25 dicembre 2015

Qui e domani

Se la stremante fatica fatta per arrivare fin qui mi ha lasciato come unica possibilità l'ingoiare umiliazione per non rovinare un natale per gli altri di gioia, allora non è il qui che credevo valesse quella fatica.
Nel Qui che il depliant della Candle Game SpA. indicava come premio, le parole che la rabbia urla non vengono zittite per inefficacia, le mani non si devono prendere di nascosto per dire cose che quando nascoste muoiono un istante dopo invece di farsi vita da lì in poi, le risposte che il cuore invia alla bocca non vengono intercettate dalla dignità che per salvarsi le veste da inutile ironia.
Se nel Qui trovato all'arrivo le lacrime di natale non sono di gioia, allora vuol dire che nei bivi lungo il percorso gli errori sono stati più delle scelte giuste e che quindi è il percorso intero che è stato compromesso, che il Qui a destinazione non sia quello sognato non ne è che colpevole conseguenza.
Tre minuti all'anno di emozione ricacciata in gola per non far male a nessuno non fanno una vita e non li salvano davvero tutti quelli che si amano.
Uno lo sacrificano, senza nemmeno fargli intravedere un prossimo Qui a rendere anche questo un bivio in cui sperare di fare la scelta giusta mentre intorno il mondo ti dice che se c'è una cosa che non hai mai saputo fare è proprio riconoscere che forma abbia, una scelta giusta.
So fare dei bellissimi segnaposto, ma non è che l'elenco delle qualità vada poi molto oltre se non possono permettersi di essere a forma di cuore a meno di essere pronto a passare il prossimo natale da solo, dicono che l'importante sia imparare ad accontentarsi ma che cazzo di regola è se in cima c'è il nulla.
A nonna ho regalato un pacco di Gratta&Vinci non per portarla in un vizio mai avuto ma perché dice sempre che una delle emozioni che non si è mai potuta permettere è l'azzardare.
Io l'ho fatto un sacco di volte nonna e guarda dove sono oggi.
A te basta una telefonata per essere felice, a me basta non poterla fare per chiedermi che senso abbia tutto e non avere una risposta che non sia che alla fine io posso ancora vedermi portare un telefono dall'altra parte del quale c'è la voce di una madre e a te, amico che non puoi più, è andato per questo l'unico mio pensiero di cuore che ieri abbia chiesto di non restare chiuso dentro i confini della mia casa.
Quello a mio fratello a parte naturalmente, l'unica risposta che mi tiene dritto di fronte alla domanda sul senso di un tutto che, non avessi lui, farei davvero fatica a trovare.
Se Ebenezer Scrooge esistesse davvero, ieri notte avrebbe chiesto ai tre spiriti di aspettarlo un attimo perché doveva farmi una telefonata per dirmi che il prossimo natale sarà bello, l'aria oggi è un po' questa.
Mi mancano tutte cose che non ho e sì, lo so anch'io che è così che funziona l'assenza ma nel mio caso è diverso, io ho scelto di non averle e che fatica che si fa certe notti a guardarsi allo specchio e vedersi giusto, quando l'intero elenco dei tuoi anni di errori prende vita in un'unica sera e nemmeno si ferma per darti il tempo di contarli per almeno rassicurarti che siano quelli già noti, lasciandoti solo quello necessario per attutire l'impatto della visione di quanto sia spaventosamente grande la somma.




15 dicembre 2015

Ms. Miss

"I just saw the film. It's very apparent how incredibly intelligent she was, obvious to the world her talent, she was a very deep, sensitive soul. The world has always been a hard place for artists. Maybe especially now. I recognize technology had empowered artists in new ways. But culturally, emotionally, it's gotten worse in other ways. She was a very strong woman but she had no strong men in her life to balance her out. No one truly loved her as much as she loved them it's all in her lyrics, interviews. Even musically her contemporaries are not really a match. She did what she came here to do. She immortalized her soul in her songs, and she'll live forever in our hearts. I don't blame her. I am just sad for myself that I don't get to hear what else she might've done. That as great as she was- she would only have gotten better. But once you go there- with certain drugs- she said so herself love is like a drug and she's the type who would just give herself completely over- that's what made her great in her music. But when no one appreciated or took care and just took advantage- there was nothing left for her, there was no coming back. And really- be honest- would anyone? You? Me? The media? Ever let her live it down and get over the bad times? No. Probably not and she knew that. It's not fair. 'Normal' people out of public eye don't have to have all their failures or mistakes, hardships, traumas, along with the success- all immortalized. I wish for us that we still had her around. But I don't blame her for checking out. She already did great work- loved hard- and I believe she rests in peace. "

da un commento qui


12 dicembre 2015

Sonata

Come ti avessi produco pensieri e condivido momenti, ti racconto e ti ascolto ogni giorno, tecnicamente si può dire ti vedo.
Ne è appena passato un altro e il prossimo è sempre migliore così non sento lo spreco né l'inutilità, ciascuno è padre del successivo e così lo educa, lo migliora e lo affina.
Tutti quelli fino a quel giorno si direbbero persi se non fosse che quello di quel giorno è a loro che dovrà la sua grandezza.
So che stai bene, so che sto bene anch'io, so che non servono recapiti, troppe volte ti ho anticipata per non sentire innocua la vana speranza che una virgola ti sfiori, ci sono collegamenti che hanno bisogno di una partenza e di un arrivo e altri solo di un innesco per nascere e sovrapporsi e quell'innesco è un'auto, un bicchiere, una penna, non sono diverse nel tuo mondo le ore insonni, le carte di caramella, una tazza di the.
So che stai bene, anch'io sto bene, complicati tanto che basta nulla per farci star bene, la certezza che sia nostro e che lo decidiamo, la raggiunta soglia del bene.
Un solo passo oltre e c'è il meglio.
Non è diverso nel tuo mondo l'innesco e non solo io ho un paio di guanti, una finestra, un segreto.

"La gente fa molte domande sul suono.
Io faccio sempre notare che c'è quel piano che sta lì e, se Thelonious Monk si sedesse a quel piano, sentireste il suono.
Se Herbie Hancock sedesse allo stesso piano, sentireste Herbie.
Se Chick Corea sedesse a quel piano sentireste Chick.
Se Michel sedesse a quel piano, sentireste Michel.
E poi ci sono tutti quegli altri che potrebbero sedersi a quel piano e suonerebbe come un piano"




2 dicembre 2015

in the (move) for love

Passo gate di sicurezza con il QR code della carta d'imbarco, cerco ristoranti con la map e prenoto con la app, rientro in hotel chiamando un taxi con I-Taxi e lo pago con paypal, compro il treno di rientro con il web e lo pago con securcode, arrivo a casa con enjoy e giro il pdf della fattura alla commercialista via mail insieme a quelle incassate via homebanking, compro regali su ebay, la settimana bianca su booking, cerco un blablacar per domani, mi accordo via chat, controllo gli orari del bus di domattina via sms, non-posseggo-nulla.

Un giorno cerco un'auto e la vedo, la cerco sulla mappa per prenotarla ma mi precedono due ragazzi, salgono, mettono in moto, sgommano facendo fumo e se ne vanno.
L'altra notte sento sgommare, rumore di gare nel reticolo del quartiere, mi affaccio, sono le Enjoy della zona.
Entro due anni verrà chiuso il servizio perché costerà più ripararle che noleggiarle, potremo dire che è stato bello finché è durato, ci sono città che non meritano servizi da città europea, per tutto ciò che è utilizzabile dai 20enni Torino è una di queste, ringraziamo.

Fino a venerdì lavorerò con una delle 30 donne più potenti al mondo, il mio collega arrivato stasera mi informa via whatsapp che per una coincidenza logistica nello stesso hotel c'è anche ****, avremo i servizi segreti nascosti pure tra i croissant a colazione e anche per prendere l'ascensore ci saranno checkpoint di un metro e novanta e poca voglia di ridere, tre giorni in cui noi, quella donna e **** saremo nello stesso posto, gli rispondo finto divertito che se torniamo a casa con la testa attaccata al collo questa volta, non ci ammazza più nessuno.

Non c'è un'età giusta per ballare.


25 novembre 2015

Le vite degli altri

Suona il telefono e sullo schermo appare il nome registrato alla voce Non ti chiamavo da undici anni.
Per lavoro ci siamo conosciuti, per lavoro ci reincontriamo, in mezzo undici anni di promessa mantenuta.
Trascinato in un mondo a me ignoto se non per quel poco che le serate con nonna e la guerra per far sì che la sua memoria le impedisca di donare sms ogni mezz'ora mi raccontavano, mi trovo catapultato in un mondo fatto di storie e di ricerca, di ospedali e di vite, di lacrime e di gioia, di belle persone che danno a belle persone che ricevono, di vite che non credevano e altre che non potevano, proseguire.
Da due giorni immerso in immagini, dialoghi, social, video, per prendere tutto e trasformarlo in un lavoro bello al punto da raccontare che anche io questi undici anni li ho usati per migliorarmi e a ogni parola letta e ogni voce ascoltata la sensazione che no, o sì ma mai quanto chi di quel mondo ne ha fatta vita e la conferma, servisse, che io due cose ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro: riconoscere da un battito d'occhi le persone speciali e starne senza.
Da due giorni la gola non permette il passaggio che d'acqua, attraverso vite interrotte, corse miracolose, padri giganteschi, madri fatate, famiglie che hanno proprio la forma che la famiglia dovrebbe avere, città un po' più povere, cieli più ricchi a disegnare i contorni di quella spiegazione diretta, lineare, ricevuta in riunione e persino troppo semplice per racchiudere così totalmente e nello stesso tempo in così poche parole tutto quello che avrei visto: Ci occupiamo di malattie rare, sono tutti bambini perché non fanno in tempo a diventare grandi.
Un rasoio.
Due giorni a piangere di fronte a ogni storia attraversata e undici anni a conservare la certezza di averci visto giusto quel giorno che intuii di aver incontrato la grandezza nella sua essenza e la certezza che sarebbe arrivata dove sognava di arrivare, ci avesse messo anche dieci anni.
La vita a volte chiude i cerchi nelle direzioni in cui è giusto si chiudano, altre no, ma almeno fa di tutto perché quei cerchi si incontrino e migliorino a vicenda e io oggi di quell'incontro sono chiamato a farne storia raccontata da spettatore, la terza cosa che ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro.

