31 marzo 2010

Perché ci vuole orecchio

Stanotte, in un momento di innegabile brillantezza, ho riso da solo per mezz’ora a una battuta che io stesso avevo pensato e non riesco a decidere se questa sia una cosa della quale rallegrarmi o no.
Una volta non avrei avuto dubbi e avrei passato la mezz’ora successiva a stringermi la mano.
Nemmeno questa ho deciso se sia una cosa della quale rallegrarsi o meno.
Sono un po’ confuso.
Che, rispetto a un tempo, è già di per sé una forma più sana di certezza e quindi alla fine per un motivo o per l’altro io la mano me la stringo comunque, che male non fa.

Chiude il momento di innegabile brillantezza il pensiero che se la psicologa di mio fratello mi dice ancora che anch’io è il caso che mi faccia vedere da qualche sua collega quando sono tre volte che le rispondo che LO SO, mando affanculo pure questa.

Echeccazzo, dai.
E se non lo sai è perché lo devi sapere… e se lo sai è perché devi far finta di non saperlo perché te lo vogliono dire loro…
Pare di stare in chiesa ma con una che ti dice “Fai solo finta, di essere sordo-muto”
(dai, non è innegabile brillantezza?)

30 marzo 2010

Pitalia

Ecco visto che alla fine quello che la fa fuori dal vaso ma davvero fuori è sempre lui e quindi magari ci casca perché il terreno c’è, non è che qualcuno approfitta del sorriso idiota che avrà dopo stanotte e gli stuzzica un po’ l’ego quel tanto che basta da portarlo a sentire come desiderio impellente quello di pisciarci proprio in faccia salendo su un palco a spalle larghe per aggiungere al danno la beffa dicendoci che anche quella volta là una settimana esatta dopo che vinse le politiche “si, cazzo sì, sono stato io anche in quel caso volevo vedere se funzionava davvero già e non fatemi andare oltre altrimenti sarei severo”?

Eh?
Bersani, che dici, è anche roba tua o ma anche no?

O dobbiamo aspettare il prossimo sanremo per vederti di nuovo alzarti, da solo, stoico, in mezzo a cinquemila suoi compari, pensando di aver fatto una cosa tutto sommato intelligente pure se io pagherei per conoscere quello che te l’ha suggerita, perché o è Rutelli e allora si spiega o tu sei proprio un coglione che quindi lo farebbe una seconda volta?

28 marzo 2010

Exit strategy poll

Stanotte ho sognato che martedì al risveglio tutti i giornali e le tv strillavano che le uniche regioni nelle quali il PdL era arrivato sopra il PD erano quelle nelle quali il candidato era leghista.

Entro le 9 del mattino rilasciava già una dichiarazione con la quale ci informava che dagli uomini delle Ronde per la Difesa dell’Amore e della Libertà di Voto iniziavano già ad arrivare le prime notizie di brogli dimostrati.
Entro le 10 la Difesa aveva già parlato di seggi e urne sequestrate dall’esercito già sul posto da giorni, per i controlli necessari e il riconteggio.
Entro le 10. 55 il Quirinale aveva già risposto chiedendo a tutti di abbassare i toni, non mancando di ricordare a questi tutti chi sia il capo dell’esercito.
Entro le 11 dagli Interni lo informavano che dell’amicizia avrebbero certamente tenuto conto, che un piatto di pasta non si nega a nessuno sopra i sette anni figurati a un amico che torna ogni tanto a trovarli, ma che ora era giunto il momento.
Entro mezzogiorno, un minuto dopo aver consegnato badge e governo, era su un aereo con la cassa e un bel po’ di puttane
Entro le 13 eravamo entrati nel baratro.


26 marzo 2010

Rai per una notte

Guardavo la trasmissione e pensavo che al di là delle idee politiche, dell’uso che si sceglie di fare delle stesse, a sinistra ci sono belle persone.
Non è questione di superiorità morale, di cultura, ma di bellezza nel senso più etimologico del termine.
E mi dispiace fare la parte di quello che fa paragoni, perché non è quello il senso, ma non so come altro spiegare il perché mentre ascoltavo pensavo che non lo so, non lo so davvero se e quanto dall’altra parte del fiume possano sapere quanto alto sia il piacere che si prova quando ci si rende conto di quanta bellezza umana, non politica semplicemente umana, ci sia da questa parte degli argini.
Poco importa in questo discorso parlare di politica, perché politicamente si può persino essere in disaccordo, così come sarebbe sbagliato cercare di convincere qualcuno di una cosa non vera quale sarebbe il sostenere che dall’altro lato del fiume non ci siano persone di spessore politico.
Ce ne sono.
Quello che da quel lato di fiume non potranno mai conoscere è il piacere di sentir parlare di princìpi, di valori (se non in baracconate che sulla distruzione e non sull’arricchimento dei princìpi e dei valori si fondano), di senso critico principalmente, temi che poco o nulla hanno a che fare con il problema economico del momento, con la contesa elettorale del periodo, con lo stesso funzionamento dello stato e molto, tutto, hanno invece a che fare con la struttura stessa del vivere condiviso, dell’essere persone vive, che viene prima, incredibilmente prima dell’essere anche attive.

