28 febbraio 2014

Brevi

Si pensava che Facebook avesse segnato il confine tra il mondo sviluppato e l'avvio del processo di involuzione umana.
Ora il problema è come definire Twitter.
Non si regge più.
Passino le 12enni che si fotografano le tette per elemosinare attenzione, hanno l'alibi dell'età e dell'assenza di strumenti alternativi ancora da sviluppare, passino le star che ne sfruttano la possibilità di essere palco aggiuntivo, hanno l'alibi del mutuo e della professione, ma si voti al più presto il divieto per ogni politico di servirsene perché il problema non era ridurre la capacità di lettura della massa votante ancora più di quanto fossero riusciti a ridurla il cavaliere e Beppe Sai Baba Grillo, ma di invertire proprio quella tendenza per cercare di salvare il salvabile.

Personale nota fuori contesto:
Ringrazio PdM e consorte per il consiglio di lettura.
In nome della Madre, libro che si legge in un'ora (e sul quale vale la pena aggiungere pure personale lode a chi ha pensato il progetto grafico finalmente considerato al pari del contenuto) è un libro meraviglioso e lo dico dalla mia sedia di ateo che più ateo non si può.
Quanta delicatezza e bellezza sia capace di contenere in così poche pagine non si può descrivere.
E anche chi se ne frega se l'autore ha recentemente ribadito il suo filoterrorismo.
Anche Polanski non vanta quella che si può definire una bella fedina penale ma non per questo Luna di fiele smette di essere un gran cazzo di film.

Secondo step del percorso verso il mio avere un'agente.
Fatta nuova riunione, dichiarata disponibilità a farlo anche in incognito se così preferirò.
Devo ancora capire come si possa essere agente di qualcuno in incognito visto che il meccanismo della rappresentanza vede il processo essere esattamente il contrario, ma quel che è certo è che più si alza l'offerta di elementi finalizzati a non oscurare il nome, più significa che nel settore devo aver raggiunto un potere contrattuale persino superiore a quello che io misuro ogni giorno direttamente, che già è oltre ogni aspettativa di qualche anno fa (non è vero io ci ho sempre creduto!).
Cioè non sono l'attore che per avere contratti ha bisogno delle relazioni di un agente, sono il calciatore che vede fuori dalla porta la fila di procuratori che si propongono come agenti per i contratti che io garantisco.
Il problema è che io temo di non saperla gestire questa cosa qui, che una volta fatto il salto mi  ritrovi dentro una cosa enorme che se enorme lo è diventata è proprio perché mai mi è interessato che lo fosse.
E però a furia di non pensare a cosa avrei voluto essere da grande, grande lo sono diventato.

Sarai orgogliosa di me, ti regalerò questo.

25 febbraio 2014

Riferimente

Oggi mio fratello ha compiuto un sacco di anni, un sacco di anni a pensare che il domani sarà migliore.
Per fare la stessa cosa dallo stesso numero di anni a me di forza ne serve un decimo e questa semplice proporzione è il motivo per cui io continuo a trovarla.
Basta questo, per rendermelo così indispensabile anche da lontano.



22 febbraio 2014

#nomachiavrebbemaipotutoimmaginarlo 2.0

Una settimana fa, io:

"Il discorso d'insediamento non è ovviamente ancora noto, ma facciamo che io metto cento euro su almeno dieci volte la parola Sussidiarietà, non meno di tre "asili" e una bella lisciata a quel Terzo Settore che non vede l'ora di consegnargli tutto il capitale sociale da sempre tenuto in un palmo di mano."

Ieri, lui:

"Mi piace pensare che la delega che Giuliano Poletti oggi ha ricevuto sia una delega al lavoro, al welfare, ma sia anche una delega a quello che inopportunamente viene considerato il Terzo Settore. Se guardate i numeri rischia di essere il primo in Italia"

Per i cento euro potete fare un bonifico, causale "Ennesima lezione di previsione del futuro".

E se la contestazione per evitare il bonifico dovesse essere "Ma non ha parlato di asili e sussidiarietà" suggerisco di attendere ancora poche ore poiché, essendo quelli due riferimenti di contenuto programmatico che quindi non avevano funzione in una conferenza stampa superficialmente celebrativa, sarà nel discorso con cui chiederà la fiducia che avrà bisogno di non restare sulla generica definizione di Terzo Settore ma di spingersi a precisare a quale parte del Terzo Settore si stesse esclusivamente riferendo.
Non potendo per (indubbia) cautela politica chiamarli direttamente Chiesa-Famiglia, userà i sinonimi Sussidiarietà-Asili, certo di poter contare su quella capacità di decifrare il codice che l'interlocutore di riferimento ha da sempre come modalità di trattativa contrattuale.

