31 ottobre 2002

[mio] dono della sintesi





Ogni tanto penso a mio Padre.

Ogni tanto nel senso di ogni e di tanto.

28 ottobre 2002

Pretty Broono





Qualche mese fa ho deciso che quest’anno l’avrei dedicato a spostarmi definitivamente nel mondo del video.

L’acquisto del computer per poter imparare le cose che vorrei fare senza problemi di tempo ne è stata la prima mossa.

L’anno, come intervallo di tempo, l’ho preso in considerazione sapendo che non essendo io “nato imparato”, per diventare quello che vorrei diventare mi servirà imparare ancora parecchio, e per farlo, non mi basterà qualche oretta sui manuali.

Era un po’ che vivevo di rendita, professionalmente parlando.

Ho imparato cose che mi avrebbero consentito di sedermi e finalmente prendermi quello che avevo raggiunto, e parlo di cose che per molti sono già un punto d’arrivo invidiabile, economicamente e professionalmente parlando.

Ma si sarebbe trattato di fermarsi.

E il rischio (già avvistato) sarebbe stata la noia.

Così ho deciso di spostarmi in un settore che sono certo mi divertirà un sacco, per entrare nel quale però mi serve imparare ancora un bel po’ di cose.

Più o meno è così che ho imparato a fare quello che faccio, per rispondere alla domanda di ieri, vedendo che c’è sempre qualcosa di più divertente da fare e cercando di riuscire a farlo.

Quasi tutto quello che ho, dipende dalla fatica che negli anni ho fatto per ottenerlo, ma sarei un ingrato se negassi che molto dipende anche dalla fortuna che mi ha fatto trovare sempre nel posto giusto al momento giusto.

Il valore personale, rispetto ad altre persone, è semplicemente nell’abilità che sono stato capace di impiegare per sfruttare occasioni che la fortuna mi ha fatto avere.

È una specie di scambio di energie positive.

Quando decido di fare qualcosa, in un modo o nell’altro, le coincidenze e il caso fanno sempre in modo che mi venga data la possibilità di farlo.

Non è tutto merito mio, un po’ è anche fortuna.

E aiuto di tante persone che il “caso” ha deciso di farmi conoscere lungo il cammino che mi hanno insegnato con pazienza alle quali dirò sempre grazie.

Uh…. Stasera bagno di umiltà!!!!

Avrò esagerato nell’ultimo post?

Quest’anno ho deciso che mi sarei spostato nel mondo del video, e da quando l’ho deciso, è stato un susseguirsi di occasioni, persone, contatti, offerte e richieste, incontri, situazioni.

È un mese e più che non faccio altro che ricevere richieste per video, e tra l’altro tutti progetti più belli di quelli fatti fino ad oggi.

Tutto senza aver detto a nessuno, se non ai miei amici, quali erano i miei programmi.

Quindi è di nuovo “il caso”.

Si è rimesso tutto in moto come sempre.

Vuol dire che ho fatto la scelta giusta e che la strada è aperta.

Ormai lo prendo come un messaggio con questo significato.

Se fosse diverso, il caso mi avrebbe messo di fronte solo difficoltà e ostacoli.

Vorrei entrare nel mondo del video.

A Milano c’è una delle case di produzione video più grandi d’Italia, se non d’Europa.

Fanno cinema, loro.

E non nel senso plateale che dico sempre io, no, loro fanno proprio cinema nel senso che fanno film per il cinema.

Sto facendo un lavoro per una delle solite agenzie, non per loro.

Ma essendo legati a loro in maniera “finanziaria”, è capitato che io e la persona che mi ha chiamato, oggi siamo stati a lavorare nei loro studi.

Ci serviva solo una macchina su cui lavorare, non le loro persone.

E infatti oggi eravamo solo io e lei, essendo domenica, in questo posto pazzesco, gigante, pieno di computer per effetti speciali che hanno solo loro e gli americani, macchine da presa di quelle che usano la pellicola, c’erano pellicole dappertutto, bellissime, in stanze buie perché domenicali.

Il caso oggi mi ha portato dentro quel posto, e mentre ci passeggiavo da solo dentro ridevo, perché mi rendevo conto che sta succedendo di nuovo.

Non è facile entrare in posti come quello, troppi soldi in ballo, troppi squali in giro, troppe competenze necessarie, troppa concorrenza, troppe persone pronte a qualsiasi cosa pur di entrare in un posto così.

Oggi il caso ha fatto in modo che io ci entrassi solo come “occupante di spazio”.

Quindi non ho rotto le palle a nessuno, perché nessuno c’era.

La persona che mi ha dato il lavoro (anche lei esterna) mi ha detto che domani saremo di nuovo li, e che domani mi dovrò dedicare alle pubbliche relazioni, perché lei settimana scorsa ha detto loro che lunedì avrebbero conosciuto uno dei più bravi che lei conosce.

Dopo la mia prima risposta “Oh cazzo, ora sarò costretto a fingere di esserlo!!!” lei mi ha guardato e mi ha detto “Se sarai furbo, qui hai solo da prenderti quello che vuoi. Hanno macchine e competenze che in Italia è difficile avere a disposizione”.

Stasera sono umile, perché è un campo dove vorrei entrare, e non dove già sono.

Stasera sono umile soprattutto perché domani avrò di fronte gente che a me nemmeno mi vede.

Io faccio piccoli video, loro fanno cinema da effetti speciali.

Stasera sono umile perché domani non potrò prendere in giro nessuno, perché quella è gente che con una sola domanda fatta bene, capisce se ha di fronte uno stupido o uno con cui lavorare, e io sono certo che alla maggior parte delle domande che mi potranno fare, io non ho risposte competenti.

Stasera sono umile perché vorrei diventare bravo a fare video, e il caso domani ha deciso di nuovo di mettermi in uno dei posti più giusti nel momento più giusto.

E domani non ci sono palle che tengano.

Potrò solo vendere la mia umiltà.

Se solo sapeste quanto sono sincero in questo momento.

Io, che tanto infastidisco con i miei giochi da superman, persino gli amici a me vicino che mi conoscono.

Fino ad oggi avevo solo deciso di imparare a fare video in un annetto, con annessa pazienza.

Oggi pomeriggio mi è stato detto che domani è probabile che sarà uno di quei bivi che capitano a distanza di diversi anni uno dall’altro.

Cazzo, per notizie e incontri del genere bisognerebbe avere a disposizione giorni di riflessione e preparazione, e io invece l’ho scoperto improvvisamente poche ore fa.

E io, a differenza di quello che tutti pensano di me, in questi momenti, puntuali e periodici, sono una delle persone più umili che esistano.

Da quello che dirò e farò domani, forse dipenderà la strada che ho deciso di prendere.

Domani avrò di fronte il cinema, e a loro sono stato presentato come uno bravo.

La fatica per impressionarli positivamente sarà doppia, e i rischi di conseguenza.

Non ero preparato a questo bivio così presto.

Potrò solo offrire fierezza e orgoglio, il resto sarà tutto da imparare.

E a fare superman sono capace quando si tratta di quello che so fare, mentre domani sarò in quello che vorrei imparare a fare.

Cazzo, non pensavo così presto.

Domani avrò di fronte gente che ne sa davvero.

Gente che mi serve per andare dove voglio andare.

Avrò un solo giorno a disposizione, forse il tempo di una stretta di mano e uno scambio di battute.