Chi non ha la solitudine, il silenzio intorno e i cinque minuti e mezzo sufficienti per conoscere SpiderCiccio il Supereroe non merita di conoscere né lui né una qualsiasi delle migliaia di vite tanto brevi quanto gigantesche che senza disturbare passano e vanno.
Che poi ...conoscerlo... io conosco una che ha conosciuto SpiderCiccio e solo per questo mi sento migliore, essere lei cosa dev'essere, essere loro, cosa dev'essere.





20 novembre 2015

un altro me ma nemmeno se lo invento c'è

Un me consapevole disegna le soglie oltre le quali un me vigile interrompe la strada sulla quale un me focalizzato sulla consapevolezza dei limiti di un me provato dalle scelte di un me spavaldo ha accompagnato per mano un me impreparato a incontrare un me più vulnerabile di quanto un me deciso potesse volesse o sapesse mettere a confronto con un me bruciabile dalla fiamma della candela con la quale un me inesperto cercava di attraversare la nebbia oltre la quale gli promisero trovarsi un me in grado di orientarsi in un dedalo di soglie oltre le quali un me già attraversato gli avrebbe raccontato che la nebbia non va illuminata altrimenti si fa muro impedendo di scorgere un me vigile capace di aprire la strada a un me disposto al patto di fratellanza necessario perché l’unione si faccia forza sufficiente per portare un me immobilizzato dalle vertigini lungo il ponte tibetano costruito da un me coraggioso come unica via possibile per attraversare lo strapiombo di un me proiettato verso l’alto e verso il basso di un me azzardato ed elastico così da portarlo dall’altra parte dove incontra una te.

"E vi dico la verità: le pene d’amore, alle volte, fanno proprio ma proprio bene”
Novello Novelli, Il signor Quindicipalle, 1998


3 novembre 2015

Non sono bello, taccio.

Mi sveglio con la necessità di chiedermi se davvero sia stata una volta in più rispetto alle tre annuali, siamo davvero arrivati a quattro, mi sembra così incredibile ma lo chiesi, si avverò.
Tenerife, esterno notte a fissare interna luce, stella cadente e scoprirsi impreparati al tempismo, cosa chiedo, pensavo di averlo pronto e che avesse un nome ma quando la scia illumina il nome in cima lo sento sbagliato, o giusto, o sbagliato, o giusto, tempo dilatato, nello spazio di un secondo l'altalena di un anno, se lo scelgo e poi si avvera sarà stata colpa mia non aver chiesto l'altro e dura un istante riempito della sensazione di avere il tempo della scia e poi occasione persa, un'altra, la mente corre e sceglie prima che il tempo del bonus scada and the winner is il tuo, rido con me stesso per l'istintiva ufficializzazione tra gli applausi della platea del New World Order.
Torino, interno respiro, una frase e il mio averla scritta identica, identica, una settimana prima, quando scoprirai il perché una tua frase sta su un foglio in casa mia scritta prima che tu la pronunciassi scoprirai quel piccolo impercettibile punto di luce che ne farebbe la casa più tua di tutte le possibili case tue e non sarai più capace di lasciarla, io di lasciarti, di lasciarti attraversarmi, trapassarmi, fare di me ciò che vuoi, fino a ieri non esisteva persona sulla terra capace di zittirmi e ora c'è, io alle tue domande non ho risposte perché sono domande senza punto interrogativo alla fine, sono lame, sono sentenze, sono ritratti, sono il sapere, l'esserti un passo indietro e il senso del Chi vorresti davanti, tu o silenzio, silenzio.
Dieci minuti da soli in casa e una vita che esplode in silenzio facendo un boato che non deve lasciarsi vedere, implosione e domande senza risposta, domande e risposte, guarda qui, questo punto sulla tovaglia è il momento in cui ci siamo conosciuti cioè non proprio io e te diciamo altri due e il boato dentro quel io e te che non deve lasciarsi vedere e un bambino impacciato di fronte a una donna che lo passa al tritaventricoli di una domanda, un'altra, perché fai vedere solo il peggio di te, senza punto interrogativo alla fine, non è domanda, è sentenza, ripetuta, vorrei dirti Perché sono onesto e a mostrare il meglio sono capaci tutti ma è quando è la peggiore delle ipotesi a passare che hai vinto la vita ma non si può dire e allora sono capace di farmi disonesto e ce l'hai davanti, è il peggio di me, so mentire, capace di stare lì davanti dritto su gambe che in quel momento non reggono quella piuma che è boato silenzioso del Guarda in questo punto sulla tovaglia, è il momento in cui ci siamo conosciuti e da qui in poi è il futuro di Io e te cioè non proprio io e te diciamo i due di prima.
Quanti anni di differenza abbiamo, dal nulla, quel nulla che è bisogno di sostanza che riempia a sufficienza il No altrimenti forma vulnerabile alla sua stessa fonte, io dico pochi, tu misuri e scandisci le due cifre perché me li vuoi mostrare uno per uno così che il No non siano solo gli occhi ma io lo so quando si vuole sapere il numero, è breccia, la risposta giusta sarebbe Nessuno e in silenzio mi esplode il dammi modo e li annullo uno per uno, scanditi nel medesimo modo ma in direzione invertita fino a farti vedere impossibile da disinnescare il punto esatto dell'incastro perfetto che ha creato la domanda.
Perché fai vedere solo il peggio di te mi ritrapassi e la risposta è perché il meglio l'ho davanti, è il resto della tovaglia da dove ci siamo conosciuti in poi e sia imbandirla ogni giorno a festa o silenzio, è intimo, è dedicato, non lo so dire, se parlo sbaglio, lo so solo dare.
Quella inattesa carezza all'altezza del cuore me l'ha tolto dal petto e quando vorrai restituirmelo mi tornerà la voce quel tanto che basta per dirti che.
Quel giorno vedrai quel meglio presupposto in quella domanda avere l'esatta forma del mio grazie per averlo sottinteso, intuìto, invocato, sfidato e infine zittito come nessun altro sa, o può.



19 ottobre 2015

Erri ti presento Selli.

La promessa di una dedica alla cena di arrivo prende la foma di pesce crudo e per fondale l'insegna Tapas, l'isola è come sempre piena di italiani ma stanno sul fronte mare, le porte delle vie del retro si fanno raramente cornice, scollini in uniche se il ristorante è gestito da una famiglia tedesca con figlia tedesca che si scusa con l'italiano per l'italiano, divento evidentemente notizia interna, esce il cuoco per accogliermi in un familiare Buon Appetito che non ha il suono di un tedesco colto ma di un italiano contento, di dove sei? Torino e un suono che con gli anni si accorda sempre più sui toni di orgoglio, tu invece sei italiano di dove? Di Torino, sono venuto qui una volta, sono tornato a casa, ho parlato con la mia famiglia. E come l'hanno presa? Glielo puoi chiedere, sono venuti tutti qui con me, di giorno gestiscono un negozio in centro, io faccio un po' di esperienza e poi mi apro un ristorante tutto mio. Io penso a un ragazzetto italiano che per aprirsi un ristorante spagnolo fa esperienza in una cucina tedesca, sento l'accordatura cedere e invece è cerchio che si chiude in questo spazio che dicono chiamarsi mondo e quell'altro che dicono chiamarsi famiglia.

Esterno giorno.
Questa volta è "Tre cavalli" il De Luca puntuale compagno del mio stagionale ritiro in solitudine, è inaugurazione, colpo di pistola alle batterie di partenza, rito, la maratona di carta inizia con lui e con lui finisce.
(Giovani bagnanti mi confermano che sei tu)
I libri sono il mio alibi, Vostro Onore quella foto è sempre con me solo perché mi serve a tenere il segno, trovata dopo anni in quella rete che tutto trattiene mi ricorda dove ero rimasto e da dove esattamente devo ripartire, ma l'alibi non regge perché De Luca scrive libri fatti di due sole pagine, la prima e l'utima, in mezzo sempre la stessa storia, quella alla fine della quale capisci perché lui abbia bisogno di scriverla sempre diversa e tu di leggerla sempre uguale.
La inizio e la finisco sotto lo stesso sole, quando è maratona sono più veloce io, quando è quella storia io sto un passo avanti e lo aspetto dove il suo monumento riesce a essere ogni volta conferma, lo vorrei padre perché mi vorrei padre, lo vorrei amico perché mi vorrei amico.

Flashback
A cena a domanda rispondo e verbalizzo, dandole peso di cemento in sinuosità di piuma, la verità alla quale da tempo in silenzio sto facendo l'orlo perché non si sgualcisca nei chilometri del resto del cammino: io non ho una famiglia, non ho figli e il suono che sento dato alle mie stesse parole è il malcelato futuro di E mai ne avrò.
Ma non l'esclusione bensì l'amore mi porta per questo a chiamare futuro l'unica famiglia che non è nata su miei meriti ma trovai alla partenza, quel preesistente, il prescindere per il quale non dirò mai grazie grandi abbastanza a contenere tutto ciò che mi è motore.

(Una coppia di anziani che gioca a carte mi conferma che sei tu)
Ritorno dentro Tre cavalli nel punto in cui se ne svela il senso e mi scopro a contare i miei e a non riuscire a capire se li abbia già sepolti tutti, parrebbe di sì ma il punto è che ne conto almeno cinque e allora non torna, perché fanno due vite e io l'ho sempre detto ma poi alla prova dei fatti ho sempre questo volto, queste mani, questi ricordi.
Questa volta di questa lunga e infinita storia di un passato di morte colpevole dal quale fuggire Erri racconta una delle tre parentesi d'amore, quella che lui dice ultima non per cronologia ma per sazietà, il punto in cui si può arrivare solo dopo cinquant'anni di altrove, di colpi di scalpello, di ristrutturazioni, lei ha trent'anni e si trova nello stesso punto ma con vent'anni in meno di fatica dell'ascolto e del peso di fare propri tutti i buchi del mondo e io ritorno alla cena di piume e di cemento e con un soffio le alimento altre mille piroette, inserendomi in quello spazio progressivamente ridotto tra il volo e il suolo per riallungarlo di chilometri e vola, piccola, vola.
Non mi tiene sveglio il fiore che sei ma il frutto che germogli e per questo l'attesa non è ostacolo ma necessità, non l'avessi tu la imporrei io perché sia ultima e prima la pagina che conserverà il giorno in cui coincideremo nel punto in cui tu sarai piu' di un ordine eseguito, io piu' di un prezzo troppo alto.



