27 aprile 2014

Passo delle oche

Dato che "in alto in cuori" come chiosa di ogni articolo e commento M5S reperibile in rete, "Boia chi molla" pronunciato da un parlamentare M5S alla Camera e "Vincere e vinceremo" come chiusura del post di avvio della campagna per le europee sul sacro blog, secondo le migliaia di commentatori M5S dispiegati in rete a portare avanti l'opera di propaganda sono elementi troppo vaghi per poter idenificare con precisione l'area in cui si sviluppa il pensiero politico dal quale Beppe Grillo estrae le sintesi con le quali rendere facilmente assimilabile la sua retorica, vi vengo in aiuto io sollevandovi dalla necessità di decodificare anche il nuovo slogan "Peste rossa" con il quale oggi a Piombino ha battezzato quella sinistra che, come da mantra-ossessivo fondante, la platea accorsa ad ascoltarlo deve considerare origine di tutti i mali.

Nell'usare quella definizione Grillo cita, naturalmente senza saperlo come in ogni altra occasione nella quale si è trovato suo malgrado ad utilizzare il linguaggio dell'estrema destra (e guarda è proprio una sfortuna un comico pesca a caso e involontariamente si ritrova a citare passaggi rintracciabili sempre -e solo- nei discorsi di Mussolini e di Hitler),  "Marschiert in Feindesland", inno di battaglia delle Waffen SS.
Non che la notizia sia di chissà quale portata, nei vostri dialoghi con un M5S questo ennesimo episodio di slogan estratto dalla propaganda nazista avrà possibilità di spostarne il giudizio né più né meno di quanta ne abbiano avuti i tentativi di spiegargli da dove provengano appunto "Boia chi molla" e "In alto i cuori", quindi pressoché zero dato che nella migliore delle ipotesi ha 12 anni e non conosce la storia e nella peggiore è un nazista che della notizia al massimo gioisce, ma magari presi dalla noia e dallo sconforto in questo caso avrete almeno la possibilità di risolvere la questione fischiettandogli il passaggio.

Che in tedesco è questo:

"Wir kämpften schon in mancher Schlacht
In Nord, Süd, Ost und West
Und stehen nun zum Kampf bereit
Gegen die rote Pest
SS wird nicht ruh'n wir vernichten
Bis niemand mehr stört Deutschlands Glück
Und wenn sich die Reihen auch lichten
Für uns gibt es nie ein zurück"

Mentre in italiano è questo:

"Abbiamo già combattuto molte battaglie
A sud, nord, est e ovest:
E ora siamo pronti per l'ultima lotta
Contro la peste rossa.
Le SS non riposano, distruggono!
Perchè nessuno minacci mai più i destini della Germania
E se anche i nostri ranghi dovessero assottigliarsi
Per noi non ci sarà mai ritirata."

La musica invece è questa:


25 aprile 2014

Social netwar

Mentre i bambini invadono i social giocando alla guerra tra partigiani e occupanti, i partigiani fanno social giocando alla pace come bambini.


19 aprile 2014

Uomo di pasqua

Dovevamo essere di più, potevamo essere di più, la cena era per noi: nonna io mio fratello e tutto il nostro mondo intorno che gira ogni giorno e che fermare non potrai.
Io ci provo a convincerla che quando dice che verrà poi non verrà, ma lei ogni volta riparte da capo, l'annuncio, l'attesa, la preparazione, la spesa, l'attesa, la cottura, il dubbio, la certezza, la dissimulazione del dolore, verrà domani, mi ha detto che verrà domani, allora verrà domani.
Il venerdì santo non si mangia carne, si mangiano asparagi con le uova, si beve vino, si mangia il baccalà che non è salato e non è dolce, sei ancora in grado nonna, dopo i primi anni (mammamia, sembro arrivato ieri e invece posso già dire Dopo i primi anni) a guardarmi come una porcellana mi ha consegnato la confidenza di chi si riconosce progressivamente meno capace bisognosa quindi di un food tester affidabile e io quello faccio, facendo finta di non aver capito che è solo una strategia per avermi sempre a cena, ieri ho testato il sugo, era buono, l'altro ieri le melanzane, erano buone, domani vedremo se sarà ancora capace, io devo dire se è buono e il patto è che sia sincero, lo rispetto, quando sbaglia lo dico, riconoscerlo ogni tanto rende tutte le restanti approvazioni esenti dal dubbio che siano sincere e poi che cavolo di patto è, cos'altro potrei essere se non sincero, sono ormai più o meno sei anni che ho smesso di essere capace, o vogliamo dire disposto, a essere altro che sincero su questioni esistenziali che mi hanno riscritto il dna, sarò ben capace di esserlo su una pasta che - Com'è il sale? - Aggiungilo - tipo quanto? - tipo come ti fossi dimenticata di metterlo - allora forse mi sono dimenticata di metterlo - però vedrai che buona l'ho fatta senza un goccio d'acqua, solo uova e farina solo per noi due.

