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15 luglio 2019

Occhi di ragazza

Dentro le liti di una coppia che vorrei felice, lui ha ragione ma anche lei, il mondo non distingue più donna e uomo e così io non spiego cosa intendo quando dico Intervieni, lui dice di aver ragione e che ha ragione anche il passante lei no, per lui tutti tranne lei che è sua, hanno ragione entrambi ma lei è una bomboniera di cristallo e il limite è superato, lei mi guarda in attimo di solitudine e mi chiede Dove ho sbagliato e come dirti Mai e insieme quando, film già visti con me al posto di lui e la rabbia di giorni e notti che il pubblico non conosce e sembra sempre tutto iniziare e finire lì e invece c'è un mondo dietro che nessuno conosce ma non fa nulla, tuo compito è entrare tra le mani minacciose così che le uniche che lei veda siano le tue a protezione, non chiedere a me di mettermi in mezzo perché è vero che lui ha ragione e potrei farlo solo perché lei è una Lei ma è la tua Lei, di occhi così blu ne hanno spenti due stasera, due ieri, due l'altro ieri, una ogni due giorni mammamia, che stanchezza mammamia, basta una bici, una precedenza, un carattere di merda chi non lo ha, io ce l'ho più di merda di tutto il pianeta dei caratteri di merda eppure nessuno mi uccide, non per quello, mi uccidevano per una sigaretta lanciata sulla schiena, per un muso a muso adolescente e sciocco, per un io ho visto chi ha colpito col coltello agente, testimonio, ma non perché ho gli occhi blu
Quando si è trattato di morire per amore sono morto anch'io cantando ma poi mi sono rialzato con un amore compresso e inscatolato e la possibiltà di offrirtelo e dirti ehi, tu e i bambini, io e la bambina, la pargola, mi strapperei il cuore per farle vedere le iniziali incise sopra e poi rimetterlo dentro e aspettare un'altra bambina che inizi per S così da riprendere da lì senza bisogno di laser per ritatuare un nome che le mani tenevano a protezione in questo incredibile film che è la vita invece no.

9 luglio 2019

Por causa do amor

Ce ne sarebbe indifferentemente per un anno come per un minuto, un anno per quantità un minuto per qualità, entrassi in una pagina del Vocabolario sarei il punto 3 di Ridondanza, autogratificazione scongiurata dalla frizione tra musicalità del termine e effetto sul ricevente.
La novità è l'appreso effetto che con anomala consapevolezza alla domanda "Che mi racconti?" mi genera il riassunto mentale di un canovaccio già noto che lascia spazio alle storie nuove che ho fortuna e voglia di ascoltare.
Ascolto più di quanto parli a meno di insistenze che manifestino l'innegabile forma dell'interesse e se ne conto tre capaci di avere quegli occhi è perché in almeno un caso sono generoso, il che spiega anche la lunga pausa su questa piazza mai usata per altro che non fossi io o chi avrei voluto fossi io o chi ho cercato di rendere io con alternati successi ma costante impegno.
In una Torino fin'ora sconosciuta per topografia scenografia e calligrafia nuove relazioni mi annunciano elezione a Amico di Coppia.
Chiedo il senso di una figura che soprattutto nella piazza torinese, dove le varianti di Amico si sono interrotte tutte sull'impossibilità di essere dispari, mi giunge tanto nuova quanto gradita; mi si spiega che non pre-appartenendo né agli amici di lui né a quelli di lei mi ritrovo nella felice posizione di esserlo di entrambi, con gioia di entrambi, sorrisi di entrambi, tempo di entrambi, siamo dispari ed è il suo bello, ci è venuta benissimo persino una vacanza insieme, certo aiutati dall'aver avuto come scenografia quella che ormai è la mia isola professionale e non.
L'isola.
La sempre maggiore frequenza delle volte che rispondo all'ombra di una palma ha diffuso e reso condivisa la per ora falsa idea che mi sia -già- trasferito, idea che non ostacolo né preciso così che questo tempo di mezzo si faccia palestra per testarne l'impatto, che nel professionale è attutito dall'intaccata qualità e nel personale da quella lievissima impercettibile sensazione, chiamiamola certezza, che quando lontano genero più pieni che vuoti grazie alla combo tra volumetrie e regola dei vasi comunicanti, come te la spiego senza usare il tuo come unità di misura, non si può ma soprattutto non si fa.
Alla fine non ho salvato nessuno e anzi il nemico si sta prendendo sempre più terreno e sempre più ostaggi, nemmeno c'è più una strategia o una trattativa.
Nella versione un minuto avrebbe la forma di Ciascuno salva se stesso e piaccia o meno, a me non piace ma, è così.
Ho voglia di cose che se vivessi mi farebbero male, infatti non le vivo, vivo cose che non ho voglia di vivere perché mi fanno male ma che in un paese che non sento più mio mi hanno scelto come interlocutore.
I confini si sono ristretti, chi già li aveva tali si sente a casa io non più.
L'ultima donna con la quale sono uscito parla spagnolo, mentre io torno sull'isola lei va a trovare la famiglia americana, torna dagli USA con un "Contenta di vederti" uòzzapato che non leggevo da un po', milanese tesserata Anteo, mi porta a vedere un film ambientato a Beirut, la storia di un bambino che porta in tribunale i suoi genitori per averlo messo al mondo, io sempre quello che parla meno di quanto ascolti, entrasse nel vocabolario sarebbe il punto 3 di Intuito, la intuición, o los confines mas ampios, come dicono quelli che spagnolo intendono l'italiano con la S, io sono l'italiano che qui iniziò con la Bella S. e tout se tient.
Nel frattempo se n'è andato pure João e con lui i miei anni di chitarra e di cuori gentili.
E l'avrai sentita un miliardo di volte ma suonarla, che cosa era.


19 agosto 2017

Poi uno dice no niente

Dall'altro lato del mare due milanesi amici che a luglio mi portarono fuori a cena per comunicarmi la lieta notizia, in risposta al messaggio ispiratomi dalla notizia di ieri e mandato per sapere come il resto del giro avesse preso la notizia, mi rispondono:
"Non lo sa ancora nessuno, sei l'unico al quale volevamo dirlo".
Uhm.
No, niente.