"Giro pagine docili, bocconi lenti, poi stacco la testa dal bianco di carta e di tovaglia e seguo la linea delle mattonelle di rivestimento che gira per la stanza e passa dietro due pupille nere di donna, messe su quella linea come due "mi" spaccati dal rigo basso del pentagramma. Stanno dritti su di me.Alzo allo stesso punto il bicchiere e lo lascio sospeso prima di berlo.
L'allineamento mi spinge a un principio di sorriso agli zigomi. La geometria delle cose intorno fa succedere coincidenze, incontri.La donna sorride, frontale.L'uomo di schiena intercetta il brindisi, torce il busto, dà precedenza al gomito, l'oste lo schiva con un giro d'anca mentre mi porta un piatto. Prima che l'energico termini il suo mezzo giro mi raschio in gola un saluto alla donna, come se conoscente. Lei risponde uguale mentre l'uomo mi mette a fuoco.Intanto bevo, rimetto naso al piatto, tra leggere e inghiottire.
L'osteria si svuota di operai, io resto di piu', non ho da riattaccare l'ora.Oggi devo finire le potature e ammassarle. Domani le brucio.
La donna si alza, avanza e s'avvicina al mio posto svelta e schietta.Unisco gli occhi a guardare dritto nel suo naso, dove le narici soffiano un poco d'aria dietro dietro alle sue parole:"Ho cambiato numero, chiamami a questo" e mi lascia sulla tovaglia un nome e una cifra. Ci metto sopra la mano. E' quasi pulita, non sto a strigliarmi per la pausa di mezzogiorno.
La guardo che sta in piedi, mi alzo e per pareggiare la sua improvvisata dico:"sempre mi fa piacere di vederti". Mette due mani intorno alla mia, "Saluti a casa", "graziepresenterò", l'altro è all'uscio, lei si volta e mi rimetto giu'.
Che accidenti mi piglia, graziepresenterò, da imbalsamato vivo: a chi? Tengo nessuno.

Cosa chiede una donna coi fiocchi a un giardiniere di cinquant'anni seduto al fondo di un'osteria?
Mai incontrati prima, è giovane e io vengo da anni di America del Sud. E sto qui per il caso di un lavoro nel giardino di una villa in cima alla salita e scendo qui a mezzogiorno per riposare e stare in mezzo a qualcuno e lei ci passa per la prima volta.
Mi distraggo subito, l'oste viene con un quartino a berlo insieme: "Sei un galantuomo", gli dico, hai buono il vino sfuso e un operaio può stare tranquillo che non gli brucia il corpo per l'altra metà del turno.
"Anch'io vengo dal mestiere" dice.
"E poi dai minestra anche agli stranieri e c'è pure qualche africano che mangia seduto roba sua e tu ce lo fai stare"
"Non mi costa e la moglie non brontola"
Faccio Sì con la testa.
"E tu?" Chiede: "mi piace un uomo che legge"
"Io mi tengo compagnia così".

Erri De Luca, Tre cavalli.

16 ottobre 2015

No, sono a Roma

Siamo stanchi. siamo alla terza tappa, io alla millesima in calendario con le vacanze calendarizzate a 24 ore dal rientro così da non rischiare altre chiamate nel frattempo, domani parto e sarà sole, sarà mare, saranno libri e sarà silenzio.
L'ultima tappa è Roma, una Roma che ascoltiamo dai tg essere in allerta apocalisse, a sentirli ci si aspetta che su uno dei colli stiano costruendo un'arca, apriamo la finestra dell'hotel ed è primavera, sole, quel clima che quando devi raccontarlo lo definisci "Roma in qualsiasi stagione" ed è così anche in questa, uno scollamento tra news e realtà che racconta più del solo meteo.
Mi danno l'indirizzo, mi dicono "Questa volta B&B perché siete comodi, ma è bello", arrivo e mi accoglie 'na ragazza in minigonna che per me chiude lì qualsiasi contestazione possibile, potrebbe anche essere un topaia e io ugualmente non vedrei nulla sopra il metro da terra, soglia sopra la quale per un buon quarto d'ora di registrazione non alzo lo sguardo, mi va benissimo il B&B, è bello avevano ragione, guarda lì che bello.
Entro in camera e mi accoglie una doccia con la cromoterapia, uno champagne sulla mensola, un letto fouton, una stampa di un manifesto pubblicitario con grafica anni '50 raffigurante donna nuda dietro bottiglia con tette, molte tette, ben dipinte, pare un bordello deluxe, mi piace molto a un metro da terra.
Scendo e raggiungo i colleghi che stanno allestendo, siamo stanchi, molto stanchi, arrivati direttamente dalla tappa precedente distante le ennesime enne ore di treno, programmiamo una serata di riposo per recuperare un po' di fisico, un po' di riposo, stasera non si mangia, non si beve, non si esce, ok scendiamo solo per un aperitivo così mangiamo al buffet qualche tramezzino chiudiamo il rischio fame che si presenterebbe nel cuore della notte e poi tutti a nanna, d'accordo, mi raccomando, ci vediamo giù tra 5 (minuti) io e il capo.
Io e il capo entriamo nel bar, ci accoglie la cameriera più stalker del mondo delle cameriere, ci elenca quello che possiamo prendere ma anche quello che ci consiglia di prendere, resistiamo al primo attacco, no grazie ci porti due Sprìz, arrivano due Sprìz, qualche tramezzino, ci sediamo in vetrina, mi giro e la cameriera sta fuori dalla vetrina a farci Ciao con la mano ogni volta che ci giriamo, non ci giriamo più, respinto anche il secondo attacco.
Mi raccomando uno Sprìz e poi a nanna, così recuperiamo, così ci riposiamo, così ci ricarichiamo, d'accordo, ce ne porti altri due, arrivano altri due, poi tre, tanto non ceniamo quindi non serve limitarsi, anzi così si va a dormire presto.
Ci alziamo al terzo e cerchiamo di andarcene, il capo al telefono io in piedi fuori, la cameriera ci segue, chi siete, dove andate, un fiorino, che squadra tieni, io nessuna lui credo Inter, io Roma Forza Roma diglielo al tuo amico, non mancherò.
Allora andiamo a nanna, sono le nove e mi sembra un buon orario per recuperare finalmente una sera, però dai proprio non mangiare no, dice il capo che c'è un pub irlandese poco vicino, magari una birra, io dico anche un panino e poi a nanna, mi raccomando però poi a nanna, solo un panino, ok andata, parola di lupetto.
Entriamo e chiediamo un panino, non fanno panini, è un vero pub, qui si beve soltanto ma se volete c'è il turco qui accanto che fa le pizze e pure i falafel, ve la prendete e venite a mangiarla qui, ma dai non è carino, sì che è carino se poi ordinate qui da bere, lo fanno tutti almeno voi avete chiesto, andata per la pizza ma solo un pezzo, poi si va a nanna, mi raccomando, volete anche voi delle pizze già che vado? Ok anche per voi allora.
Torno e la birra è già sul tavolo grazie alla barista più bella del mondo delle bariste più belle del mondo, Esmeralda si chiama, va al computer e chiede se può mettere su un po' di musica che piace a lei, ma certo è casa tua figurati, non ti va a mettere su 1950 di Amedeo Minghi, in un pub irlandese, si scusa perché un po' si vergogna, non sa che io l'ho cantata duemila volte ogni sera e il capo la sa a memoria e senza metterci d'accordo ci alziamo e iniziamo a cantarla alla proverbiale Tutta birra, è l'apoteosi, il padrone si unisce ed è subito playlist karaoke, De Gregori, Venditti, Britti, i turisti se ne vanno inorriditi, ancora una e poi a letto.
Alle 3 del mattino abbiamo sul tavolo undici birre medie in due, quattro whiskey, tre cartoni di pizza di vario genere e cottura e ingredienti, ormai facevo la spola entravo nella pizzeria accanto da Ahmed Amir quel che l'è e già metteva in forno quelle che c'erano mentre il capo mi attendeva nel pub perché Vattene Amore richiede l'essere in due altrimenti Mietta rimane scoperta, arrivano gli amici dei locali accanto e si uniscono, è swing, rock'n'roll, alle 4 We are the World sembra un gruppo di improvvisati in confronto alla nostra incredibile professionalità, scende una studentessa dal palazzo di fronte viene da me e mi chiede se possiamo piantarla ché la gente dorme, no cioè ma cazzo c'hai vent'anni io il doppio e sei tu che dici a me di smetterla perché devi dormire, è chiaro che qui ci sta un'altra canzone e parte l'intera discografia di Jannacci, perfettamente conosciuta dal padrone romano meno romano del mondo dei padroni romani, El purtàv i'scarp' de tènis cantata a memoria insieme a un bruto di Centocelle è un'esperienza, Esmeralda sfodera un inglese bellissimo con gli unici due americani rimasti, innamorati di noi e convinti che l'italia siamo noi, dal conservatorio all'università, la radio trasmetterà questa canzone che ho cantato per te e forse attraverserà gli oceani lontani da noi, l'ascolteranno gli americani, che proprio ieri sono andati via e con le loro camicie a fiori e colorano le nostre vie e i nostri giorni di primavera che profumano dei tuoi capelli e dei tuoi occhi così belli, spalancati sul futuro e chiusi su di me, Serenella ti porto al mare, ti porto via.
Si va a dormire.

Ore prima, nel pomeriggio, uazzàp:
- Ehi ciao io sono al Brancaccio fino a giovedì, tu sei a Roma o questa volta dove, in Lapponia?
- No, sono a Roma.

Fine lì.
Quando si dice una storia d'amore finita bene.