E in un momento per me di raro disorientamento e insicurezza mi sto scoprendo da ore impegnato a decidere quale camicia stirarmi.

Sapendo che è uno di quei posti dove magari non avranno nemmeno il tempo di parlarmi, e che quindi è tutta attesa inutile.

Mi sento come uno alla vigilia di un appuntamento con una ragazza bellissima.

Sono molto più umano e semplice di quanto mi piace apparire qui.

E so bene che il “mio” caso mi ha sempre offerto occasioni speciali e preziose, ma mai più di una volta.

Domani non potrò vendere fumo, ne competenze a loro utili.

Domani dovrò solo fare di tutto per far entrare il mio numero di telefono nella loro rubrica, non dimostrare chissà cosa, tanto non ne avrò il tempo.

E le parole con cui sono stato loro raccontato hanno già scritto il mio numero di telefono per metà.

Domani dovrò fare di tutto per riuscire a scrivere le cifre che mancano.

Domani dovrò semplicemente vestirmi da umile puttana.

Come Julia Roberts per comprarsi il ranch dei suoi sogni.

Non sarà facile eccitarli.

Ma so di essere capace di farlo.

Spero solo di avere la possibilità.

Spero solo che non sia una semplice giornata qualsiasi.

Spero solo che mi vedano e si avvicinino un momento.

Mi basta un momento.

Ora vado a stirare tutte le camice che ho.

Domani mattina so che le proverò tutte

26 ottobre 2002

Pesce fresco





Si, parlo spesso del mio lavoro.

Mi piace e lo faccio bene.

Impossibile non parlarne, quindi, per chi ha fatto dell’egocentrismo un infallibile specchietto per le allodole.

Sarebbe come per un baro non sfruttare le mani tremolanti del suo avversario.

Come si fa a conoscere il resto, mi hai chiesto.

È semplice, basta fare quello che faccio io.

Io per lavoro creo immagini.

Non “faccio” immagini, le creo.

C’è una gran bella differenza.

Qualcuno mi telefona, mi convoca, mi spiega a parole di cosa si tratta.

Mi dice chi è la persona che dev’essere convinta, mi dice quanto tempo questa persona avrà a disposizione per guardare quello che gli farò vedere e mi dice “Ora tocca a te”.

Io a quel punto non devo fare altro che sedermi, pensare a chi guarderà quello che io creerò, tirare fuori tutta l’esperienza accumulata negli anni nel capire ed interpretare le persone, seleziono i loro desideri, le loro paure, i loro bisogni.

E li traduco in fondi rossi o bianchi a seconda di come vorrei che si sentissero durante l’intera durata del flash, decido di sporcare quel fondo se non avrò di fronte gente che non si distrarrà facilmente, ruberò immagini agli americani ma come ogni loro cosa, lo farò solo perché ne sono pieni, ma di come l’hanno immaginata loro non ne lascerò praticamente traccia, sceglierò un ritmo da dare a quel flash, conterò le parole da dire, le dividerò per la durata del flash, per sfizio le renderò ulteriormente veloci sfiorando il subliminale e creerò tutto questo continuando a stare nei panni di chi non sa.

Sei stata alla Smau, mi hai detto.

E mi hai detto che involontariamente quello che hai visto dentro quegli schermi ti ha fatto pensare a me, e la velocità con qui ti hanno invasa quelle immagini ti ha fatto pensare a me, e che non sai il perché.

Hai visto il lavoro di qualcuno che lo sa fare, ecco perché.

Non so ovviamente chi sia, perché non so nemmeno di che schermi tu stessi parlando, ma non ha importanza.

Quella fiera è davvero una fiera.

Ma a differenza di quello che si pensa, non è una fiera dedicata al pubblico, bensì a quelli che la creano.

Chi per lavoro crea immagini, spesso nemmeno vede la faccia di chi guarda ciò che si è creato.

Pensa a chi lavora per le riviste, tante ore a immaginare, a pensare, a preparare, senza mai avere la possibilità di guardare in faccia chi guarda il risultato per capirne le reazioni, catalogarle, trasformarle in bagaglio pronto per essere venduto nel lavoro successivo.

Pensa a chi inventa cruciverba.

Per capire la reazione delle persone alle difficoltà e ai tranelli nascosti nel suo cruciverba dovrebbe poter entrare nei gabinetti di migliaia di appartamenti.

La Smau è un circo per noi.

Finalmente siete vivi, siete li, davanti agli schermi, bombardati da migliaia di watt buttati come reti da pesca in un mare di aringhe.

Noi siamo i pescatori, i nostri clienti le pescherie,le nostre immagini le esche.

Voi i pesci.

Noi non veniamo pagati in base a quanti telefoni venderà il nostro cliente dopo la Smau, ma in base a quanti pesci cadranno nella nostra rete.

A vendere i telefoni ci penseranno poi le persone che a noi chiedono aiuto per pescare.

Chi ha una pescheria avrà sempre bisogno di pescatori bravi.

La Smau è una gara di pesca, nulla di più.

Io ci sono alla Smau, in questo momento sto pescando.

Ieri sono andato a vedere se chi si occupa di gettare le reti mie e delle persone con cui ho lavorato le aveva gettate bene, e sono andato a vedere quanti pesci erano già caduti nella nostra rete.

La Smau è un torneo di pesca al quale partecipano i pescatori più bravi.

Perché la luna dura solo quattro giorni, la temperatura dell’acqua rimane calda solo per questi quattro giorni, la composizione dell’acqua in questi quattro giorni fa si che da quel bacino transitino migliaia di pesci senza fermarsi per poi proseguire e scomparire se non pescati.

Serve bravura, esperienza, per sfruttare questo passaggio nel modo più proficuo possibile, e le pescherie lo sanno così bene che per questo torneo chiamano i più bravi pescatori sulla piazza.

Ieri ho visto la nostra rete piena di pesci, impazziti, contenti, convinti di essere loro i predatori, con la pancia e le orecchie e gli occhi pieni di quello che noi abbiamo lanciato in acqua per attirarli.

Tutti li, inconsapevoli del perché li piuttosto che due metri dopo.

Megan Gale dicono, per i pantaloni gonfi di centinaia di pesci, donne, per gli occhi gonfi di centinaia di pesci.

A me hanno detto che mi sarei occupato della rete più grande, una rete rotonda, del diametro impressionante di ottanta metri, gettata e sospesa a quattro metri d’altezza, guarda caso, rotonda, spietata, così bella e grande e impressionante che anch’io finalmente sul posto ne sono rimasto imprigionato.

“Funziona!” mi sono a quel punto detto.

Se ci finisci dentro non avrai scampo in nessuna direzione, ti terrà li, imprigionato, dall’alto, mentre in basso il resto dell’equipaggio ti preparerà per la pescheria, i cui rumori verranno nascosti da migliaia di watt come bombe flash che distraggono e rendono vulnerabili per pochi secondi durante i quali venite assembrati in gruppi grandi quanto cassette di polistirolo a forma di cellulari con display a colori e auricolari hi-tech.

E ieri sono stato felice di nuovo, perché le mie reti, quando cucite insieme al meglio dei pescatori, si trasformano nelle migliori reti disponibili nei migliori negozi di reti da pesca.

E l’ho visto dal vivo, compiaciuto, mimetizzato, sorridente.

Vuoi sapere chi sono.

Fai quello che faccio io.