18 agosto 2017

Tempi moderni

Scopro che due amici webstar hanno partorito un tweet, a me non resta che congratularmi con un post.
Auguri a papà e mamma


11 febbraio 2017

una mostruosa onda

Se il dubbio che spieghi il perché di questi lunghi silenzi è il mio eventuale essermi fidanzato con la donna più bella dell'intera galassia, also known as quella Valentina Lodovini che ha dato al concetto di Femmina un senso finalmente completo e definitivo, la risposta è -ahimé- no.
Non ancora diciamo, ma mi sto tenendo libero per l'eventuale suo offrirmi la possibilità, opera nella quale mi sono specializzato ulteriormente negli ultimi due anni prima di scoprire che avevo le stesse possibilità di contatto che ho con la Lodovini e allora irrealtà per irrealtà tantovale che sia la Lodovini con la quale oggi posso dire di averne persino di più di possibilità, oltre che di motivi.

Nel frattempo i lunghi silenzi sono dovuti a più fattori, primo tra i quali un lavoro che ormai ha toccato vette che abbatterebbero un cavallo fatte da settimane di cinque aerei in quattro giorni, un paio d'ore di sonno al giorno, applausi a ogni ingresso, successi a ogni uscita, la fila.
Amici e donne si sono ridotti a essere il numero uazzàp al quale invio inutili foto dei cinquanta dicasi cinquanta ricci che ho mangiato l'altra sera a Bari, sentimentali foto dei cartelli pubblicitari negli aeroporti a indicare che sono nella tua terra e tu no perché impegnata a trovare la tua prossima, ancora più inutili racconti dell'ennesimo successo ormai raccontabile solo a chi con me ha vissuto il precedente o si prepara a vivere il successivo, quel diabolico incrocio di destini che sfumano il confine tra colleghi e amici con i quali guadare ogni volta fiumi di arroganza, maleducazione, presunzione e un livello di ignoranza che danni ne sta arrecando oltre il limite del recuperabile o quantomeno del tellorabile o forse sono io che ho semplicemente superato la soglia e oggi sono invalicabile muro, o ponte per chi a differenza mia ad attraversarli nuotando ci prova ancora perché lo ritiene possibile in un paese ormai completamente impazzito.

Per un involontario svolgersi di calendari mi trovo oggi con una casa a Torino e una a Milano lasciata libera dagli inquilini, nella quale quindi oggi vivo quando torno in città per motivi di lavoro.
L'avere una casa a disposizione invece dell'albergo che negli ultimi 5 anni mi ha fatto da alternativa mi permette di programmare l'arrivo ma non la partenza, che ogni volta slitta in avanti di un giorno, poi due, poi tre, negli ultimi due mesi sono stato più a Milano che a Torino e in entrambi i casi oggi posso dire "a casa mia".
Il lavoro già insostenibile è ulteriormente montato come panna, la casa richiede lavori prima di essere riaffittata e quindi incrocio le due cose per occuparmi, come sempre da solo, di entrambe.
Piaciuta come la racconto?
Funziona?
No dai parliamone, è arrivata l'onda, come non mi conoscessi, anzi già tanto che per anni sia stata sotto controllo.
Vuoi l'entusiasmo, vuoi l'amore, vuoi i progetti di amicizia che hanno atteso anni prima di rivelarsi per quello che erano e cioè null'altro che l'ennesimo incontro con l'unico istinto che l'umano avrà sempre come faro di navigazione e cioè il salvare se stessi masticando e sputando chiunque si metta lungo la strada in posizione meno che a favore, vuoi una città che mi era diventata realmente tossica per tutta una serie di motivi che solo gli anni e il non essere più unica alternativa poteva in qualche maniera ammorbidire e quindi risolvere.
Sia quel che sia il tempo è stato necessario e in qualche modo amico perché ha atteso anni prima di rivelarmi la nuova stazione, oggi torno a Milano e l'aria è di nuovo respirabile, quello che doveva essere eliminato è oggi eliminato, quello che chiedeva tempo per tornare è tornato da solo, quello che mi attendeva al varco con i rasoi affilati ha capito che non era cosa, i pub mi accolgono abbracciandomi, gli amici si sono autoselezionati, se voglio toccare qualcosa che non sia la tastiera di un portatile e magari respiri e sappia di femmina è lì che lo trovo ad attendermi ogni volta che arrivo.
L'onda, ora devo mettere in campo tutte le energie che ho per resistere alla pressione dell'onda, perché dopo gli ultimi sei mesi si è caricata di una massa fatta di tutto ciò che a Torino è sfuggito alla speranza e mi sta guardando dal largo con l'esatta forma di uno tsunami che sta per scaricarmisi addosso e resistere al suo travolgermi sarà la mia prossima missione.
La differenza rispetto a sei anni fa è che oggi alla domanda sulla responsabilità rispondo senza ombra di dubbio: mia.
Motivo per cui comunque andrà è stato un successo, perché la differenza non è più il non essere in grado di sezionare quelle altrui ma la raggiunta consapevolezza di quanto a nulla serva farlo, opera nella quale ho perso almeno venti dei miei attuali quarantaquattro quasi quarantacinque anni e ogni volta a dirlo l'ultimo e se l''ultimo sarà, come è stato, davvero l'ultimo allora game set match.


11 dicembre 2016

Connessioni

Nonna non ha perso uno dei fratelli, ha perso quello che amava così tanto da essere l'equivalente di un unico fratello.
Da giorni osservo il suo silenzioso rapporto con questa perdita, un silenzio esteriore e per questo di nessuna utilità per capire, misurare, cercare in qualche modo di imparare come si faccia a restare in piedi di fronte a quella che se la ipotizzo su di me mi appare l'unica sfida che il mio cuore non saprebbe vincere.
Ma anche su questo mi sta insegnando la dignità del dolore, la necessità di non coinvolgere il mondo esterno in un'elaborazione che mai come in questo caso di esterno non potrebbe avere comunque nulla e si farebbe solo commiserazione, come la esterni la fine di quasi novant'anni di confidenze, parole, sostegni, dediche, cura, segreti, se non con il suo equivalente più rappresentativo e cioè il totale silenzio, un silenzio che non è assenza di racconto di come stai abitando quella fine ma il suo racconto più perfetto.
Stasera mi sono concesso una sola piccola finestra a forma di domanda che della curiosità della quale non poteva che vestirsi non portava nessun contenuto, avrei potuto evitare l'intonazione interrogante per farle capire che non chiedevo risposta ma solo dirle che il mio silenzio è rispetto, non disinteresse.
Le chiedo come va il rapporto con il pensiero di lui, se ce la sta facendo, abbassa gli occhi e ammette la fatica, non serve andare oltre, quello che dovevo dire a lei l'ho detto, quello che doveva dire al mondo esterno l'ha risposto, ogni aggiunta sarebbe morbosità e violazione.