12 ottobre 2015

Scadanze

Tutti tornati dalle ferie, nervosi come non foste mai stati via, già in febbrile attesa delle prossime, lavoriamo lavoriamo lavoriamo arrabbiati, arrabbiati a luglio perché tra un mese tutti affanculo, arrabbiati a settembre perché un mese fa tutti affanculo, ancora abbronzati se non nelle rughe della rabbia, quelle formate in meno di un mese, giunti quindi al momento quello, quello esattamente un anno fa, quando in piena coda nel traffico e nella rabbia di chi mancano altri undici mesi io dico ciao, ora che siete tutti tornati vi lascio a litigare e dico Ciao è il mio turno.
Che poi come esattamente un anno fa significa il tuo.






8 ottobre 2015

Tizio Caio e l'Avv. Sempronio

Tizio A di Agenzia A chiama Bruno per chiedergli disponibilità per un lavoro per il quale sta andando a fare incontro con Cliente A e chiede a Bruno se ha esempi da mostrare a Cliente A.
Bruno manda a Tizio A demo del suo lavoro contenente i migliori estratti, quella costruita e tenuta da parte per queste occasioni, comunemente definita Showreel e contenente esempi di diverse tipologie di lavori tra i quali anche quello richiesto da Cliente A ma ovviamente anche altri fatti per Cliente X, Cliente Y e Cliente Z, tutti soggetti per i quali Bruno lavora grazie non solo al suo essere capace ma soprattutto al suo essere a dir poco attento alle questioni di delicatezza politica.
Passa un mese e Tizio B di Agenzia B chiama Bruno per chiedergli disponibilità per un lavoro per Cliente B, Cliente B che Bruno ha sia come cliente diretto che come Cliente B tramite Agenzia C, Agenzia C per la quale Tizio B lavorava prima di passare ad Agenzia B e portarsi dietro i collaboratori esterni come Bruno e come Tizio A, disponibilità che Bruno concede.
Nel gruppo di lavoro è presente anche Tizio A, quello che un mese prima aveva chiesto a Bruno showreel e che si occupa della gestione tecnico/progettuale.
Bruno ieri riceve mail in copia a tutta la produzione con la quale Tizio B spiega a tutti i coinvolti i caratteri generali del progetto, le linee guida, le macro info sulle proiezioni e le soluzioni creative.
Per meglio spiegare le particolarità, allega alla mail immagine di proiezione particolare che Tizio A gli ha inviato per fargli vedere cosa si può fare.
Bruno apre l'allegato e vede apparire frame estratto dalla sua showreel inviata un mese prima per Cliente A a Tizio A e non per Cliente B a Tizio B, frame che non riguarda il lavoro per il quale era stata inviata un mese prima ma uno degli altri lavori contenuti nella stessa, il cui sottotesto era "Guardate anche in questo tipo di progetti che cose belle sappiamo fare".
Bruno chiude l'allegato, va a dormire, stamattina si sveglia, conta fino a mille e risponde alla mail in copia con tutti i coinvolti per illustrare con la delicatezza che lo contraddistingue e l'incredibile capacità politica che l'ha reso il professionista che è oggi dopo vent'anni di equilibrio al confine col funambolismo, il motivo per cui se si azzardano a fare di nuovo una cosa del genere senza chiedermi il permesso saranno cazzi di dimensioni pari, se non superiori, alla dimensione degli schermi che monteremo a Cinecittà.
Poi uno dice perché a un certo punto da Milano è meglio se te ne vai.

22 settembre 2015

O la va

Scrivo il progetto cercando di farlo stare dentro il minor numero di pagine possibile, mi sono ripromesso una pagina per ogni voce di sintesi, le voci sono cinque e le pagine al momento sei, la fatica che il prolisso che è in me sta facendo non si racconta, vorrei dire tutto, vorrei essere capace di apparire meno cialtrone improvvisato di quanto in realtà sia e mi impegno in ogni virgola, uso termini pomposi per incartare immagini orgogliose e quella piccola parte di fottuta paura di farla giusta al primo colpo che poi è anche l'unico.
Giovedì mattina sono convocato a un'orario che sarebbe presto persino se abitassi ancora a Milano ma non è il caso di fare questioni tanto non dormirò comunque, è il giorno, vogliono chiudere la fase parole ed entrare in fretta in quella operativa, vogliono fare, vogliono esserci, aumentano quelli che vogliono esserci e io non ho posto per tutti perché la voce si è sparsa e vogliono entrarci persone tra loro concorrenti, disposte a diventare amici se solo serve per essere anche loro della partita.
Ricevo lusinghe, ricevo insistenza, ricevo tentativi di persuasione sotto forma di uffici a disposizione, fondi, c'è chi vuole esserci così tanto da avermi messo a disposizione una villa "poco fuori Londra per quando andrai là, quando vuoi" e mi chiedo se stia accadendo davvero.
Vedo persone intorno crederci addirittura più di quanto ci creda io e passo continuamente dall'esaltazione a chi si domanda se non sia troppo, perché poi a queste persone qualcosa in cambio bisogna darlo e quel qualcosa era solo una mia idea, non pensavo che qualcuno mi avrebbe seguito davvero fino a questo punto.
Non è vero, lo sapevo, una cosa buona ho fatto in vita mia e quella cosa è il lavoro e almeno quello, almeno quello, lo so.
Scrivo il progetto cercando di farlo stare nelle poche pagine che giovedì mattina avremo tempo di leggere insieme, misuro le virgole perché a fine lettura l'eventuale sarà il sigillo che stabilirà che ciò che avrò dimenticato non ci sarà e ciò che avrò inserito non sarà più eliminabile, ho paura di perdere pezzi, ho avuto l'intera estate per scrivere cinque pagine e mi sono ridotto a farlo le due notti prima, non sono mai stato capace di fare le cose nel momento giusto, con il tempo giusto e il margine sufficiente per contare fino a dieci prima di.
Scrivo con negli occhi l'immagine di persone che a ogni parola mi dicono Sì, sì, ma adesso firmiamo e mi sembra irreale, mi chiedo se andrà davvero così, se davvero quella fila è fatta di persone che se chiedo dieci mi danno dieci e se chiedo mille mi danno mille e mi dico di Sì, sì, ma adesso firmiamo e allora ripenso alla persuasione, a ciò che mi mettono in mano pur di esserci e penso che allora qualsiasi cosa passerà, posso davvero imporre condizioni perché sembra non attendano altro che sentirmi potente così da sentire giusti i soldi che mi metteranno in mano e fino a oggi ogni volta che ne ho comunicata una mi è stato detto Sì, sì ma firmiamo e allora è facile perché non sono nemmeno più considerabili condizioni ma motivi per chiudere un'epoca e consegnarmi al resto della vita, basta scriverli dentro le cinque pagine e diverranno realtà, sembra un sogno e invece è un foglio di carta con il potere magico di materializzare ciò che in queste due notti ci ho messo sopra e allora se dev'essere scommessa lo sia, se vogliono qualsiasi cosa allora sia qualsiasi cosa, se davvero, ma davvero, sono pronti a qualsiasi richiesta io a pagina quattro ho inserito una piccola riga, ci ho pensato bene, l'ho riscritta mille volte perché non si intravedesse che contiene l'intera mia vita.
Quella vita che se passa quella sola unica riga potrò dire finalmente davvero realizzata.
Se di fronte a quella riga diranno Sì, sì ma firmiamo, allora avrò davvero vissuto e l'unico potere che potrò a quel punto dire mancarmi è quello di far percepire a lui in ogni millimetro cosa avevo nel cuore quando ho deciso di dedicargliela e su quella unica singola riga giocarmi tutto ciò che avrei potuto essere e forse saremo.

(e tu e averti accanto in questo cammino che meritava di essere accompagnato da quella mano che non potrò mai).


1 settembre 2015

From due to trentuno

Volevo riprendere a cucinare e sono diventato amico del kebabbaro sotto casa, ho visto un film al cinema e parlato di altri sei o sette, ho disinnescato bombe psicotiche, ho fatto mangiato grigliate, ho lavorato con estrema calma, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho pensato molto al progetto ma scritto poco di quello che ci si attendeva da me e oggi all'incontro dovrò inventare una scusa molto credibile che non abbia il suono del suo nome o magari mi porto una foto così capiscono, ho abbracciato molto, ho ricevuto due telefonate di mio fratello che voleva solo salutarmi e sapere quando ci vediamo e io ho pensato che lo vedo sempre, non ho usato la bicicletta, ho letto mezzo libro, ho fumato troppo, ho discusso inutilmente, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho sentito nonna, sono stato in Sardegna a lavorare, ho fatto un unico bagno stagionale alle quattro del mattino alla luce della luna, ho conosciuto Annalisa e pensando che al mio amico Gianluca sarebbe piaciuto un sacco le ho fatto un fondale scenografico bellissimo ma non quanto lei, ho scritto "Ti amo" almeno cinque volte a tre persone diverse perché mi hanno detto che quando ricevono le mie mail di lavoro le leggono ad alta voce a tutto l'ufficio e allora il suono sia grande, sono stato portato in un ristorante chiuso alle tre del mattino dove ho trovato un finanziatore inatteso che mi ha chiesto se mi va che si aggiunga anche lui al "Facciamo presto" degli altri due, ho ricevuto la mail di un'amica che voleva solo dirmi che sta meglio e prima o poi risponderò che ne sono davvero felice, non ho letto niente di politica, (ho sperato di vederla ancora una volta), ho scoperto che la commercialista mi aveva sbagliato gli F24 di seimila euro, ho verbalizzato tristezze non mie come lo fossero perché lo sono state e allora ne conosco i millimetri a pelle, ho comprato cose rotte ma non le ho cambiate, ho perso il polso della situazione, ho atteso rientri, ho passeggiato di notte, (ho sperato di vederla ancora una volta) ma non è successo e forse è meglio così perché mi trapassa ogni volta (ma non si ferma mai abbastanza per cauterizzare).



