o femmina?
Con il mezzo sorriso del pudore di chi non offenderebbe nemmeno il suo nemico ma che nello stesso momento non riesce a trattenere la voglia di sfotterlo un po', mi risponde "metà uno e metà l'altra".
"Tiziano Ferro!"
Capisce quanto merito vada al suo aver risposto come una che aveva preso seriamente il gioco e sorpresa dall'efficacia scoppia a ridere come non la sentivo ridere da tempo e come cinque minuti prima non avrei detto possibile.
Ci aiutiamo così, capendoci al volo con non più di due parole una delle quali è sempre scelta a caso tra Fortuna e Amore.

Mi sono comprato un bellissimo quanto inutile camino da tavolo.
L'altra sera mio fratello è venuto a trovarmi e notato lo strano oggetto mi chiede cosa sia.
Gli dico che è un bellissimo quanto inutile camino da tavolo che ha il pregio di fare una fiamma bellissima e il difetto di spargere nell'aria odore di combustibile, per cui gli avrei risparmiato la condanna.
Mi chiede di accenderlo lo stesso, lo incuriosiva, lo guarda per un po' e stabilisce che è bellissimo.
E' stato con me mezz'ora, ci siamo bevuti una birra davanti al mio nuovo camino in silenzio come si fa davanti ai bellissimi camini, un bellissimo quanto inutile camino da tavolo che ha il pregio di spargere nell'aria parole contate in numero mai superiore a due scelte a caso tra Fortuna e Amore incartate in un unico foglio d'oro fatto di metà uno e metà l'altra.



26 novembre 2016

Donne di cuori

Quando ami davvero una persona la ami in quello che pensi essere l'unico modo in cui la si possa amare e cioè pensando che non potrai che amarla per tutta la vita.
Arriva un punto della vita nel quale scopri che esiste un livello superiore di amore, quello in cui che non potrai che amarla per tutta la vita non lo pensi, lo sai.
Il dimenticato lo so fare, anche bene data l'esperienza e l'incontrastabile reiterarsi di quello che sembra proprio voler continuare a presentarsi con l'innegabile forma del fine pena mai per scontare non so davvero cosa, anche contandole tutte non chiudo un cerchio talmente ampio che se stesse su uno dei libri del mio amico Erri sarebbe narrato Vita precedente di scorpione in universo creato da un dio rana, così so stare al mio posto, assumere la consistenza della gomma, diventare trasparente e quando necessario dissolvermi.
Ma arriva un punto della vita nel quale scopri che esiste un livello superiore di dimenticanza, quello in cui non sei stato nemmeno memorizzato e quello non so proprio come vesta, quali cose dica, come si sieda, come cammini per il mondo e se abbia o possa mai avere una casa in cui tornare.
E se anche sul non avere una casa in cui tornare ho sviluppato una certa maestria non foss'altro per il mio spostarla ogni volta che diventa il luogo della deroga alla dignità, passo immediatamente precedente al suo sacrificio sull'altare di un epico nulla, sul non averne due mi riconosco drammaticamente impreparato e, quindi, in grado di reagire con l'unica emozione che si può opporre alla realizzazione di non avere punti di partenza né di arrivo, perché a verifica non se ne possono esporre almeno due uniti dall'unica connessione che quando presente li sostituisce entrambi se assenti e cioè una corda fatta dall'intreccio di un ricordo per ciascuno dei cinque sensi.
Quell'emozione ha un nome ma non lo conosco perché fino a oggi mai l'avevo incontrata, un millimetrico incastro tra la forma di amore più puro che abbia mai provato e la paralizzante paura di scoprire di averlo scritto sulla sabbia.
Ogni volta che credo di aver capito mio padre scopro che mi mancava un altro metro e mai come ieri mi è apparso così ultimo da poterlo quasi toccare.
L'incredibile meraviglia di un cammino che dire inutile non rende abbastanza, un bellissimo galeone in bottiglia.