Ho ascoltato belle persone fare bei discorsi, di quella bellezza che anche se inascoltati la conservano e la spargono perché sono belli su quel livello che lo sono anche se li avessi ascoltati solo tu perché di quel tipo di bellezza che si attiva quando condivisa, non importa con quanti, e che quando condivisa rende migliori entrambi perché entrambi elementi di un totale che dalla somma della accresciuta bellezza reciproca e non dall’elenco delle singole bellezze, trae peso e valore.
Quella bellezza che è il suono, non il contenuto di un discorso, e che per questo non ha bisogno della verifica del contenuto, che pure alla verifica sa aggiungerci soltanto, da non credersi, ulteriore bellezza.
Questo è il motivo per cui certi discorsi non hanno bisogno di battezzarsi Amore, non hanno bisogno di certificazioni che indichino a chi li ascolta quale debba essere la modalità di ascolto perché troppo acritici per autodeterminarlo.
Quando ascolti un bel discorso fatto da una bella persona, lo sai di tuo perché di tuo non hai mai disattivato lo spirito critico che per questo non ha bisogno di indicazioni né di direzioni date da nessun pulpito che non sia il proprio intimo vivere criticamente il quotidiano tutto, in ogni sua minima sfumatura o espressione.

Mi chiedevo mentre ascoltavo emozionato (sì, emozionato) perché a sinistra non abbiano persone di quello spessore, mi dicevo che il giorno in cui la sinistra politica coinciderà con la bellezza formale di chi sa parlare di princìpi spiegandoti esattamente di cosa sta parlando, prima di dirti di averli fatti suoi, allora forse davvero il guado sarà completato.
Oggi non è così.
Esiste in italia oggi una sinistra politica che i princìpi dei quali parla non li saprebbe spiegare e che per questo non copre nemmeno l’uno percento di quella sinistra di pensiero che esiste e che è rintracciabile anche solo chiamandola e dandole parola e che nel suo ostinarsi a non voler spingersi nell’azzardo non dell’ascolto, ché a simulare quello son capaci tutti, ma del farsi portavoce autonoma di quel pensiero al punto da divenirne fonte di elevazione e progressione dello stesso, vede i motivi del suo poter sopravvivere solo all’interno di una macchina di propaganda uguale e contraria a quella che dice di voler combattere.
Se su una cosa Berlusconi ha ragione, quella cosa è che la sinistra politica italiana può dirsi rappresentativa solo finché lui sarà centro di ogni discorso.
E questo, paradossalmente, è quanto è stato dimostrato con la trasmissione di ieri solo formalmente studiata come un attacco a Berlusconi ma nella sostanza volta a portare a galla ciò che il berlusconismo lo tiene in vita e che sta tutto al di qua del fiume.
Non a caso una delle vignette più potenti, dopo quella galattica sui preti “fetofili” che solo in una serata libera come quella di ieri poteva vedere la luce, è stata quella che chiede a D’Alema e quindi alla sinistra di potere, di tacere.

Guardavo la serata felice di vedere il microfono pescare a caso, giornalisti come cassintegrati, trovando da tutte le parti un pensiero attivo e concreto, che emozionava per la sua importanza.
Come la ricercatrice sugli spalti, una di quelle dalle quali ti aspetti la solita sparata estremista da cassintegrata incazzata e sindacalista e che invece rapisce per bellezza e profondità con un discorso che prescinde dal suo problema personale, del quale poco o nulla dice, per spaziare verso quello che è un problema collettivo, prima e più importante qualità di chi è persona bella.
Una ragazza che con la semplicità di chi sente, percepisce e quindi vive se stessa non solo come singola unità privata di singolo diritto, leva che così tanto tiene in piedi l’altra sponda del fiume e tutta la loro propaganda, ma come un elemento di una complessiva società critica, attiva e al momento oggetto di voluta emarginazione, tira fuori il concetto di boicottaggio (delle calze Omsa, se interessasse) come fosse una cosa elementare e quasi sciocca nella sua ingenuità e non la bomba risolutiva più d’impatto che sinistra (politica) non è mai (più) stata in grado di proporre da quando la politica stessa è diventata prodotto da reclame che, in quanto essa stessa prodotto, non può farsi portavoce di quello che forse è l’unico concetto che sa e può essere umano ed economico nello stesso momento e quindi concretamente influente; quel boicottaggio che, se non maneggiato con cura, gli si può rivoltare contro e che in parte già da tempo gli si è rivoltato contro.
Un discorso che si chiude, e solo così poteva chiudersi, con “Citando Monicelli: Buona lotta e buona rivoluzione” senza per questo apparire estremista come le stesse identiche parole avrebbero bollato qualsiasi altro discorso si fosse chiuso in quel modo e che invece utilizzate così, ieri, dentro quel palazzetto di belle persone, suonano come tutt’altro che estremiste perché semplicemente non urlate, perché di cultura.
Monicelli ieri sera ha osato l’inosabile, ha utilizzato e finalmente messo sul tavolo il termine Rivoluzione.
Un termine detonante se lasciato così, in mano al popolo viola di Grillo che pure c’era ma al quale non a caso non è stata data parola.
Ma che il tempo, la platea, la bellezza del contesto, l’assenza di Belpietro principalmente, ha permesso di portare là dove c’è stato spazio e modo di approfondire e spiegare che è culturale, la rivoluzione necessaria della quale si parlava.
Quella più pericolosa.
Quella che è inarrestabile perché critica, non fisica.

Ieri è stata ufficialmente chiamata la rivoluzione.
Dentro un contenitore di bellezza che aveva capito perfettamente di quale rivoluzione si stesse parlando e che per questo non ha avuto paura di pronunciare quella parola, è stata chiamata la rivoluzione.
Davanti a un disorientato, perché preso in contropiede, Floris che forse troppo morbidamente aveva sottovalutato il contesto nel quale aveva deciso di entrare e che per questo ha provato, unico e solitario, in qualche modo a moderare, a ridimensionare, quasi tenero nel suo tentativo di trasferire il timore che il malinteso, alimentato dal bisogno di ossigeno, rischia di essere più forte dell’idea e che per questo il primo avrebbe cannibalizzato la seconda, è stata chiamata la rivoluzione.
Una chiamata alla rivoluzione che oggi mi aspettavo di veder utilizzata da tutta la macchina di propaganda berlusconiana come pistola fumante e che invece, forse perché compresa nella sua portata persino da quella stessa macchina, viene semplicemente e completamente tenuta nascosta al pubblico in quanto riconosciuta come unico e vero pericolo per la sopravvivenza del tessuto mediatico e dottrinale su cui poggia la attuale macchina di governo e di potere.