Sta accadendo un processo che so dire naturale pur essendo una cosa per me così nuova, sto assistendo in scala quotidiana, a distanza metro, a quello che fino a qualche anno fa definivo invecchiamento umano senza aver mai effettivamente avuto esperienza diretta di che forma avesse, che tempi avesse, che metamorfosi provocasse, mani che aprono solo cose già aperte, il doppio del tempo per la metà della strada di sei mesi fa, la memoria breve che libera spazio progressivamente occupato solo da quella lunga e non ricordando di averlo fatto ieri mi dice che la pasta è scritto cuoce in dieci minuti e invece ce ne vogliono di più e al mio Ma ti ricordi che questa cosa la dici ogni sera uguale il suo candido e disarmato Se me lo ricordassi non te lo direi ogni sera, sto invecchiando, accade così, e così racconta ogni giorno gli stessi episodi di mille anni fa con la fedeltà di una fotografia della quale la rinnovata esplorazione mi offre ogni giorno un altro dettaglio, un altro colore, un altro profumo, che macchina incredibile che è la mente.
Un momento di vita pazzesco per me, vissuto in equilibrio sul filo di rasoio che separa la gelida consapevolezza di vivere un tempo in via di conclusione, dalla calda sensazione di essere protagonista di una delle fasi più belle della vita di una persona, quella in cui l'anima finalmente si concede per la prima volta allo sguardo di occhi diversi da quelli del proprio intimo grazie alla progressiva caduta di tutte le sovrastrutture dentro le quali ci si è protetti fino al giorno prima per l'intera esistenza data la scomparsa della capacità di utilizzare gli strumenti fino a quel giorno usati per tenerle salde, sovrastrutture così tanto tagliate giorno dopo giorno, ogni singolo giorno della vita che contemplasse l'idea di domani da proteggere, a misura di ciò che si voleva, o doveva, proteggere da diventare esse stesse bisognose di protezione e per questo a loro volta dipendenti da un ulteriore involucro che le preservi e quell'involucro non sarà altro che la nostra biografia.
Una biografia come tara del netto anima, quindi, occultata da così tanti strati protettivi da essere privata della possibilità di entrare in contatto con il mondo esterno e quindi di incidere su quella nostra biografia abbastanza da poterla dire davvero nostra quando in realtà sarà la cosa meno nostra che avremo vissuto, noi siamo il netto e siamo il mondo oltre l'involucro, la biografia è una scatola.

Io sto partecipando all'emersione naturale dell'anima, al suo entrare in contatto con il mondo esterno grazie all'assottigliarsi progressivo dell'involucro e mi trovo nella condizione di essere quel mondo esterno con il quale entra in contatto in maniera ogni giorno più vicina alla matrice originale e faccio fatica a dare una forma nei miei pensieri a questa esperienza, io che ho così tanto bisogno di delineare qualsiasi cosa mi riguardi per poterla misurare e così gestire, ma quello in cui sento isintivamente di trovarmi, a prescindere da quale forma abbia, ha certamente la massa dell'esperienza più alta che io sia riuscito a realizzare nella mia biografia.
Che quindi, in una contemporaneità così simile alla simbiosi, è a sua volta resa più sottile, perché non necessaria, al punto da essere quasi fuoriluogo e per questo messa in secondo piano perché biografia e anima non si potrebbero parlare, non si capirebbero, biografia e biografia sì ma le nostre si sono separate così a lungo da non comprendersi più, anima e biografia no ma sarebbe comunque un'occasione persa, anima e anima sì e quello sta quindi accadendo, perché l'emersione della sua sia accompagnata è necessaria l'emersione della mia e non so in quale altra maniera io sarei mai riuscito a mettere da parte la mia biografia per partecipare all'anima di un'altra persona che non fosse un figlio, che non fosse un fratello, che non fossi tu.
Quello che so è che sento di essere protagonista di un privilegio e non solo per il valore sostanziale dell'anima alla quale sto assistendo, sul quale si potrebbero scrivere interi libri e ugualmente mai basterebbero a rendere davvero l'idea di quanto sia inestimabile, ma anche perché nell'imporre per necessità l'emersione della mia mi sta offrendo l'occasione di fare ciò che mi sarebbe stato altrimenti impossibile fare e cioè far entrare la mia anima in contatto con il mio mondo esterno e così cambiare, per la prima volta nella mia vita, la mia biografia.

