30 dicembre 2009

Camera cafè

Questo post è scritto in una pausa di un minuto rubata alla produzione contemporanea di:

Un video "emozionale"
Una sigla in 3D
Un evento per il 13 Gennaio
Una convention per il 15 Gennaio
Una convention per il 20 Gennaio
Progetto grafico e impaginazione di una nuova rivista in imminente uscita.

Riflessione numero 1 della pausa:
Mai imparato a usare agende.
Ho un sistema operativo interno che più multitasking di così non si può, vivo quotidianamente con venticinque finestre mentali aperte una sull'altra e nessuna si sovrappone all'altra.

Riflessione numero 2 della pausa:
In questo momento lavorano per me 3 donne, delle quali 2 neomamme in telelavoro, una da Bergamo l'altra da Roma.
Mentre io tengo aperte venticinque finestre, devo memorizzare anche gli orari delle pappe perché una sta cominciando a "inserire i cibi solidi", l'altra allatta e c'ha pure il cane da portare giù.
Scalettare i lavori in base alle esigenze di figli di cani e di gatti è sempre stato il mio sogno.
Intendevo i miei, però.
Invece mi ritrovo a non avere io il tempo di farli perché devo fare io quello per cui comunque sto pagando loro.

Riflessione numero 3 della pausa:
Se fossi bravo a gestirmi le donne nella vita privata tanto quanto lo sono in quella professionale, la mia fidanzata sarebbe la donna più felice del mondo.

La mia fidanzata è quella che ogni tanto incrocio in casa e che a breve mi chiederà di lavorare anche lei per me per poterci vedere e parlare ogni tanto.
Io sono quello che mi riconosce perché sono l'altro che gira per casa.

Ma è tutto un grande disegno in corso da anni, eh.
Se non muoio prima per cedimento strutturale, un giorno i fatti mi coseranno.

23 dicembre 2009

Brevi dall'interno

Per il post natalizio strappacuore quest'anno non c'è tempo.
Ma anche ci fosse, lo stesso non lo condividerei con chi non potrebbe capirlo nel profondo.
Idem per i posti a tavola.

Vi auguro la stessa cosa.
Se non per questo, per il prossimo.
Davvero.

21 dicembre 2009

Avanguardia antropologica



Nel percorso ormai inarrestabile avviato per ridurre la politica a un linguaggio strutturato sulle regole del più elementare marketing, l'ultima improvvisa accelerata messa in atto attraverso l'ennesimo salto verso il basso rappresentato dal brusco e esondante concetto di "amore" è uno dei colpi più duri assestati a quel che resta(va) della speranza che prima o poi si sarebbe tornati ad essere un paese normale.

Dallo spostamento del pensiero politico dalla testa alla pancia concretizzato quando al ragionamento si è progressivamente sostituito nella percezione della gente il concetto di pulsione emotiva, oggi si è compiuto il passo coerente successivo e quindi il passaggio dalla pancia al cuore, portando la pulsione al suo livello massimo, l'amore.

Un tempo quando qualcuno incrociava i due mondi così distanti e diversi, c'era chi ironizzava e sminuiva, quasi fosse condiviso che solo chi non era consapevole e padrone del mezzo che stava maneggiando, avrebbe potuto azzardare un parallelo come politica e viscere.
Si pensava che politica fosse altro, fosse questione complessa, di elaborazione di percorso personale e collettivo, che elementarizzarla significava distruggerne il valore, prima che le possibilità di sviluppo.

