21 luglio 2015

My name is Marshall

Hai ragione, non era Ragazze dell'Est ma Ragazza di campagna.
Mi lasciasti un commento che non riuscirò mai a ritrovare usando l'archivio ma che so esserci stato perché sì, perché in quindici anni, diosanto quindici anni, di questo viaggio le tracce tangibili sono disperse nella storia, nel passaggio del tempo, ma non nel cuore di piccoli pezzi di vita ai quali non potrò mai dare una data ma potrò sempre dare una forma.
Quanto ho amato mammamia, quanto ho dipinto, dato nomi a sogni e speranze.
Certe volte mi chiedo il senso di tutto questo e ogni volta mi scontro con l'impossibilità di dargliene uno che sia all'altezza di tutto ciò di cui mi sono fatto contenitore, sento di avere il potere magico di una vita che è potenza allo stato puro e nello stesso momento è così tanto sconfitta e non so cosa farmene.
Vorrei il potere di prendere ciascuna delle persone che ho amato e dire loro cosa abbia significato per me amarle, tutte, anche quelle delle quali parlo come pezzi di vita dei quali è giusto privarmi e invece no, siete tutti qui dentro, non sarei nulla senza anche uno solo di quei pezzi, di quegli errori, di quei dolori, di quelle gioie.
Sono di una fragilità sconcertante, periodicamente faccio i conti con questa realtà e mi chiedo quanta strada ancora potrò fare a colpi di racconti di una vita che vivo solo perché è quella che avrei voluto vivere se fossi stato io e in effetti sono io, non ho scelta.
Nel frattempo riascolto Signora Lia perché ormai la playlist è partita ed è andata oltre la sola verifica e io la so cantare così bene, quante donne ho portato a casa cantando Signora Lia con la precisa intonazione di Claudio e quanto poco mi interessavano, per questo la memoria non va a loro ma ai giorni in cui mi si faceva il bagnetto con il barbapapà di gomma del quale ricordo ancora il sapore e le pareti erano quelle che oggi mi sono pareti, dove potrò mai andare più che nell'unico posto che sento essere impregnato della mia stessa storia.
Ho bisogno di punti fermi e quei punti fermi non sono mai stati le persone ma quello che le persone erano per me, enorme differenza dentro la quale si sono inseriti anni di cadute e ogni volta rialzarsi, tu non saprai mai cosa sei stata per me perché per saperlo avresti dovuto avere la capacità di andare oltre me ed è una capacità che nemmeno io ho, è un dizionario che riscrivo ogni giorno e non può essere usato se non per ieri, domani è un altro, domani manco so dove sarò a vivere perché a ogni ciclo ho bisogno di cambiare cornice, cambiare mondo, riscrivere tutto da capo e allora come potrei sapere chi sono, chi sono stato, chi sarò.
Mi manchi, dannatamente mi manchi perché mi sei fine viaggio e sono così stanco di muovermi continuamente.
Provo a darti una forma diversa ogni giorno e ogni giorno la perfeziono prendendo dal futuro tutto ciò che so di meritare e dal passato tutto ciò di cui non posso fare a meno e ciò di cui non posso fare a meno sono io stesso e per questo mi manchi perché ho gambe ma non una direzione che presupponga una mano da tenere e io da solo posso andare ovunque ma mi manca il motivo.
Mi rendo conto che l'unica forma di amore riconoscibile per me occupa uno spazio temporale di decenni e questo me lo rende irreplicabile, enorme, gigantesco, come potrà mai esistere qualcuno capace di reggerne il peso, qualcuno che non sia io e il mio non avere alternativa.
Non sono capace di nulla che non attraversi decenni di vita, non sono capace di lampi di genio, di bagliori di imprevisto, io metto solo solidissime fondamenta di edifici che non vanno mai oltre i pilastri, non arrivano mai ai balconi con bucato steso, luci di cene familiari, buonanotte amore mio, tu riposa i bambini li metto a nanna io.
Sono affascinato dalle chiese perché mi ricordano me stesso, il divino che ti rende così piccolo quando ci entri, vetrate che proiettano sacralità solo se c'è un sole fuori altrimenti è inutile manualità fine a se stessa, il silenzio perché ogni bisbiglio rimbalza e si fa boato.
Non faccio più l'amore perché nessuna donna alla fine mi dice mai "adesso ho capito".
Come in Munich, una donna che mentre le scarichi dentro tutti i tuoi morti ti mette le mani sugli occhi per dirti è finita, ora sei qui, sei a casa.
Capisco sia complesso, per questo vi ho amate tutte e voi no eppure era così semplice, bastava capire che non posso che amare chiunque più di me stesso.
Io ho dovuto uccidere le persone che amavo di più, ho dovuto imparare a farlo.
La fatica che è vivere con questo bagaglio addosso non si può sapere, davvero non si può sapere.
Si finisce col non avere altra priorità che respirare e come unico traguardo qualcuno che capisca che in certe vite amare ne è sinonimo senza che tu glielo debba spiegare.
If won't, that day just sign "Has loved so much, uselessly".