Ascolta le mie parole, pensa ai tuoi desideri, ai tuoi bisogni, alle tue paure, e traducimi in colori, scritte, parole scelte con accuratezza, flash subliminali.

Non ha importanza se saranno come la realtà, tanto non cambierebbe le tue emozioni.

Disegnami come più ti piace e avrai capito cosa faccio per lavoro.

La differenza è che per lavoro compongo zone di colore e di luce, nella vita uso lettere e parole.

Senza altra differenza, né nella capacità, né nel risultato.

Sei stata alla Smau, hai detto, e hai detto di aver sentito la mia presenza.

C’ero.

A quattro metri d’altezza, intorno a te per ottanta, urlo come un pazzo, ti spingo, ti trattengo, ti zittisco e faccio di te più o meno quello che mi pare.

Come quando mi leggi.

Amo le ostriche e detesto aspettare.

Per questo sono diventato un bravissimo pescatore.

Se le mie parole raffigurate attraverso la tua immaginazione non ti faranno immaginare la realtà, vuol dire che non avresti visto giusto lo stesso.

Sono l’uomo più bello del mondo, cosa ti serve sapere di più?

Ascolta le mie parole.

Immagina come vorresti che fossi.

E poi alza lo sguardo a quattro metri.

Non so come altro spiegarmi.

24 ottobre 2002

Aggiornamento link





Non lo faccio spesso, quindi di sicuro mi sono sfuggiti tutti quelli che me l’hanno chiesto un po’ di tempo fa.

Sarà per la prossima.

Con una piccola preferenza per lei che è finita lassù con me.

Peccato per l'alfiere degli scacchi...

Cercheremo qualcos'altro.

Pausa caffè e torno al lavoro





Ieri nella via accanto alla mia hanno tirato una bomba a mano.

Non una rapina, non pistole.

Hanno tirato una bomba a mano.

Mi sa che la puttanella si è scopata qualcun altro.

Oppure il mondo sta davvero andando a puttane.

Che poi, alla fine, come quantità non è molto diversa.

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Stasera sono stato a cena a casa.

Giancarlo con gamba ingessata sulla poltrona, Vale nelle condizioni in cui si trova, mammà pronta per essere spedita al mare appena possibile per un paio d’anni, io di corsa tra un lavoro e gli altri tre contemporanei per non essere arrestato.

Si è riso e scherzato.

Se non è ottimismo questo.

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Porca miseria sto pensando ancora a quelle due.

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Oggi ho detto ad un amico che forse quello che ha intorno al lavoro non è quello che crede.

Mi si è rivoltato contro.

Volevo solo dirgli che forse è il caso che provi a valutare meglio la realtà.

Ma finchè la sua mente sarà monopolizzata dal terrore che gli scopo ogni sua donna, sarà sempre più semplice scegliere me come nemico.

Poi io, certo, con il mio modo di dire le cose non aiuto, ma se è sempre alla forma che bisogna dare peso, allora si, anch’io a lui preferisco la sua ex.

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Per quelli che lavorano a quest'ora, la rai offre una lezione del consorzio nettuno ogni notte.

Quella di stasera è sulla storia della civiltà protopalazziale cretese.

Ricostruzione del tempio di Anemospilia, città come Apodu, Monasteraki e Festo.

Teorie varie sulle cause della scomparsa e vasi contenenti origano.

E' da non credere, ma ne sta parlando come se stesse facendo una rappresentazione teatrale.

Con imitazioni di voci, gesti, espressionie e pause studiate.

Non so chi dei due è messo peggio, ma certamente se mi telefonasse direttamente, in rai spenderebbero molto meno e magari le chart glie le faccio pure un pochino meglio.

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A metà settembre ho scoperto il buco in banca.

A fine Ottobre ho coperto il buco in banca.

Nulla di strano, se non la cifra.

Bravo Bruno.

Ora ricomincia a dormire e mangiare a orari normali.

Se poi decidi di tornare anche a scopare, non stare a guardare troppo l’ora.

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La mia ex va di nuovo dall’analista.

La cosa non mi dispiacerebbe, se non fosse per la certezza che tra due mesi come ogni volta, ricomincerà con la storia che in parte sono responsabile del suo malessere perché l’ho fatta stare così bene che poi è stata così male che oggi vive ogni storia cercando di tenere il più lontano possibile una cosa bella come la nostra e poi finiscono e lei non capisce.

A ‘sto punto quei soldi non potresti darli a me per starti a distanza?

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Stamattina una telefonata mi ha invitato a cena.

Una coppia di amici.

“Siamo noi due e te”.

Se non riesco ad andare io perché è fuori Milano, lei mi viene a prendere a casa.

Da quando l’ho ricevuta continuo a chiedermi cosa avranno da dirmi.

Non vedo l’ora di scoprire che la risposta è “Niente di particolare”.

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Domenica un amico ha voluto vedermi per dirmi che aspetta un figlio.

Lei quando arrivò in Italia faceva la cameriera.

Lui intanto girava il mondo e guadagnava più soldi di quanti noi amici ne sognassimo.

Lei si è trasferita da lui e non lavora più perché vuole fare solo quello che sogna di fare.

Lui non gira più il mondo, non lavora più e non ha più una lira perché lei vuole fare solo quello che sogna di fare.

Gli ho chiesto se l’hanno cercato.

Lui ha risposto si.

E' evidente che non aveva capito il senso della mia domanda.

Gli ho chiesto come lo chiameranno.

Lei ha risposto “A me piace Eric”

Ho detto al mio amico “E tu?”

E lei ha risposto “A me piace Eric”

Se tu sei felice, credimi io sono felice.

Ma quando tra qualche mese il suo culo sarà così pesante da non essere più costretto a farlo uscire sempre insieme al tuo, fatti vedere.

Non metto in dubbio la vostra felicità.

Vorrei semplicemente sentirlo dire da te.

Vorrei sentirti dire che sei orgoglioso e felice di aver voluto un figlio nel momento della tua vita in cui non hai nemmeno i soldi per un sms che comunica la notizia e che per te significa desiderare il meglio per il proprio figlio e per se stessi.

Nel frattempo mi abituerò a chiamarlo Eric.

Fossi in te farei la stessa cosa.

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Ciao Kat.

Se pensi che mi sia dimenticato di te vuol dire che ti sei dimenticata di me.

Ci vediamo prima di Natale?

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Ciao debiti.

Ci vediamo dopo Natale.

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Ciao Babbo Natale.

Fatti vedere quest’anno.

Se non da me, almeno da mio fratello.

Tanto chiediamo la stessa cosa.

21 ottobre 2002

Fatelo di nuovo sparare e scopare. Ridateci Arma Letale!!!





Sono andato a vedere “Signs”, il film con Mel Gibson.

Giusto perché il commento arrivi anche a chi legge le prime righe e poi se non parlo di drammi o di dubbi cambia aria, dico subito che è una merda come non ne vedevo (al cinema) da parecchio tempo.

Poi, certo, posso capire che io non è che sono il miglior critico del mondo, ma per avvalorare la mia tesi ci metto che anche Gianlu (ciao) ne è uscito un pochino “perplesso” e con lui l’intero cinema.

È difficile riuscire a fare una cosa così brutta, ma evidentemente nemmeno poi così tanto difficile, visto che con questo film hanno riscritto il significato della frase “rivoglio i miei soldi!”.