Poi è arrivato il venditore di compiti in classe, l'uomo della provvidenza, il presidente della squadra vincente, le candidature gestite con le regole del calcio mercato, la Libertà come identità, come fosse un canale televisivo di proprietà e non un valore condiviso, il tifo calcistico nel nome del partito in concomitanza con i successivi mondiali per garantirsi i primi autoestorti momenti di acclamazione indiretta, Forza Italia! gridavano tutti quell'estate, anche quelli del Livorno e non ci si poteva sottrarre al primo embrione di furto di valore condiviso, la pancia si faceva avanti, poi il Popolo, il popolo è con noi, popolo come identità, come fosse un canale televisivo di proprietà e non un termine per rappresentare l'intera nazione, dicevi Popolo ed era il suo, gli altri erano popolo ma non lo potevano più dire senza regalargli una quota di share, i seni coperti sui dipinti storici perché il pudore non subisse scossoni, l'appropriazione dell'arte, della storia, la trasformazione di un quadro in fondale scenografico d trasmissione tv pensato intorno agli interessi del nuovo papa re, oggi il salto, l'ennesimo, il furto, l'ennesimo, oggi è l'amore, l'amore contro l'odio, ieri era libertà contro miseria terrore e morte, oggi è di più, oggi è il salto di qualità, oggi è l'ultima riduzione possibile del confronto, oggi è il picco, è direttamente l'amore, oggi lui è l'amore, non quello d'appartenenza ma quello assoluto, quello che non è nemmeno più cuore personale ma la sua essenza, quello all'opposto dell'odio, rubato anche quello, se oggi sei amore sei lui, se non sei lui sei odio, tutto è assoluto, tutto è privatizzato, persino la parola amore s'è fottuto e vai a dirla adesso, vai a dire che tu sei per l'amore e non per l'odio, vallo a dire oggi che è natale e l'amore è termine in bocca a due persone, il papa e il re, l'uno spinto verso il vertice dell'altro così tanto da aver definitivamente incrociato i dizionari, il papa non si nasconde più e fa politica, il re non si nasconde più e si fa capopolo per veicolare l'amore attraverso il suo stesso corpo, mentre il figlio, il degno figlio, in tv fa sapere che l'azienda di famiglia ha una storia che tutti dovrebbero sentire come propria, tutti gli italiani, anche io, "per orgoglio nazionale" dice, e così anche quello è loro, se non sei felice del successo della loro azienda non hai l'orgoglio nazionale perché nazione oggi è lui, è il papà re, è il papa re, il popolo è il loro popolo, l'amore è il loro amore, l'italia è la loro azienda, tutto, set, gioco, partita, bulimia, amore, regalate tessere per natale, non conta più il percorso personale per dirsi appartenenti a un partito, la tessera è un buono per l'amore, l'amore natalizio, può essere regalata come si regala il buono per il week end di benessere ma con durata vitalizia, un partito composto da numeri che il partito l'hanno ricevuto a natale incartato nell'amore pure se non richiesto né il suo partito né il suo amore, pure se del Livorno, pure tu, domani, se hai una zia un po' stronza con deriva amorevole e intelligenza di un pomodoro di mare, se hai dentro di te l'amore, puoi ritrovarti tesserato PdL, perché questo, lui dice, è oggi la politica, robe per persone che si vantano di essere intelligenti, amorevoli, contro miseria terrore e morte.

Regala anche tu la tessera del PdL, il partito dell'amore dell'uomo il cui dolore può servire a salvare tutti, non è nemmeno da ricaricare e non può essere clonata con la chiavetta di Scai.

E' natale, segui la stella e aiutalo a completare il lavoro.
Se proprio non te la senti, puoi sempre optare per quella di Mediaset Premium.
Ti amerà ugualmente e salverà, con il suo dolore e il suo amore, lo stesso anche te.

17 dicembre 2009

Amore batte odio con cappotto

Ho una nota antipatia mista a pregiudizio nei confronti dei vaticani, che mi porta a vederli, a prescindere, sempre un gradino sotto (o un anello prima) qualsiasi altro essere nella scala della qualità umana.

Ma dopo quattro giorni di "Cronache di un naso rotto" offerte H24 e a reti unificate da un Bonaiuti, nella scala della dignità e dell'umiltà Navarro Valls m'è apparso improvvisamente un gigante di inarrivabile valore.

15 dicembre 2009

Vespa si chiede perché, Berlusconi si chiede perché, tutti si chiedono perché. Perché?

Io la vedo a un’altra prospettiva.

In qualsiasi paese, di qualsiasi epoca, è cosa nota che dove ci sia un potente c’è, statisticamente, qualcuno che ne detesta il potere.
Senza arrivare a scomodare la lotta di classe delle fabbriche operai-padroni, né la radice stessa della democrazia, è questione molto più spicciola di qualità, in termini di società possibile, umana.