Trovare il mio baricentro era un processo che sapevo essere davvero complesso proprio per il corso di quella biografia, lo sapevo quando decisi di venire a Torino anche se non ne avevo previsto le complessità che nel tempo hanno richiesto molto lavoro e molta pazienza, ma questo è esattamente quello che avevo intuito avrei trovato una volta tarato bene quel processo.
Ci sono voluti errori, altri errori, sofferenze, difficoltà, disorientamento e paura, ma non ho mollato perché sapevo che solo qui e solo così avrei davvero portato la mia anima a stabilire la mia biografia e mai più viceversa.
Oggi sto bene non perché mi accadano cose belle, sto bene perché mi riesce enormemente facile tollerare quelle brutte perché appartenenti alla biografia e non all'anima e la biografia oggi so essere solo un contenitore e lo so perché sto assistendo alla rivelazione di quanto possa essere distante e diverso dalla reale forma del contenuto.
E' come se il tempo avesse trasformato la sua scala riducendola fino al necessario, il qui e l'ora, e qui e ora io sono esattamente quello che sono perché sto partecipando a un mondo che è esattamente quello che è, senza sovrastrutture, senza protezioni, senza difese e per questo identificabile nell'essenza stessa del concetto di purezza.
Stiamo quotidianamente toccando la purezza nella sua essenza più naturale, quello che senza timore di esagerare mi sembra davvero il senso della vita o la cosa che più gli assomiglia, con la differenza che a lei sta capitando al termine della sua biografia, a me lo sta facendo fare quando ancora ne ho metà da scrivere.
Che regalo più grande si può ricevere da qualcuno che in quella prossima metà non ci sarà, se non il mostrarci chi possiamo essere dandoci così la possibilità, e la responsabilità, di scegliere?

Stasera era triste, non c'era mio fratello, e anch'io ero triste per questo, perché sarebbe stata una cosa bella e se oggi mi è facile tollerare le cose brutte è perché la tristezza la regalo all'assenza di quelle belle.
Da solo non sarei mai riuscito a capire l'esistenziale differenza tra quei due modi di accettare la vita.
L'ho abbracciata tenendola a lungo e le ho detto che le voglio davvero bene, mi ha risposto che anche lei mi vuole davvero bene.
Così, senza altri orpelli.
E l'essenziale diviene visibile agli occhi.