Gli americani forse si sono fatti prendere un po’ la mano, e se con Cast Away avevano messo seriamente a dura prova la capacità di trattenere il vomito e gli insulti a loro destinati, con questo ennesimo capolavoro hanno dichiaratamente aperto le ostilità.

Io poi capisco che loro sono Hollywood, che hanno gli attori migliori, che hanno un sacco di soldi eccetera eccetera, ma se pensano che ormai possono produrre merda vivendo di rendita sfruttando il successo del loro passato cinematografico, hanno capito un pochino male.

È così brutto che pure Mel Gibson ne esce demolito come immagine, ed è tutto dire.

Ci sono andato parecchio entusiasta, visto che lo spacciano per un film che parla dei famosi segni che appaiono nei campi di grano, unico argomento che ancora rimane senza un ipotesi principale.

Per gli altri misteri, più o meno tutti, una spiegazione viene data, anche se a volte soprannaturale, e poi ad ognuno la libertà di crederci o meno.

Questo è uno di quelli che continua a non avere una sola spiegazione principale, perché troppo pieno di particolarità non riproducibili.

Dal fatto che le spighe si piegano ma non si spezzano, al fatto che i chicchi sottoposti al trattamento presentano modifiche nel dna, a tutta una serie di altre cose che rendono il tutto uno dei misteri meno interpretabili del pianeta.

L’altro è come faccia la puttanella ad essere ancora in giro, ma questa è una parentesi personale visto che l’argomento non so come mai mi torna sempre in mente quando per un motivo o per l’altro mi viene da vomitare.

Entrato al cinema con tutti i miei buoni propositi, pronto ad ascoltare la versione che avevano deciso di dare, mi rendevo quasi subito conto che forse non era quello il film.

Il momento in cui mi si sono chiusi gli occhi ne era stato un chiaro segnale, ma non era niente in confronto al senso di sonno che stava per assalirmi a li a poco.

La storia dei segni è solo un pretesto per dire tutta una serie di altre cazzate americanissime come al solito.

Non viene data nessun tipo di spiegazione o tentata tale.

Se pensate di andare a vedere un film che tenta di spiegare i segni non andateci.

Se pensate di andare a vedere un film che entra nell’inconscio e nelle paure non andateci.

Se siete donne e pensate di andare almeno a vedere Mel Gibson che “è troppo fico” non andateci.

Se avete di meglio da fare fatelo.

Se avete anche di peggio da fare fate anche quello, è comunque meglio.

Sono alieni che perlustrano la terra e poi se ne vanno, lui è un prete di quelli sposati con famiglia che cambia idea ma poi riprende la fede e torna prete, i figli essendo bambini hanno la chiave della vita in testa e i soliti poteri soprannaturali che consentiranno loro di sopravvivere e di far sopravvivere l’intera famiglia.

Muoiono solo il cane e l’alieno che, lasciato a piedi dai compagni del torpedone stellare che aveva scambiato la terra per una specie di autogrill spaziale dove fermarsi per fare scorta e poi andarsene, decide di rimanere nella casa per vendicarsi del torto subito quando una mezz’oretta prima Mel gli tagliò un paio di dita.

Tutta la scena dell’invasione viene risolta da porte e finestre sbarrate con assi di legno che non si sa come fermano quegli stessi alieni capaci di piegare interi campi di grano senza spezzarne una sola foglia, alieni dei quali compaiono solo le mani tra le suddette assi, che hanno lo stesso realismo del gadano di Jerry Scotti.

Visto che il peggio era già stato abbondantemente superato, il regista, trovatosi nella scomoda situazione di chi doveva trovare un espediente per finire quella guerra casalinga senza far passare per cattivi gli uomini, decide in un attimo di geniale comicissima creatività di far addormentare tutta la famigliola per dodici ore consecutive.

Al risveglio la guerra è finita e gli alieni se ne sono andati.

GIURO! Dormono tutti insieme durante un’invasione aliena della casa!!!!

E per chi si è naturalmente chiesto come e perché, chi ha scritto i dialoghi ha deciso di infilarci al risveglio un profondissimo “Qualcuno avrà trovato un modo per farli scappare, tutti hanno un punto debole” e così salva la terra e l’orgoglio tutto con un bel pensierose filosoficissimo.

Questa è la fine del film, e non mi frega un cazzo se non è carino raccontarla, fa così schifo che se serve per convincere qualcuno a non andare più a vederlo anche se incazzato per aver letto la fine, mi sta bene.

L’intero film si svolge dentro casa, la solita, quella che compare in tutti i cazzo di film americani dove serve una casa isolata. E il cast dell’intero film (almeno non hanno buttato via soldi) è composto da cinque attori, regista compreso, tanto per risparmiare anche sulle comparse, il quale in un attimo di autocoscienza ha deciso di impersonare l’unico criminale del film.

Persino il cane fa la parte sia del cane maschio che di quello femmina, e per risolvere il casino delle scene insieme per le quali sarebbero serviti investimenti in effetti speciali fanno morire il cane maschio nella prima mezz’ora e solo dopo la sua morte fanno vedere il cane femmina rimasta viva che guarda caso è identico.

Ma certo è una coincidenza, del resto il film parla di questo.

Dell’unica donna del film se ne vede solo metà, quella tra l’altro meno interessante, sufficiente per farle dire nell’ultimo minuto il significato del film, così scemo che andava spiegato perché davvero nessuno se lo sarebbe altrimenti immaginato.

La storia che spacciano come traccia base è quella delle premonizioni e delle coincidenze, ma in realtà è solo un perfetto meccanismo per creare l’alibi all’infinita sequenza di stronzate inspiegabili su cui si regge tutto quanto.

Per affrontarla usano il solito trito della sensibilità dei bambini.

Costretti dalla loro recente storia ad evitare di mostrare qualsiasi americano che vince qualsiasi guerra con un’arma qualsiasi, si sono dovuti sbattere non poco per riuscire a trovare un modo per far vincere la guerra dei mondi all’americanuzzo senza però fargli impugnare armi, ma contemporaneamente conservando l’orgoglio americano e l’esclusiva delle armi intelligenti.

La svolta è che l’americano batte l’alieno con… udite udite… una mazza da… TATAAAAA…. BASEBALL!!!!!

Guarda caso.

Le solite coincidenze.

Nemmeno il presidente pilota in “Indipendence day” era stato così banale.

La scelta nasconde dietro la stessa logica che avrebbe consentito loro di usare un hamburger, una bottiglia di coca cola, una foto del presidente.

Ci hanno aggiunto anche l’uso dell’acqua, come dire che l’america per vincere usa solo prodotti della natura, in culo a chi pensa che loro sono cattivi e brutti e velenosi.

Del resto, si sa da sempre che l’acqua americana è la meno potabile del mondo, quindi non viene poi così difficile credere che potrebbe essere tranquillamente usata come arma batteriologica di difesa.

Per non perdersi poi l’ennesima occasione per sfruttare l’ennesimo film come canale di propaganda politica, si sono inventati la chicca secondo la quale l’alieno per fare la sua battaglia al mondo usa guarda caso (coincidenze) un gas chimico.

Ma questo si nota solo se pensi che gli americani usino i loro film per fare propaganda.

Se non lo pensi puoi spiegartelo con il fatto che se avessero usato i laser, per batterli, anche gli americani avrebbero dovuto usare armi moderne.

E loro, si sa, non ne hanno nemmeno, anzi, ce l’hanno con chi le tiene.