Questo non è quel “son cose che possono capitare” che tutto liquida, ma è semplicemente una presa d’atto di una condizione con la quale si convive da quando si hanno sei anni a scuola fino a quando si muore, al bar come al lavoro come nella relazione tra governanti e governati, è questione di banale regola di convivenza inevitabile tanto quanto il lato buono della medaglia.

Il fatto è che un uomo molto potente per la prima volta in vent’anni di potere senza freni ha preso una legnata sulla faccia che gli ha rotto due denti e il naso.
Al netto di qualsiasi posizione personale sull’uomo e sul gesto, questo è il fatto ed è un fatto che se paragonato a gente gambizzata per un parcheggio farebbe ridere, se non fosse tragico il fatto che il termine di paragone di gente gambizzata per un parcheggio è più quotidiano del souvenir sulla faccia di un potente e non il contrario, come dovrebbe essere nel mondo normale delle persone normali.

Se si guardasse il fatto al netto di tutto il contorno reso possibile, questo sì, dallo sfascio sociale oggetto del post (che spiega il dopo, non il gesto), staremmo parlando di una cosa che Sofri, quello giovane, scriverebbe nella sua rubrica delle non notizie.

Ma questo è il paese nel quale un boss che non conferma le dichiarazioni di un pentito è notizia dell’anno sparata a tutta pagina con la caricatura del potente che fa il gesto dell’ombrello e in un paese così, quando il potente l’ombrello lo prende sulla faccia, la stessa pagina non può che strillare allo stesso modo che è in pericolo la democrazia.

Allora qual’è l’altra prospettiva?
Quella dalla quale si vede un paese il cui problema non è tanto il non essere capace di contare gli anni di potere di quell’uomo e le volte che s’è preso una legnata sulla faccia, estraendone il risultato di un uomo che evidentemente amato lo è davvero, se in vent’anni e con tutto quello che ha combinato ha preso solo un pugno da un matto, quanto l’essere un paese che ormai ha scollinato ed è riuscito ad elevare così tanto il concetto di personalizzazione della politica da aver fatto il giro ed essere passato alla sua versione più ridotta e cioè la totale spersonalizzazione del potere più personalizzato della storia italiana.

Quando un uomo subisce una cosa da uomini ma quell’uomo è visto così tanto più uomo degli altri da averne perso definitivamente i contorni per assumere quelli di una versione superiore di uomo e cioè quelli di un uomo che è riuscito a far percepire i suoi lati peggiori come fossero i suoi migliori, niente di più alto nella scala dell’evoluzione, la vera essenza dell’impunità e dell’onnipotenza, la cosa più normale del pianeta, regolata dai parametri di convivenza più normali del pianeta, un pugno, non è accettabile, non è spiegabile, non è comprensibile.
Va cercata la ragione profonda, va indagato il termine “odio”, va santificato il livido con la stessa enfasi con la quale tre giorni prima si santificava “il reale augello”, perché tutto quanto avvenuto, quando capitato a chi è seduto su un piano superiore, non è spiegabile con i parametri normali del mondo delle non notizie ma solo con quelli della follia, del delirio, dell’odio accecante.
Per spiegare il livido dell’uomo più uomo, meno di un’iperbole lascerebbe l’amaro in bocca, costringerebbe a ridimensionare il ruolo e di conseguenza l’uomo, costringerebbe il “suo popolo” a ripersonalizzarlo.

Se quell’uomo fosse circondato da odio accecante, dopo vent’anni così sarebbe già morto, vista la percentuale di disturbati mentali più o meno latenti che compongono la società di questo paese e vista la qualità del servizio di sicurezza, unica e vera notizia dell’anno vista l’aura di leggenda che si portavano in giro evidentemente solo grazie al fatto che nessuno era mai stato così pazzo da provare a tirargli uno schiaffo e a dimostrare che era la cosa più semplice del mondo.

Questo non è più capace di fare, questo paese.
A ripersonalizzarlo e riportarlo sullo stesso piano di tutto il resto del mondo, quel mondo nel quale se sei stronzo e lo sei per vent’anni, qualcuno più stronzo di te prima o poi lo trovi e quando lo trovi e ti tira uno schiaffo, tu stai vivendo in una democrazia e sarebbe carino che tale restasse.
Perché se qualcuno è davvero sconvolto dalla scoperta che c’è chi odia il potente di turno, chiunque sia, e non è capace di liquidare la notizia con i due secondi che servono per liquidarla alla voce “Solo una volta? Cazzo allora ha davvero con se la maggioranza del paese” allora la questione della minore capacità mentale dei suoi sostenitori assume i contorni finalmente nuovi di qualcosa di più di una presunzione dei suoi oppositori.