1 agosto 2015

Chiacchiere e distintivo

Stasera ho assistito a una violenza forte contro debole.
Stasera non sono intervenuto perché anch'io sono debole.
Stasera segnatevelo e ricordatemelo ogni volta che mi racconto gigante, che mi racconto epico, che mi racconto quello che sono e invece è solo quello che avrei voluto essere.
Siamo uomini piccoli, in vite piccole, che combattono battaglie piccole e solo piccole vittorie possono vantare.
Tranne mio padre e lei, quelle sono lo sbarco in Normandia fatto da solo, a mani nude, con un cartello in testa "Sono qui" e vinte.
Il resto è merda allo stato solido che sarebbe pure liquido se nemmeno lo ammettessi.

21 luglio 2015

My name is Marshall

Hai ragione, non era Ragazze dell'Est ma Ragazza di campagna.
Mi lasciasti un commento che non riuscirò mai a ritrovare usando l'archivio ma che so esserci stato perché sì, perché in quindici anni, diosanto quindici anni, di questo viaggio le tracce tangibili sono disperse nella storia, nel passaggio del tempo, ma non nel cuore di piccoli pezzi di vita ai quali non potrò mai dare una data ma potrò sempre dare una forma.
Quanto ho amato mammamia, quanto ho dipinto, dato nomi a sogni e speranze.
Certe volte mi chiedo il senso di tutto questo e ogni volta mi scontro con l'impossibilità di dargliene uno che sia all'altezza di tutto ciò di cui mi sono fatto contenitore, sento di avere il potere magico di una vita che è potenza allo stato puro e nello stesso momento è così tanto sconfitta e non so cosa farmene.
Vorrei il potere di prendere ciascuna delle persone che ho amato e dire loro cosa abbia significato per me amarle, tutte, anche quelle delle quali parlo come pezzi di vita dei quali è giusto privarmi e invece no, siete tutti qui dentro, non sarei nulla senza anche uno solo di quei pezzi, di quegli errori, di quei dolori, di quelle gioie.
Sono di una fragilità sconcertante, periodicamente faccio i conti con questa realtà e mi chiedo quanta strada ancora potrò fare a colpi di racconti di una vita che vivo solo perché è quella che avrei voluto vivere se fossi stato io e in effetti sono io, non ho scelta.
Nel frattempo riascolto Signora Lia perché ormai la playlist è partita ed è andata oltre la sola verifica e io la so cantare così bene, quante donne ho portato a casa cantando Signora Lia con la precisa intonazione di Claudio e quanto poco mi interessavano, per questo la memoria non va a loro ma ai giorni in cui mi si faceva il bagnetto con il barbapapà di gomma del quale ricordo ancora il sapore e le pareti erano quelle che oggi mi sono pareti, dove potrò mai andare più che nell'unico posto che sento essere impregnato della mia stessa storia.
Ho bisogno di punti fermi e quei punti fermi non sono mai stati le persone ma quello che le persone erano per me, enorme differenza dentro la quale si sono inseriti anni di cadute e ogni volta rialzarsi, tu non saprai mai cosa sei stata per me perché per saperlo avresti dovuto avere la capacità di andare oltre me ed è una capacità che nemmeno io ho, è un dizionario che riscrivo ogni giorno e non può essere usato se non per ieri, domani è un altro, domani manco so dove sarò a vivere perché a ogni ciclo ho bisogno di cambiare cornice, cambiare mondo, riscrivere tutto da capo e allora come potrei sapere chi sono, chi sono stato, chi sarò.
Mi manchi, dannatamente mi manchi perché mi sei fine viaggio e sono così stanco di muovermi continuamente.
Provo a darti una forma diversa ogni giorno e ogni giorno la perfeziono prendendo dal futuro tutto ciò che so di meritare e dal passato tutto ciò di cui non posso fare a meno e ciò di cui non posso fare a meno sono io stesso e per questo mi manchi perché ho gambe ma non una direzione che presupponga una mano da tenere e io da solo posso andare ovunque ma mi manca il motivo.
Mi rendo conto che l'unica forma di amore riconoscibile per me occupa uno spazio temporale di decenni e questo me lo rende irreplicabile, enorme, gigantesco, come potrà mai esistere qualcuno capace di reggerne il peso, qualcuno che non sia io e il mio non avere alternativa.
Non sono capace di nulla che non attraversi decenni di vita, non sono capace di lampi di genio, di bagliori di imprevisto, io metto solo solidissime fondamenta di edifici che non vanno mai oltre i pilastri, non arrivano mai ai balconi con bucato steso, luci di cene familiari, buonanotte amore mio, tu riposa i bambini li metto a nanna io.
Sono affascinato dalle chiese perché mi ricordano me stesso, il divino che ti rende così piccolo quando ci entri, vetrate che proiettano sacralità solo se c'è un sole fuori altrimenti è inutile manualità fine a se stessa, il silenzio perché ogni bisbiglio rimbalza e si fa boato.
Non faccio più l'amore perché nessuna donna alla fine mi dice mai "adesso ho capito".
Come in Munich, una donna che mentre le scarichi dentro tutti i tuoi morti ti mette le mani sugli occhi per dirti è finita, ora sei qui, sei a casa.
Capisco sia complesso, per questo vi ho amate tutte e voi no eppure era così semplice, bastava capire che non posso che amare chiunque più di me stesso.
Io ho dovuto uccidere le persone che amavo di più, ho dovuto imparare a farlo.
La fatica che è vivere con questo bagaglio addosso non si può sapere, davvero non si può sapere.
Si finisce col non avere altra priorità che respirare e come unico traguardo qualcuno che capisca che in certe vite amare ne è sinonimo senza che tu glielo debba spiegare.
If won't, that day just sign "Has loved so much, uselessly".



18 luglio 2015

Potremmo parlare del tempo

Del tempo che perdo dietro pensieri che nemmeno nella migliore delle ipotesi mi possono portare qualcosa che gliene faccia meritare anche un decimo.
Del tempo che dedico a rifare nella mente le scene che cinque minuti prima sarebbero dovute andare diversamente.
Del tempo che devo trovare per integrare il business plan che quei santi dei futuri soci mi hanno messo giù per quel sogno là di Londra con tutte le voci che si sono dimenticati di mettere, per esempio quel mio sogno di noi quattro.
Del tempo che ci ho messo per venirti a trovare in agenzia e trovarci una nuova arrivata della quale ci ho messo dodici secondi a innamorarmi, tre a cercare di non farlo, uno ad accettare la realtà: l'amo, assolutamente l'amo, come potrei non amare una femmina così.
Del tempo che passo cercando di ricordarmi come si chiama e ogni ipotesi finisce su "Meraviglia" ma non credo sia quello però potrebbe anche essere.
Del tempo che è passato dall'ultima volta che ho litigato inutilmente.
Del tempo che ci restava in due palmi di mano quando riuscivamo a fermarlo.
Del tempo abbracciati pensando "Chiedimi se mi va di salire" mentre tu pensavi "Chiedimi se mi va se sali" e slegare l'abbraccio chiedendoci se ci rivedremo presto e io pensare Sì, tu pensare Certo.
Del tempo che può andare indietro se si è di nuovo fratelli.
Del tempo speso a guardarti la gamba sfuggita allo spacco.
Del tempo rubato dalle persone sbagliate.
Del tempo che ci ho messo a vincere quel sorriso disegnandoti un cuore sul blocknotes in riunione.
Del tempo che mio padre passa con me ogni giorno.
Del tempo che ci hai messo a percorrere quei quattro metri quando mi hai visto inatteso.
Del tempo che si sospende quando non dovresti pensare a me, ma lo fai, lo so che lo fai, il tempo si sospende anche qui ogni volta e sei tu, lo so che sei tu.


4 luglio 2015

Non desiderare

No, non ho abbandonato l'idea, è che ogni volta che apro il form per scrivere temo di veder comparire Salvini che mi dice che dovrei essere più gentista e allora per non rischiare desisto.
Ma no, non ho abbandonato l'idea, è che ogni volta che apro il form per scrivere vorrei scrivere di autoumiliazione, di riduzione di sé, di versioni patetiche al confine con l'automortificazione percepita come rinascita ma ho così poca voglia persino dei pensieri in reazione che genererei, che desisto e semplicemente osservo l'inconsapevole precipitare del sé al quale mai avrei pensato di assistere.
Vorrei scrivere di te, ecco questo lo vorrei, ma poi dovrei parlarti come ti avessi davanti a spiegarti che c'è un confine sottile che ogni giorno abbiamo paura di oltrepassare oltre il quale c'è quello che sai, piccoli lampi di futuro intravisto, errori rimediati, libri che parlano di noi nei sottotesti che si fanno alibi, disallineamento di tempi e gli errori necessari che io ho già commesso e tu hai in inevitabile elenco, quel dirti certa che ti tratterei da regina ed è vero ma allora perché, è un continuo nel frattempo, nell'attesa, sigarette e lavoro, lavoro e sigarèt en coffi niente più, è tutto quel che resta sopra il tavolo di un bar i video sono spenti e tu, tu qualunque letto avrai non dormirai, tu vuoi qualcuno da far piangere e perché non vieni con me a Londra, riscriviamo Yesterday e facciamo piangere la gente dall'emozione, nessuno ti potrà inseguire se non per un autografo e un chiederti come hai fatto, quando è stato l'istante, se è davvero così pieno di tutto come lo raccontano, se è vero che tutto ciò che serve sta in due mani che trattengono acqua e quella che filtra disseta gardenie di velluto bianco.
Ho quarantatré anni, quarantatre consapevolezze e tutto quel che serve per chiudere i cerchi e farne anelli con diamante che prende la luce e la scompone in sette colori uno per desiderio e una pentola d'oro alla fine, la fine di quelle scelte fatte perché così si fa, perché tanto hanno fatto che alla fine ti hanno convinta che è giusto, che ci sono caselline e voci da spuntare, per ciascuna un momento, un'età, un perché che non ci credi nemmeno tu ma è così dannatamente rasserenante per tutti quelli che non ti chiedono più come stai e finalmente non lo devi più inventare se non in quel Se mi occupassi io di te che grida il suo non poter essere più di un condizionale che a me arriva caldo come la certezza del compiersi.
Nei miei pensieri sei nuda, quando ti guardo sei nuda e l'unico corpo che ti vedo accanto diverso dal mio è quella figlia che dici avere la forma del perché non sei qui.
No e Non posso si accompagnano ma non sono la stessa risposta, la seconda è un Sì ma con il prezzo carissimo di un tocco lieve che è stato creato per emozionarti e invece si consegna al nulla e si dissolve.