4 settembre 2016

Afferra questo istante e stringi più che puoi

Il tempo è moneta, è bene, è capitale costruito e sottovalutato.
Ciascuno il suo sacchetto, ciascuno una vita durante la quale spenderlo, investirlo, buttarlo in gratt'evvinci stampati per non farti mai vincere il premio grosso, quello per vincere il quale sei pronto a investirne la quota maggiore di quello a tua disposizione pensando che al prossimo turno capiterà a te il biglietto vincente che ti restituirà tutto quello investito.
Cresci sprecandolo, deprezzandolo, cedendolo in cambio di briciole d'attenzione, condivisione, il gioco ti sembra valere la candela e allora mani sulle orecchie e occhi serrati avanti a valigia, corri verso quella stazione alla quale ti hanno detto aspettarti il premio e invece non c'è, non c'è nella prima, non c'è nella seconda, mani sulle orecchie e occhi serrati non cedi e corri alla terza pensando sia un problema di pazienza quindi tuo e allora corri alla quarta, poi alla quinta, finché cresci e ti accorgi che.
Che non c'è un premio, che il tempo non è moneta accidenti, era il bene e non lo capivi, quello che credevi di dover barattare in cambio di qualcosa scopri essere il qualcosa e capisci il gioco, capisci il trucco, la truffa.
Ti avevano detto che il tempo era la moneta per raggiungere il traguardo e invece il traguardo era il tempo stesso, che intanto stavi sprecando sperando arrivasse il premio in cambio.
Ci metti anni ma un giorno ci arrivi e quando ci arrivi il tempo smette di essere moneta e diventa il bene più prezioso che hai, la moneta sei tu e ogni singolo minuto assume un valore mai avuto, il valore che solo le cose che una volta lasciate andare non tornano più assumono.
Crescere significa scoprire che il tempo non era il frattempo, non era moneta, non era baratto per un premio, era il bene e punto di arrivo.
In quell'esatto istante smetti di sprecarlo, di svalutarlo, di offrirlo a chi quando lo offri te lo rifiuta, a chi del tuo tempo non ha bisogno né sa cosa farsene, a chi ti dice grazie per averglielo offerto con lo stesso trasporto di una signora alla quale lasci il posto sull'autobus.
Cammini per il mondo con un timer in tasca che programmi per avvisarti quando il tempo messo sul tavolo è superiore a quello che forse, magari, chissà, potresti vincere in cambio.
Quando il tempo augurato diventa inferiore a quello che investi, il timer scatta e senza lasciar passare un solo secondo in più ti alzi e te ne vai.
Quel giorno scopri cosa vuol dire smettere di automortificarsi, la dignità, l'autostima.
Quell'esatto istante in cui realizzi che la tua merce non interessa e la tua merce sei tu, un solo istante in più e si chiamerà elemosina.
Crescere è diventare capaci di cogliere quell'istante, alzarsi un lampo prima e semplicemente dissolversi.
Il tempo riempito di qualsiasi cosa che non sia il nulla, la vita non è altro.
Diventare capaci di parlare con gli sconosciuti al tavolo accanto, farne arte, e insieme di capire che quella è l'unica alternativa al silenzio che i presenti ti riservano.
Aspettare che cadano briciole e scannarsi per contendersele non so che nome abbia, ma qualsiasi sia quel nome non è Vivere e se lo è non lo è per me.
Già dato, già inghiottito abbastanza, già perso.
Uscire da solo, stare da solo, cerchio che si può chiudere solo tornando a casa da solo.


5 giugno 2016

Quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di te

Festeggio insieme ad Austin Green e alla sua fidanzata Megan Fox di tredici anni più giovane, il loro amore che ne compie sei.
Insieme a Robert Redford e sua moglie Sybille di diciannove anni più giovane, il loro amore che ne compie sette.
Insieme a Matthew McConaughey e sua moglie Camila di quattordici anni più giovane, il loro amore che ne compie quattro.
Insieme a Nicolas Cage e sua moglie Alice di vent’anni più giovane, il loro amore che ne compie tre.
Insieme a Harrison Ford e sua moglie Calista di ventidue anni più giovane, il loro amore che ne compie tre.
Insieme a Bruce Willis e sua moglie Emma di ventitre anni più giovane, il loro amore che ne compie sette.
Insieme a Michael Douglas e sua moglie Catherine di venticinque anni più giovane, il loro amore che ne compie sedici.
Insieme a Paul Mc Cartney e sua moglie Nancy di diciassette anni più giovane, il loro amore che ne compie dieci.
Insieme a Kevin Costner e sua moglie Christine di diciannove anni più giovane, il loro amore che ne compie sedici.
Insieme a Jason Statham e sua moglie Rosie di vent’anni più giovane, il loro amore che ne compie sei.
Insieme a Gigi D’Alessio e la sua compagna Anna di vent’anni più giovane il loro amore che ne compie undici e insieme a Gianni Morandi e sua moglie Anna di dodici anni più giovane, il loro amore che ne compie dodici.

Musica!


27 aprile 2016

Qui è come essere lì solo che non posso toccarti

Il regalo del Grande Regista Superiore è un segnaposto sul muro con il mio cognome proprio lì a farsi tuo cognome e come lo indossavi bene, l'eleganza che io mai gli ho dato e che tanto meriterebbe.
Sei arrabbiato no che non sono arrabbiato è uno stato diverso per tanti motivi, perché quest'anno sarà due volte natale e di nuovo non ci sono pacchetti con i nostri nomi sullo stesso biglietto, Da o Per è uguale, sarebbe il Noi a farsi famiglia, regalo e incarto, sorpresa e stupore e festa tutto il giorno, il mondo di nuovo scompare, noi di nuovo soli in quel mondo nel quale siamo passeggeri, sì, ma di treni presi o persi, coincidenze, quelle ore insonni le carte di caramella e le tazze di te dei confermati, bambina te l'ho detto, uguali inneschi, sono diverse le persone o quando uguali le riconosci perché di fronte alla stessa cosa pensano la stessa cosa e io la dico prima e tu la dici dopo così che nessuno possa incolparmela furbizia, il tuo tempismo mi protegge arrivando sempre un istante dopo che io ho scritto di un caffé e di una zuppa su un biglietto per nessuno e mi parli di un caffé e di una zuppa come l'avessi letto, come l'avessi scritto.
Ci sono parole che sono state distorte per adattarle alle incapacità delle persone e così farsi alibi delle loro stazioni mancate e una di quelle è Coincidenze, vuol dire l'opposto di quando la si usa come strumento per ridurre, vuol dire essere esatti, vuol dire coincidere, vuol dire incidere insieme, un nome su un muro, una direzione nella vita, due nomi sulle fedi, le stesse parole, gli stessi pensieri, le stesse mancanze, uguali paure, uguali speranze, uguali cautele, uguali inneschi, dagli il nome che preferisci, il mio inizia per C di Coincidere.
Ho di nuovo mancato le tracce, ho di nuovo atteso immobile che fosse Campanellino a togliere ogni aria in mezzo per metterla sotto e decollare quei tre minuti di nuovo rubati al mondo intorno che a ogni volo durano tutti gli anni che abbiamo passato e abbiamo davanti, quello che accade quando vicini ha un solo nome, vuoi bere Sì, vuoi mangiare Sì, vieni qui Sì, ti manca Sì, dividi la colazione con me Sì, come potrei sminuire chi ti dice sempre Sì quando è l'unica risposta che io stesso riesco a dare a qualsiasi domanda inizi con te e in te finisca.
L'amore affermato per convenzione e l'amore negato per convenzione sono entrambi coincidenze mancate.
O Corrispondenze, che dir Sì voglia.