Questa è l’unica notizia che dovrebbe essere oggetto di dibattiti televisivi.
La scoperta che il suo essere considerato, dai suoi sostenitori, realmente e concretamente al di sopra degli uomini e delle regole che la loro vita guida dai sei anni in poi, non era solo una barzelletta per vecchi comunisti.
Questi davvero credevano che non sarebbe mai potuto accadere.
Ma qualcuno, a questi, in questi due giorni, gli ha chiesto banalmente “Perché?”

Eppure quando si tratta di spiegare la morte di un “tossico”, sono capacissimi di rispolverare tutto quanto vissuto e scelto consapevolmente dal tossico fino al giorno prima come unico motivo per il quale non poteva che morire.
Cioè il meccanismo gli è talmente noto che lo usano a cadenza quasi quotidiana.
Quindi la falla dov’è?
Dov’è che un naso rotto all’uomo più contestato d’italia, diventa una cosa sulla quale interrogarsi per giorni?

Non so, ero piccolo e non lo ricordo, qualcuno mi aiuti.
Quando spararono a Reagan, anche laggiù per giorni le tv spaccarono la minchia non già su come stesse, cosa normalissima, ma con dibattiti per cercare di trovare un “perché” che rendesse l’episodio comprensibile al pubblico di porta a porta?

Triplo carpiato

Stamattina abbiamo lanciato un'iniziativa di fund raising unica in Italia, destinata alle Onlus che si occupano di iniziative destinate ai bambini.
Dalle 12 alle 14 ho sentito responsabili di queste onlus raccontare episodi di vittorie e di sconfitte, entrambe con le lacrime agli occhi e la voce rotta dalla commozione, bambini salvati e bambini accompagnati alla fine col sorriso e in ogni parola gli si leggeva in faccia il nome di ciascuno di quei bambini.
Un'iniziativa dietro la quale c'è il disinteresse per queste persone costrette a unirsi per cercare di raccogliere quel di più che poi dovranno dividersi per salvarne un altro, anche uno solo in più.
Due ore di nodo in gola e lacrime nascoste al resto della regia, come non capitava da tempo.

Finito il lavoro sono tornato a casa e mi sono messo a preparare tutto il lavoro che porterò domani quando passerò la giornata con il presidente di una delle più grandi banche europee, io e lui nella stanzetta, a scartabellare i dati, finalmente definitivi al 15, sulla raccolta derivata dallo scudo, una cifra che a settembre quand'era solo sulla carta generò l'applauso della sala di un'altra banca tutta eccitata per il fiume di soldi in arrivo e che domani ci dirà se sarà solo champagne o anche porche per tutti.

Oggi pensavo che tutto questo nel giro di un giorno senza scossone alcuno.
Pensavo che forse quella che io considero la mia morale, in realtà è solo una girella molto grossa che un giorno fagociterà lei me.

14 dicembre 2009

Cinque contro uno

Di quando andavo alle medie, ricordo un gioco di quelli verbali che ci si inventa quando si scopre una cosa che, a quell'età, appare divertentissima.
Non ricordo se l'avessi inventato io o l'avessi solo riportato, ma insomma poco importa, era così:

Andavo da un compagno e gli dicevo:
"Mi sono fatto una ferita lacero-contusa"
Poi attendevo che lui mi chiedesse
"E che cavolo è?"
e gli rispondevo:
"Mi sono sbucciato un ginocchio!"

Avevo 11 anni e già facevo discorsi politici.

Poi.
Pare che la bomboletta di spray al peperoncino sia la prova della premeditazione dell'atto di aggressione.
Se qualcuno trova su qualche giornale lo stralcio della legge Maroni che rende libera la vendita di quegli spray per autodifesa, faccia un fischio che lo eleggiamo giornale del secolo.