5 giugno 2015

Sublima, femminile di Sublime.

Qualche sera fa parlavo con amica di un pensiero legato al passato, alle storie difficili che non hanno solo lasciato il segno ma hanno cambiato il corso della vita stessa, quelle storie che hanno sempre avuto un nome preciso, due occhi precisi e anni a portare dentro la rabbia per una vita irrimediabilmente compromessa per un errore di un istante in un parcheggio, pomeriggio, esterno giorno, un ciao io mi chiamo e piacere io sono e la vita precipita in un pozzo senza uscita e anni a masticare rancore reso indigeribile dall'istinto a cacciare ogni istinto di vendetta e l'idea di essere stato colpevolmente trascinato dentro un inferno nel quale, tanti anni dopo, realizzi di essere entrato per scelta e quei tanti anni dopo capisci, non perdoni ma capisci la tua parte e smetti di avere rancore.
E ieri sera digiti quel nome ritornato alla mente nel grande motore di ricerca di quelle vite che oggi puoi andare a vedere che fine hanno fatto, che storie hanno passato, che personali stazioni hanno attraversato e ti riappaiono quegli occhi e una storia che racconta tutto in poche righe e quelle righe le leggi fino in fondo scoprendo un sentimento che sospettavi, di quello parlavi qualche sera prima con amica, ma non avevi sperimentato fin quando arrivato all'ultima riga ti sorprendi orgoglioso di lei per come ha saputo rendere tutta quella violenza vissuta insieme qualcosa su cui far crescere fiori di una storia che teatrale lo è sempre stata e oggi lo è diventata davvero e vedi in quella scelta l'esatto contorno dell'unica porta d'uscita possibile dall'inferno e immaginandola attraversarla sei semplicemente contento per lei perché le sei stato dentro e lo sai quanto dev'esserle costato metterla in scena e Il suono del coraggio che ha richiesto lo senti tutto, lo vedresti anche se non fosse diventanto come non poteva che diventare il titolo di una vita.
In quell'istante capisci che era questo che avevate in comune, la capacità di non sopravvivere soltanto ai propri inferni ma di renderli terreno per giardini fioriti e così dopo quindici anni ti arriva l'unica risposta che non avevi mai trovato perché la cercavi solo dentro di te pensandoti unico quando unico non lo sei mai stato e sorridi leggendola regista, sorridi di te e della magia dei percorsi della vita.
E allora questa giornata nella quale pianto il quarantetreesimo fiore ai bordi di questo mio lungo sentiero a ostacoli la dedico tutta a lei che ha saputo rifiorire, lo so, l'ho amata da dentro, con altrettanta difficoltà.
Brava Angela, tanti auguri a te.


31 maggio 2015

Poco poco piano piano

Il silenzio elettorale come lo intendono nella redazione del Fatto Quotidiano


Nel caso in cui il velatissimo messaggio non vi suggerisse nulla perché quando i messaggi sono così subliminali e sottili è chiaro che rischiano la dispersione, potete sempre affidarvi al neodirettore del giornale che non fa politica per nessun partito, quel paladino della legalità che per mettere in chiaro le cose nella sua prima campagna elettorale da direttore decide di violare direttamente la legge che vieta la pubblicazione di sondaggi a quindici giorni da un'elezione, per indicare direttamente per quale partito votare.
Chissà qual è quel partito.

13 maggio 2015

Once were warriors

Siamo fuori dalla chiesa in attesa che arrivi la famiglia per il battesimo, mi chiede "Vuoi un caffé?" indicandomi il bar, gli dico che l'ho appena preso e che lo aspetto fuori, entra, si prende il caffé e il dolcetto sul piattino, esce e me lo regala.
"Dolcezze di Frolla" dice l'incarto.
In quell'istante lui Dolcezze, io di Frolla, quell'invisibile silenziosa forma che siamo riusciti a ridare al bisogno di esserci fratelli in quindici infiniti anni di fuga gambe nella palude nella quale per trenta siamo stati incatentati a blocchi di cemento ai piedi, perché nessun tentativo di abbattercelo abbia di nuovo materia e suono per farsi efficace.
Un punto di equilibrio per difendere il quale sono pronto a diventare potentissimo.



1 maggio 2015

Fase 2 #2 - Del ridere e dell'emozione

Ma davvero, per noi?
Sì davvero, per voi.
Perché con nessuno e con noi sì?
Perché quando sono con voi non sento il bisogno di stare da solo dopo due giorni
Si alza, si risiede, si muove, gesticola, non riesce a crederci, gli erano arrivate voci ma non le credeva possibili, pensava Nessuno riuscirà mai a fermarlo, quando gli ho detto Voi gli si è illuminato il viso e in quell'istante vent'anni hanno trovato un senso perché quella era la gioia che avevo solo potuto immaginare, erano progetti, era futuro diverso da quello che fino a quando gli ho chiesto di darmi dieci minuti non credeva possibile, toccava oggetti, li rimetteva giù, tratteneva emozione, la parte che riusciva a trattenere e che bello, rideva in quel modo in cui si ride quando l'emozione supera il confine, quando si ride con gli occhi e poi, dopo, con la bocca, come quando vai a un concerto e quello a cui assisti ti emoziona così tanto che ridi.
Lui non sa che le mie riflessioni durano mesi solo perché le verbalizzo soltanto quando pronto a mantenerle ma nella realtà sono un istante, la scintilla che cambia la direzione a tutto e mi indirizza verso una scelta, qualsiasi sia ma la scintilla mi condanna alla scelta di seguirla o di decidere di no, ma mai di ignorarla, quell'istante in cui capisci che un ciclo si è chiuso, non puoi chiedere di più e se sei uno che deve chiedere di più l'unica maniera è chiudere il ciclo esaurito e aprirne un altro che parta da zero così da poter di nuovo chiedere di più, chiedere uno, quando raggiunto chiedere due, quando raggiunto chiedere tre, chiedere di più, quando se non quando hai raggiunto il massimo chiedibile e allora o ti fermi e ti spegni o ringrazi te stesso per tutto quanto fin lì e, semplicemente, cambi di nuovo vita.
Ma allora potremo fare questo e possiamo provare a fare quell'altro, ma potremmo anche perché no fare quell'altro ancora, è bellissimo, ma davvero, con noi, continua a ridere e io penso Questo, per questo sì, davvero voi.
Ma non per soldi, ché non me li potreste mai dare quelli che porto a casa da solo e quindi ci rinuncio io per un'idea mia che si farà possibile solo grazie voi e solo se.
Solo se?
Condizioni.
Quali?
La sede di Londra.
Ma tu abiti a Torino.
Quella è la seconda condizione: tre giorni alla settimana.
Rideva mentre mi diceva Facciamo presto e io con lui ma dentro.

Ce l'ho fatta a smettere di essere uno che ce l'ha fatta.
Vado dove posso ripartire dal punto in cui non sono nessuno e c'è una vita intera dentro queste trenta righe e queste che non sembra ma sono lacrime di gioia.
Tutto nel cestino, si riparte in un nuovo altrove, cazzo uau e Stay tuned



23 aprile 2015

CVD

Aprirsi e consegnare la propria nudità.
Estrarre l'intimo delicato e offrirlo.
Sperare, è sempre una scommessa, che venga maneggiato con cura, cautela, disinteresse.
Soprattutto disinteresse perché la chiave del rispetto necessario è lì ed è un confine sottile come un rasoio.
Perdere la scommessa e vedere quell'intimo usato, tritato, masticato e sputato su una tavola apparecchiata con meno colori possibile.
Vederlo usato come arma senza nemmeno il coraggio di farlo apertamente, che riduzione di sé dev'essere, immagino, una scelta così facile, così autoprotettiva, così efficace nel colpo ma senza il prezzo dell'onda d'urto che la spersonalizzazione disinnesca.
Io di nuovo guardare, osservare con quanta facilità si riesca a passare dal contorno della cosa più bella al peso della violenza più colposa per il solo salvare sé stessi, unica urgenza, la solita unica urgenza di chiunque.
Non è la prima né sarà l'ultima volta che vedrò una persona decidere di scendere così in basso pur di non precipitare.
Non è la prima né sarà l'ultima volta che ci avrò visto lungo non quando sono entrato in una casa, ma quando ne sono uscito dicendo a me stesso Non so perché ma è no.
Ora so anche il perché e dico meno male.
Diosanto meno male.

20 aprile 2015

"Fai del bene e dimentica, fai del male e ricorda"

Per fare del bene al prossimo non serve molto.
Bastano egoismo, supponenza, autoreferenzialità, saccenza, cinismo, falsità, egocentrismo, e memoria lunga di quegli anni d'infanzia passati sognandoti Paperinik per poi ritrovarti da grande a essere egoista, supponente, autoreferenziale, saccente, cinico, falso, egocentrico e con la memoria corta, sempre troppo corta per ricordarti cosa sognavi di essere in quegli anni d'infanzia passati sognandoti Paperinik.