Se non l’avete vista, non credete a chi vi dice che è stata una trasmissione contro Berlusconi, nemmeno se ve lo dice mostrando il video di apertura, un video così facile e banale che persino io ne sto preparando uno identico da giorni.
Ieri sera Santoro ha semplicemente messo insieme una trasmissione che voleva e ha saputo parlare di senso critico ad un livello alto come non lo si vedeva da anni e come non lo si vedrà, naturalmente, per anni.
Una trasmissione che ha chiamato la rivoluzione non contro Berlusconi, ma contro la dimenticata azione critica che Berlusconi lo permette e che, se non ripristinata, dopo Berlusconi permetterà ciò che peggio di Berlusconi saprà e avrà tutto lo spazio per essere.

Aveva naturalmente la sua battaglia da condurre e per questo ha voluto (e forse dovuto) farne una discussione strutturata sull’impianto della trasmissione tv, quale voleva essere per essere anche formalmente cucita intorno all’oggetto di quella critica.
Ma tolto Cornacchione, che al di là delle due o tre battute centrate si spera prima o poi verrà sostituito nella percezione comune da qualcuno che sappia davvero fare satira su Berlusconi là dove si sentisse ancora il bisogno di chiamarne uno come se il problema fosse affrontabile con la satira, e tolto il Morgan più inopportuno degli ultimi dieci anni (eletto non si sa perché a icona della libertà di pensiero e che come ogni icona smette di essere utilizzabile nel momento stesso in cui si comincia a utilizzarla) sia come contesto che come capacità di calarvicisi, un Morgan che quando ha interrotto uno dei momenti più alti della serata, il discorso di un altissimo Iacona, per non offrire nulla in cambio che anche solo si avvicinasse a quanto di così alto aveva deciso di interrompere, andava semplicemente accompagnato alla porta, una di quelle fuori dalla quale certamente un’ambulanza era in attesa di richieste di intervento, ieri sera Santoro non ha fatto una trasmissione contro Berlusconi.
Ha fatto una trasmissione, un discorso complesso nel senso bello del termine, il cui fine è la riattivazione del senso critico come strumento di contrasto non tanto della sua attuale eliminazione, quanto della futura (prossima) deriva che la sua eliminazione non può che avere come obiettivo o comunque sicuro epilogo anche quando (se) non cercato.

Ha mostrato, sì, le intercettazioni.
Ma quelle intercettazioni non hanno raccontato Berlusconi.
Quelle intercettazioni hanno svelato la macchina che dietro Berlusconi permette Berlusconi.
Ieri sera Santoro ha svelato la macchina.
Nel dialogo tra Masi e Innocenzi, la parte più drammatica non è quella che racconta il contenuto delle richieste dell’imperatore, quelle tutti le conoscevano e davano per scontate, persino tra chi le trova legittime.
La parte più drammatica di quel dialogo, quello che davvero dovrebbe spaventare, è quella in cui l’uno chiede all’altro “Ma con te come è stato?”.
Ed è drammatica perché prima di porre la domanda non ha ritenuto necessario accertarsi, prima, che effettivamente avesse chiamato anche lui.
E se non serviva accertarsene significa che è norma, è chiaro che se ha chiamato l’uno ha chiamato anche l’altro.
Due che come due figli di un padre dispotico si confrontano e supportano a vicenda stabilendo chi dei due oggi le ha buscate di più, chi dei due è stato così fortunato da meritarsi solo una lavata di capo e non la cinghiata alla quale il padre li ha ormai così tanto abituati da darla per scontata.
Questo è stato drammatico ascoltare, più di qualsiasi richiesta censoria.
Ascoltare due tremanti diecenni con i pantaloni bagnati nascosti sotto il tavolino dello studio a chiedersi a vicenda chi dei due verrà punito di più, certi che punizione ci sarà perché evidentemente più che consci del loro ruolo e della loro presenza e soprattutto della loro età (percepita) e conseguente libertà (effettiva).
Questo ascoltare e vedere la testa bassa di chi rassicura il capo non tanto sulla presa d’atto delle richieste, che già a molti appare cosa abnorme, quanto sul fatto che quelle richieste sono talmente introiettate che era già in corso il processo risolutivo utile a raggiungere la soluzione, prima ancora di aver ascoltato la richiesta.
Quel descrivere al capo cosa già si stesse facendo per dargli quanto chiedeva, ancor prima che l’avesse chiesto.
Questa è la macchina rivelata ieri sera.
Berlusconi non deve chiedere, ha intorno una rete di potere e di azione che ha come fine quotidiano quello di sbrigargli le matasse prima ancora che lui le indichi e che per questo, quando chiamata per indicare la matassa, sa già quale fosse e ne aveva già fatto obiettivo di esame e di intervento attivo e risolutivo.
Berlusconi per questo non deve chiedere, la sua unica incombenza è a oggi quella di intervenire quando le matasse si rivelano più grandi di quelle districabili dalla rete da lui preventivamente messa a protezione, deve intervenire per sgridare, per reindirizzare, per minacciare ritorsioni, castighi, merende sottratte, televisione spenta, domenica niente parco a giocare se il letto non è rifatto come in caserma.
E non deve spiegare ogni volta come si fa un letto in caserma.
Se si ritrova ad aver bisogno di farlo, allora è il valore della recluta ad aver bisogno di essere ridiscusso perché la branda corretta la si indica una volta sola nei primi giorni di corso, non tutti i giorni all’alzabandiera.
E questo discuteva, infatti, nelle sue telefonate a forma di cinghia tolta dai pantaloni.
La capacità di autonoma comprensione e conseguente azione, di chi è chiamato ad individuare autonomamente gli ostacoli da rimuovere che non vanno indicati ogni volta, perché se richiedessero suo intervento per essere indicati ogni volta, questa necessità diverebbe essa stessa ostacolo e non soluzione quale è stata pensata per essere.