Update:
Dalla regia, mi si fornisce un link utile.
Non quello di ieri che chiedevo, ma comunque utile.


Poi.
Mentre l'uomodimmerda dal palco urlava
“Ecco, vedete? Qua ci sono dei ragazzi che ci contestano. Allora, vedete perché siamo qui e siamo in campo? Perché noi queste cose non le faremmo mai con voi. Perché noi siamo gente libera, abbiamo uno spirito liberale. Noi vi lasceremmo esprimere le vostre cose, in un pacato dialogo tra noi"
i suoi guappi della italica razza randellavano quelli in piedi sulla stellina che l'uomodimmerda indicava mentre diceva "qua" e che si erano permessi di dargli del buffone.

Poi.
Una cosa è dimostrata:
Se complotto c'è, è organizzato dal servizio di sicurezza che ha intorno.
Oppure qualcuno racconti dei milioni spesi ad addestrarli per anni nei migliori campi, per vederli promossi meno capaci di un matto qualsiasi.

11 dicembre 2009

meraviglioso

Se vi chiedono che paese è l'Italia, voi rispondete che è quel paese nel quale un boss che non conferma le dichiarazioni di un pentito è una notizia.

Se poi vi chiedono chi è un boss, voi rispondete che è quel tizio al quale Dell'Utri ha dedicato queste parole:

"Sono meravigliato della dignità e della compostezza di questo signore. Ha detto cose che mi meravigliano. Nel guardarlo ho avuto l'impressione di dignità da parte di uno che si trova in carcere e ha delle sofferenze. A differenza dell'impressione che mi ha fatto Spatuzza, mi è parso di vedere dalle parole di Filippo Graviano il segno di un percorso di ravvedimento"

Se poi vi chiedono chi è Dell'Utri, voi rispondete che è quello che le stesse parole, la volta prima che si ritrovò a dover descrivere un mafioso, le riassunse con "eroe".

Contrordine, battaglione!
I mafiosi sono di nuovo persone con dignità.
Quanti siano i cadaveri sulle spalle di quelli di oggi non è dato saperlo, i giornali non riportano il conto.

Un pentito sui giornali è un assassino.
Un boss è "uno che si trova in carcere e ha delle sofferenze".

Ma non sono mafiosi, no.
No no.
Manco un'unghia.

1 dicembre 2009

Strategia

Alla fine lo schema s'è capito.

Praticamente fa così:
Prende il mappamondo, lo fa girare, punta il dito su qualche paesello dove il potere politico è incrociato con quello militare, si fa dire dal suo segretario chi è che comanda laggiù, gli manda una bottiglia di vino, si fa invitare a cena, va lì e gli chiede se gli va di fare affari insieme.
Poi torna in patria, compra una bottiglia di vino, la manda ai direttori dei tg, e gli dice di far vedere le immagini di quanto è amato all'estero e dalle aziende italiane precisando che in nessun caso dovranno dedicare due parole a chi è il tale che di volta in volta gli stringe la mano grato per il sostegno.

Se poi qualcuno gli da del mafioso, compra una bottiglia di vino, la manda al suo compagno di processi, gli dice di proporre una legge che imponga ai pentiti non meno di un quarto di pena scontata in carcere, che significa che se vogliono possono parlare, certo, ma sapendo che per non meno di 10 anni dovranno dividere le docce con quelli che hanno denunciato e che se ne escono vivi comunque prenderanno meno di uno stagista di call center, chiedendogli di dire agli stessi direttori di tg e/o Vespa di non specificare che questa è intimidazione di quel tipo che già le famiglie mettono in atto per dissuadere i pentiti dal parlare anche in assenza di legge che dica la stessa cosa e che alla proposta del suo compagno di processi per essere proprio uguale uguale alle intimidazioni mafiose manca giusto un emendamento che ci aggiunga pure che possono parlare, certo, ma a patto di accettare che gli si ammazzi la madre o il fratello.

Per il resto tutto ok, la mafia non esiste e se esite non lo riguarda no no no no nemmeno per sbaglio, perché mafia non è una cultura, no, mafia è legami dimostrati, tanto quanto non ha nulla a che spartire con i peggio tiranni del secolo in corso, perché legami è servizi segreti, mica scambiare libertà con commesse per gasdotti.