17 aprile 2014

Coefficiente di Penetrazione

Dopo aver ponderato molto i pro i contro ma soprattutto i che me ne faccio, la settimana scorsa approfittando di una congiuntura economica che possiamo definire decisamente favorevole, ho deciso di fare quello che sporadicamente, ma molto sporadicamente faccio: mi sono fatto un regalo.
Per regalo sporadico si intende uno di quegli acquisti normalmente evitati a causa del fatto che l’oggetto del desiderio non appartiene alla categoria di beni che uno compra per sfizio o a seguito di un pensiero di qualche secondo.
C’è insomma che a dispetto di una professionalità che mi offre una disponibilità economica che onestamente, e per rispetto di chi al contrario lo è suo malgrado, non posso certo definire da persona costretta al risparmio, non sono mai stato uno che spende in maniera superficiale se non per fare regali alle persone alle quali voglio bene, per le quali sono capace di spendere cifre assolutamente sproporzionate rispetto all’esigenza e per fortuna in pochi casi rispetto alla persona stessa, per poi comportarmi esattamente all’opposto quando il destinatario del desiderio soddisfatto sono io stesso, al quale regalo una cosa ogni due anni e dopo averci pensato per non meno di tre.
Un processo a seguito del quale ogni desiderio viene in sostanza tenuto lontano dal rischio di vedersi realizzato, dal semplice fattore temporale in base al quale nel momento in cui la ponderazione sembra avviarsi verso una soluzione positiva, l’oggetto della stessa è ormai superato da una sua versione migliore che fa ripartire da capo il processo.
Viceversa quando il destinatario è persona a me cara anche chi se ne frega della ponderazione, anzi in quel caso il fattore tempo procede esattamente al contrario dal momento che il mio desiderio non è più la realizzazione del mio desiderio ma la realizzazione di uno altrui e lì anche subito, anche ieri, si potesse (tornare indietro).
Ché poi sembra si stia parlando di chissà quali beni di valore, chissà quali oggetti di lusso da ostentare in chissà quali occasioni mondane.
Io, che sono mondano quanto mia nonna e che per una tutt’ora inspiegabile distorsione delle leggi della fisica sono credo l’unica persona al mondo a essere riuscito a fare regia nonostante nel mio guardaroba non sia mai comparsa una dicasi una pashmina, accessorio che nel mio settore è divisa d’ordinanza nonché segnale distintivo atto a separare e quindi identificare senza ombra di dubbio chi appartiene al girone di chi è pagato per dare ordini dagli appartenenti a quello delle maestranze pagate per eseguirli.
E invece si sta parlando di regali come questo, il padre di tutti gli utensili, una vera e propria cassetta degli attrezzi tascabile che è oro per chi come me ha la passione per i lavoretti manuali e per le riparazioni casalinghe e che nonostante un prezzo non certo proibitivo ho ugualmente inseguito per anni prima di decidermi a regalarmelo per natale, dopo aver capito che o me lo regalavo da solo o avrei potuto continuare a sognarlo per altri dieci anni.
E insomma è così, se uno mi sentisse parlare del mio concetto di valore si aspetterebbe di vedermi concludere tirando fuori un orologio o, chessò, una giacca di pitone muschiato e invece me ne esco con una pinza e un cacciavite tascabili e avessi visto la gioia quando è arrivato.

Tutto questo per dire che la settimana scorsa, dopo aver passato mesi a leggere i famosi depliants di ogni negozio di elettronica all’inseguimento del motivo per cui ancora non fosse il momento, una notte alle tre ho chiuso la questione e in stato di semi-trance ho digitato in gùgol per cercare il prezzo migliore, ho scelto il sito, mi sono iscritto e in tre minuti totali mi sono comprato questo, contento di poter finalmente contare su prestazioni e strumenti facilmente presentabili come "Eh ma ora finalmente ci si può anche lavorare eh"
Perché quando sono in viaggio leggere le notizie sul telefono la mattina a colazione non è proprio comodissimo, ma soprattutto perché è un giocattolo e ogni tanto anch’io me li posso concedere.
Allora in quest’ultimo viaggio da cui sono tornato stasera me lo sono portato dietro e tutto contento mi sono messo a capire come funziona quella cosa carinissima che è la rivista personale, null’altro che un aggregatore di notizie ma fatto a forma di rivista sfogliabile che, diciamolo, effettivamente la rende un po’ più calda dei soliti aggregatori da computer, facendola apparire come una vera e propria rivista e dando quindi la sensazione di non aver ceduto al fascino dell’elettronica pur avendo di fatto scavalcato esattamente quel confine lì.
E passa la prima mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
Passa la seconda mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
I temi, i toni, gli argomenti, qualcosa non torna.
Scopro che è personalizzabile, che la versione che di fabbrica viene fornita customizzata sull’utente di riferimento è successivamente personalizzabile attraverso la selezione delle categorie che si vogliono avere a disposizione.
Che quindi posso eliminare tutto lo sport, tutti i motori, tutta la moda e posso riempire ogni spazio libero con le mie passioni e cioè notizie e politica.
Elimino quindi le voci e mi resta la categoria Notizie e politica.
E passa la prima mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
Passa la seconda mattina e mi leggo le notizie e qualcosa non torna.
Un aggregatore che sembra in realtà un’unica testata per linguaggio, per argomenti e per sintesi.
Scopro che la personalizzazione non si ferma agli argomenti, ma gli stessi offrono un sottolivello di customizzazione nel quale si ha la possibilità di selezionare le fonti dalle quali l’aggregatore pescherà le notizie e apro il menù Politica nel quale c’è l’elenco, fisso, di fonti tra le quali scegliere.
Le cui prime cinque in elenco sono, nell’ordine:
Ansa
Blog di Beppe Grillo
Cado in piedi
Il Fatto Quotidiano
Il Fatto Quotidiano su Youtube

Capito?
Cioè tu compri un tablet, anzi il tablet più venduto oggi, e le notizie di politica a meno che tu non ti faccia tutto il percorso per andare a cambiare le impostazioni ti arrivano principalmente da quelle cinque fonti lì che, credo sia superfluo sottolineare, sono tutte (tranne l’ansa che pare messa lì solo per non far pensare di averla fatta proprio sporca sporca) in maniera più o meno diretta anelli di una catena alla fine della quale trovi una rete di utenti riconducibili alla stessa società che come core business ha la gestione di imprese sul web finalizzate a capitalizzare il traffico, nonché da un paio d’anni a questa parte anche partiti politici di ragguardevole dimensione.