Berlusconi ha intorno a sé una rete di uomini che anticipano i suoi bisogni e si occupano di portarglieli in dote soddisfatti.
Uomini che si muovono sull’onda della propria miseria umana, prima che politica e professionale.
Uomini che hanno come motore interiore la consapevolezza di chi vede i propri risultati essere legati non al proprio valore, ma alla perpetrazione delle manifestazioni di quello altrui del quale si fanno braccio e al quale giurano fedeltà, una fedeltà che non può che tramutarsi per evoluzione in sudditanza volontaria e ingigantita a ogni mancanza di prova della stessa, perché la sudditanza, quando messa in discussione, non può che trovare nell’accrescimento di sé stessa la dimostrazione della concretezza.
Uomini mossi dall’obbedienza volontaria e precostituita ad ordini che non hanno (più) bisogno di essere formalizzati perché anticipati dall’obbediente stesso, una rete di obbedienza a sua volta sorvegliata non già da chi ne trae beneficio ultimo, ma prima ancora da una seconda rete di potere e di azione, che usa tale potere e tale azione per concretizzare la sua funzione che è quella di sorveglianza della prima rete, costituita da uomini non sudditi ma in questo caso affini, nella forma, negli obiettivi, nella convenienza, nella cultura.
E quando una rete di uomini obbedienti che si occupano di proteggere la persistenza del potere di un uomo solo, viene tenuta solida e in riga dalla sorveglianza di una superiore rete di uomini affini, quel potere diviene inattaccabile perché può permettersi di vedere gli ostacoli a quel suo stesso potere annullati prima ancora che arrivino a confrontarsi con la sua azione.

Ieri sera Santoro ha chiamato la rivoluzione.
Non contro Berlusconi, ma contro le sue reti di protezione, le cui maglie sono quotidianamente riparate là dove cedessero anche di un solo millimetro, da una classe di formiche operaie creata per tener lontano lo spirito critico che ne renderebbe vana l’opera di protezione.
Ieri sera ognuno degli intervenuti ha allargato di un po’ la propria libertà e con lei quella di chi ascoltava.
Si sentiva nell’aria, nelle parole, anche quelle moderate di chi della moderazione fa matrice di lavoro quotidiano, ieri sera erano libere un millimetro di più e quel millimetro alla somma è stato roboante.
Il suono che si sentiva era il suono che solo le persone libere di parlare sanno produrre.
E quando le stesse persone, nello stesso spazio, fanno percepire di esser state un po’ più libere di quanto lo erano quando le stesse persone, nello stesso spazio, andavano sulla televisione nazionale, allora significa che quello spazio definito isola di critica e di libertà, in realtà libera e critica non lo è affatto.
Lerner per un istante ha sollecitato Santoro a utilizzare la scelta di ieri non come singolo esito di una singola lotta, ma come passo di un percorso che ora dovrà necessariamente fare un ulteriore passo in quello che se non sarà un percorso non sarà servito a nulla.
Mentre gli annunciava la proposta di un’ulteriore sfida di livello superiore, per un istante dentro di me ho sperato, sognato, che gli dicesse “E adesso esci dalla Rai”.
Così non è stato.
E invece così dovrebbe essere.
Perché dopo ieri sera, dopo che l’asta della qualità di critica ha saputo elevarsi così in alto, non c’è battaglia che giustificherà un ritorno dentro quei confini che, ribellione o meno, hanno fino a oggi non impedito di mettere insieme le stesse persone nello stesso spazio, ma di sentirli andare così in alto nello spazio della libertà di critica.
Non c’è isola del giovedì sera che dopo ieri sera sarà adeguata a quello che ieri Santoro ha mostrato di poter fare.
Qualsiasi altra forma di libertà rimessa dentro i confini di una televisione pubblica, non sarà la libertà della quale parlavano ieri.
E non ci sarà vasino abbastanza grande fuori dal quale farla, come da annuncio finale, che giustificherà il sacrificio dello spazio di critica offerto ieri, nemmeno di un millimetro di quello spazio.

La tv non sposta voti, è vero.
Così come i giornali che fanno critica vengono letti solo da chi di quella critica fa già guida personale, le tv e le trasmissioni vengono viste da quelli che non avrebbero bisogno di vederle.
Non c’è Berlusconi battibile da Santoro, non c’è venerdì la cui alba può essere modificata dal tramonto del giovedì.
Berlusconi è una generazione ormai spacciata, un paese ormai stratificato a due soli livelli, non sarà mai battuto, non sarà mai abbandonato dai suoi, non sarà mai sconfitto elettoralmente, non sarà mai criticato, soprattutto non andrà mai in galera, anche per questioni d’età.
C’è un senso critico da ricostruire, perché la prossima generazione non sia spazzata via da quanto ha spazzato via la nostra.
E se mia nonna, innamorata di Berlusconi nella stessa maniera in cui lo era del Duce, non si informa in rete, la prossima generazione al contrario lo fa e lo fa da qualsiasi punto di vista parta.
E se la rete fino a oggi ha saputo produrre solo miti di carta uguali a quello che dicono di voler contrastare, è perché quei miti sono stati creati dalla rete stessa, che da sola non può creare che involuzioni della sua parte peggiore.
Diverso è quando la rete torna a essere solo quello che è, un mezzo e non una fonte, un mezzo con il quale veicolare pensieri che non sono stati prodotti dalla rete, un mezzo attraverso il quale sentir parlare uomini e donne che altrove non hanno spazio ma che sono e restano tali perché prodotti da un pensiero critico, non da un mezzo che non può esser critico perché nient'altro che mezzo.

