Suona il telefono e sullo schermo appare il nome registrato alla voce Non ti chiamavo da undici anni.
Per lavoro ci siamo conosciuti, per lavoro ci reincontriamo, in mezzo undici anni di promessa mantenuta.
Trascinato in un mondo a me ignoto se non per quel poco che le serate con nonna e la guerra per far sì che la sua memoria le impedisca di donare sms ogni mezz'ora mi raccontavano, mi trovo catapultato in un mondo fatto di storie e di ricerca, di ospedali e di vite, di lacrime e di gioia, di belle persone che danno a belle persone che ricevono, di vite che non credevano e altre che non potevano, proseguire.
Da due giorni immerso in immagini, dialoghi, social, video, per prendere tutto e trasformarlo in un lavoro bello al punto da raccontare che anche io questi undici anni li ho usati per migliorarmi e a ogni parola letta e ogni voce ascoltata la sensazione che no, o sì ma mai quanto chi di quel mondo ne ha fatta vita e la conferma, servisse, che io due cose ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro: riconoscere da un battito d'occhi le persone speciali e starne senza.
Da due giorni la gola non permette il passaggio che d'acqua, attraverso vite interrotte, corse miracolose, padri giganteschi, madri fatate, famiglie che hanno proprio la forma che la famiglia dovrebbe avere, città un po' più povere, cieli più ricchi a disegnare i contorni di quella spiegazione diretta, lineare, ricevuta in riunione e persino troppo semplice per racchiudere così totalmente e nello stesso tempo in così poche parole tutto quello che avrei visto: Ci occupiamo di malattie rare, sono tutti bambini perché non fanno in tempo a diventare grandi.
Un rasoio.
Due giorni a piangere di fronte a ogni storia attraversata e undici anni a conservare la certezza di averci visto giusto quel giorno che intuii di aver incontrato la grandezza nella sua essenza e la certezza che sarebbe arrivata dove sognava di arrivare, ci avesse messo anche dieci anni.
La vita a volte chiude i cerchi nelle direzioni in cui è giusto si chiudano, altre no, ma almeno fa di tutto perché quei cerchi si incontrino e migliorino a vicenda e io oggi di quell'incontro sono chiamato a farne storia raccontata da spettatore, la terza cosa che ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro.
Chi non ha la solitudine, il silenzio intorno e i cinque minuti e mezzo sufficienti per conoscere SpiderCiccio il Supereroe non merita di conoscere né lui né una qualsiasi delle migliaia di vite tanto brevi quanto gigantesche che senza disturbare passano e vanno.
Che poi ...conoscerlo... io conosco una che ha conosciuto SpiderCiccio e solo per questo mi sento migliore, essere lei cosa dev'essere, essere loro, cosa dev'essere.
Per lavoro ci siamo conosciuti, per lavoro ci reincontriamo, in mezzo undici anni di promessa mantenuta.
Trascinato in un mondo a me ignoto se non per quel poco che le serate con nonna e la guerra per far sì che la sua memoria le impedisca di donare sms ogni mezz'ora mi raccontavano, mi trovo catapultato in un mondo fatto di storie e di ricerca, di ospedali e di vite, di lacrime e di gioia, di belle persone che danno a belle persone che ricevono, di vite che non credevano e altre che non potevano, proseguire.
Da due giorni immerso in immagini, dialoghi, social, video, per prendere tutto e trasformarlo in un lavoro bello al punto da raccontare che anche io questi undici anni li ho usati per migliorarmi e a ogni parola letta e ogni voce ascoltata la sensazione che no, o sì ma mai quanto chi di quel mondo ne ha fatta vita e la conferma, servisse, che io due cose ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro: riconoscere da un battito d'occhi le persone speciali e starne senza.
Da due giorni la gola non permette il passaggio che d'acqua, attraverso vite interrotte, corse miracolose, padri giganteschi, madri fatate, famiglie che hanno proprio la forma che la famiglia dovrebbe avere, città un po' più povere, cieli più ricchi a disegnare i contorni di quella spiegazione diretta, lineare, ricevuta in riunione e persino troppo semplice per racchiudere così totalmente e nello stesso tempo in così poche parole tutto quello che avrei visto: Ci occupiamo di malattie rare, sono tutti bambini perché non fanno in tempo a diventare grandi.
Un rasoio.
Due giorni a piangere di fronte a ogni storia attraversata e undici anni a conservare la certezza di averci visto giusto quel giorno che intuii di aver incontrato la grandezza nella sua essenza e la certezza che sarebbe arrivata dove sognava di arrivare, ci avesse messo anche dieci anni.
La vita a volte chiude i cerchi nelle direzioni in cui è giusto si chiudano, altre no, ma almeno fa di tutto perché quei cerchi si incontrino e migliorino a vicenda e io oggi di quell'incontro sono chiamato a farne storia raccontata da spettatore, la terza cosa che ho sempre saputo fare meglio di chiunque altro.
Chi non ha la solitudine, il silenzio intorno e i cinque minuti e mezzo sufficienti per conoscere SpiderCiccio il Supereroe non merita di conoscere né lui né una qualsiasi delle migliaia di vite tanto brevi quanto gigantesche che senza disturbare passano e vanno.
Che poi ...conoscerlo... io conosco una che ha conosciuto SpiderCiccio e solo per questo mi sento migliore, essere lei cosa dev'essere, essere loro, cosa dev'essere.
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