Capito come funziona?
Quei cinque siti lì spediscono notizie di politica su tutti i tablet di quella azienda lì venduti oggi in italia e chiunque usi uno di quei tablet per leggersi la politica la mattina a colazione, legge la politica principalmente per come la intendono e soprattutto raccontano loro.
E questo vantaggio qui sulla concorrenza non lo porti a casa con duecento euro.
Per convincere il secondo venditore mondiale di tablet a legare la propria immagine a quei cinque siti lì, di soldi sul tavolo gliene devi aver messi tanti, ma proprio tanti.

Tutto questo per dire che io ci penso i mesi, guardo prezzi, sfoglio offerte, ci penso e ci ripenso, mi convinco e cambio idea, mi dissuado e mi persuado, per poi trovarmi a decidere di comprarmi il mio giornale personale finalmente a mia misura e vedermi andare di traverso il caffè nel momento in cui ogni mattina a farmi ciao ciao è da una a cinque foto di Beppe Grillo che ha detto questo, ha fatto quest’altro, ha minacciato quest’altro ancora e l’unico modo di evitarlo è non aprire quella rivista.
Si arriva così a fare il 30% dei votanti partendo da zero.

10 aprile 2014

TBO

“Motiverò i disabili a riavere speranza, voglio aiutarli a trovare nuovi stimoli”


6 aprile 2014

Confesso

Passeggio al mercato nel solito giretto del sabato con la mia borsa da dieci chili di spesa.
Il mercato è fatto in modo che il passaggio centrale sia un fiume di persone che fa fatica a procedere, anche a causa del fatto che non pochi utilizzino quel ristretto canale come personale salotto nel quale intrattenersi a chiacchierare Signora mia con il vicino di casa (farlo sul pianerottolo pare brutto?) come non ci fossero decine di persone che devono saltare sulle bancarelle per superare l'ostacolo del loro andare al mercato a fare public relation portandosi dietro l'intera famiglia nonni zii parenti badanti e non meno di sei bambini tutti sul loro passeggino d'ordinanza addobbato con tutto il necessario per i dieci minuti fuori casa come manco le Jeep alla Parigi-Dakar.
In senso contrario passa una signora, avrà una sessantina d'anni, un uomo, avrà quarantacinque anni mani da muratore e sguardo da grillino, accanto a me inverte la direzione, torna indietro, la ferma e le dice di aver sentito cosa lei gli ha detto dopo che lui inavvertitamente l'ha toccata procedendo nel fiume di gente.
I miei sensi di ragno mi impongono di fermarmi con loro.
Le va con la faccia a dieci centimetri dalla sua e le dice che questa volta le è andata bene ma se si permette un'altra volta di dirgli quello che ha detto, la prossima volta le gira la testa con un pugno.
Capisco che la scintilla è partita, metto giù la borsa e mi fermo accanto a loro a seguire la scena pronto a intervenire se dalle parole passa ai fatti anche solo prendendole un braccio, cosa che per non si sa quale scintilla di lucidità sembra riuscire a impedirsi di fare.
Seguo l'intera scena, la signora è di quel genere che a Torino è incontrabile con discreta frequenza e cioè quel genere di signora tutt'altro che gentile, tutt'altro che educata, tutt'altro che femminile, ai semafori di torino è più probabile incontrare signore inguainate in pantacollant leopardati infilati in stivali camperos che menano camionisti tenendo il ritmo dei pugni cantilenando bestemmie che il contrario, ma tant'è quella sempre una signora è e sempre sessant'anni come minimo ha e a una signora con quelle caratteristiche non vai a un centimetro dalla faccia minacciandola di girargliela con un pugno.