Mia nonna finirà, come pure finiremo noi quarantenni di questa generazione troppo in ritardo per godere dei frutti di una battaglia che pure non ha ancora deciso di iniziare a combattere, perché troppo impregnati noi stessi di quell’edonismo dentro il quale siamo cresciuti e che non era prerogativa di destra, ma che ha impregnato anche quegli stessi centri sociali dentro i quali ci dicevamo alternativi ma dentro i quali alternativi non lo eravamo nemmeno nelle intenzioni perché principalmente incapaci di esserlo nelle azioni.
Quella che può essere spostata è la prossima generazione, non la attuale.
Quella che va spostata prima ancora di, e forse senza nemmeno, spiegargli i perché.
E quella generazione ieri era tutta sintonizzata intorno a quei discorsi, che lo ammetta o meno.
Anche solo per correre nei commenti de Il Giornale a infarcirli delle sgrammaticate manifestazioni di fedeltà che come mai prima d’ora compongono l’orgoglioso esercito della macchina di propaganda berlusconiana e che mai come ora è così ansioso di mostrarsi compatto e nello stesso momento così incapace di capire quanto proprio la compattezza come unica meta da raggiungere e raggiunta la renda così chiusa alla prospettiva di qualsiasi altro traguardo superiore, per quanto meno utile al capo, al quale gli stessi potrebbero paradossalmente essere interessati e persino capaci.
Ieri sera quella generazione si è tutta stretta a maglia, per fare il loro bravo compito e portare all’imperatore la dote.
Li si sposta così, se li si vuole spostare.
Non cercando di portare loro la dimostrazione, ma portando la dimostrazione dove loro, perché acritici, non sanno che la troveranno.
Gli si dica che si parlerà male di Berlusconi, correranno come centurioni romani armati di tutto punto.
Quando arrivati non si parli di Berlusconi, si dia la parola ad una ricercatrice che si dirà pronta al boicottaggio dell’azienda che sta per trasferirsi in Serbia e solo perché il diritto di uno è il diritto di tutti.
Nove su dieci di quei centurioni sono stati licenziati ieri.
Mia nonna non l’avrebbe comunque guardata la trasmissione.
Berlusconi non è battibile e anche lo fosse la sinistra politica non è utilizzabile.
Se obiettivo è raggiungibile, quell’obiettivo è raggiungibile solo ricostruendo e ridando vita a quella parte di paese critica che può solo farsi guida della prossima generazione.
E per fare questo non bastano due trasmissioni, servono dieci anni di percorso fuori dalla televisione e una generazione sacrificata sull’altare di un progresso del quale non godrà comunque nemmeno quando e se raggiunto.
La nostra è già spacciata, noi siamo quelli che Berlusconi l’hanno permesso, anche se pensiamo e ci piace tanto dire di no.
Tantovale.
Almeno avremo fatto qualcosa per scusarci.
Perché se c'è una cosa davvero dirompente che nessuno ha ancora mai osato fare, quel qualcosa non è chiamare la rivoluzione, ma prima di tutto e a monte scusarsi per quello che è stato fatto a questo paese e alla storia che aveva tutte le possibilità di scrivere e invece non ha fatto.
Le scuse di chi poteva e non ha fatto.
Le scuse di chi ha creato il berlusconismo prima ancora che berlusconi comparisse.
E quel qualcuno non è berlusconi né i berlusconiani.
Quel qualcuno sta tutto di qua.
In un sussulto di dignità si spari un colpo in testa lasciando solo un biglietto con su scritto "Scusatemi. Anzi no, scusatemi. Anzi no. Scusatemi. Anzi no. Vabbè".
BANG.


25 marzo 2010

Fiamma di Megalopoli

Quel fatto là del falò di Calderoli, dico.
Mi ha riportato alla mente una domanda che già mi feci ai tempi della nomina, poi sovrastata da altri dubbi ben più grandi come per esempio: Ma Andreotti che fine ha fatto?
Non vuole farsi beccare mentre rotola sulla gobba dal ridere come una tartaruga?

Dicevo, Calderoli, il ministro per la semplificazione, il falò di oggi mi ha riportato alla domanda originaria.
Come cazzo funziona?
Perché d'accordo, il cavaliere fa minchiate a ritmo di sedici/diciotto al giorno, metà sono cabaret e metà robe drammatiche nascoste dietro il cabaret, ma i peggio sono quelli intorno, che fino alla sua ascesa al massimo potevano puntare alla direzione della bocciofila del quartiere e nemmeno tutti causa scolarità assente, e grazie al suo traino si sono trovati improvvisamente catapultati dalla bocciofila a Roma a decidere i destini di una nazione senza passare dal via.

E va bene, nemmeno entrare nella questione "taglieremo i ministeri" e poi ne inventa uno per la rossa di fuoco senza nemmeno degnarsi di inventarsi un bisogno effettivo urgente e nazionale ma dicendo direttamente "Se no chi la sente quella" e tutti giù a votarlo di nuovo quando dirà di nuovo che taglierà la burocrazia perché serve al cittadino perché tanto è così, non deve nemmeno farle di nascosto o mascherarle da cose importanti, può regalare ministeri per non avere noie da "quella" e poi dire che Santoro lo paghi anche tu e non è giusto devi ribellarti insieme e a lui perché non è possibile è un servizio pubblico pagato con i soldi di tutti cribbio.
Il ministero per zittire la Rossa di fuoco no, quello non lo pagano tutti, no no.
Ma vabbè, lui è Berlusconi, può dire qualsiasi cosa, passa tutto come roba da statista e soprattutto all'estero non ridono, no no, che, scherzi.