Il senso del film è che dio esiste e salva il mondo attraverso l’amore.

Dei segni nemmeno l’ombra.

Non andate a vederlo.

20 ottobre 2002

Gubbio e bella





In questi giorni ho lavorato con due hostess.

Quando me le hanno presentate ho avuto un colpo al cuore.

Una delle due è la copia di Michelle Pfeiffer.

L’altra non la chiamo bella solo perché aveva la prima accanto, di fianco alla quale Michelle Pfeiffer stessa avrebbe perso posizioni.

Fino a tre giorni fa ero sereno, perché sapevo che di Michelle Pfeiffer ce n’è una sola, ed essendo per me la donna più bella del mondo, avevo accettato l’idea che mai avrei avuto la possibilità di conoscere di persona, figuriamoci poi sfiorare, la donna più bella del mondo.

Ora è un casino, perché ce n’è un’altra identica, e per mia sfiga è di Milano.

E adesso come faccio io a stare tranquillo sapendo che è qui e ci ho parlato e l’ho conosciuta e?

Ho giocato con entrambe, in maniera diversa, ma ho giocato per tre giorni.

Non ho mai giocato a corteggiare le hostess, l’ho sempre trovato triste.

Ma questa volta lo consentivano, perché giocavano anche loro.

A tutti le presentavo come “la mia fidanzata”, indipendentemente da quale delle due avessi accanto.

Le ho inseguite entrambe per tre giorni, e ho rubato ad entrambe per tre giorni sguardi, parole, profumi.

Per tre giorni sono stati i visi con i quali iniziavano le giornate, e con i quali finivano.

E mi sono ricordato quanto a me un viso basti per rendere bello il resto della giornata qualsiasi cosa succeda dopo.

La prima mattina, dopo averle viste prima di colazione, ho capito perché prima o poi sono certo mi sposerò.

Ho avuto persino coccole.

Un’italiana e una no.

Le coccole dall’italiana.

Piccoli gesti da bolognese, gesti che non immagina nemmeno quanto mi abbiano dato.

Mi ha toccato solo tre volte, ma ne sento ancora la sensazione di benessere che mi ha lasciato involontariamente.

Mi ha sfiorato una volta con un dito sul petto, incrociandomi in corridoio.

Se solo sapesse quanto mi ha rasserenato con quel gesto.

Mi ha messo un braccio intorno alla vita quando l’ho salutata prima di partire, visto che io sono tornato a casa un giorno prima di loro.

Nemmeno immagina quanto quel braccio abbia reso vero quell’abbraccio per me.

Mi ha rivisto nella hall mentre riconsegnavo le chiavi e si è affiancata a me al banco, guardando nella stessa direzione, per poi di sorpresa, mentre io scherzavo con il receptionist, girarsi verso di me, e ridendo, improvvisamente, delicatamente, darmi un bacio su una spalla.

Non credo immagini quanto quel bacio mi abbia accompagnato a casa.

E la voce di Michelle, mentre andavo verso la macchina, che mi chiamava, e il suo sguardo da lontano, in mezzo a duecento persone, con il braccio alzato per farmi vedere dov’era, per dirmi solo “Ciao” con gli occhi di chi voleva dirlo davvero.

Che bella che era la mia fidanzata.

Tutt’e due.

Era tanto che non giocavo con la complicità di una donna.

Ma soprattutto era tanto che non giocavo con quella di due.

E ora le sto pensando entrambe, Nikoletta la straniera milanese, unico caso al mondo al quale consento l’uso della kappa, in quanto anagraficamente scritto così nella sua lingua, ma alla quale consentirei qualsiasi cosa pur di rivederla sorridere, e Erika la bolognese, le kappa insistono, così brava nel fare poltiglia della forza di volontà di chiunque, solo guardandoti con occhi verdi incorniciati in capelli rossi che riescono a rallegrarmi anche a distanza solo per l’effetto che la parola “rossi” ha nella mia mente pronunciato dal ricordo della sua esse bolognese.

Non so altro di loro.

Non ho chiesto nulla d’altro.

Non mi serviva sapere null’altro.

E l’immagine del loro viso in questi tre giorni mi sta facendo sentire così bene che ho voglia di trasformarmi in un novello Forrest Gump, per scendere in strada, e camminare per Milano senza fine, per tutta la vita, finchè non la incontro di nuovo, ora che so che calpesta le mie stesse strade e mi dirigo verso sud-est, così se non dovessi incontrarla andrò nella direzione che mi porterà a Bologna, a piedi, non importa, fin dove vive lei, dove ho un bacio per il quale non ho avuto modo di dire grazie.

Era tanto che non giocavo così.

E infatti non sono più capace di non innamorarmi per una carezza.

E lo sento che sono innamorato, perché adesso darei qualsiasi cosa per averle qui.

Entrambe, così com’erano, sempre insieme, perfette, fatte l’una per l’altra.

Se non avessi paura di aver capito male quello che in certi momenti non sembrava più un gioco, salirei in questo esatto momento in macchina e mi rifarei di nuovo sei ore di macchina, fregandomene della stanchezza del viaggio di ieri, per tornare indietro e comparire nella hall inaspettatamente davanti al loro banco senza dire nulla.

Sono certo che capirebbero.

Cazzo, mi mancano sul serio, altro che gioco.

Ma si può essere così scemi??!!!

16 ottobre 2002

Broono Loves U Tour 2002







...qualche giorno di aria pulita e cibo buono...

15 ottobre 2002

e la luna è una palla ed il cielo un biliardo





Ho poco tempo, nel senso che lavoro giorno e notte e quando finisco non ho nessuna voglia di mettermi ancora davanti al computer.

Ma non posso non spendere qualche minuto per salutare lui.

Per diversi motivi.

Che però, essendo personali e particolari, non vorrei dire in due parole buttate li solo perché sto scrivendo adesso che non ho voglia di stare ancora davanti al computer.

Meritano tempo le parole giuste.

Quindi per adesso mi limito a salutarlo e basta.

E ringraziarlo per avermi scritto una delle cose più belle che sconosciuto abbia mai detto su questo postaccio.

.

“…Sembra che il tuo blog sia fatto apposta per un futuro padre....”

.

Grazie.

Ci siamo capiti.

12 ottobre 2002

frescobarconipiattiquadrati





Stasera ho incontrato un cretino.

Mica uno qualsiasi, un vero cretino di quelli per i quali noi milanesi veniamo (giustamente) presi per il culo nel resto d’Italia.

Le aveva proprio tutte.

Vestito bene, belloccio, camicia con collettone, completo scuro ma casual, auricolare, negroni in una mano e piattino con frittata e nachos e maccheroni e pollo e lardo e olivette e funghetti e lasagne e pinguino e nutella nell’altra, e una faccia di cazzo che pochi riuscirebbero ad avere.

E come nelle migliori tradizioni faceva il pr.

Perché a Milano non puoi non fare il pr.

Ed è stato anche abbastanza semplice individuarlo.

I pr ti parlano di quello che desideri tu per i primi 5 minuti, poi in un modo o nell’altro ti propongono di andare in un locale, e se non riescono a trovare l’aggancio te lo propongono interrompendoti, non importa, ma entro le 20 al massimo hanno bisogno di avere più o meno in mente il numero di persone che si porteranno dietro per la serata, per sapere quanti soldi potranno spendere e decidere di conseguenza se concedersi il secondo “bambino” (leggi “negroni”) o no, visto che tutto il loro circo, quasi sempre, si regge su investimenti della durata di qualche minuto.