Parentesi.
Io non sono propriamente uno di quelli che se si ferma fa da argine, non intimorisco manco i dodicenni sull'autobus, peso venti chili e si vede lontano un miglio che mi abbatti con uno starnuto.
Ma sono nello stesso momento uno di quelli che in caso di necessità si è sempre fatto argine e, per non so quale legge della fisica, tutte le volte che si è messo in mezzo è sempre riuscito a prevalere senza portare a casa mai uno schiaffo (e forse è questo che mi inganna e mi porta a intervenire, perché la prima volta che lo prenderò serio lo prenderò con tutta la sua potenza e forse da quel momento in poi ci penserò due volte) e anzi riuscendo a fermare persone che per potenza e dimensione le stesse forze dell'ordine faticavano a contenere.
Sono uno di quelli pessimi, di quelli che non si muovono per superiore potenza ma per il contrario, quelli che pur consapevoli dell'inferiorità si muovono solo sulla base di un principio di giustizia, quella leva che annebbia la lucidità e fa sentire potenti e invulnerabili perché protetti dalla giustezza dei pensieri, una follia che prima o poi verrà interrotta dalla realtà che non so quanti anni ancora avrà voglia di darmi ragione.
Ho fermato mafiosi con la stessa polizia che mi suggeriva di non mettermici contro, ho fermato skinheads che erano il doppio di me sia in altezza che in larghezza e solo fissandoli negli occhi, occhi che quando spinti dalla ragione non lo so che forma assumano ma certo fino a oggi devono esser stati davvero imponenti perché hanno sempre prevalso, nei miei periodi di più alta esaltazione ho persino sedato risse nei locali sollevando di peso persone come sempre più grosse di me e buttandole fisicamente fuori lanciandoli sul marciapiede e forse è questo che mi rendeva efficace, la capacità di piegare le stesse leggi della fisica, ho fermato un uomo che in strada stava menando la sua ragazza semplicemente dicendogli "Meglio a me che a lei" alla sua minaccia di darle pure a me e nonostante il giorno dopo un'amica comune (di lei) mi abbia confermato che aveva ragione lui e che lei vuole che lui la meni.
Quelli come me sono il peggio, perché siamo quelli che non si girano mai dall'altra parte non per proteggere i deboli, che nella stragrande maggioranza dei casi sono comunque più forti di noi e pensa cosa mai potrai fare per proteggerli, ma per combattere la propria personale battaglia contro quel sé stesso che si sa essere debole, fragile, che se la farà sotto e non in senso solo letterale la prima volta che incontrerà, perché per quelli come me è solo questione di tempo, qualcuno che non si farà convincere dagli occhi Jedi, quelli che quasi se le cercano le occasioni per intervenire solo per dire al mondo "Ehi guardami! guardami anch'io posso proteggere i deboli!", siamo il peggio, fanfaroni che offrono a chi sta loro intorno più danni che soluzioni.
Ma siamo anche quelli che quando la personale asticella viene superata non li fermi manco con le cannonate e la mia personale asticella è sempre stata le persone che amo e ogni volta che nella mia vita qualcuno si è avvicinato minacciosamente a una persona che amo, quella persona non l'ha fatto una seconda volta.
Chiusa parentesi.