17 aprile 2016

Benjamin Button

Date le difficoltà a premere tasti piccoli ho dato a nonna uno smartphone con installato un launcher pensato per anziani, che permette di impostare home semplificate al minimo e rende facili operazioni per loro altrimenti proibitive.
Come mandare sms, da lei sempre sognato ma mai riuscito.
Ora le sto insegnando a mandarli e da quando ce l'ha ogni giorno manda il buongiorno a tutti.
Dice che vuole imparare a scriverli giusti, io dico che la meraviglia è raggiunta.

- Caobruno
- Bruno,ciaobuona gIornata
- ciao,bruno,nonnwa
- Brunociaoa'pranzo,ce,ziope pwwpovuoi,venire
- Brunocexiopepp
- Ciao
- Bruno buona,gIornatan,onna
- BrnobuongIornononna

C'è dentro tutto.
Il pensiero, l'impegno, il tempo, la fatica, la tenacia, l'amore, gli ottantotto anni e insieme i venti.
A scriverli giusti sono capaci tutti, a scriverli pieni no.

25 dicembre 2015

Qui e domani

Se la stremante fatica fatta per arrivare fin qui mi ha lasciato come unica possibilità l'ingoiare umiliazione per non rovinare un natale per gli altri di gioia, allora non è il qui che credevo valesse quella fatica.
Nel Qui che il depliant della Candle Game SpA. indicava come premio, le parole che la rabbia urla non vengono zittite per inefficacia, le mani non si devono prendere di nascosto per dire cose che quando nascoste muoiono un istante dopo invece di farsi vita da lì in poi, le risposte che il cuore invia alla bocca non vengono intercettate dalla dignità che per salvarsi le veste da inutile ironia.
Se nel Qui trovato all'arrivo le lacrime di natale non sono di gioia, allora vuol dire che nei bivi lungo il percorso gli errori sono stati più delle scelte giuste e che quindi è il percorso intero che è stato compromesso, che il Qui a destinazione non sia quello sognato non ne è che colpevole conseguenza.
Tre minuti all'anno di emozione ricacciata in gola per non far male a nessuno non fanno una vita e non li salvano davvero tutti quelli che si amano.
Uno lo sacrificano, senza nemmeno fargli intravedere un prossimo Qui a rendere anche questo un bivio in cui sperare di fare la scelta giusta mentre intorno il mondo ti dice che se c'è una cosa che non hai mai saputo fare è proprio riconoscere che forma abbia, una scelta giusta.
So fare dei bellissimi segnaposto, ma non è che l'elenco delle qualità vada poi molto oltre se non possono permettersi di essere a forma di cuore a meno di essere pronto a passare il prossimo natale da solo, dicono che l'importante sia imparare ad accontentarsi ma che cazzo di regola è se in cima c'è il nulla.
A nonna ho regalato un pacco di Gratta&Vinci non per portarla in un vizio mai avuto ma perché dice sempre che una delle emozioni che non si è mai potuta permettere è l'azzardare.
Io l'ho fatto un sacco di volte nonna e guarda dove sono oggi.
A te basta una telefonata per essere felice, a me basta non poterla fare per chiedermi che senso abbia tutto e non avere una risposta che non sia che alla fine io posso ancora vedermi portare un telefono dall'altra parte del quale c'è la voce di una madre e a te, amico che non puoi più, è andato per questo l'unico mio pensiero di cuore che ieri abbia chiesto di non restare chiuso dentro i confini della mia casa.
Quello a mio fratello a parte naturalmente, l'unica risposta che mi tiene dritto di fronte alla domanda sul senso di un tutto che, non avessi lui, farei davvero fatica a trovare.
Se Ebenezer Scrooge esistesse davvero, ieri notte avrebbe chiesto ai tre spiriti di aspettarlo un attimo perché doveva farmi una telefonata per dirmi che il prossimo natale sarà bello, l'aria oggi è un po' questa.
Mi mancano tutte cose che non ho e sì, lo so anch'io che è così che funziona l'assenza ma nel mio caso è diverso, io ho scelto di non averle e che fatica che si fa certe notti a guardarsi allo specchio e vedersi giusto, quando l'intero elenco dei tuoi anni di errori prende vita in un'unica sera e nemmeno si ferma per darti il tempo di contarli per almeno rassicurarti che siano quelli già noti, lasciandoti solo quello necessario per attutire l'impatto della visione di quanto sia spaventosamente grande la somma.