L'età le sta facendo perdere la memoria e a nulla serve dirle ogni volta che non è questione di età dato che io ne ho meno di lei, non serve perché dimentica l'avermelo detto la sera prima e anche quella prima ancora e insieme alle sue parole dimentica le mie risposte che per questo possono permettersi il lusso di essere sempre uguali.
Lo chiamo lusso perché tale è, essendo l'unico essere vivente che non mi fa pagare il giorno dopo cose dette il giorno prima o il mese prima o l'anno prima, sono qui con lei ormai da sei anni ed è come se fossi qui da un giorno, sempre lo stesso bellissimo primo giorno in cui mi trovò dietro la porta di una casa che non sapeva essere diventata mia con in mano una valigia che conteneva il necessario per il per sempre e nemmeno il sospetto del peso e della violenza che mi porto in dote e scarico addosso a chiunque si avvicini a meno di due metri dalle mie vene, la gioia di oggi è la stessa di quel giorno, il dolore lo dimentica ogni giorno o per amore si comporta come se, il risultato è uguale e io sono a casa, luogo che persone più fortunate e pratiche della questione mi dicono avere questa forma qui.
Potessi alleviarle la paura che la perdita della memoria le sta imponendo farei l'unica cosa che manca per farla riposare ma non si può, perdere la memoria la sta spaventando forse più del perdere un fratello perché si rende conto che significa perdere anche i vivi, chi non ne sarebbe terrorizzato.
Guardiamo in tv Ligabue, le piace la musica, la commenta, mi racconta dettagli della vita ricavati dalle riviste con l'affetto che si riserva alle notizie dei parenti, è il rapporto che gli anziani hanno con la tv e che finirà con loro, vorrebbe raccontarmi di quell'altra canzone che ha sentito dalla parrucchiera e che le è sempre piaciuta ma non ricorda né la canzone né di chi sia, torna la paura, si riabbassa lo sguardo, la fatica, le propongo di giocare ad arrivarci per tentativi così da insegnarle indirettamente, la finalità le risulterebbe certificante e quindi la respingerebbe, un modo per non cadere sotto il peso della sconfitta dell'inutile ricerca del ricordo confezionato, lo si può evocare anche un pezzo alla volta, se impara il meccanismo per un po' siamo a posto, accetta e allora le dico che bisogna partire dal macro: è maschio o femmina?
Con il mezzo sorriso del pudore di chi non offenderebbe nemmeno il suo nemico ma che nello stesso momento non riesce a trattenere la voglia di sfotterlo un po', mi risponde "metà uno e metà l'altra".
"Tiziano Ferro!"
Capisce quanto merito vada al suo aver risposto come una che aveva preso seriamente il gioco e sorpresa dall'efficacia scoppia a ridere come non la sentivo ridere da tempo e come cinque minuti prima non avrei detto possibile.
Ci aiutiamo così, capendoci al volo con non più di due parole una delle quali è sempre scelta a caso tra Fortuna e Amore.

Mi sono comprato un bellissimo quanto inutile camino da tavolo.
L'altra sera mio fratello è venuto a trovarmi e notato lo strano oggetto mi chiede cosa sia.
Gli dico che è un bellissimo quanto inutile camino da tavolo che ha il pregio di fare una fiamma bellissima e il difetto di spargere nell'aria odore di combustibile, per cui gli avrei risparmiato la condanna.
Mi chiede di accenderlo lo stesso, lo incuriosiva, lo guarda per un po' e stabilisce che è bellissimo.
E' stato con me mezz'ora, ci siamo bevuti una birra davanti al mio nuovo camino in silenzio come si fa davanti ai bellissimi camini, un bellissimo quanto inutile camino da tavolo che ha il pregio di spargere nell'aria parole contate in numero mai superiore a due scelte a caso tra Fortuna e Amore incartate in un unico foglio d'oro fatto di metà uno e metà l'altra.



29 ottobre 2016

Non dirgli mai di come è stato bello quella notte al mare

Se questo fosse il vecchio blog stasera porterei tra queste righe tutti i suoi personaggi, per raccontare loro dei cerchi che mi hanno aiutato ad aprire, attraversare e qualche volta chiudere non sempre come avremmo voluto e a volte meritato, altre volte sì.
Mario l'altra sera era insieme a Mario Bros come spesso capita da quando Mario se n'è andato da Milano, il suo lavoro di supereroe sempre in viaggio gli ha insegnato che le distanze non esistono se non nella mente, ogni altra è solo una scelta, una voglia, un metro che puoi moltiplicare per un milione sempre un metro resta e il Per (enne) che fa variabile è quell'istante della vita in cui realizzi che fare un metro e non farlo sono scelte separate solo da un foglio con due colonne, nella prima gli errori commessi, nella seconda lo stesso elenco ma a forma di nomi e il titolo Amici persi per stupidità, perché da giovani ci si pensa capaci di tutto e bisognosi di nessuno e quanto quella sensazione sia il titolo della prima delle due colonne lo si scopre quando l'elenco non potrà mai essere recuperato per intero.
Torino e Milano sono un'unica città, in una vivo nell'altra esco la sera, chi l'avrebbe detto sei anni fa che mi sarei trovato oggi a prendere treni per passare le serate con mio fratello, un passaggio da lei oggi che quel passaggio non ha più un prezzo, accompagnare a casa l'amico dopo aver finalmente accettato i suoi mille inviti per la voglia di raccontarmi cosa fa oggi che ha scelto di fare il salto, andare a leggere nel mio pub abituale che in sei anni non è riuscito a farsi sostituire da analogo torinese e allora cosa si fa, non si può non uscire, si prende un treno e si va a bere una birra a Milano nel pub più familiare del mondo, la città è un'unica città molto grande come nei sogni di chi le progettò entrambe pensando che un giorno si sarebbero espanse così tanto da unirsi ed eccoci qua, è successo.
Mario Bros mi chiede perché non torni a Torino la sera finite le riunioni così risparmierei ristorante e albergo, gli rispondo che se non lavorassi per pagarmi quello che desidero non avrebbe senso il sacrificio che mi richiede e dato che quando esco con lui sto bene fermarmi dà un senso al mio lavoro, ne è felice e lo capisco perché non lo esterna, mezz'ora a offrirci mezzo bicchiere di rhum mi saluta e va a dormire, io mi fermo a godermi la bellezza; quindici anni fa i birilli era erano gli stessi ma disposti esattamente all'opposto, esternava la felicità di stare con me, non lo era, io capivo fischi e bevevamo insieme decine di fiaschi, non dormivamo, morivamo ogni notte e chi non ci riusciva salvava l'altro.
Chiamerei Mario Senior per raccontargli come stia andando il progetto, la fatica di tenere insieme i pezzi, di lavorare sugli altri per impedire che il necessario tempo sommato a quello prevedibilmente imprevisto si faccia distrazione, dissuasione o cambio di direzione, di fare riunioni in cui alzarmi in piedi e recitare il mio show così che l'avvocato sappia, il socio capisca, vedere che l'unica voce dell'elenco dei problemi sembra incredibilmente l'entusiasmo di chiunque arrivato a fine performance scopre che davvero non esista nulla di simile a me in tutta italia e allora chi ci mette i soldi no grazie voglio solo i suoi, chi vorrebbe metterci la sede no grazie dev'essere Torino, chi ci metterebbe la sua assistente e parliamone perché l'ho vista, non mi stava ascoltando mi stava sposando, e quanto cambierebbe idea Mario Senior se vedesse dove si possa arrivare anche senza aver studiato, senza aver avuto nessuno, diavolo davvero nessuno, vicino negli anni in ginocchio a dirmi che ce l'avrei fatta a fare almeno una cosa nella vita come non la fa nessun altro.
Chiamerei lei che queste righe tanti anni fa abitò a forma di violenza, odio, buio della ragione e paura, per farle sapere che il tempo ci ha già perdonati e spiegati, per chiederle se quella foto scattata quindici anni dopo nel suo oggi è il suo racconto di direzioni inevitabili quanto il non poter uscire mai più da corpi amati nell'unico modo possibile e cioè oltre quel buio, oltre quella paura, così oltre qualsiasi ostacolo da raggiungere un cuore che quando ha provato a battere a sincrono non può più smettere di farlo, a meno di farlo rimettendo in scena lo spettacolo o chiudere il sipario e salutare il pubblico.
E chiamerei il Grande Regista Superiore, il personaggio dei personaggi, per chiedergli se sa che così come il mio perdono è arrivato il giorno del mio compleanno, quella foto, l'ho realizzato oggi, è arrivata il giorno del suo.
Domanda inutile, certo che lo sa, non sarebbe altrimenti il Grande Regista Superiore che innegabilmente è.
Quanto sa essere strana la vita quando non vuole smetterla di essere un film, un romanzo, una guerra e una pace.