18 luglio 2015

Potremmo parlare del tempo

Del tempo che perdo dietro pensieri che nemmeno nella migliore delle ipotesi mi possono portare qualcosa che gliene faccia meritare anche un decimo.
Del tempo che dedico a rifare nella mente le scene che cinque minuti prima sarebbero dovute andare diversamente.
Del tempo che devo trovare per integrare il business plan che quei santi dei futuri soci mi hanno messo giù per quel sogno là di Londra con tutte le voci che si sono dimenticati di mettere, per esempio quel mio sogno di noi quattro.
Del tempo che ci ho messo per venirti a trovare in agenzia e trovarci una nuova arrivata della quale ci ho messo dodici secondi a innamorarmi, tre a cercare di non farlo, uno ad accettare la realtà: l'amo, assolutamente l'amo, come potrei non amare una femmina così.
Del tempo che passo cercando di ricordarmi come si chiama e ogni ipotesi finisce su "Meraviglia" ma non credo sia quello però potrebbe anche essere.
Del tempo che è passato dall'ultima volta che ho litigato inutilmente.
Del tempo che ci restava in due palmi di mano quando riuscivamo a fermarlo.
Del tempo abbracciati pensando "Chiedimi se mi va di salire" mentre tu pensavi "Chiedimi se mi va se sali" e slegare l'abbraccio chiedendoci se ci rivedremo presto e io pensare Sì, tu pensare Certo.
Del tempo che può andare indietro se si è di nuovo fratelli.
Del tempo speso a guardarti la gamba sfuggita allo spacco.
Del tempo rubato dalle persone sbagliate.
Del tempo che ci ho messo a vincere quel sorriso disegnandoti un cuore sul blocknotes in riunione.
Del tempo che mio padre passa con me ogni giorno.
Del tempo che ci hai messo a percorrere quei quattro metri quando mi hai visto inatteso.
Del tempo che si sospende quando non dovresti pensare a me, ma lo fai, lo so che lo fai, il tempo si sospende anche qui ogni volta e sei tu, lo so che sei tu.


4 luglio 2015

Non desiderare

No, non ho abbandonato l'idea, è che ogni volta che apro il form per scrivere temo di veder comparire Salvini che mi dice che dovrei essere più gentista e allora per non rischiare desisto.
Ma no, non ho abbandonato l'idea, è che ogni volta che apro il form per scrivere vorrei scrivere di autoumiliazione, di riduzione di sé, di versioni patetiche al confine con l'automortificazione percepita come rinascita ma ho così poca voglia persino dei pensieri in reazione che genererei, che desisto e semplicemente osservo l'inconsapevole precipitare del sé al quale mai avrei pensato di assistere.
Vorrei scrivere di te, ecco questo lo vorrei, ma poi dovrei parlarti come ti avessi davanti a spiegarti che c'è un confine sottile che ogni giorno abbiamo paura di oltrepassare oltre il quale c'è quello che sai, piccoli lampi di futuro intravisto, errori rimediati, libri che parlano di noi nei sottotesti che si fanno alibi, disallineamento di tempi e gli errori necessari che io ho già commesso e tu hai in inevitabile elenco, quel dirti certa che ti tratterei da regina ed è vero ma allora perché, è un continuo nel frattempo, nell'attesa, sigarette e lavoro, lavoro e sigarèt en coffi niente più, è tutto quel che resta sopra il tavolo di un bar i video sono spenti e tu, tu qualunque letto avrai non dormirai, tu vuoi qualcuno da far piangere e perché non vieni con me a Londra, riscriviamo Yesterday e facciamo piangere la gente dall'emozione, nessuno ti potrà inseguire se non per un autografo e un chiederti come hai fatto, quando è stato l'istante, se è davvero così pieno di tutto come lo raccontano, se è vero che tutto ciò che serve sta in due mani che trattengono acqua e quella che filtra disseta gardenie di velluto bianco.
Ho quarantatré anni, quarantatre consapevolezze e tutto quel che serve per chiudere i cerchi e farne anelli con diamante che prende la luce e la scompone in sette colori uno per desiderio e una pentola d'oro alla fine, la fine di quelle scelte fatte perché così si fa, perché tanto hanno fatto che alla fine ti hanno convinta che è giusto, che ci sono caselline e voci da spuntare, per ciascuna un momento, un'età, un perché che non ci credi nemmeno tu ma è così dannatamente rasserenante per tutti quelli che non ti chiedono più come stai e finalmente non lo devi più inventare se non in quel Se mi occupassi io di te che grida il suo non poter essere più di un condizionale che a me arriva caldo come la certezza del compiersi.
Nei miei pensieri sei nuda, quando ti guardo sei nuda e l'unico corpo che ti vedo accanto diverso dal mio è quella figlia che dici avere la forma del perché non sei qui.
No e Non posso si accompagnano ma non sono la stessa risposta, la seconda è un Sì ma con il prezzo carissimo di un tocco lieve che è stato creato per emozionarti e invece si consegna al nulla e si dissolve.