12 dicembre 2015

Sonata

Come ti avessi produco pensieri e condivido momenti, ti racconto e ti ascolto ogni giorno, tecnicamente si può dire ti vedo.
Ne è appena passato un altro e il prossimo è sempre migliore così non sento lo spreco né l'inutilità, ciascuno è padre del successivo e così lo educa, lo migliora e lo affina.
Tutti quelli fino a quel giorno si direbbero persi se non fosse che quello di quel giorno è a loro che dovrà la sua grandezza.
So che stai bene, so che sto bene anch'io, so che non servono recapiti, troppe volte ti ho anticipata per non sentire innocua la vana speranza che una virgola ti sfiori, ci sono collegamenti che hanno bisogno di una partenza e di un arrivo e altri solo di un innesco per nascere e sovrapporsi e quell'innesco è un'auto, un bicchiere, una penna, non sono diverse nel tuo mondo le ore insonni, le carte di caramella, una tazza di the.
So che stai bene, anch'io sto bene, complicati tanto che basta nulla per farci star bene, la certezza che sia nostro e che lo decidiamo, la raggiunta soglia del bene.
Un solo passo oltre e c'è il meglio.
Non è diverso nel tuo mondo l'innesco e non solo io ho un paio di guanti, una finestra, un segreto.

"La gente fa molte domande sul suono.
Io faccio sempre notare che c'è quel piano che sta lì e, se Thelonious Monk si sedesse a quel piano, sentireste il suono.
Se Herbie Hancock sedesse allo stesso piano, sentireste Herbie.
Se Chick Corea sedesse a quel piano sentireste Chick.
Se Michel sedesse a quel piano, sentireste Michel.
E poi ci sono tutti quegli altri che potrebbero sedersi a quel piano e suonerebbe come un piano"




25 novembre 2015

Le vite degli altri

Suona il telefono e sullo schermo appare il nome registrato alla voce Non ti chiamavo da undici anni.
Per lavoro ci siamo conosciuti, per lavoro ci reincontriamo, in mezzo undici anni di promessa mantenuta.
Trascinato in un mondo a me ignoto se non per quel poco che le serate con nonna e la guerra per far sì che la sua memoria le impedisca di donare sms ogni mezz'ora mi raccontavano, mi trovo catapultato in un mondo fatto di storie e di ricerca, di ospedali e di vite, di lacrime e di gioia, di belle persone che danno a belle persone che ricevono, di vite che non credevano e altre che non potevano, proseguire.
Da due giorni immerso in immagini, dialoghi, social, video, per prendere tutto e trasformarlo in un lavoro bello al punto da raccontare che anche io questi undici anni li ho usati per migliorarmi e a ogni parola letta e ogni voce ascoltata la sensazione che no, o sì ma mai quanto chi di quel mondo ne ha fatta vita e la conferma, servisse, che io due cose ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro: riconoscere da un battito d'occhi le persone speciali e starne senza.
Da due giorni la gola non permette il passaggio che d'acqua, attraverso vite interrotte, corse miracolose, padri giganteschi, madri fatate, famiglie che hanno proprio la forma che la famiglia dovrebbe avere, città un po' più povere, cieli più ricchi a disegnare i contorni di quella spiegazione diretta, lineare, ricevuta in riunione e persino troppo semplice per racchiudere così totalmente e nello stesso tempo in così poche parole tutto quello che avrei visto: Ci occupiamo di malattie rare, sono tutti bambini perché non fanno in tempo a diventare grandi.
Un rasoio.
Due giorni a piangere di fronte a ogni storia attraversata e undici anni a conservare la certezza di averci visto giusto quel giorno che intuii di aver incontrato la grandezza nella sua essenza e la certezza che sarebbe arrivata dove sognava di arrivare, ci avesse messo anche dieci anni.
La vita a volte chiude i cerchi nelle direzioni in cui è giusto si chiudano, altre no, ma almeno fa di tutto perché quei cerchi si incontrino e migliorino a vicenda e io oggi di quell'incontro sono chiamato a farne storia raccontata da spettatore, la terza cosa che ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro.

Chi non ha la solitudine, il silenzio intorno e i cinque minuti e mezzo sufficienti per conoscere SpiderCiccio il Supereroe non merita di conoscere né lui né una qualsiasi delle migliaia di vite tanto brevi quanto gigantesche che senza disturbare passano e vanno.
Che poi ...conoscerlo... io conosco una che ha conosciuto SpiderCiccio e solo per questo mi sento migliore, essere lei cosa dev'essere, essere loro, cosa dev'essere.