Di nuovo auguri, Angela.
A te a a lui.


3 luglio 2016

Fegatelli

Stanco, ma tanto, da questo continuo incontro con gli anti, anti tutto, anti itaglioti, anti governo, anti banche, anti quelli che lavorano, anti quelli che hanno letto due libri, anti anti, escono dalle fottute pareti e nemmeno augurarsi che come ogni setta che si rispetti decidano a un certo punto di riunirsi su un'isola per il solenne suicidio di massa, affronto gli europei con un per me nuovo spirito patriottico che mi porta a godere della visione collettiva delle partite, al pub come da programma di quelli con l'autoradio sempre nella mano destra, quando ce la portavamo appresso.
Della partita effettivamente me ne frega meno di zero, ma quell'aria di collettività mi attrae e mi spinge, l'amico Andrea partita e birra mi sembra una piacevole combinazione e occasione da sfruttare.
Esco a fumare, accanto a me la mia missione di Paperinik del giorno è somalo e per motivi che non sto a indagare indossa il tricolore come fosse la sua bandiera.
Da una tavolata di una ventina di imbecilli iper eccitati e naturalmente in trance da dio patria e famiglia lo deridono e, con palesi motivazioni razziste, spezzettano il pane che hanno sul tavolo e glielo tirano facendo finta di nulla dopo ogni lancio.
E uno, e due, e tre, mi sposto e mi metto accanto a lui, li guardo, mi guardano, gli dico "Basta", mi dice "Basta cosa?" gli dico "Ho detto basta così", con il mio fisico da terrore della notte di quelli che gli sarebbe bastato tirare dell'altro pane per abbattere sia me che il somalo ottengo in risposta un "Boh" la faccia di chi finge di non capire e la finiscono, mi chiedo come mai mi riesca sempre, credo dipenda dal fatto che quando le persone vedono i miei 12 chili complessivi assumere posa di chi intima e minaccia, penseranno che o sono completamente folle e non è il caso di mettersi con uno completamente folle oppure ho in tasca una beretta, perché altrimenti non si spiega come non mi abbiano ancora riempito di botte.
Il somalo non si accorge di nulla sia perché è completamente ubriaco sia perché è troppo preso dalla partita, si accorge però che gli sto accanto e attacca bottone, in somalo, un dialogo inesistente ma utile per me a simulare che fossimo effettivamente amici così se devono tirare di nuovo il pane adesso lo devono tirare a due, anzi tre perché nel frattempo entro dentro da Andrea e gli dico che io continuo a vedere la partita da fuori e che dato che c'è la possibilità che mi metta a litigare con venti imbecilli è il caso che dopo un po' esca anche lui a darmi una mano, che poi grosso com'è significa che lui li mena tutti e venti con una mano sola e io faccio il tifo.
Il mio amico somalo intanto ha deciso che io parlo somalo e sputazzandomi da un centimetro dalla faccia mi racconta una serie di cose che non capirei manco se non fosse ubriaco, ma capisco che ce l'ha un po' con tutti e mi dice "polizia" e mi dice "documenti" e che bella idea ho avuto a ripetergli io "polizia" e "documenti" pensando capisse che era come dire "In che senso?" e invece quello scatta dritto tira fuori il portafoglio e mi consegna in documenti "Cazzo fai? Metti via quella roba!" per levarmi un po' dei duecento occhi che a quel punto avevo addosso, l'unico sulla terra capace di scambiarmi per un agente e ci sta, io in Somalia sarei muscoloso e bianco, quindi un agente.
Per risolvere il momento anche a favore di una platea ormai interessata a capire se me lo stessi portando via, chiamo il padrone del locale e chiedo se posso pagargli da bere, permesso accordato gli si porti una birra, lui è contento, io soo contento, Andrea a chiedersi chi glie l'ha fatta fare a uscire con me, io e il somalo ci abbracciamo fraternamente per guardare il resto della partita da amicissimi, sento qualcosa sul fianco, la bandiera copre la mano, la mano è nella mia tasca e mi sta sfilando i soldi.
Togli quella cazzo di mano da lì e vattene affanculo, somalo, ti lascio agli altri tuoi amici.
La rabbia mi invade come nemmeno quando la poveretta mi ha tradito con chiunque non mi assomigliasse, approfitto dell'impegno di Andrea per accettare di andarcene imemdiatamente, gli chiedo di portarmi e lasciarmi al parco perché ho bisogno d'aria, di tempo, di alberi, c'è un concerto tutta la notte ed è la situazione migliore per riprendere lo sguardo al cielo.