Sono fermo accanto a lui pronto a intervenire e nel frattempo non ascolto ciò che le sta dicendo ma, come sempre, mi ripasso nella mente ciò che gli dirò nel momento in cui deciderò che è il momento di intervenire e prendo le misure del fisico per capire da che parte aspettarmi il colpo, particolarmente concentrato su mani che da sole pesano quanto tutto me e che misuro bene essere sufficienti per risolvere a suo favore se riuscirà a portarne una al mio volto anche una sola definitiva volta.
Ma dalla mia parte ho il fatto che è più basso anche se massiccio come un blocco di cemento di quelli da posto di blocco e il ricordo di cosa mi disse il carabiniere che si occupava di proteggermi quando mi misi contro il mafioso "Tu in quel momento cambia lato della strada e lascia fare a noi, quelli grossi fanno solo più rumore quando cadono e cadono perché più sono grossi e più sono lenti" e così misuro l'altezza delle gambe sapendo che dovrò entrare lì facendolo il più velocemente possibile e pronto a fuggire via appena fatto perché la gente non veda i pantaloni bagnarsi.
Mentre mi faccio questo film lui conclude la sua scena e riprende a camminare senza averla toccata, lei riprende la sua direzione con la stessa faccia di prima, io mi metto a camminare accanto a lui seguendolo e continuando a misurarlo, pronto al momento in cui avesse voluto comunque portarsi a casa la sua rissa quotidiana ormai assaporata dopo aver notato che 'sto scemo non solo si era fermato ma lo seguiva pure.
Stavo continuando la mia battaglia con me stesso, non me ne fregava più nulla della signora, ero io il problema, era lui il problema, quasi mi auguravo che mi notasse perché anch'io ero rimasto a bocca asciutta in tutto quello.
Lo seguo, lo anticipo, lo supero, torno indietro e gli sto accanto ancora una cinquantina di metri, poi lo perdo e torno a casa a mani vuote, ma intere.
Torno a casa e dico a me stesso che di nuovo sono stato pronto a intervenire, di nuovo non mi sono girato dall'altra parte né sono passato oltre.
Passano dieci minuti e l'adrenalina sfuma via lasciando spazio alla lucidità, quella che mi fa rivedere la scena e mi fa vedere che sono stato fermo mentre un uomo di cemento minacciava una donna di paglia di girarle la faccia con un pugno e io non sono intervenuto perché impegnato a dirmi forte, a dirmi capace, a dirmi invincibile e a trovare un modo per controllare la vescica che già mi stava salutando al solo mio ipotizzare i vari possibili interventi.
E ho ripensato a quel fatto là che quelli come me, quelli aggressivi a parole, così eccitati dalla vittoria dei confronti verbali, dei duelli della logica, arroganti e sprezzanti a parole, stanno fermi quando c'è da intervenire fisicamente e in quella scena non c'era da intervenire solo se l'avesse toccata, perché la violenza era già nella minaccia non solo nella sua concretizzazione, perché la paura di quella signora era il fine e il fine era raggiunto con la violenza verbale, quella in cui io sono maestro e io invece l'ho guardata svolgersi senza fare nulla.
Sono uno di quelli che di persona ha paura e interviene solo quando è davvero necessario, sì, sono uno di quelli che nel restante novanta percento dei casi è quel che si dice solo chiacchiere e distintivo e quindi uno di quelli che si porta addosso la colpa, tutta, del fatto che uomini come quelli possono minacciare donne anziane senza che nessuno intervenga e quando dovete dare un volto a quei nessuno metteteci pure il mio che sarei intervenuto subito solo se quella donna fosse stata mia nonna e che quindi per quella donna sono stato nessuno intervenuto, esattamente come quelli che poi a parole descrivo come il peggio di questo paese.

Tanto dovevo all'onestà.
Almeno quella qualità posso vantarla.



1 aprile 2014

Swan

Mario Bros da grande faceva l'attore, faceva lo speaker, faceva le mostre, faceva l'amante, faceva tutte le cose che si fanno quando si è belli, quando si è eleganti, quando si ha la voce profonda, quando si è capaci di portare il mondo ai tuoi piedi senza chiedere nulla, finché.
Finché il mondo una notte di tanti anni fa decise che quel confine oltre il quale c'è il punto di non ritorno era troppo vicino per non essere visto e allora sarà stato il buio, era notte, sarà stato l'alcool, era tanto, sarà stata la fatica, era decennale, ma quel confine non lo vide proprio e non solo per il suo essere segnalato poco e male, così quel punto di non ritorno venne oltrepassato quella notte in cui la vita improvvisamente nel giro di pochi secondi e pochi metri prese di peso Mario Bros lo sollevò in volo gli fece vedere tutto dall'alto e poi, lasciandolo andare, in un istante gli tolse tutto.
Anzi no.
Gli tolse quasi tutto.
Gli tolse la voce profonda, gli tolse la bellezza,  gli tolse l'eleganza, gli tolse gli strumenti, tutti in un colpo solo, ma non gli tolse sé stesso, quasi a dirgli Così basta, se vuoi in un altro modo potrai, ma non sarà mai più così e adesso impara un altro modo se sei capace.

Sono passati più di dieci anni nei quali Mario ha guardato Mario Bros stare in equilibrio su quel filo sotto il quale c'è il vuoto senza andare né avanti né indietro, immobile in mezzo al vento, alle tempeste, agli oggetti lanciatigli addosso e lui sempre sul filo in attesa di fare un passo, Mario a chiedersi come facesse a non cadere e cosa aspettasse a fare il passo quel Mario Bros che Mario sapeva capace di qualsiasi passo, Mario a sbagliare a fare il tifo quando era necessario il silenzio e a stare in silenzio quando era necessario fare il tifo, Mario raramente non sa quale sia la cosa giusta e quale sia il momento giusto ma con tutti tranne che con Mario Bros con il quale è riuscito a sbagliare quasi sempre sia la cosa che il momento e per questo Mario gli stessi anni li ha passati su un filo parallelo altrettanto sottile, altrettanto sospeso sul nulla, a cercare di stare in equilibrio anche lui ma finalmente non per emulazione bensì per ammirazione e, dopo i primi anni interamente sbagliati, in silenzio.