Insomma, questa roba di Calderoli, il ministro per la semplificazione.
Cioè tu prendi uno e gli dici "Toh, quello è il tuo ufficio"
"E che devo fare?" ti dice lui, giustamente scolarizzato quel minimo per porsi la questione.
"Che cazzo ne so, cancella leggi, fa un sacco semplificazione".

Ecco, dopo un anno 'sto tizio se ne esce con il falò delle leggi, ché mica poteva stare lontano dal palco pure lui e come te lo inventi un palco per un ministero così cretino?
L'istruzione puoi presentare qualche laureato azzurro e una nuova università intestata all'ennesimo componente della famiglia Berlusconi.
L'Interno nemmeno a parlarne, lì i palchi sono montati direttamente da quelli che due minuti dopo vengono raggiunti da foglio di via.
Brunetta vabbé, il palco, non facciamo battute facili, su.

Ma la semplificazione, che cazzo di palco ti inventi?
Un falò.
Di leggi.
No dico: palco per semplificazione = falò di leggi.
Un mix tra genio e primordialità che rasenta la perfezione.
Il concetto di palco più "semplificato" che potesse inventarsi.
E quando cazzo mai li batti questi, in comunicazione?

E lui ride.
E io al suo posto in effetti farei lo stesso.
Dai, trovami un altro ministero del genere al mondo e se lo trovi trovamelo in un paese che corra con le telecamere quando quello si inventa il barbeque delle leggi.
Pure allo show dei record ridono quando fanno la fiamma più lunga del mondo con una sola unica scorreggia, perché non dovrebbe ridere lui che per fare la stessa cosa c'ha l'autobblù.

Allora io guardavo le immagini e leggevo la cifra: 375.000 leggi inutili.
E mi chiedevo se è possibile che un paese veda scomparire in un anno 375.000 leggi senza subire alcuno spostamento in termini di funzionamento e di sistemi di amministrazione.
Poi ho provato a mettemri nella sua testa e mi son dato da solo la risposta: certo, infatti erano inutili.

Vabbè, mi resta il dubbio rispetto alla questione originale.
Come funziona?
No davvero, è una domanda seria.
Al di là della scena pietosa (mai quanto chi l'ha inventato, comunque), come funziona, tecnicamente?
Cioè lui la mattina arriva al ministero, si siede, e comincia a cancellare leggi?
375.000 in un anno circa di legislatura significa più o meno, arrotondando per difetto, più di 500 leggi al giorno.
Manco il tempo di lettura.
Vabbé c'avrà i collaboratori.
500?
Alla faccia del risparmio.
Ma soprattutto tecnicamente come funziona?
Questi si siedono intorno al tavolo la mattina e, dopo il bianchino spruzzato (tradizione veneta, non rompete le balle, io ci ho lavorato due mesi e la mattina non spostavi manco un cavo se prima non ti eri fatto il bianchino spruzzato) cominciano a dar fuoco a pagine del codice a caso per raggiungere il target quotidiano di 500?
No perché di ragionarci sopra e valutare se è il caso, di farlo 500 volte al giorno (ragionare dico, cioè è Calderoli con i suoi 500 collaboratori, ragionare 500 volte al giorno, dico, vabbè) la vedo dura.
E quindi come funziona?
Chi decide quale sì e quale no?
In base a cosa?
E se tra quelle 375.000 ce ne fossero state 1.000 fondamentali per una categoria che, magari a loro starà anche sul cazzo, comunque esiste e ha bisogno di essere regolamentata?
No perché a colpi di 500 al giorno prima o poi qualcuno che non sa più come funziona il suo settore arriverà per forza di cose.
Che gli dicono quel giorno... "Ops"?
Così, chessò, esempio, ti stanno sulle balle gli animalisti, sei il ministro della semplificazione, è un anno che nessuno ti ha mai chiesto niente, tu ridi con la stessa identica faccia, la stessissima, con la quale dicesti a un Mentana che ancora oggi mica ci crede che sia davvero capitata a lui: "E' una porcata" "Prego? Ho capito bene?" "Sì sì, è una porcata" e giù a ridere, e così quel giorno magari cancelli tutte le leggi che impedivano di mangiare aquile reali giusto per avere qualcosa sulla quale sbellicarsi pure quel giorno?

No dai, qualcuno sa come funziona?
Questo davvero può far fuori 500 leggi al giorno senza che nessuno chieda quali sono né perché siano state cancellate?
Cioè tipo come quando ai malati di mente danno da fare tutto il giorno posacenere col Das basta che non girino per il cortile a prendere a testate i lampioni solo che nel suo caso è un ministero e i posacenere sono il codice penale e civile perché essendo tutto relativo se il suo capo si fa scopate da 5000 euro è chiaro che i suoi posacenere non possano che essere i codici che regolano la vita dell'intero paese?

Io comunque a guardarlo così e guardando soprattutto la faccia che c'ha stampata mentre da fuoco alla lucertola alla quale ha staccato la coda, ho l'immaginazione che vola istantanea alla risata che si farà il suo capo ogni volta che viene distrutta un'intercettazione.
Oppure penso un sacco a quei tritarifiuti che nei box di certi palazzi facevano fuori a nastro scatoloni di documenti prima che arrivassero quelli che li avrebbero aperti.