Tutto incluso nei cento euro, non state a cercare anche gli spiccioli in tasca.




21 febbraio 2014

Tanto va la gatta al lardo

Febbraio e come ogni anno si parte nella preparazione del lavoro dell'anno, quello per quel cliente che a settembre per tradizione riesce a portarci sempre nei posti nei quali lo scarto tra lo spettacolo che portiamo noi e la realtà intorno riesce sempre a essere di dimensione tale da tradursi nella maggior parte dei casi in paesi nei quali ci sono in corso guerre, rivoluzioni, pestilenze, cavallette e cataclismi sociali vari ed eventuali.
L'anno scorso sollevai il problema e fui zittito e zitto rimasi.
Febbraio e il gruppo vacanze Cliente+Agenzia+Tecnica parte come sempre per il sopralluogo nella struttura scelta per l'edizione successiva, per prendere le misure, gli accordi economici, contatto con i tecnici locali e tutto ciò che serve quando tornati a casa si dovranno dedicare i restanti mesi a preparare il tutto da qualche migliao di chilometri di distanza.
Partono tutti per il sopralluogo, fanno sopralluogo, si preparano al rientro, un autobus gli esplode accanto, il villaggio, che avremmo dovuto prendere in esclusiva per dieci giorni, chiude per terrorismo.
E questo è l'unico motivo per cui si riparte da zero sulla pianificazione in struttura diversa, perché altrimenti nulla esclude che sarebbe rimasta quella sull'onda del Noi ci andiamo tra tanti mesi e poi se sono aperti vuol dire che non succede nulla.
Vediamo chi è il primo che come alternativa propone Kiev.

17 febbraio 2014

Chi dice donna dice Tu


Sorrideremo di questo tempo sospeso, ci perdoneremo il necessario e ci racconteremo cosa ne avremmo fatto distillandolo in esempi disegnati con le mani nell’aria tra i nostri occhi negli occhi, questo è un mare, quello è un cane, questo invece è un ufo che un giorno ci ha rapiti esaminati catalogati come perfetti, troppo per invaderci, abbiamo salvato l’umanità, u-m-a-n-i-t-à disegneremo.
La nostra, quella che un giorno ci salvò prendendoci di forza un metro prima del burrone in cui ci volevano trascinare non per vendetta, non per cattiveria, perché eravamo appiglio per persone già in caduta prive quindi del tempo di verificare che noi fossimo saldi a terra e come tutti non lo eravamo, ma eravamo saldi a noi, a quel punto di equilibrio sfiorato un lampo di tempo fa che ci colse realisti e ci restituì al mondo idealisti della specie più pura, quelli che il raggiungibile lo chiamano così perché l’hanno raggiunto e toccato, visto e sentito, amato, e quando ami il raggiungibile lo ami per sempre e non è una scelta, è l'idealismo della ragione.
Questa cosa qui disegnata con le mani nell’aria tra i nostri occhi negli occhi avrà la forma di una strada non sempre facile, davvero non sempre facile, ma che mai un solo giorno si è fatta percorrere con meno di una speranza, meno di una certezza, meno di un progetto e meno di un nome in fondo da raggiungere, a volte un amico, a volte un padre, a volte un fratello, a volte tu, in un crescendo che è più di una serie casuale di punti di ristoro, sono i tre balzi finali del salto triplo con il quale avremo percorso l’ultimo tratto che ci separava.
Quando sarà il mio turno di disegnare Tu non mi basteranno le braccia, non mi basteranno le gambe e non mi basteranno gli occhi e non mi basteranno le parole allora nell’aria disegnerò un semplice cerchio perfetto, questo è il mondo, ops, scusa, ti avrò toccato i capelli, un punto al centro, questo è il centro del mondo, ops, scusa, ti avrò toccato il naso, è che sarai così vicina.
Che importa di che colore sono stati i tuoi occhi fino a quel giorno, che importa che voce mi hai dato fino a quel giorno, come mi hai chiamato.
Io ti ho chiamata Barbara e avevi una voce bella abbastanza da cantare la Streisand solo per me prima di far l'amore sapendo che nemmeno una cassa di ostriche poteva fare come quell'acuto, ti ho chiamata Silvia e ti ho portata con me sul lavoro, o meglio sei tu che sei saltata in macchina e ti sei fatta qualche ora solo per raggiungermi sul lavoro guardarmi orgogliosa e riportarmi a casa su qualcosa di più comodo di tre treni, per esempio l'amore, ti ho comprato una cosa che ti ha riportata agli anni felici come fosse una macchina del tempo e non perché io fossi particolarmente empatico ma solo perché l'ultimo punto di felicità era così visibile che su ebay hanno direttamente la categoria e un giorno, ti chiamavi Angela, ti sei spogliata in macchina nel traffico e nuda sei scesa per entrare in casa solo perché te l’ho chiesto e quanto-cazzo-eri-bella in quel momento.
Tu come mi hai chiamato? Dove mi hai portato? Che voce avevo? Che lavoro facevo? Sono stato astronauta? Sono stato dottore? Sono stato edicolante? E ti ho sempre trattata bene? Ti ho sempre amata dentro? Ti ho sempre amata sempre? Ci siamo sempre capiti? Ci siamo sempre parlati? Ci siamo sempre stati? Chi siamo stati? Voi chi siete? Dove veniate? Dove stiate? Dove andiate? Che ore sono?  Ma che ore sono? Quando si mangia? Ma quando si mangia? Sono tanti i misteri dell’universo, voi fate domande e io tengo risposte, io sono: Alieno, ah! ah! ah!
Sono un po’ stupido, sì, ho anche quel pregio, sta proprio lì accanto all'umiltà.
Ce l’avevo quando mi chiamavo Uffa però?
Evidentemente no, se quel giorno sarò io a sentirti dire ops, scusa, ti ho toccato i capelli e ops, scusa, ti ho toccato il naso anche tu quando sarà il tuo turno di disegnare Io.