Quindi è una maschera a tempo, entro pochi minuti per forza di cose se la devono togliere.

Lui faceva l’amico del gruppo, il coglione brillante insomma, e come ogni pr che si rispetti parlava come se tutti fossero li per assistere al suo monologo senza nemmeno preoccuparsi di essersi prima presentato.

In genere sfruttano un amico in comune.

Se nel tuo gruppo c’è una persona che entrambi conoscete, lui ti tratterà come se fossi suo fratello subito, parlandoti di cose sue (sempre) e di persone conosciute (sempre)

La cosa che l’ha un po’ spiazzato è stata che alla sua semplice domanda “Stasera venite con me a ballare?” io (che non lo conoscevo) ho risposto “Sei un pr vero?”

“Come l’hai capito?”

“Se mentre stiamo parlando di tutt’altro tu rompi i coglioni per mezz’ora per tirare su gente per la discoteca, o sei uno senza macchina, ma dalla camicia si direbbe che tu ti vergogneresti di uscire senza macchina, oppure sei un pr”.

Da li in poi un veloce scambio di battute ha sancito la nostra inimicizia, terminata con la mia proposta (sempre ad alta voce) di andarcene da un’altra parte dove magari c’erano meno coglioni, proposta ovviamente riferita solo ad una parte del gruppo dalla quale lui era ovviamente escluso.

Ma in fondo me l’aspettavo.

L’appuntamento era per un amico con il quale parlare di alcuni progetti, ma lui (essendo ora d’aperitivo) si è presentato con la sua agenzia di web design al seguito, pronti ad andare nell’unico bar della zona dal quale io da sempre cerco di rimanere fuori tipo “Io non posso entrare”, vista l’indecente concentrazione di cretini che in quel bar riesce a entrare ogni sera dalle 18 alle 22, e come in ogni agenzia di web design che si rispetti, si nascondeva il rampante pr da discoteca.

Mischia, sembra li fabbrichiamo in serie in qualche stabilimento in periferia.

Usciti dall’ufficio, loro, avendo visto il famoso bar dall’altro lato della strada, senza chiedere nulla a nessuno si dirigono la, e alla mia domanda “Scusate, ma dove stiamo andando?” rispondono con il nome del bar pronunciato con un tono da calci nel culo stile “Ma che cazzo di domanda fai? C’è il xxxxxxx li, dove altro vorresti andare?”

Forse la mia risposta “Modaioli del cazzo” ad alta voce non ha aiutato l’instaurazione di piacevoli rapporti di amicizia da li a un’ora, lo capisco certo, ma del resto, se sei un cretino è giusto che ogni tanto qualcuno te lo ricordi.

Un’ora in piedi, fuori in strada, sotto il diluvio, a schivare gli ombrelli dei passanti, insieme ad altri trecento coglioni.

Difficile da credere se non si vive a Milano, ma l’ora dell’aperitivo è diventata una vera certezza.

Stai a casa.

O preparati ad avere a che fare con i peggiori, banali, squallidi, presuntuosi, spacconi, boriosi, pieni di se, arricchiti, finti ricchi, universitari convinti di essere chissachì, pubblicitari, gessati, impomatati, lampadati, ventenni, sempre al telefono, urlanti, pieni di proposte per la serata, con la vespa, single sempre per scelta, alti, mai generosi, protagonisti, milanesi.

Forza romani, fate poltiglia di questa massa di imbecilli.

Ne avete tutte le ragioni.

Tutte le leggende metropolitane di cui parlate sono vere.

Milano è questo.

Zampetti non è una caricatura, io ne conosco una decina che sono esattamente così, e non intendo dire a spanne, intendo ESATTAMENTE così.

E se durante la settimana in un modo o nell’altro si riesce a camuffarlo un pochino, alle 18 in punto di ogni cazzo di venerdì sera, a Milano le barzellette prendono vita, la rappresentazione parte, le luci si abbassano, e il peggio dei valori umani si mette al volante.

Chiedo per favore ai miei amici, quei due o tre veri, il giorno che mi vedranno con un paio di puma rosse ai piedi, di spararmi in faccia.

A certe persone, quando si rivelano, bisognerebbe impedire di fare figli in futuro.

Per lo stesso motivo, anche voi, prima o poi, sarebbe il caso che la finiste di farvi chiamare Er Lidere, Mazza, Pupo, Caròzza, Manzo, Tobblerone, Ciaccio, Fata, Mandolì….

Eh, dai, su.

Minchia.

10 ottobre 2002



Avete presente quel metodo comune utilizzato per asciugare i bicchieri a calice?

Quello che molti adottano tenendo con una mano (coperta dal panno) la base del calice e con l'altra il bordo dove si beve, facendo fare alle mani delle rotazioni alternate per utilizzare il movimento per asciugare l'interno e l'esterno contemporaneamente?...

Si...quello...

Ecco, non fatelo con i baloon dell'ikea.

8 ottobre 2002

aCari miei





Si aprono le iscrizioni alla prima edizione del “aCaro Prezzo 2002”.

Per la prima volta nel mondo del divertimento organizzato, vede la luce un progetto senza eguali.

Un safari a distanza suddiviso in diverse giornate a cadenza settimanale, durante le quali si avrà la possibilità di partecipare in maniera virtuale ad una spedizione nello sconfinato territorio della mia camera da letto, ove si terranno appositi combat.

La quota di partecipazione è 1 Euro.

Il vantaggio dato dalla partecipazione virtuale al safari consiste nella possibilità di non rendersi protagonisti in prima persona dell’esecuzione sul posto dello stanato animaletto.

Una parte della somma raccolta servirà infatti a finanziare l’azione d’assalto di Guendalina, nota mercenaria sudamericana specializzata in spedizioni punitive contro acari asserragliati, che si farà carico dell’intero lavoro.

La quota di partecipazione comprende:

Una percentuale del compenso di Guendalina.

La speciale vetrofania per auto recante la scritta “Vuoi eliminare gli acari? Chiedimi come”

Un distintivo di stoffa applicabile con il ferro da stiro, utile a riconoscere gli altri partecipanti durante serate mondane ad aperitivi o danzanti, recante la scritta “Anch’io ho partecipato al aCaro Prezzo 2002, copuliamo?”

Un certificato di partecipazione che darà diritto di precedenza al momento dell’iscrizione alle future edizioni.

Il Kit di avvenuta vittoria che verrà inviato a casa al termine delle giornate.

Il kit, creato e pensato per garantire serietà e correttezza del progetto , consiste in uno speciale cofanetto con etichetta in vera carta stagnola recante l’incisione “aCaro Estinto”, contenente una foto dell’acaro personale scovato ed eliminato, una piccola barina simbolica a forma di acarino da esporre a proprio gusto sul camino o sul cruscotto a dimostrazione dell’avvenuta vittoria la quale ha anche potere persuasivo verso i compagni del nemico che spontaneamente decideranno così di abbandonare anche la vostra casa, un cd audio sul quale verrà registrata la voce di Guendalina urlante il vostro nome come da contratto ad ogni colpo di battipanni, e una coppia di mostrine a dimostrazione dell’appartenenza al corpo speciale dei moquettari d’assalto.

Si prevede partecipazione massiccia.

Affrettatevi gente!

