24 ottobre 2012

Torno e mi rendo conto che

All'interno di Chinatown c'è un piccolo quartiere che si chiama Milano dove puoi trovare un bar gestito da italiani, un ristorante gestito da italiani, un negozio gestito da italiani e persino gente che parla italiano.
Mi ricorda i tempi in cui vivevo a Milano, una città nella quale c'era un piccolo quartiere che chiamavamo Chinatown.

16 ottobre 2012

Quanto ci giochiamo questa volta sulla ruota della sua vita, sei mesi?

Una delle mie specialità era la risposta istantanea e fulminante, finché mi hanno mostrato le conseguenze, i morti e i feriti.
Il trucco è stato mostrarmeli come un prezzo da me considerato pagabile, vestendoli così di volontarietà e dolo.
Non lo erano, erano conseguenze dell'inadeguatezza di un mondo che all'immediatezza della verità non ha difese da opporre, ma alla conta la somma era lo stesso imponente e il peso conseguente, così la prudenza è stata naturale e il silenzio conseguente, dal momento che la risposta istantanea e fulminante vive di un solo elemento che la prudenza non modera ma dissolve: quell'immediatezza possibile solo se non ci si sofferma sulla conta, e relativa selezione, dei morti e feriti se non al prezzo di vedere il dolo farsi innegabile, varco al quale la difesa del mondo ti attende per divenire efficace.

Chi è perfetto entro un secondo è maldestro e fuoriluogo dal secondo in poi, lo sai.
Non c'è alternativa alla risposta istantanea e fulminante, se perdi il secondo perdi l'unico secondo, se ti chiedi se ferisci non ti muovi più perché il secondo successivo non è più risposta istantanea e fulminante, è apertura di questione e apertura di questione non è lo stesso campo di gioco, non è lo stesso campionato, non è neanche lo stesso sport, perciò o rispondi in un secondo o non rispondi più.
Da quando non rispondi più appari come uno che incassa, incapace di reagire, colpito ogni volta.
Tu invece conti ogni volta fino a due e a due hai già chiuso la scelta.
Torni a casa rifacendoti nella mente il film dei dialoghi e ricoprendo tutti i ruoli, mettendo le risposte al loro posto giusto, le persone al loro posto giusto, i pesi e le forze al loro posto giusto.
Per tenerti in allenamento, per ricordarti che se ti riattivassi nel primo secondo saresti ancora formidabile.
Ma anche per ricordarti che saresti implacabile.
Il mondo valuta le reazioni nei secondi successivi e se nei secondi successivi è silenzio il mondo percepisce vittoria perché vittoria è ciò che ha necessità di percepire.
Il silenzio, quel silenzio, a volte è invece anche cautela, protezione, perdòno, grazia di cui un giorno potrebbe in qualche modo voler esserti grato.



3 ottobre 2012

Giusto da bere poteva essere

A milano il modello Matteo Bordone va alla grandissima al punto che fossi in lui ne farei un brand.
Si faccia sponsorizzare dall'azienda di quegli occhiali, dall'azienda di quei maglioni, dall'azienda di quei capelli, dall'azienda di quella barba, dall'azienda di quel modo di guardare contemporaneamente in dodici direzioni diverse.
A Milano è pieno di Mattei Bordone.
Si segnala al contrario l'assenza di modelli Geppi Cucciari e tutto si tiene.

A Milano non potendo creare nuovi spazi eventi hanno trovato la formula per moltiplicare i pani e i pesci.
La formula è semplicissima e sta andando alla grandissima quanto e forse più (o forse insieme) al modello Matteo Bordone: basta togliere la dicitura "via" o "corso" o "piazza".
Abiti in un cesso di palazzo in un cesso di via di un cesso di quartiere, chessò Vicolo Corto 23?
Togli la dicitura Via, sul palazzo scrivi "Corto 23" ed è subito movida.
A Milano è pieno di palazzi nome e numero, non ci sono più le vie i corsi e le piazze ed è pieno di Corto 23, Stretto 45 e non ci fai almeno un ape o un vernissage o una personale, in Stretto 45?
Ma è il solito cesso!
Se lasci il nome come sulla lapide di marmo sì ma se togli "via" senza nemmeno imbiancare è subito Location e i wannabe Matteo Bordone fanno subito fiumama.