Dance All le chiamano a Torino, after hours all'aperto giusto un metro prima dell'illegale, ci sono bancarelle di birra e di libri anti, anti fascisti, anti sistema, anti stato, anti tutto, mi fermo a una bancarella sulla quale un attivista di 70 anni vende libri sulle carceri, lettere dalle carceri, opuscoli autoprodotti con informazioni sulle loro attività nelle carceri, ci mettiamo a chiacchierare di quel poco che so io e quel molto che sa lui, dopo una mezz'ora di chiacchiere gli chiedo se ci sia stato, mi guarda e mi sorride in quel modo in cui sorride chi ti dice che solo chi c'è stato può avere a cuore quelli che ancora ci stanno, gli compro tutto quello che mi offre e non fa un prezzo, è tutto un Fai tu.
Lo saluto e passo alla bancarella accanto, la gestisce un ragazzetto che non avrà 25 anni e la faccia di chi ne ha passati 24 a kombattere il sistema, vedo un libro autoprodotto a tema ISIS, leggo il retro di copertina dove mi si spiega che l'ISIS in realtà altro non è che un popolo che cerca la legittima via per rispondere all'imperialismo capitalista, guardo il ragazzetto e gli chiedo se davvero vende una apologia del terrorismo islamico, mi guarda come gli avessi parlato in somalo e mi dice "Ma io che ne so" gli dico "Beh dovresti saperlo, visto che lo vendi, leggi qui e poi te lo compro" e glielo passo con intuibile simpatia, lo guarda il tempo di leggere quattro parole spazi compresi e mi dice che secondo lui no, prendo il vero libro che avevo intenzione di comprare appena visto sul banco e cioè "Kobane dentro", quelle donne soldato sono magnetiche, mi fa il totale dei due e gli spiego che l'altro può tenerselo perché prendo quest'altro, nessuna speranza che il coglione capisca che chi compra un libro che celebra il coraggio delle donne dell'Ypj non ci compra insieme un libro che nobilita quelli che le decapitano ma per stasera mi son fatto già troppi amici e quindi chiudo lì, non è serata da concerto, non è serata da nulla, vado al baracchino a ordinarmi una cena e me ne torno a casa.

La mia notte cinema inizia con "Now you see me", un film che avevo intuito essere l'imperiale stronzata che in effetti si è confermata essere, nella prima scena il mago scorre il mazzo e chiede di scegliere una carta, come l'avesse chiesto a me proprio a me scelgo il sette di quadri, il mago rimescola, suggerisce di non guardare mai le cose da vicino ma di allargare il campo, lancia il mazzo in aria, le finestre del palazzo si illuminano a formare il sette di quadri, avrò visto il trailer vai a sapere.
Guardo il resto del film sperando di ricevere altri segnali dal Grande Regista Superiore ma nulla, un film troppo idiota per contenere due lampi.

Apro la mail e per trovare un po' di aria vado a cercare la ricevuta del mio ultimo acquisto di ieri, quando con la solita ponderazione e lenta valutazione che impiego quando scatta il click della fuga e cioè non più di cinque minuti tra idea e pagamento, mi ritrovo con un biglietto aereo e una casa in riva al mare per dieci giorni.
Non sapevo nemmeno dove andare, la fuga non è meta e io d'estate non ci vado nemmeno mai in vacanza, quindi come sempre passo prima dai voli e guardo cosa parte da Torino, cosa è in offerta, seleziono un paio tra le destinazioni proposte, vado a vedere se ci sono alberghi o case, se le due cose coincidono in uno spazio di tempo più breve del tempo che ci metto a tornare consapevole della differenza tra dire e fare, clicco e pago come l'avessi organizzato da giorni e avessi finito la trafila di valutazioni, non una delle vacanze fatte negli ultimi due anni sono state comprate a più di cinque minuti dal momento in cui nemmeno ci pensavo.
Io e i miei libri a questo giro ce ne andiamo a Messonghi, una fazza una razza e, ma a questa cosa devo pensarci ben più di cinque minuti, se mi gira pure una ragazza.
Intanto la casa l'ho presa come sempre per due, ho tempo per pensarci.
Tu hai tempo fino al 22 luglio per chiedermi se intendessi te e sentirti rispondere "Ma certo, chi altre, fai la valigia per sempre ché si parte per ovunque".




17 aprile 2016

Benjamin Button

Date le difficoltà a premere tasti piccoli ho dato a nonna uno smartphone con installato un launcher pensato per anziani, che permette di impostare home semplificate al minimo e rende facili operazioni per loro altrimenti proibitive.
Come mandare sms, da lei sempre sognato ma mai riuscito.
Ora le sto insegnando a mandarli e da quando ce l'ha ogni giorno manda il buongiorno a tutti.
Dice che vuole imparare a scriverli giusti, io dico che la meraviglia è raggiunta.

- Caobruno
- Bruno,ciaobuona gIornata
- ciao,bruno,nonnwa
- Brunociaoa'pranzo,ce,ziope pwwpovuoi,venire
- Brunocexiopepp
- Ciao
- Bruno buona,gIornatan,onna
- BrnobuongIornononna

C'è dentro tutto.
Il pensiero, l'impegno, il tempo, la fatica, la tenacia, l'amore, gli ottantotto anni e insieme i venti.
A scriverli giusti sono capaci tutti, a scriverli pieni no.