La cerimonia d’inaugurazione e di apertura gioco si terrà in data da definirsi al raggiungimento della somma minima richiesta da Guendalina per rendere disponibili le sue abilità.

Nel frattempo, per non fare discriminazioni, sono aperte le iscrizioni per la seconda attività organizzata, dedicata al pubblico animalista, “Adotta un acaro a distanza”.

La quota, sempre di 1 Euro, permette di diventare autentici genitori adottivi di un acarino, consentendogli nello stesso momento di proseguire la sua vita nel posto in cui è nato, cresciuto e dove ha tutti i suoi legami e affetti, me in cima a tutti, permettendogli nello stesso momento una vita dignitosa e serena.

La quota di partecipazione comprende:

Una fotografia 15x18 con cornice da comodino del neoacquisito pargolo con la dedica “Ciao mamy ciao papy vi penso sempre” scritta da lui medesimo con le sue vere zampine.

Mezz’ora alla settimana di connessione internet per soddisfare il legittimo desiderio di comunicare in tempo reale via chat con l’acquisito pargolo, al fine di poter instaurare un giusto rapporto personale, nonché per poterne verificare costantemente lo stato di salute.

Uno speciale “bonus connessione webcam” spendibile a piacere durante le feste comandate per poter passare a scelta un piacevole Natale o una simpatica Pasqua, mantenendo solido e sempre vero il rapporto familiare sempre importante in quelle occasioni.

La bellissima e personale T-shirt con stampa a colori dell’acquisito pargolo sopra la quale la scritta “aCaro il mio…” testimonierà la vostra anima buona e generosa, e con stampa sul retro di una personale poesiola recitata personalmente davvero davvero dal piccolo in questione.

La spedizione mensile di un flaconcino contenente un quantitativo sempre costante di vera polvere di casa mia, a testimonianza della conservazione costante del habitat ideale dell’acquisito pargolo.

Si accettano anche adozioni di gruppo.

Per la tranquillità dei partecipanti si comunica che gli acarini adottati verranno mandati in colonia estiva sul terrazzo durante lo svolgimento dei sopracitati safari per fare in modo che non cadano accidentalmente vittime del gioco.

Garantisco serietà, costanza, dedizione e affetto.

6 ottobre 2002

Quello che vedo, per me, da sempre, esiste





Dunque, si tratterebbe di questo.

Sempre per quella famosa regolina secondo la quale quando guardo una cosa cerco di vederci sempre se c’è dell’altro, una sera, mentre stavo lavorando alla traccia audio di un video che sto facendo a casa come regalo per una persona speciale, mi accorsi che la regola che mi ha portato a vedere un pezzo degli scacchi nei link qui a sinistra, mi stava facendo vedere di nuovo una cosa diversa.

L’immagine che avevo davanti è questa.

La conosceranno in tanti, chiunque abbia usato almeno una volta un programma audio, se l’è trovata davanti.

Sono le due tracce audio (left e right) di un file wav.

Per spiegare la mia ideuzza non serve sapere di che musica siano, vale qualsiasi musica, è proprio questo il bello.

Per chi non avesse dimestichezza con quell’immagine, la spiego velocemente.

Per poter lavorare i file audio, il computer li traduce graficamente in un onda, esattamente come si propaga il suono nell’aria.

Il silenzio viene rappresentato dall’assenza di onda, i bassi da curve contenute, gli acuti da picchi.

Il funzionamento non è altro che quello dell’elettrocardiogramma.

Qualsiasi suono registrato in un computer, genera un’onda, sia esso una voce, una musica, un effetto sonoro.

Programmi che si occupano di leggere, modificare, tagliare e incollare quelle due onde blu ce ne sono a decine.

Non ce n’è però nemmeno uno che si occupa di leggere quella bianca in mezzo.

(e così mi sono giocato l’effetto sorpresa!!!!)

Perché non esistono programmi che leggono quella bianca?

Perché non esiste.

Ecco perché è la musica degli angeli.

La puoi vedere se usi gli occhi in maniera diversa da quella a cui sei abituato.

Ma essendo di musica che si parla, l’illusione non può fermarsi all’ottica, e per dei limiti naturali il nostro orecchio ha bisogno di uno strumento che glie la faccia ascoltare.

Il concetto dei due volti di profilo contrapposti che possono essere visti anche come un vaso in mezzo.

Quella la conosceranno tutti, credo.

Solo che quel gioco, essendo un’illusione ottica, ha solo bisogno di essere guardato per essere capito, e quindi non servono programmi (occhiali) apposta.

La musica viene solo convertita graficamente in un’onda, per poter essere lavorata, ma rimane un suono che dev’essere ascoltato, non guardato, infatti chi guarda quelle due onde blu non riesce a capire di che musica si tratti (per intenderci, guarda caso, è “I can dream” degli Skunk Anansie) ma ha bisogno di un programma che si occupi di leggerle e ritradurle di nuovo in suono.

Il programma che vorrei realizzare io è un programma che si prende la briga di fare quello che fanno gli occhi con le illusioni ottiche.

Vorrei un programma che prenda le due tracce audio di qualsiasi canzone io desideri, e fin qui non farebbe altro che fare quello che fanno tutti i programmi audio, e faccia una cosa che nessun altro programma è in grado di fare, e cioè ne guardi lo spazio bianco in mezzo che creano, ci disegni in mezzo un’onda che ne segue i profili ottenendo quindi un’onda speculare ma altrettanto ritmica e melodiosa, e me la faccia ascoltare.

Chi sta pensando che sarebbe solo rumore, immagini i picchi di un piatto di batteria.

Regolari in altezza e intervallo di tempo tra uno e l’altro.

L’onda che verrebbe disegnata (essendo il suo contrario speculare) avrebbe gli stessi intervalli di tempo tra un picco e l’altro, facendo però corrispondere al picco originale del piatto un silenzio, e ai silenzi originali della canzone un picco di… non so che.

Ma sarebbero lo stesso regolari, e quindi sarebbe lo stesso musica. (spiegato ovviamente un pochino ridotto).

Regola che ovviamente non vale solo per il ritmo, ma per tutti i suoni della canzone che ho scelto di ascoltare.

Ecco perché è musica nascosta, perché fisicamente non esiste.

Non è stata pensata, né scritta, ne registrata, mai, se ne ignora persino (ovviamente) l’esistenza.

Ma se quando traduco visivamente una musica in un’onda i miei occhi ne vedono anche un’altra, allora vorrei riuscire anche a sentirla.

Utilità della cosa?

Assolutamente nessuna, come la metà delle mie idee, ma chi se ne frega.

Quel programma sarebbe una cosa sulla quale si passerebbero le ore.

Ogni musica, ogni suono, ogni canzone, ogni voce, genera un’onda, e quel programma mi farebbe sentire anche quella che non sa di aver generato.

Pensa cosa sarebbe inserire un pezzo dei Queen e ascoltare cosa involontariamente hanno scritto nascosto in “Friends will be friends”, o ascoltare la canzone nascosta dentro una canzone dei Beatles, chissà cosa c’è nascosta dentro “Redemption Song” di Bob Marley, e cosa c’è dentro “L’uomo in frak” di Modugno, cosa suona in mezzo mentre ascolto “Strade” dei Subsonica.

Illimitato.

Ogni suono stereo ne nasconde uno in mezzo che lo stesso autore nemmeno immagina di aver scritto o suonato.

Uno sfizio, nulla di più.