Vabbè insomma qui la questione è che mentre l'uomodimmerda pretende di convincere l'italia che il problema della sinistra è il suo essere schiava dell'appassionato di manette, nessuno si sogna di rispondergli che nello stesso momento lui a questi qui sotto sta consegnando, senza possibilità di opporsi, la metà del paese che tiene in piedi l'altra metà.



(fonte)

22 marzo 2010

Mumble mumble...

"Vi nomino missionari della verità e della libertà per andare a convincere chi ancora non è convinto"

Ma...aspetta...
Religione della libertà...
Partito dell'amore...
Li nomina missionari per andare a convincere...
Missionari della ...verità...
La preghiera del candidato...
Guarirà i malati di cancro...

Mumble mumble...

Quanti erano accanto...?
Dodici?

20 marzo 2010

Quella della settimana

Aveva chiesto a Tremonti un osso grosso da tirare ai cani sotto il palco.
Tremonti gli ha risposto che non ce n'è.

Allora ha scelto da solo.
In questo momento dal palco ha annunciato che sconfiggerà il cancro.
Sul milione di cani è calato il gelo.
Non ce l'hanno fatta nemmeno loro.


Elezione diretta di Obi Uan Kenobi

Lo vogliono uccidere.
Il ministro della difesa non risponderà delle loro azioni.
Chiedono a Maroni di autorizzare a Milano le irruzioni casa per casa senza bisogno dell'autorizzazione del magistrato.
De Corato sposa la proposta leghista e annuncia che passeranno porta per porta per chiedere i documenti a chi ci abita e stanare gli immigrati irregolari.
Distribuiscono sapone per chi tocca un immigrato.
Chiusura anticipata per i bar, phone center e kebab nelle zone dove si ritrovano.
Affiggono manifesti negli androni dei palazzi per segnalare la persona di colore nero che è stata vista aggirarsi.

La Russa in questo momento sta sventolando il tricolore sulle note di Guerre Stellari.
Non sono più il partito dell'amore che vince sull'odio, c'è stato l'upgrade alla forza Jedi contro il lato (o)scuro.
(Update: mentre si attende l'arrivo sulla Morte Nera del vascello con a bordo l'imperatore, siamo a Figli delle stelle di Sorrenti)

Nel frattempo apro il libro di storia e cerco.
Ché io quella cosa del rastrellamento casa per casa a discrezione della polizia senza bisogno di autorizzazione dal magistrato ricordo di averla già letta da qualche parte.
Come del resto tutte le altre cose dell'elenco.
Se non sbaglio il capitolo è lo stesso.
Quello dell'amore, mi pare.

La festa del papà

Nove anni fa oggi, il telefono mi diceva che mio padre se n'era andato.
Nove anni fa domani, il telefono mi diceva che bisognava partire per riconoscerlo.
Nove anni fa dopodomani, il telefono mi diceva che se fossimo andati a riconoscerlo non ci avrebbero garantito l'incolumità.
Nove anni fa tra una settimana, il telefono mi diceva che se non avessimo pagato l'avrebbero buttato in una fossa comune di quelle nelle quali laggiù ogni giorno spariscono gli uomini soli.
Nove anni fa tra dieci giorni iniziavo una battaglia solitaria circondato da una famiglia che rispondeva Lo buttino dove gli pare.
Nove anni fa tra tre mesi da solo la vincevo.
Nove anni fa tra quattro mesi all'aeroporto arrivava una scatola di scarpe con su scritto "volevi tuo padre, eccolo".
Nove anni fa il giorno dopo una lastra di marmo chiudeva la storia di me e mio padre.
Nove anni dopo scoprii che in realtà quel giorno la riaprì dopo vent'anni che era chiusa.
Ho un anno da oggi per chiuderla definitivamente.
364, è passata la mezzanotte.

15 marzo 2010

Mimun habens

Torno a casa giusto in tempo per vedere come oggi il TG5 dava le notizie.
Solo che sono arrivato tardi e ho visto solo la seconda metà, quella nella quale tre servizi in fila mi hanno raccontato, nell'ordine: il percorso per diventare animatori dei villaggi turistici, l'impennata di avvistamenti UFO considerati validi anche dall'areonautica e la questione della data per celebrare la Giornata della Lentezza.
Il secondo (per il nano di merda il primo più seguito negli ultimi 150 anni) tg nazionale.

Io quelli che dicono che l'informazione in Italia non sia peggio che in Zimbawe non li capisco proprio.
Secondo me sono rancorosi perché non hanno passato il colloquio per diventare animatore, non hanno mai visto un Ufo e sono leeeeenti, ma leeeeeeeeeeenti.

13 marzo 2010

Dichiarazione di volontà

Se esiste in Italia oggi un uomo in grado di cancellare Berlusconi e nello stesso momento di far ripartire la storia della sinistra dal giorno in cui morì Berlinguer, quell'uomo è Nichi Vendola.

Disibernatemi quando sarà presidente del consiglio.
Perché prima o poi lo sarà.

Che dovrebbe più o meno essere il giorno dopo quello in cui il PD si sarà levato dai coglioni, come unico esito della presa d'atto della sua reale dimensione.
Umana, prima che politica.

Ma soprattutto dimensione in termini di ostacolo.
Finché l'unica barriera al carrozzone berlusconiano sarà il PD, Berlusconi potrà fare carne di porco di questo paese senza nemmeno alzarsi dal letto.

8 marzo 2010

New economy

Un giorno metterò un'inserzione, vera, e invece della donna delle pulizie, del ghost writer, del personal shopper, chiederò se esiste un Personal Esposer e, nel caso, che tariffa abbia a ore.