6 gennaio 2016

Lo so

Attraverso paludi nelle quali la mia laurea, honoris causa, in nuoto a delfino curioso dovrebbe farmi creare vere e proprie coreografie da sincronizzato con me stesso, invece di quell'approssimazione di speranza di arrivare a riva che oggi mi fa da unico e al momento persino affidabile timone.
Verbalizzo enormità che fanno tanto rumore quanto ne fa una matita che cade sulla sabbia, in tasca un carnet di quanti, facciamo cinque, treni così veloci che frasi più lunghe di quattro parole finiscono quando è già alla stazione successiva e io ancora non ho nemmeno finito l'incipit, tocca industriarsi nella sintesi di nuove matite le più colorate possibili lanciate sulla sabbia sperando ne esca un castello, fossi capace sarebbe già accaduto mi dice lo zerovirgolazerotrepercento di realismo che con fatica mi sono costruito come doppio cieco necessario nei momenti in cui sono quello che vorrei essere.
Ho un telefono inventato nel quale su una sim inventata ho memorizzato un numero inventato a cui ogni giorno mando messaggi inventati che ricevono risposte inventate piene di pensieri inventati a forma di occhi che chiedono di conservare il segreto della commozione in cambio del dono della condivisione.
Lo so che non lo realizzerò questo castello, non sono molte le realizzazioni che so raggiungere con margine di errore vicino allo zero quanto quelle che riguardano le illusioni e lo so, quello che devo sapere lo so, vivo come non lo sapessi ma è la cosa che so più di tutte.
Quello che invece non so e questa davvero non la so, e non la so come non la so mai ogni volta che capita e capita ogni volta in cui sono quello che vorrei essere, è perché ogni volta che sono come vorrei essere e per questo racconto come sogno il mio domani, non quello metaforico ma proprio mercoledì, giovedì, se si chiama Domani è perché venerdì è già troppo, si formi intorno la fila di persone che ci tengono a ricordarmi che tra il mio dire e il salpare per quel meraviglioso mare c'è di mezzo quello che io non potrò mai fare.


2 dicembre 2015

in the (move) for love

Passo gate di sicurezza con il QR code della carta d'imbarco, cerco ristoranti con la map e prenoto con la app, rientro in hotel chiamando un taxi con I-Taxi e lo pago con paypal, compro il treno di rientro con il web e lo pago con securcode, arrivo a casa con enjoy e giro il pdf della fattura alla commercialista via mail insieme a quelle incassate via homebanking, compro regali su ebay, la settimana bianca su booking, cerco un blablacar per domani, mi accordo via chat, controllo gli orari del bus di domattina via sms, non-posseggo-nulla.

Un giorno cerco un'auto e la vedo, la cerco sulla mappa per prenotarla ma mi precedono due ragazzi, salgono, mettono in moto, sgommano facendo fumo e se ne vanno.
L'altra notte sento sgommare, rumore di gare nel reticolo del quartiere, mi affaccio, sono le Enjoy della zona.
Entro due anni verrà chiuso il servizio perché costerà più ripararle che noleggiarle, potremo dire che è stato bello finché è durato, ci sono città che non meritano servizi da città europea, per tutto ciò che è utilizzabile dai 20enni Torino è una di queste, ringraziamo.

Fino a venerdì lavorerò con una delle 30 donne più potenti al mondo, il mio collega arrivato stasera mi informa via whatsapp che per una coincidenza logistica nello stesso hotel c'è anche ****, avremo i servizi segreti nascosti pure tra i croissant a colazione e anche per prendere l'ascensore ci saranno checkpoint di un metro e novanta e poca voglia di ridere, tre giorni in cui noi, quella donna e **** saremo nello stesso posto, gli rispondo finto divertito che se torniamo a casa con la testa attaccata al collo questa volta, non ci ammazza più nessuno.

Non c'è un'età giusta per ballare.


1 settembre 2015

From due to trentuno

Volevo riprendere a cucinare e sono diventato amico del kebabbaro sotto casa, ho visto un film al cinema e parlato di altri sei o sette, ho disinnescato bombe psicotiche, ho fatto mangiato grigliate, ho lavorato con estrema calma, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho pensato molto al progetto ma scritto poco di quello che ci si attendeva da me e oggi all'incontro dovrò inventare una scusa molto credibile che non abbia il suono del suo nome o magari mi porto una foto così capiscono, ho abbracciato molto, ho ricevuto due telefonate di mio fratello che voleva solo salutarmi e sapere quando ci vediamo e io ho pensato che lo vedo sempre, non ho usato la bicicletta, ho letto mezzo libro, ho fumato troppo, ho discusso inutilmente, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho sentito nonna, sono stato in Sardegna a lavorare, ho fatto un unico bagno stagionale alle quattro del mattino alla luce della luna, ho conosciuto Annalisa e pensando che al mio amico Gianluca sarebbe piaciuto un sacco le ho fatto un fondale scenografico bellissimo ma non quanto lei, ho scritto "Ti amo" almeno cinque volte a tre persone diverse perché mi hanno detto che quando ricevono le mie mail di lavoro le leggono ad alta voce a tutto l'ufficio e allora il suono sia grande, sono stato portato in un ristorante chiuso alle tre del mattino dove ho trovato un finanziatore inatteso che mi ha chiesto se mi va che si aggiunga anche lui al "Facciamo presto" degli altri due, ho ricevuto la mail di un'amica che voleva solo dirmi che sta meglio e prima o poi risponderò che ne sono davvero felice, non ho letto niente di politica, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho scoperto che la commercialista mi aveva sbagliato gli F24 di seimila euro, ho verbalizzato tristezze non mie come lo fossero perché lo sono state e allora ne conosco i millimetri a pelle, ho comprato cose rotte ma non le ho cambiate, ho perso il polso della situazione, ho atteso rientri, ho passeggiato di notte, (ho sperato di vederla ancora una volta) ma non è successo e forse è meglio così perché mi trapassa ogni volta (ma non si ferma mai abbastanza per cauterizzare).



1 agosto 2015

Chiacchiere e distintivo

Stasera ho assistito a una violenza forte contro debole.
Stasera non sono intervenuto perché anch'io sono debole.
Stasera segnatevelo e ricordatemelo ogni volta che mi racconto gigante, che mi racconto epico, che mi racconto quello che sono e invece è solo quello che avrei voluto essere.
Siamo uomini piccoli, in vite piccole, che combattono battaglie piccole e solo piccole vittorie possono vantare.
Tranne mio padre e lei, quelle sono lo sbarco in Normandia fatto da solo, a mani nude, con un cartello in testa "Sono qui" e vinte.
Il resto è merda allo stato solido che sarebbe pure liquido se nemmeno lo ammettessi.