1 settembre 2015

From due to trentuno

Volevo riprendere a cucinare e sono diventato amico del kebabbaro sotto casa, ho visto un film al cinema e parlato di altri sei o sette, ho disinnescato bombe psicotiche, ho fatto mangiato grigliate, ho lavorato con estrema calma, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho pensato molto al progetto ma scritto poco di quello che ci si attendeva da me e oggi all'incontro dovrò inventare una scusa molto credibile che non abbia il suono del suo nome o magari mi porto una foto così capiscono, ho abbracciato molto, ho ricevuto due telefonate di mio fratello che voleva solo salutarmi e sapere quando ci vediamo e io ho pensato che lo vedo sempre, non ho usato la bicicletta, ho letto mezzo libro, ho fumato troppo, ho discusso inutilmente, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho sentito nonna, sono stato in Sardegna a lavorare, ho fatto un unico bagno stagionale alle quattro del mattino alla luce della luna, ho conosciuto Annalisa e pensando che al mio amico Gianluca sarebbe piaciuto un sacco le ho fatto un fondale scenografico bellissimo ma non quanto lei, ho scritto "Ti amo" almeno cinque volte a tre persone diverse perché mi hanno detto che quando ricevono le mie mail di lavoro le leggono ad alta voce a tutto l'ufficio e allora il suono sia grande, sono stato portato in un ristorante chiuso alle tre del mattino dove ho trovato un finanziatore inatteso che mi ha chiesto se mi va che si aggiunga anche lui al "Facciamo presto" degli altri due, ho ricevuto la mail di un'amica che voleva solo dirmi che sta meglio e prima o poi risponderò che ne sono davvero felice, non ho letto niente di politica, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho scoperto che la commercialista mi aveva sbagliato gli F24 di seimila euro, ho verbalizzato tristezze non mie come lo fossero perché lo sono state e allora ne conosco i millimetri a pelle, ho comprato cose rotte ma non le ho cambiate, ho perso il polso della situazione, ho atteso rientri, ho passeggiato di notte, (ho sperato di vederla ancora una volta) ma non è successo e forse è meglio così perché mi trapassa ogni volta (ma non si ferma mai abbastanza per cauterizzare).



4 luglio 2015

Non desiderare

No, non ho abbandonato l'idea, è che ogni volta che apro il form per scrivere temo di veder comparire Salvini che mi dice che dovrei essere più gentista e allora per non rischiare desisto.
Ma no, non ho abbandonato l'idea, è che ogni volta che apro il form per scrivere vorrei scrivere di autoumiliazione, di riduzione di sé, di versioni patetiche al confine con l'automortificazione percepita come rinascita ma ho così poca voglia persino dei pensieri in reazione che genererei, che desisto e semplicemente osservo l'inconsapevole precipitare del sé al quale mai avrei pensato di assistere.
Vorrei scrivere di te, ecco questo lo vorrei, ma poi dovrei parlarti come ti avessi davanti a spiegarti che c'è un confine sottile che ogni giorno abbiamo paura di oltrepassare oltre il quale c'è quello che sai, piccoli lampi di futuro intravisto, errori rimediati, libri che parlano di noi nei sottotesti che si fanno alibi, disallineamento di tempi e gli errori necessari che io ho già commesso e tu hai in inevitabile elenco, quel dirti certa che ti tratterei da regina ed è vero ma allora perché, è un continuo nel frattempo, nell'attesa, sigarette e lavoro, lavoro e sigarèt en coffi niente più, è tutto quel che resta sopra il tavolo di un bar i video sono spenti e tu, tu qualunque letto avrai non dormirai, tu vuoi qualcuno da far piangere e perché non vieni con me a Londra, riscriviamo Yesterday e facciamo piangere la gente dall'emozione, nessuno ti potrà inseguire se non per un autografo e un chiederti come hai fatto, quando è stato l'istante, se è davvero così pieno di tutto come lo raccontano, se è vero che tutto ciò che serve sta in due mani che trattengono acqua e quella che filtra disseta gardenie di velluto bianco.
Ho quarantatré anni, quarantatre consapevolezze e tutto quel che serve per chiudere i cerchi e farne anelli con diamante che prende la luce e la scompone in sette colori uno per desiderio e una pentola d'oro alla fine, la fine di quelle scelte fatte perché così si fa, perché tanto hanno fatto che alla fine ti hanno convinta che è giusto, che ci sono caselline e voci da spuntare, per ciascuna un momento, un'età, un perché che non ci credi nemmeno tu ma è così dannatamente rasserenante per tutti quelli che non ti chiedono più come stai e finalmente non lo devi più inventare se non in quel Se mi occupassi io di te che grida il suo non poter essere più di un condizionale che a me arriva caldo come la certezza del compiersi.
Nei miei pensieri sei nuda, quando ti guardo sei nuda e l'unico corpo che ti vedo accanto diverso dal mio è quella figlia che dici avere la forma del perché non sei qui.
No e Non posso si accompagnano ma non sono la stessa risposta, la seconda è un Sì ma con il prezzo carissimo di un tocco lieve che è stato creato per emozionarti e invece si consegna al nulla e si dissolve.


12 febbraio 2015

Musicarello

Non ho abbandonato questo posto, non ho perso le parole e neppure sono loro che perdono me.
E' che chi guarda dalla strada non ci crederebbe mai, io vado a letto adesso e tu sei in piedi dalle sei.
E allora vai, volare navigare camminare, c'è sempre un posto dove puoi arrivare.
Per chiudere citando Ti sposerò perché mi sai comprendere e nessuno lo sa fare come te, diamoci un mesetto, mesetto e mezzo.