Dopo la lunga spiegazione riguardate l’immagine in alto.

Non vi viene la curiosità adesso di sapere come suona la traccia bianca in mezzo?

Se vi dicessi che esiste un programma che ve la fa sentire adesso, non lo vorreste?

Non voglio rivoluzionare la musica, né rivelare chissà quale segreto.

Semplicemente ascoltare la musica nascosta.

La musica che alcuni da anni inseguono e chiamano la musica degli angeli.

Il trucco è quello.

Non esiste fisicamente.

Ma a saper guardare c’è.

Il furto di quest’idea è chiaramente una cosa che metto in preventivo scrivendola qui, ma il mio obiettivo è quello di riuscire un giorno ad ascoltarla, quindi mi basta sapere che si può fare.

Se qualcuno ci fa soldi, se li tenga pure, se gli va di dire che è un’idea mia sarò felice, se no lo sarò solo per il fatto che la potrò ascoltare.

Anche per questo uso la mia regola.

E alla certezza che il mondo è pieno di gente che ruba, dopo averlo guardato a lungo, aggiungo la scoperta che a saperlo guardare bene ci si vede nascosta un sacco di gente che regala.

Quelli bianchi in mezzo a quelli blu.

Cromatica sottile metafora.

3 ottobre 2002

Diario di bordo





A Roma ho lavorato con un gruppo di persone nuovo, e da questo tour mi sono riportato a casa l’idea di aver lavorato con una persona molto bella.

Non so perché, ma dal momento in cui mi ha dato la mano la prima volta, si è dimostrato con me molto “amico” nel senso bello del termine. Non ne conosco il motivo, non ha nulla da guadagnarci, ma per tutta la durata di questo tour mi ha trattato con rispetto e gentilezza in quantità superiore a quella che i rispettivi ruoli richiedevano, fin dal primo giorno, quando non sapeva nemmeno chi ero e cosa facevo.

Sensazione bella.

Trattato con cura e gentilezza in ogni situazione, dal lavoro alla cena alla serata nel pub, senza motivo.

Quindi dev’essere certamente un persona bella, visto che lo stesso trattamento glie l’ho visto regalare anche agli altri componenti del gruppo.

Fa piacere lavorare con persone così.

A Roma poi, durante la serata in birreria, ho parlato con un fonico di una mia ideuzza per la quale mi serve un programmatore di software musicali, idea con la quale non c’è da farci nemmeno un euro, ma se per caso funzionasse sarebbe una cosa bellissima da regalare a chiunque la voglia, e la sua risposta è stata che quella che all’inizio gli sembrava una cosa senza senso, man mano che ci pensava, lo divertiva e affascinava sempre di più.

Più cercava di spiegarmi perché non può funzionare e più si rendeva conto che forse non è così, e più andava avanti a cercare “falle” nell’idea più si stupiva di quanto potrebbe essere nuova e bella, e la conferma era che man mano che ne parlava gli veniva sempre di più da ridere, che per le idee strambe equivale a gradimento.

E l’altra persona, quella che è gentile con tutti, intanto diceva che, anche se in maniera diversa, c’è chi questa cosa la sta inseguendo da tempo, e chi la cerca ha comunemente deciso di chiamarla “la musica degli angeli”, perché inesistente ma ascoltabile, e già l’idea che qualcun altro c’ha pensato, me l’ha resa meno stupida.

Forse mi daranno una mano, una di queste sere spiego.

Ma soprattutto a Roma ho ascoltato una delle più belle voci degli ultimi tempi, seguita purtroppo da uno dei meno graditi silenzi degli ultimi tempi.

Inaspettato silenzio.

Non avrei più voluto smettere di ascoltarla quella voce.

E dal momento in cui si è conclusa, ho passato ogni minuto a sperare di risentirla.

Invano.

Spero di risentirla quella voce.

Anche dirmi di nuovo che non ha tempo per me, non importa.

È così bella che potrebbe dire qualsiasi cosa

Siamo decisamente oltre la musica.

Peccato.

Per la passeggiata, intendo.

.

E a casa ho trovato un regalo.

Un libro scritto a mano.

E una pagina di un quaderno che credo se ne sia viste strappare poche altre.

Perchè pensi che la merito?

Grazie.

2 ottobre 2002

broono è in viaggio per lavoro







Broono loves U tour 2002.

Meetin' Rome


1 ottobre 2002

b.logo





A testimonianza della realtà, sempre più definita, dei blog come forma di comunicazione, adesso abbiamo anche il nostro blob.

A me sembra un'idea geniale, e nel citarlo, inserisco la mia implicita autorizzazione a fare di me e delle mie parole quello che si vuole, finché viene fatto così.

Se solo fosse una cosa che dura, sarebbe veramente bello.

La paura, è che come tutte le belle idee che richiedono impegno e costanza, tra poco smetterà di essere così presente e costante.

Spero di no.

Dopodichè, in un post all'insegna del link, ci rimetto dopo un anno il suo.

Perchè ha qualcosa di speciale, non so cosa però.

Un anno fa le feci un post che era una specie di dichiarazione d'amore, e in barba ai limiti della rete è una delle poche persone che non è mai riuscita a lasciarmi indifferente.

E' come se, nonostante sia un blog tanto quanto gli altri, avesse un mondo di blog comunque suo.

Una cosa tipo rillo e la sua famiglia nel suo irripetibile mondo nel quale il blog esiste solo perchè per scrivere un libro bisogna superare troppi imbecilli.

Lei è così.

Tu sei così.

Quel nome che sta nella lista che si ha in mente (e tutti noi ce l'abbiamo) quando si scrive il proprio, immaginando chi lo leggerà.

E' come se fosse silenziosa in ascolto per dire la sua ogni tanto.

E la differenza è che quando dice la sua, anche se rarefatta, è davvero la sua.

Parla sempre di lei, mai una virgola sul mondo esterno, sia esso fatto di blog o di terrorismo.

Lei dice la sua.

La sua sulla sua.

Che casino.

Ma chi ha visto le foto delle strade dove è cresciuta fatte dal motorino mi capisce.

E lo fa in una maniera che è solo la sua, quasi avesse un computer che nessun altro ha la possibilità di avere.

Perchè non puoi essere davvero così di tuo, senza aiuti da parte della tecnologia.

E la si attende come quando si attende un editoriale di chi scrive solo quando ne vale la pena.

Come quando senti che Benigni sta lavorando ad un nuovo film e attendi ansioso, e sai che vedrai una cosa che viene proiettata in un cinema solo perchè nessuno ha ancora avuto voglia di inventare una cosa nuova apposta adeguata all'abissale differenza che c'è tra film e poesia.

E ogni volta che ricompare ti dai ragione e acquisti motivi per la prossima attesa.

E ogni volta la usi come motivo per continuare a pensare che la rete ha dei lati stupendi.

E ti chiedi perchè non riesci a coglierla in fallo, in un atteggiamento che la renda umana, che la renda imperfetta, che ti faccia capire che è come te.

Ma non ci si riesce proprio, cara la nostra lapizia.

E salirei, credimi, in questo istante su un treno, per venire a conoscerti, per venire a toccarti, per vedere che ti vesti come tutto il resto del mondo.

Se non fosse per la assurda certezza che, secondo me, non esisti nemmeno.

Non puoi essere.

Se poi invece sei, allora, inchini, tappeti rossi e tutto quelle che desideri.