1 maggio 2015

Fase 2 #2 - Del ridere e dell'emozione

Ma davvero, per noi?
Sì davvero, per voi.
Perché con nessuno e con noi sì?
Perché quando sono con voi non sento il bisogno di stare da solo dopo due giorni
Si alza, si risiede, si muove, gesticola, non riesce a crederci, gli erano arrivate voci ma non le credeva possibili, pensava Nessuno riuscirà mai a fermarlo, quando gli ho detto Voi gli si è illuminato il viso e in quell'istante vent'anni hanno trovato un senso perché quella era la gioia che avevo solo potuto immaginare, erano progetti, era futuro diverso da quello che fino a quando gli ho chiesto di darmi dieci minuti non credeva possibile, toccava oggetti, li rimetteva giù, tratteneva emozione, la parte che riusciva a trattenere e che bello, rideva in quel modo in cui si ride quando l'emozione supera il confine, quando si ride con gli occhi e poi, dopo, con la bocca, come quando vai a un concerto e quello a cui assisti ti emoziona così tanto che ridi.
Lui non sa che le mie riflessioni durano mesi solo perché le verbalizzo soltanto quando pronto a mantenerle ma nella realtà sono un istante, la scintilla che cambia la direzione a tutto e mi indirizza verso una scelta, qualsiasi sia ma la scintilla mi condanna alla scelta di seguirla o di decidere di no, ma mai di ignorarla, quell'istante in cui capisci che un ciclo si è chiuso, non puoi chiedere di più e se sei uno che deve chiedere di più l'unica maniera è chiudere il ciclo esaurito e aprirne un altro che parta da zero così da poter di nuovo chiedere di più, chiedere uno, quando raggiunto chiedere due, quando raggiunto chiedere tre, chiedere di più, quando se non quando hai raggiunto il massimo chiedibile e allora o ti fermi e ti spegni o ringrazi te stesso per tutto quanto fin lì e, semplicemente, cambi di nuovo vita.
Ma allora potremo fare questo e possiamo provare a fare quell'altro, ma potremmo anche perché no fare quell'altro ancora, è bellissimo, ma davvero, con noi, continua a ridere e io penso Questo, per questo sì, davvero voi.
Ma non per soldi, ché non me li potreste mai dare quelli che porto a casa da solo e quindi ci rinuncio io per un'idea mia che si farà possibile solo grazie voi e solo se.
Solo se?
Condizioni.
Quali?
La sede di Londra.
Ma tu abiti a Torino.
Quella è la seconda condizione: tre giorni alla settimana.
Rideva mentre mi diceva Facciamo presto e io con lui ma dentro.

Ce l'ho fatta a smettere di essere uno che ce l'ha fatta.
Vado dove posso ripartire dal punto in cui non sono nessuno e c'è una vita intera dentro queste trenta righe e queste che non sembra ma sono lacrime di gioia.
Tutto nel cestino, si riparte in un nuovo altrove, cazzo uau e Stay tuned



27 gennaio 2015

In due mesi

In due mesi sarà la sesta volta che sullo schermo proietto Renzi che fa Ok col pollice, Renzi che sorride, la scritta Jobs Act con glitter, neon, kabuki e cotillons, il logo Jobs Act, immagini di muscoli con tatutato Jobs Act, le aziende ci credono molto più di quanto dall'esterno si percepisca, se è furbo come sembra porta a casa un altro giro.

In due mesi sarà la quarta volta che ho come ospite, presente, collegato, o con contributo video, Farinetti e la sua Eataly, se non è lui perché impegnato su altro palco è il figlio, le aziende guardano quel modello come un modello da replicare.

In due mesi ho ricevuto due prove di cosa significhi essere regista: significa che quando sono io mi prendo meriti che non sono solo miei, quando è un altro si prende meriti che sono solo miei.
E io devo incassare.
Ma sorridere col cazzo, tu me lo leggerai in faccia perché io e te lo sappiamo che senza di me questa volta questo successo tu a casa non lo portavi.

In due mesi ho ricevuto diversi segnali che la misura è colma.
Non mi sveglio più in tempo, non ho più pazienza, tratto male i clienti là dove per male si intende come è giusto quando è giusto, faccio errori mai fatti, metto a rischio il lavoro di tutti.
Solo che me ne sono accorto solo io, perché da fuori continuano a chiamarmi "il migliore in Italia" e questo significa che devo andarmene prima che il bluff si sveli.

Lavorare al Lingotto per me è già una prova che ogni volta mi richiede ben più delle mie usuali, quanto notevoli, forze.
Seguire i colleghi che vanno a mangiare al suo interno a due metri dalla porta per l'inferno in orario in cui è aperta, è stato il mio bunjee jumping fino a oggi tanto temuto.
Fatto anche questo passo, al tempo giusto, nel modo giusto.
Tensione, pensieri, ma alla fine la vita ha preso il sopravvento e non ho più avuto paura.
Quanti anni rubati alla via per la felicità e non poterli pretendere indietro è l'unico vero prezzo da pagare alla scommessa.



26 dicembre 2014

Noella



Calore di una nonna che ride fino alle lacrime e fino alle due di notte per forse la terza volta in vita sua.
Calore di una famiglia che si allarga e si stringe come un abbraccio a seconda di quanti hanno bisogno di quell'abbraccio.
Calore di bambini che come tutti i bambini mi detestano perché li prendo in giro come fossero adulti e per lo stesso motivo mi cercano per darmi il biglietto disegnato a mano per me.
Calore di un contatore che salta e per un istante restano le candele che mi fanno pensare "Lasciamo tutto così" per quanto era bella l'immagine di un natale che essendo di non detti sarebbe stato perfetto se fosse stato anche di non visti.
Calore del primo Babbo Natale vero di questa mia vera casa.
Calore di un pensiero a chissà se mi pensi.
Calore di cibo di ognuno per ognuno.
Calore di un "Mi mancherà", di un "Anche a me".
Calore di una tavola finale notturna e solitaria con vino arachidi e il profumo delle persone ancora addosso.
Calore di segnaposto con dediche non scritte e nemmeno dette, solo sorrise e altro non serve per ascoltare le parole che non ti ho detto.
Calore di un citofono che alle tre di notte suona di nuovo per l'ultima ostrica e un whiskey della buonanotte.
Calore di ospiti felici di ospite felice.
Calore della voce contenta di un fratello lontano.
Calore di canzoni sciocche di natale.
Calore di bambini che ricevono telefonate di padri lontani e andate in qualsiasi stanza volete per parlargli meglio, mai come in quell'istante mi casa es tu casa perché sì, yo soy pagliaccios e di quella lacrima di makeup quando sarai grande anche tu andrai orgogliosos.
Calore di mani solo guardate o solo sfiorate.
Calore di prove d'orgoglio nelle confidenze di una sigaretta sul balcone.
Calore del silenzio dell'istante in cui non serve dirsi la bellezza di famiglia che sapremmo creare, calore di un ", se solo..." se solo quel ", se solo..." non l'avessi solo pensato.