16 gennaio 2015

Take me home country girl

Quattro città in cinque giorni.
Otto ore di sonno complessive.
Qualche centinaio di chilometri.
Un albergo diverso ogni notte.
Quello che vorrei scrivere non posso scriverlo, quello che posso scrivere non voglio scriverlo.
Vorrei scrivere di cose belle avvenute e non solo sognate, solo che non ho tempo di farle avvenire e ultimamente nemmeno di sognarle, quindi non vedo perché quel poco dovrei dedicarlo a raccontare come le vorrei e non come le ho volute.
Perché le ho tutte volute o non volute io, alla fine non si scappa.
Il meglio non l'ho voluto, il peggio non l'ho impedito.

"Sei un gran lavoratore" ha suono antico di nobiltà d'animo, di una mano morbida, di un film su un divano accogliente, di una tovaglia colorata con piatti colorati e bicchieri colorati, di un sonno lungo e sereno come non faccio da anni.
Non aspettarmi sveglio, non lo sono.
Riposami e tutto.


31 dicembre 2014

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La replica di dinamiche sbagliate può portare solo alla replica delle conseguenze sbagliate perché che quelle dinamiche fossero sbagliate lo si è capito quando se ne sono potute osservare le conseguenze per questo a rendere quelle dinamiche sbagliate non è il modo in cui si svolgono ma gli esiti ne deriva che trovare argomenti che spieghino se non addirittura giustifichino il modo in cui si svolgono non sposta il punto e cioè che se la dinamica è sbagliata non in quanto dinamica ma per l'esito unico possibile che genera anche l'argomento più giusto non la renderà meno sbagliata di quanto lo sia in sua assenza questo il netto la tara è che più una dinamica sarà sbagliata come esito più l'argomento usato per motivarne il modo in cui si svolge allontanerà il momento in cui si realizzerà che il suo essere sbagliata era proprio nel suo non poter contenere nessuna giustificazione non al modo in cui si svolge ché in quello la mente umana fa miracoli e se una cosa sa fare meglio di qualsiasi altra quella cosa è proprio trovare argomenti che ci facciano apparire giuste cose che giuste non lo saranno mai ma all'esito il lordo è che spiegare una dinamica sbagliata la rende solo ancora più sbagliata perché oltre a non considerare l'esito che al contrario è l'unico elemento da considerare non per capire come risolverlo ma per realizzare prima di tutto quanto sia necessario farlo si finirà col considerare giusto il modo in cui si svolge perché una cosa che siamo stati capaci di spiegare ci apparirà giusta a meno che qualcuno a sua volta non ci dimostri con argomenti uguali e contrari il suo non esserlo ma dato che questo è esattamente il contesto della dinamica la sua replica non potrà essere in alcun modo cura ma solo moltiplicazione di ciò che è anche in originale cioè male e quindi a non fare l'unica cosa che potrebbe intervenire sull'esito risolvendolo e cioè semplicemente interrompere la dinamica che a quell'esito porta senza appenderci nessuna spiegazione e per questo lo faccio io che ogni volta come unico esito smetto letteralmente di respirare e non mi serve ascoltarne per sapere che non esiste sull'intero pianeta un solo argomento che dica giustificata questa cosa tantomeno se a espormeli è chi mi mette le mani al collo ogni volta che mi vede solo perché avendo io vissuto all'inferno per tanti anni riuscendo a fare cheese nelle foto si è portati a pensare con una certa sbrigativa superficialità che allora io non possa che essere il diavolo.



27 dicembre 2014

M'armo

"Il problema non è sostenere le proprie idee con la forza della convinzione, ma il modo e l'atteggiamento con cui tali idee e tale convinzione si manifestano in presenza (virtuale o fisica) dell'interlocutore.
C'è una differenza ENORME tra assertività e presunzione. Una differenza che non può essere semplicemente liquidata con la solita solfa degli occhi di chi guarda. Tu sembra che voglia ignorare o minimizzare la dimensione umana del tuo interlocutore. Prima ti renderai davvero conto di questo fatto, meglio sarà sia per te stesso che per le persone che ti vivono accanto".


Trovata in rete in conversazioni che non mi riguardano, me la appunto qui in attesa di un marmista che me la scolpisca in quel dolmen che mi porto appresso da una vita il cui peso cerco, involontariamente, di ridurre condividendolo con braccia che vorrebbero abbracciarmi e io invece uso come  sostegno di un peso che non chiedono, non desiderano, non meritano e con le quali non mi scuserò mai abbastanza, considerato che quando il peso è quello e la fatica è quella, le occasioni per farlo saranno sempre meno di quelle che servirebbero per rendere quelle scuse accettabili anche da chi le riceve.
Ci sono giorni nei quali sono fragile come argilla, quelli nei quali lo specchio al mattino mi dice l'implacabile verità sulle conseguenze della fatica di essere ciò che sono e questo è uno di quei giorni.
Non sono una brutta persona, io lo so di non esserlo.
Ma so anche che la forma che ho è purtroppo esattamente quella e se solo fossi capace non di farne vedere una diversa ma la fatica che faccio per cercare di averla, una diversa, allora forse si vedrebbe non una forma diversa della quale purtroppo non dispongo, ma quella della fatica che faccio a non poter far altro che abitarci dentro con la comodità che si ha quando chiuso da decenni dentro una vergine di ferro.
L'orgoglio che mi caratterizza non è orgoglio di ciò che sono, ma orgoglio di essere riuscito a sopravvivere a me stesso.
So il come, so il quanto, certi giorni quello che mi viene meno è il perché e quelli sono giorni che si fanno davvero faticosi.