Esiste una sola persona al mondo di fronte alla quale Mario ha imparato a stare in silenzio e quella persona è Mario Bros e vanno a cena, escono, si incontrano e finché Mario Bros non parla Mario non parla, se Mario Bros sta in silenzio Mario sta in silenzio e Mario Bros l'altra sera dice a Mario che accadrà una cosa che non accadeva da più di quindici anni e che quella cosa lo spaventa, lo spaventa tanto ma la vuole fare e dice a Mario che vorrebbe lui ci fosse, che vorrebbe saperlo seduto in sala.
Mario ci sarebbe andato anche a piedi e infatti ci è andato a piedi convinto di essere solo e invece c'erano tutti e ognuno di noi ha messo in pausa la sua vita e le sue guerre per essere lì, tutti, insieme, o quasi, e per una volta siamo stati tutti nello stesso posto con il destino a occuparsi di farci sedere così come ci vogliamo bene, i più vicini vicini il più lontano lontano senza che nessuno l'abbia dovuto far accadere, ma tutti lì, tutti un po' commossi, tutti impegnatti a non farlo vedere, ciascuno con i suoi dieci anni dentro il cuore e forse più paura di lui ma pronti a saltare sul palco e salvarlo se il mondo gli fosse crollato di nuovo addosso.
Non gli è crollato addosso e Mario si ricordava di cosa gli disse Mario Bros chiedendogli di esserci e lo disse a tutti gli altri che Mario Bros dopo voleva essere lasciato ai suoi amici, di non aspettarlo, non l'abbiamo aspettato, se non per tutti i dieci anni precedenti e cos'era un minuto in più o in meno, ha chiesto di lasciarlo, lasciamolo, saprà tornare a casa, se vorrà.

Mario non voleva stare da solo quella sera ma tutti erano da soli quella sera, insieme ma ciascuno da solo, e allora torna in albergo da solo, va a mangiare da solo, Mario Bros diceva di non voler stare da solo quella sera e invece torna a casa da solo, a mangiare da solo, ciascuno degli altri torna a essere quello che siamo sempre stati tranne quella sera e cioè tanti da soli, mentre Mario entra in albergo saluta il custode che gli dice Mario vuoi il riscaldamento? No grazie, davvero a posto così stasera, entra in camera, gli suona il telefono, è un messaggio, è ora della femmina quella e Mario si veste da risponditore di messaggio della femmina e prende il telefono e apre il messaggio e non era la femmina, era Mario Bros che come sempre parla per per primo e scrive per primo e scrive una delle cose più belle che Mario Bros abbia mai detto e l'ha detta a Mario, di notte, dopo quel palco, dopo quindici anni di silenzio o del suo opposto sbagliato, dopo l'inferno, quattro parole e il mondo intero dentro, era tardi ma voleva dirgliele, non parla mai Mario Bros se non vuole dire una cosa in quel momento e per questo non era tardi, non è mai tardi, è stata la cosa giusta, è stato il momento giusto, Mario Bros li ha sempre saputi scegliere meglio di Mario e nessuno saprà mai cosa c'era scritto, nessuno, mai, solo Mario, che le ha sempre sognate, e Mario Bros, che non le aveva mai dette.

Nessuno riuscirà mai a separarci, nessuno.
No, non erano queste le parole, queste sono quelle con cui io sono andato a dormire.
Ho paura disse a Mario il giorno prima.
Anch'io, pensò Mario, da sempre, ma poi alla fine il mondo continua ad applaudirci e noi siamo ancora in piedi a testa alta, senza mai perdere quella paura così che ogni giorno allo specchio possiamo ricordarci coraggiosi, pronti a cadere da qualsiasi altezza ma fieri, per scelta, quelli come noi possono cadere solo per scelta.

Quanto era grande su quel palco.
Pesantissimo eppure volava.
E noi con lui.
Ciascuno all'altezza dei propri intimi sogni.
Quando dopo questi quindici anni quello sul palco era lui e quelli seduti a stringere i pugni eravamo noi, la vita si compie.