20 dicembre 2014

Ma se in fondo al cuore tuo c'è un ragazzo, sono io

Sono cresciuto in una famiglia nella quale si mettevano in difficoltà le persone in misura direttamente proporzionale al legame che si aveva con le stesse.
Ironia e sarcasmo l'hanno sempre fatta da padrona, sminuire, sminuire sempre, ridurre, ridicolizzare, se possibile umiliare, se ami umilia.
Sono cresciuto spettatore di umiliazioni che durante i ventiquattro frames al secondo mi dicevo non avrei mai replicato, assistevo a massacri di caratteri deboli, il mio in testa, che mi dicevo Io non farò mai, mai firmerò con il mio nome i momenti di difficoltà di persone che amo.
Mi ritrovo oggi uguale, distante chilometri da quello che in quei momenti subiti mi promettevo di essere, incapace di offrire altro che non sia il massacro di qualsiasi cosa io ami non nel senso di allontanamento o di distruzione ma nel senso di linguaggio, non lo fai per allontanare o per distruggere ma lo fai perché senti che quello è il modo, quella è la maniera di amare, lo fai per avvicinare, per stringere, per accudire, per accudire e proteggere distruggi e non puoi farne a meno, sei cresciuto così, ti sai muovere solo dentro quei confini, ami solo così.
Potessi mettere sul tavolo il cuore ogni volta che attacco qualcuno si vedrebbe quanto è grande, quanto batta, quanto sia a sua forma e si faccia casa per accoglierlo, eppure non lo posso fare e allora resta l'attacco, resta la distruzione, l'umiliazione e un sacco di gente che pensa io passi il mio tempo a fare a pezzi le persone migliori che ho accanto quando in realtà sto facendo loro un monumento, perché così sono cresciuto, così sono stato scolpito, così sono fuso nello stampo e diosanto quanto vorrei avere un'altra forma ma non è a mia discrezione, trent'anni non li cancelli solo perché li consideri sbagliati, anche il cancro è sbagliato ma non basta dirlo per vederlo lasciare le cellule.
Vorrei che la gente mi amasse per quello che sono e non nonostante quello che sono, vorrei disegnare questo bisogno in una maniera comprensibile, decifrabile anche da chi ha avuto la fortuna di avere una vita semplice, banale nel senso bello del termine, nella quale lo so che quelli come me sono a forma del nemico e invece no, non sempre forma è contenuto, a volte la forma è nostro malgrado.

Vorrei toccare le persone, ho bisogno di toccare le persone, come si può vivere senza toccare le persone, ogni volta che passo una serata in mezzo alla gente vorrei ci fosse sempre qualcuno al quale dare la mano e tenerla stretta tutta la serata per sentire di esserci.
Ché poi io mi dimentico sempre che quando io scrivo, poi c'è chi legge.


20 novembre 2014

Profumi e balocchi per noi

Torno a Torino dedicandomi al consueto briefing serale con nonna che a cena mi aggiorna sui suoi esami, le sue medicine e relativa nuova posologia aggiornata dalla reumatologa, i programmi per le festività natalizie e le prime cose già cucinate per -come dice lei mentre a novembre cucina per natale- non arrivare all'ultimo, la mappatura dei negozi della zona per trovare al costo più conveniente la renna di luci che quest'anno vuole integrare all'installazione da centoventi chilowatt con la quale dal suo balcone ogni anno dà il suo personale contributo a Luci d'Artista, bollettini medici sulla quota delocalizzata della famiglia, aggiornamento sui progressi post-cataratta, gossip sul parentame, discorsi di microeconomia applicata alla storia del quartiere per stimare le possibilità di successo del bar che stanno aprendo sotto casa, scomessa reciproca sui soldi con i quali la tizia questa volta tornerà a casa da I Pacchi, lei dice sempre "Prendili che poi non ti resta niente" e parla della sua storia, io le faccio sempre eco "Prendili che poi non ti resta niente" e parlo della mia, silenzio che c'è da vedere se nel pacco ci sono i blu o i rossi, dopo il Telegiornale l'unica Dottoressa della quale e con la quale si parla è quella che fa le offerte, chissà se questa volta lo aiuta o lo induce a rischiare e perdere, sarà la seconda come sempre.
Mentre la tensione ci attanaglia e la suspance satura l'aria in cucina mescolandosi alla memoria olfattiva del minestrone e della pizzaiola con purè che ci hanno dato le forze per sostenere il trance agonistico al quale ci abbandoniamo ogni sera fino all'ultimo pacco, l'unica adrenalina che il mio corpo ha prodotto negli ultimi due anni se escludiamo quel tanto breve quanto miracoloso istante nel quale fuori dai finestrini dell'autobus comparve il cartello Città di Castello, prende una fetta di pane e in silenzio con minuziosità certosina crea un piccolo disco perfetto estraendolo dalla mollica a colpi di microeliminazioni del superfluo intorno come Michelangelo i Prigioni.
Creato questo piccolo basamento con una cura che lascia pensare sosterrà non capisco cosa ma a giudicare dalla perfezione di sicuro qualcosa di incredibilmente solenne, nel silenzio della suspance di cui sopra mentre quella in tivvù ride nervosamente dissimulando la rabbia per non aver accettato l'offerta prende il bicchiere di vino e con delicatezza di piuma lo inclina lentamente, lentamente, lentamente, finché una goccia e poi due, lentamente al punto da essere in grado di fermarsi prima che cada la terza con una fermezza della mano che io non ho a quarant'anni, cadono esattamente al centro del piccolo basamento bianco perfettamente rotondo, creando al suo esatto centro una macchia altrettanto perfettamente rotonda di colore rosso.
Seguo in silenzio questa piccola chirurgica operazione chiedendomi cosa diavolo stia combinando, sarà una nuova ricetta, starà facendo esperimenti per i finger food natalizi augurandomi che questo non equivalga alla sostituzione delle alici col bagnetto verde, starà studiando un progetto in scala dell'installazione luminosa esterna che dovrò montarle nei prossimi giorni per dare il via all'annuale gara con il palazzo di fronte, devastato dal dubbio e dall'impossibilità di decifrare un momento così sospeso mi inserisco nel suo spazio e nel suo tempo, alleggerito dalla consapevolezza che se I Pacchi li ha abbandonati lei allora posso farlo anch'io perché sta evidentemente accadendo qualcosa di decisamente più importante:
Nonna ma che stai facendo?
Niente, gioco.
E poi ride.



2 settembre 2014

Ciao da Torino

Uno sguardo all'indietro

"Corazzieri" - gomma su asfalto - Torino 9/2014