26 dicembre 2014

Noella



Calore di una nonna che ride fino alle lacrime e fino alle due di notte per forse la terza volta in vita sua.
Calore di una famiglia che si allarga e si stringe come un abbraccio a seconda di quanti hanno bisogno di quell'abbraccio.
Calore di bambini che come tutti i bambini mi detestano perché li prendo in giro come fossero adulti e per lo stesso motivo mi cercano per darmi il biglietto disegnato a mano per me.
Calore di un contatore che salta e per un istante restano le candele che mi fanno pensare "Lasciamo tutto così" per quanto era bella l'immagine di un natale che essendo di non detti sarebbe stato perfetto se fosse stato anche di non visti.
Calore del primo Babbo Natale vero di questa mia vera casa.
Calore di un pensiero a chissà se mi pensi.
Calore di cibo di ognuno per ognuno.
Calore di un "Mi mancherà", di un "Anche a me".
Calore di una tavola finale notturna e solitaria con vino arachidi e il profumo delle persone ancora addosso.
Calore di segnaposto con dediche non scritte e nemmeno dette, solo sorrise e altro non serve per ascoltare le parole che non ti ho detto.
Calore di un citofono che alle tre di notte suona di nuovo per l'ultima ostrica e un whiskey della buonanotte.
Calore di ospiti felici di ospite felice.
Calore della voce contenta di un fratello lontano.
Calore di canzoni sciocche di natale.
Calore di bambini che ricevono telefonate di padri lontani e andate in qualsiasi stanza volete per parlargli meglio, mai come in quell'istante mi casa es tu casa perché sì, yo soy pagliaccios e di quella lacrima di makeup quando sarai grande anche tu andrai orgogliosos.
Calore di mani solo guardate o solo sfiorate.
Calore di prove d'orgoglio nelle confidenze di una sigaretta sul balcone.
Calore del silenzio dell'istante in cui non serve dirsi la bellezza di famiglia che sapremmo creare, calore di un ", se solo..." se solo quel ", se solo..." non l'avessi solo pensato.





1 dicembre 2014

In parole povere

Saremmo stati un lusso reciprocamente meritato, il "Come loro" nei discorsi di chi ogni giorno cerca un modo per dirlo meglio.
Mi manchi in quel modo in cui mi mancheresti anche se ti avessi e questo è quanto.


20 novembre 2014

Profumi e balocchi per noi

Torno a Torino dedicandomi al consueto briefing serale con nonna che a cena mi aggiorna sui suoi esami, le sue medicine e relativa nuova posologia aggiornata dalla reumatologa, i programmi per le festività natalizie e le prime cose già cucinate per -come dice lei mentre a novembre cucina per natale- non arrivare all'ultimo, la mappatura dei negozi della zona per trovare al costo più conveniente la renna di luci che quest'anno vuole integrare all'installazione da centoventi chilowatt con la quale dal suo balcone ogni anno dà il suo personale contributo a Luci d'Artista, bollettini medici sulla quota delocalizzata della famiglia, aggiornamento sui progressi post-cataratta, gossip sul parentame, discorsi di microeconomia applicata alla storia del quartiere per stimare le possibilità di successo del bar che stanno aprendo sotto casa, scomessa reciproca sui soldi con i quali la tizia questa volta tornerà a casa da I Pacchi, lei dice sempre "Prendili che poi non ti resta niente" e parla della sua storia, io le faccio sempre eco "Prendili che poi non ti resta niente" e parlo della mia, silenzio che c'è da vedere se nel pacco ci sono i blu o i rossi, dopo il Telegiornale l'unica Dottoressa della quale e con la quale si parla è quella che fa le offerte, chissà se questa volta lo aiuta o lo induce a rischiare e perdere, sarà la seconda come sempre.
Mentre la tensione ci attanaglia e la suspance satura l'aria in cucina mescolandosi alla memoria olfattiva del minestrone e della pizzaiola con purè che ci hanno dato le forze per sostenere il trance agonistico al quale ci abbandoniamo ogni sera fino all'ultimo pacco, l'unica adrenalina che il mio corpo ha prodotto negli ultimi due anni se escludiamo quel tanto breve quanto miracoloso istante nel quale fuori dai finestrini dell'autobus comparve il cartello Città di Castello, prende una fetta di pane e in silenzio con minuziosità certosina crea un piccolo disco perfetto estraendolo dalla mollica a colpi di microeliminazioni del superfluo intorno come Michelangelo i Prigioni.
Creato questo piccolo basamento con una cura che lascia pensare sosterrà non capisco cosa ma a giudicare dalla perfezione di sicuro qualcosa di incredibilmente solenne, nel silenzio della suspance di cui sopra mentre quella in tivvù ride nervosamente dissimulando la rabbia per non aver accettato l'offerta prende il bicchiere di vino e con delicatezza di piuma lo inclina lentamente, lentamente, lentamente, finché una goccia e poi due, lentamente al punto da essere in grado di fermarsi prima che cada la terza con una fermezza della mano che io non ho a quarant'anni, cadono esattamente al centro del piccolo basamento bianco perfettamente rotondo, creando al suo esatto centro una macchia altrettanto perfettamente rotonda di colore rosso.
Seguo in silenzio questa piccola chirurgica operazione chiedendomi cosa diavolo stia combinando, sarà una nuova ricetta, starà facendo esperimenti per i finger food natalizi augurandomi che questo non equivalga alla sostituzione delle alici col bagnetto verde, starà studiando un progetto in scala dell'installazione luminosa esterna che dovrò montarle nei prossimi giorni per dare il via all'annuale gara con il palazzo di fronte, devastato dal dubbio e dall'impossibilità di decifrare un momento così sospeso mi inserisco nel suo spazio e nel suo tempo, alleggerito dalla consapevolezza che se I Pacchi li ha abbandonati lei allora posso farlo anch'io perché sta evidentemente accadendo qualcosa di decisamente più importante:
Nonna ma che stai facendo?
Niente, gioco.
E poi ride.