4 aprile 2015

Volavo i pantaloni

L’aereo ha due ore di ritardo, è pieno, sembra che abbiano tutti deciso di partire lo stesso giorno e anche i ristoranti, diciamolo, sono pieni.
Passo i controlli sicurezza dopo aver finito la mia acqua da un euro e pronto a comprare immediatamente dopo i controlli la mia acqua da due euro.
Tutti si chiedono da sempre perché mai dovremmo cambiare stile di vita, farci influenzare dal terrorismo e ogni volta che lo sento il grillino che è in me pensa che è già successo da anni anche se non ce ne siamo accorti e che a finanziare il terrorismo non possa che esserci la lobby delle acque minerali che ha fatto l’inciucio con quella dei produttori delle bottiglie in pet, è chiaro, o almeno lo sarebbe se solo i giornali di regime ce lo dicessero, ma se ce lo dicessero non sarebbero di regime controllati dai partiti e quindi casta.
Ok ok.
Davanti a me coppia di anziani, vabbé diciamo sui sessanta perché la soglia dei quaranta è quella oltre la quale la parola anziani non la usi più con tanta leggerezza ché domani è pasqua e dopodomani sessanta li hai tu, sempre se a differenza di me che c'ho un cuoricino affaticatissimo ci arriverai, lui discute perché vuole passare con l’acqua da un euro, un armadio pelato con il distintivo che lo autorizza a dire No dice No, l’anziano non retrocede perché vuole far vedere alla moglie che non retrocede di fronte ai suoi diritti ma non ai diritti di cittadino, è tenerissimo perché vanta i suoi diritti di persona affidabile, dice che l’ha comprata nel bar dell’aeroporto, che non può essere esplosivo e che se lo dice è vero, l’armadio gli dice che questo lo dice lui, per lui invece quella bottiglia se l’è portata da casa ed è esplosivo, l’anziano capisce l’antifona e si scola interamente la bottiglia per due palesi motivi: il primo è che è anziano e non spreca acqua pagata un decimo della sua pensione, il secondo è che con la faccia dice all’armadio che alla sua età e con tutto quel nervoso sulle spalle se la sognerà una prostata come la sua.
Nel nastro accanto mamma con bambino nel marsupio, arriviamo entrambi al metal detector insieme, io per cortesia le faccio cenno di passare, la donna dall’altro lato le dice che deve togliersi gli stivali, lei dice No non me li tolgo gli stivali li ho messi proprio per viaggiare, la donna dall’altra parte la rassicura spiegandole che dopo il metal detector li riavrà, non è un sequestro, non viaggerà scalza, diosanto ma c’è gente in giro che davvero non è uscita di casa fino a quarant’anni e me li becco tutti io, penso osservando la scena, e non mi riferisco all'aereo, che è legittimo non aver preso, ma li avrai incontrati in vita tua quelli in divisa e lo saprai che se ti dicono una cosa senza un punto interrogativo alla fine non ti stanno chiedendo di decidere tu, niente, pare che 'sta cosa la sappiamo solo io e gli over sessanta.
Dopo due ore di attesa si avvia l’imbarco, come sempre aspetto l’ultimo momento perché di stare in fila un’ora non ho voglia e soprattutto se non c’è finger è assolutamente inutile mettersi all’inizio della fila, dal momento che l’importante è salire sul bus davanti alle porte così da scendere per primi quando si arriva alla scaletta e perché questo accada bisogna superare il gate per ultimi, non per primi, solo che i giornali di regime non ce lo dicono perché sono controllati dalla lobby dei produttori di calmanti per chi si mette in fila davanti a cento persone che diventano novantanove dopo un metro, novantotto dopo due, novantasette dopo tre e così via, a meno di non litigare con chiunque scopra solo se glielo dici che no, non eri davanti a lui perché gli stavi tenendo il posto e sulle file in Italia, o con italiani, dovrebbero farci una guida turistica apposta in tutte le -altre- lingue fatta da una sola pagina con su scritto a caratteri cubitali e in tutte le -altre- lingue "Scusateci, non siamo tutti così", una freccia stampata in maniera che impugnando il manuale indichi quello davanti e la didascalia "Così come questo che un secondo fa ti stava dietro finché non si è accorto che stavi leggendo"
E poi io sono un esperto di viaggi, soprattutto di viaggi in aereo e a me non la fa nessuno, con tutti i viaggi che ho fatto e che faccio ogni tre giorni vuoi che io proprio io non sappia tutto ciò che serve sapere, dopo aver collezionato miglia per l’equivalente di due viaggi andata e ritorno per gli Stati Uniti con biglietto premio e averle fatte scadere tutte solo perché mi sono dimenticato la password dieci anni fa e le miglia sono state cancellate un mese fa, l’ho saputo due settimane fa quando ho pensato che avrei potuto chiamare il callcenter e infatti quelli ho chiamato, la signorina era proprio dispiaciuta per avermi comunicato che sì, mi ero effettivamente fumato tipo un giro del mondo gratis e per un solo mese di ritardo su dieci anni, ma non mi faccio scoraggiare, io resto un esperto di viaggi e di booking, c’ho il mio bel biglietto con supplemento posto scelto pagato e una sigla SB sotto il numero sulla carta d’imbarco e perché chiedere nelle due ore d’attesa causa ritardo, quando che significhino Speed Boarding, quindi la fila ciao ciao ci state voi che non siete esperti di viaggio come me che io l’imbarco prioritario me lo pago in anticipo, lo puoi scoprire chiedendo alla tizia al gate dopo un’ora di fila?
Davanti a me un tizio sui quarantacinque, ha la faccia del milanese che torna a casa dopo esser sceso a Brindisi a siglare chissà quanti contratti, c’ha il bagaglio a mano quello del viaggiatore con computer, muove mercati con uno schiocco di dita, vuole che pensi questo quando lo guardi e facciamogli ‘sto favore, ha quella faccia là che solo i milanesi hanno quando si muovono come fossero Briatore nei loro pantaloni gialli (una volta dicevo Rossi ma poi ho fatto i quaranta ho comprato i pantaloni rossi e quindi adesso il codice "Cialtrone milanese" è Gialli) e pashmina d’ordinanza, in fila su un lowcost da 30 euro e camminare, i bagagli a mano hanno superato il limite dell’imbarcabile e li etichettano per la stiva, lui dice no.
Come no, gli fa il tizio al gate.
Ho detto no, non lo metto in stiva c’è tutto il mio lavoro lì dentro quindi viene a bordo con me.
Io, che sono esperto di viaggi, in un istante traccio l’esatto profilo del viaggiatore: quarantacinque, auricolare fisso perché metti che chiami Lapo, cellulare tenuto acceso fino al secondo successivo a quello nel quale la hostess gli dice di spegnerlo solo perché basta quel secondo per dire dimostrato che a lui nessuno dà ordini e poi deve farsi il selfie da mandare all'amica della figlia per dirle che sta arrivando, di prepararsi quel vestito in pelle nera e la moglie a casa che lo accoglie chiedendogli perché le abbia mandato una foto e la richiesta di un vestito che lei non ha ma soprattutto perché l'abbia chiamata Merigèin e la realizzazione di non essersi ricordato di usare l'altro aifòn e ora come glielo spiega, alla figlia, scarpa a punta indossata per l’aereo, una incredibile capacità di rompere i coglioni al prossimo con il fare tipico del Capogita che sogna il disservizio solo per il piacere di mettersi a capo dei cittadini che si ribellano al sistema, unita a una totale e incolmabile assenza di capacità di capire quando è il caso e quando no.
Il grillino over quaranta, per capirci.
Il tizio gli dice che la sua non è una proposta, lui il bagaglio in cabina non lo porta perché no, non è che gli stesse chiedendo cosa ne pensasse, gli stava dicendo proprio di mollare il bagaglio perché andava etichettato per la stiva.
Lui ripete che no, che per lui faranno un’eccezione perché l’ha stabilito lui, non mollerà il suo computer in stiva, il tizio chiama la responsabile e le comunica che c’è uno che non ha chiara la situazione, lei gli dice che non ci sarà nessuna eccezione perché la stessa cosa l’hanno chiesta tutti quelli prima di lui e non c’è motivo perché a lui si dica di sì, lei non è esperta come me di viaggi e di milanesi con l'amica della figlia come amante e non lo può sapere che quello è esattamente il motivo per cui, secondo lui, a lui dovranno dire di sì, proprio perché lui non è come quelli prima di lui, è milanese di quarantacinque con le foto di Merigèin nuda tra i petali di rosa sul computer e un'incredibile capacità di rompere i coglioni finché a dirgli che rischierà di vedere quel computer foto incluse perso per aeroporti e che la cosa non è trattabile non sia uno che gli punta una pistola.
Capisco che è il momento di Paperink, serve l’uomo forte che risolva la situazione, quindi io, che sono milanese come lui ma ho meno anni e più capacità di rompere i coglioni, quindi è il mio momento altrimenti qui non si muove nessuno.
Se non la pianti passi cazzi.
Eh? Mi dice lui con la faccia di chi stava cercando un euro da darmi per comprare la merenda.
Stai bloccando l’imbarco di un aereo, ti stai opponendo al personale di servizio e gli stai impedendo di chiudere l’imbarco, sommali e avrai la seguente situazione: se ti opponi ancora una volta saranno costretti a chiamare la sicurezza e tu qui ci passi la notte perché scatta una procedura antiterrorismo che il computer te lo restituisce dopo che gli artificieri l’avranno fatto brillare, così, giusto perché a Brindisi si stavano annoiando.
Ovviamente tale esperienza è completamente inventata, realistica ma che ne so se ci sono davvero gli artificieri, però quando dico una cosa da esperto metto la maschera di Paperinik quella dell’esperto, lui cede all'autorevolezza di Paperinik, siamo coetanei del resto e sapevo che non potevamo che avere gli stessi eroi, e mi guarda in silenzio con la scritta “Davvero?” che gli lampeggia al neon sopra la testa, io lo guardo in silenzio con la scritta “Sì sì” che mi lampeggia sopra la testa ma con neon intermittente che la intervalla a “E io mi divertirei pure ad assistere alla scena”, guardo il tizio del gate che mi guarda in silenzio con la scritta “Che cazzo di idea geniale hai avuto” che gli lampeggia sopra la testa e la responsabile che mi guarda in silenzio con la scritta “Mmmhh e sei anche bello oltre che incredibilmente papero” che le lampeggia sopra la testa, il tizio con il preciso sguardo del primo momento intelligente della sua vita capisce da solo la parte che avevo omesso, perché in fondo un po' gli artificieri me li auguravo così da levarmi un un letterale colpo solo una serie di vaffanculo disegnati proprio a forma di quelli come lui con i quali ho avuto a che fare per anni ma collezionati più delle miglia inutilizzate negli stessi anni, e cioè che tre giorni dopo un volontario disastro aereo, con l’ISIS alle porte e una tensione nei personali di sicurezza degli aeroporti tale che arrivano a minacciare fisicamente pure tenerissimi anziani in gita, forse non è né il momento né il posto migliore per fare casino e con la faccia del cameriere di Briatore che ha appena ricevuto l’ordine, da Briatore, di picchiarsi da solo, consegna il bagaglio a mano.