Il Personal Esposer sarà quello che prende le cose che io spiego in due mesi di parole e di parentesi utili solo a spiegare le parentesi precedenti e le mette giù in tre frasi dirompenti che lasciano sul posto chi sta dall'altro lato del tavolo e gli impedisce di rispondermi a sua volta con mille giri di parole utili solo a nascondere quelle che il mio personale Master of Dialog War con specializzazione in Mental War ha definito "Zone di debolezza espositiva".

Ché io lo so che è quello, che mi manca.
Non la capacità di esporre, ma quella di farlo in una maniera tale da non far sì che il tutto appaia come sistema per nascondere zone di debolezza concettuale che prontamente vengono prese ad appiglio.

Come quando leggo delle analisi profondissime e complicatissime e, estratto il senso, mi dico che io la stessa cosa la penso da sempre anche se non sapevo avesse quella forma lì né glie l'avrei mai saputa dare perché fosse ascoltata con altrettanto fascino.
Allora so che le cose che dico io arrivano a metà perché perse tra le parentesi, tra i sottolivelli, tra le svolte continue e le divagazioni utili solo a me per riprendere il centro, ma chi mi sta davanti mi ha già lasciato al primo "nel senso", al secondo "mi spiego", al terzo "come", mentre se avessi qualcuno che si occupa della forma, un personale traduttore simultaneo, allora io avrei circa 5 ore in più al giorno di tempo libero, trenta cazzi in meno in culo e un notevole numero di persone in giro consapevoli che qualcosa in fondo hanno perso, o stanno per perdere, o perderanno irrimediabilmente da qui a domani quando sarà troppo tardi.

Ché a me la certezza di avere un contenuto migliore della mia ingarbugliata e logorroica forma, me la da il fatto che le uniche persone che ho accanto, che mi hanno sostenuto, difeso, che lottano con me e per me, che ritengono una perdita e non un guadagno la mia eventuale assenza, non sono persone che come me passano le giornate dentro tonnellate di parole dipinte a forma di sconcertanti e inattaccabili risposte solo per nascondere prima di tutto a sé stessi l'essere incredibilmente impantanati nella domanda, ma sono curiosamente tutte persone che nella vita utilizzano un numero di parole prossimo allo zero.
Sin tesi.

5 marzo 2010

Dopo 3 rhum

L'uomo, inteso anche come la donna, è fatto di alchimie che gli restituiscono un'esistenza fatta di vite parallele, alcune confessate, altre no, alcune volontarie, altre no, alcune consapevoli, altre no.
Io fino a oggi ne ho contate non meno di cinque.
In tutte mi impegno come fossero l'unica.
Se c'è un motivo per augurarmi che ci sia un'aldilà, quel motivo è il fatto che quello sarà l'unico momento in cui capirò qual era quella originale.
Quel giorno scoprirò se avrò amato invano, se avrò sofferto invano, se avrò lasciato andare invano, la cosa che mi pesa di più.
Per il momento in quattro su cinque sono pressoché certo di aver sbagliato tutto.
Nella quinta, quella che oggi mi sembra la principale, non sono certo di avere il comportamento giusto.
Quello che so è che mi sembra il più giusto tra i cinque, il che è per me il massimo raggiunto fino a oggi.

Ho una donna che mentre io, come in questo momento, sono a mille chilometri di distanza nell'ennesima stronzissima stanza d'albergo, mi aspetta a casa.
Senza stare troppo a calcolare, questo mi sembra già abbastanza per darle qualcosa di cui andare fiera che non sia il solo aspettarmi.

Resta l'incognita idraulico egiziano.
E chissà negli anni di stronzissime stanze d'albergo quanti idraulici egiziani sono passati per casa mia.
Il trucco è che li ho sempre messi nelle altre quattro vite, quelle dove sono pressoché certo di aver sbagliato tutto.
Così manco m'incazzo e avviso sempre se l'aereo atterra in anticipo.

Ché nel mio settore di gente sempre in viaggio vige questa regola: se dici che stai via tre giorni, qualsiasi cosa succeda stai via tre giorni.

Mi manca mio padre, mi manca mio fratello, mi manca avere una vita sola senza bisogno di inventarmene cinque per dirmi epico almeno nelle altre quattro.
Cosa si prova ad avere una vita sola, magari banale?

Non ho più voglia di lottare per avere ciò che mi spettava di diritto.
Non ho chiesto io di venire al mondo.
Io stavo bene là dove stavo, nei sogni di qualcuno che mi desiderava e forse, ironia del destino, nemmeno mi poteva avere.

3 marzo 2010

A bruciapelo

Appena finisce il periodo della par condicio, prego perché qualche giornalista con due palle così sotto prenda il microfono e chieda al Cavaliere in conferenza stampa cosa ne pensi della legalizzazione della super patata.

2 marzo 2010

C'è chi si divincola e chi si mette la vaselina

Mentre, tornati da Berlino, sono qui a decidere se impostare il post sulla lista, interminabile, delle cose per le quali sono meglio di noi o su quella, proporzionale, per le quali ci prendono per il culo, mi limito ad osservare che stasera Rai3 risponde alla cancellazione di Ballarò con uno speciale de La Grande Storia dal titolo "La dittatura", mentre Rai1 risponde alla cancellazione di Porta a Porta con il film Ricette d'amore.

Così, son sintesi degne di nota.

Ah sì, su quella lista lì.
Quando ho detto loro che da noi si blatera che questo governo sia il più amato e rispettato anche all'estero da sei secoli a questa parte, l'unico risultato che ho ottenuto è che alla lista delle cose per le quali ci prendono per il culo si è aggiunto un altro elemento.
Lista che peraltro non aveva alcun bisogno di mia integrazione.