6 ottobre 2014

Si vivesse solo di inizi

Nel mio percorso ho incontrato diverse volte la depressione.
L'aver vissuto a Milano per trentacinque anni ha aiutato non poco l'inanellamento delle occasioni di quell'incontro, essendo notoriamente (quanto latentemente) una città che i depressi li produce per cicli.
Dopo una serie di incontri con le sue innumerevoli forme, sono giunto alla conclusione che la depressione è uno dei pochi, credo l'unico, mali che riesce a essere nello stesso momento male e cura.
La depressione è forse l'unico male il cui mantenimento è garanzia di controllo della stessa.
Il depresso, quando diagnosticato, subisce una metamorfosi interna tale per cui l'urgenza diviene la conservazione dei suoi marcati contorni, dal momento che gli stessi sono garanzia della conservazione di quella consapevolezza la cui perdita è il cancello per la via davvero buia.
Quasi a dire che il depresso non è mai davvero depresso, ma è una persona che riconosce i confini superati i quali la depressione prende il sopravvento.
Il depresso ha bisogno di sapersi depresso per non oltrepassarli e cadere nella reale depressione.
La depressione per questo può essere divisa in due fasi distinte e conseguenti: l'antidepressione e la depressione vera e propria.
Entrambe hanno le medesime caratteristiche, uguale somatizzazione, identica manifestazione esterna, ma la prima è argine della seconda, motivo per cui il depresso tende a temere più la sua scomparsa che il suo peggioramento, poiché la fine della prima fase solo in rari casi è il risultato di una guarigione, nella maggior parte è sconfinamento nella seconda e quindi nella depressione vera e propria, quella senza ritorno.
L'antidepressione, l'anticamera della depressione, è a suo modo rassicurante, è consapevolezza del qui ed ora, si conosce la curva di palesamento, se ne conoscono persino gli orari, le leve attivanti, sai che la sera è inevitabile, l'orario della fine delle reti sociali è puntuale come il proverbiale orologio svizzero, la notte non perdona, il dubbio della reale solitudine è costretto ad attendere la mattina dopo, l'autunno è una stagione interiore, ciascuno conosce il proprio ventuno settembre e non è il venti non il ventidue, è il ventuno e quanto ha bisogno, il depresso, di queste certezze.
La depressione, quella vera, quella dopo, è quando non sai quando arriva l'autunno ma sai che arriva e il depresso quell'incertezza lì la teme più della depressione stessa.
Se al depresso riveli la sua depressione non lo aiuti, lo sposti oltre il confine togliendogli la possibilità di prepararsi al ventuno prossimo e non c'è cosa peggiore che tu possa fare per lui che il togliergli la rassicurante certezza del quando.
Se gli sottrai la consapevolezza del quando, se lo porti al di là del confine oltre il quale non è più alle sette di sera di ogni giorno ma chissà quand'è e quindi può essere sempre, gli apri il baratro, gli togli le maniglie, il terreno sotto i piedi e allora sì che vedrai la depressione in tutta la sua detonante potenza distruttiva, perché eliminata la certezza del quando viene meno la possibilità di prepararsi al come e lì davvero per il depresso è inferno.
Ne hai almeno uno accanto, per quello dentro è questione di culo.
Fidati, è solo questione di culo.
E se fai parte di quelli ai quali è andata bene fai quello che faccio io: ringrazia il cielo ogni signolo giorno che il sole si alza perché se non fai parte di quelli ai quali è andata male non è perché sei forte, non perché sei capace, non perché sei risolto, nessuno lo è, ma perché quelli intorno non sono stati più capaci di te di utilizzarti come parafulmine.
Poi c'è la felicità, la cui anticamera è la serenità, e lì non è questione di culo ma di scelte.
Chiamalo coraggio.
Se non hai coraggio sei depresso, in qualsiasi stadio forma ed evoluzione.
Se hai coraggio sei felice anche se hai paura.
Perdi la sicurezza del cosa, non curarti della certezza del quando, ma difendi il coraggio con le ugnhie e con i denti perché il confine è quello.