Anche oggi ho salvato il mondo, decolliamo.
[…]

15 marzo 2015

Exp(l)oit

È comprensibile il fiume di stampa che sta cercando in qualche modo di mostrare la parte dei cantieri ostentabile come completa, dal momento che lo sguardo diretto e complessivo restituisce (restituirebbe) un'immagine che dire opposta è essere morbidi.
Ci passo in treno con una certa frequenza e ogni volta mi dispiace che la velocità non permetta scatti fotografici chiari al punto da mostrare il vero elemento provante: la totale assenza di uomini al lavoro.
Poi apro internet per leggere le news e da una settimana trovo continui articoli che raccontano di cantieri a un passo dal taglio del nastro, di migliaia di operai che lavorano 20h/gg, di una mobilitazione di mezzi e risorse pari all'orgoglio della nazione che come sempre dimostrerà di sapersi sempre elevare sopra i pregiudizi dei quali è vittima.
Poi mi giro di nuovo verso il finestrino e continuo a non vedere un operaio che sia uno.
Poi riapro internet e vedo Renzi che va al cantiere avendo se non altro la cautela di non commettere l'errore mediatico di indossare anche lui l'elmetto, forse una contromossa politicamente strategica per anticipare chi non vedeva l'ora di poter fotografare un altro presidente operaio, forse una forma di delicatezza verso gli aquilani ai quali l'immagine avrebbe implacabilmente ricondotto, riattivandolo, lo sdegno sopito, di sicuro una risata mi scappa quando durante il collegamento dietro di lui passa casualmente un mezzo che sposta materiale edile perché il cantiere non si ferma nemmeno durante la visita istituzionale altrimenti che cantiere italiano sarebbe, con la stessa intransigente operosità che durante i collegamenti con Porta a Porta mostrava saldatori che non smettevano nemmeno durante le riprese e che ci vuoi fare, devo saldare proprio qui, siete voi che state intralciando il cantiere italia.
Fossi grillino la tentazione di parlare di macchina di propaganda sarebbe irresistibile, ma non lo sono e per questo mi limito a leggere tutto questo come null'altro che quell'attitudine che l'italiano ha nel dna di vestirsi a festa la domenica mattina per la passeggiata in piazza, sottobraccio a quella stessa moglie alla quale il braccio la mattina a colazione l'ha quasi staccato per la rabbia di non aver vinto il jackpot alle slot nemmeno questo venerdì sera.
Mi è stato chiesto di lavorare fisso a un padiglione per l'intero periodo, mi è stato detto di fare io il prezzo per un ruolo per il quale basterebbe un cinese nemmeno particolarmente sveglio e mancano 40 giorni.
Sono alla canna del gas, sarà il festival dell'improvvisazione e sarà un peccato, perché a giudicare dalle foto dei padiglioni avrebbe potuto davvero essere, se non altro, una vetrina d'architettura mai costruita in questo paese nello stesso posto e alla stessa ora.
Io vorrei andar via a maggio e rientrare a ottobre e invece l'eccitazione e lo stato da urbiacatura colllettiva che sta attraversando il settore eventi milanese sarà un tornado che risucchierà per mesi ogni granello di polvere graviti a meno di cento chilometri da una città che non è nemmeno lontanamente preparata ad attutire l'impatto di ciò che sta per arrivare.


Da qui.

27 febbraio 2015

Ebbbasta

No: Andrangheta.
Sì: 'Ndrangheta.

- quindi -

No: L'Andrangheta
Sì: La 'Ndrangheta

Controprova: 'Ndrine

- infatti -

Sì: Le 'Ndrine

- se fosse -

L'Endrine

- allora al singolare diresti -

L'Endrina

Hai mai letto/detto L'Endrina?
No, hai sempre letto/detto La 'Ndrina.

Non è difficile.
Lo diamo per compreso?

12 febbraio 2015

Musicarello

Non ho abbandonato questo posto, non ho perso le parole e neppure sono loro che perdono me.
E' che chi guarda dalla strada non ci crederebbe mai, io vado a letto adesso e tu sei in piedi dalle sei.
E allora vai, volare navigare camminare, c'è sempre un posto dove puoi arrivare.
Per chiudere citando Ti sposerò perché mi sai comprendere e nessuno lo sa fare come te, diamoci un mesetto, mesetto e mezzo.


27 gennaio 2015

In due mesi

In due mesi sarà la sesta volta che sullo schermo proietto Renzi che fa Ok col pollice, Renzi che sorride, la scritta Jobs Act con glitter, neon, kabuki e cotillons, il logo Jobs Act, immagini di muscoli con tatutato Jobs Act, le aziende ci credono molto più di quanto dall'esterno si percepisca, se è furbo come sembra porta a casa un altro giro.

In due mesi sarà la quarta volta che ho come ospite, presente, collegato, o con contributo video, Farinetti e la sua Eataly, se non è lui perché impegnato su altro palco è il figlio, le aziende guardano quel modello come un modello da replicare.

In due mesi ho ricevuto due prove di cosa significhi essere regista: significa che quando sono io mi prendo meriti che non sono solo miei, quando è un altro si prende meriti che sono solo miei.
E io devo incassare.
Ma sorridere col cazzo, tu me lo leggerai in faccia perché io e te lo sappiamo che senza di me questa volta questo successo tu a casa non lo portavi.

In due mesi ho ricevuto diversi segnali che la misura è colma.
Non mi sveglio più in tempo, non ho più pazienza, tratto male i clienti là dove per male si intende come è giusto quando è giusto, faccio errori mai fatti, metto a rischio il lavoro di tutti.
Solo che me ne sono accorto solo io, perché da fuori continuano a chiamarmi "il migliore in Italia" e questo significa che devo andarmene prima che il bluff si sveli.

Lavorare al Lingotto per me è già una prova che ogni volta mi richiede ben più delle mie usuali, quanto notevoli, forze.
Seguire i colleghi che vanno a mangiare al suo interno a due metri dalla porta per l'inferno in orario in cui è aperta, è stato il mio bunjee jumping fino a oggi tanto temuto.
Fatto anche questo passo, al tempo giusto, nel modo giusto.
Tensione, pensieri, ma alla fine la vita ha preso il sopravvento e non ho più avuto paura.
Quanti anni rubati alla via per la felicità e non poterli pretendere indietro è l'unico vero prezzo da pagare alla scommessa.



16 gennaio 2015

Take me home country girl

Quattro città in cinque giorni.
Otto ore di sonno complessive.
Qualche centinaio di chilometri.
Un albergo diverso ogni notte.
Quello che vorrei scrivere non posso scriverlo, quello che posso scrivere non voglio scriverlo.
Vorrei scrivere di cose belle avvenute e non solo sognate, solo che non ho tempo di farle avvenire e ultimamente nemmeno di sognarle, quindi non vedo perché quel poco dovrei dedicarlo a raccontare come le vorrei e non come le ho volute.
Perché le ho tutte volute o non volute io, alla fine non si scappa.
Il meglio non l'ho voluto, il peggio non l'ho impedito.

"Sei un gran lavoratore" ha suono antico di nobiltà d'animo, di una mano morbida, di un film su un divano accogliente, di una tovaglia colorata con piatti colorati e bicchieri colorati, di un sonno lungo e sereno come non faccio da anni.
Non aspettarmi sveglio, non lo sono.
Riposami e tutto.


5 gennaio 2015

Perché avevo voglia di sentirlo ma non di cercarlo

Molti molti anni fa andai a vivere per qualche mese all'estero, un'esperienza caratterizzata da mesi senza una lira in tasca in quel modo là che devi scegliere se pranzare o cenare, certo non puoi comprare musica.
Alla partenza, per fretta e inesperienza ai viaggi non portai via nessuna cassetta musicale se non quella che avevo nel walkman (cassetta...walkman...in volume un paio di decadi, in valore due secoli fa accipicchia) e che per motivi economici fu l'unica che ascoltai per l'intera durata dell'esperienza, mesi e mesi sempre la stessa cassetta, sul lato A era Pirata dei Litfiba, sul B era Pino Daniele, non nel senso del cantante ma proprio dell'album del '79, forse uno dei suoi più belli e non solo perché se lo ascolti per mesi è ovvio che lo diventi.
Senza stare a far l'elenco tanto chiunque può cercarselo, una delle migliori serie di brani del suo periodo migliore.
Ascoltandolo per mesi, mesi nei quali la lontananza da casa si portò appresso diversi momenti complicati a cavallo della difficoltà oggettiva della vita sul posto e quella soggettiva della distanza dagli amori a casa, ogni parola di quelle canzoni si è così sigillata a un momento speciale, a una telefonata, a una dedica, un pensiero.
Passassero altri cinquant'anni per me Pino Daniele rimarrà quello che mi ha fatto compagnia e mi ha tenuto emotivamente acceso, quello che mise in musica la poesia di Troisi, quello che il mio maestro di chitarra definì Uno dei migliori chitarristi non in Italia ma nel mondo e il mio maestro di chitarra era uno che suonò con De Lucia, non l'ultimo cretino dai facili entusiasmi, insomma.
Stanotte alle 4 mi infilavo a letto con RaiNews accesa, mentre il cronista dava i primi lanci augurandosi che non fossero veri e trattenendo a stento una commozione che devo riconoscere in poche altre occasioni di morti note ho fatto anch'io fatica a trattenere, usando come unica conferma il tweet di un Ramazzotti che alle 4 del mattino ha voluto sigillare con l'implacabile certezza quella che come poche altre volte tutti ci siamo augurati fosse una bufala.
Questo fatto che la gente muoia io non lo so se riuscirò ad accettarlo come definitivo una volta per tutte come età mi dovrebbe permettere, mi sembra ogni volta così assurdo, evitabile, intollerabile.
Mancherà molto, nonostante dopo il tour insieme a Jovanotti ed Eros non fu mai più quello capace di scrivere capolavori come questo, una delle sue più belle e nello stesso momento meno note (e no, non è "sceglila sconosciuta così fai la figura dell'esperto", è che è proprio una delle meno note e nello stesso momento una delle più belle), così bella che se devo sceglierne una per dirgli ciao allora è questa, prima che tra cinque secondi dica Anzi no questa e poi No aspetta quest'altra
Che perdita accidenti.