14 febbraio 2014

#nomachiavrebbemaipotutoimmaginarlo

"[...]Mentre voli così alto la camera che hai in testa e che segue i tuoi pensieri seguendo quella reale o viceversa, come sempre più spesso ti capita, stacca su Renzi e improvviso percepisci tutto molto più piccolo, capisci perché un ministro che ti dice la verità non lo vedi ringraziato ma aggredito, pensi alle procedure che vedi cicliche e senti avanzare in te una idea di rottura della quale fino a quel momento non avevi percepito la nascita, chiamala rottamazione dei tuoi paletti, vedi le primarie dalle quali onestamente ti sei astenuto e le prossime politiche alle quali coerentemente ti presenterai e pensi che se quel circo che ama chiamarsi PD riesce a respingere l'attacco più potente che (sua) storia recente ricordi, imponente al punto da far(gli) probabilmente rimpiangere i tempi in cui l'insidia più ostica ebbe le forme di D'Alema e del suo tombale quanto riassuntivo "Il PD è un'amalgama mail riuscita", se in sostanza il PD e il suo segretario riescono davvero a respingere l'attacco di Renzi nonostante la Pearl Arbour ormai avvenuta, allora significa che contro ogni mia convinzione quel partito è davvero strutturato e quel segretario è davvero ben più solido di quanto le metafore su zebre e uccelli facciano percepire e per questo alle politiche sarei addirittura tentato dal farglielo sapere votandolo nonostante abbia sempre dichiarato che nemmeno sotto torura avrei mai votato il PD.
Ma Renzi no, anche le torture hanno un limite sopra il quale si cede.

E se si immagina che ogni volta che pronuncio la parola PD la mia camera mentale stacca su Fioroni e la Turco e lo stesso non sono più in grado di garantire che riuscirò a resistere, è facile capire quale sia la mia idea di Renzi come passato, come presente, e soprattutto come funestissimo futuro di un paese basato sulla metamorfosi che prende l'aifòn, già discriminante quando obiettivo, e lo trasforma in presupposto per dirsi popolo.
Ci credo che la sua ricetta è dare più soldi alla classe media, il suo orizzonte parte da lì, sotto non c'è altro e vaglielo a spiegare nei pochi caratteri di un tweet, unica forma di comunicazione istituzionale che il futuro ci riserverà, che la definizione "media" presuppone una più alta ma anche una più bassa numericamente tra l'altro sempre più consistente soprattutto, paradossi solo italiani, nel suo elettorato.
Non avrei mai immaginato che un giorno avrei davvero pensato di qualcuno "meglio la Turco", ma Renzi sta portando i miei confini di avversione a frontiere inesplorate persino per me.

Renzi e Grillo avrebbero avuto bisogno di almeno due generazioni di distacco tra loro per essere non dico disinnescati ma quantomeno arginati in maniera agevole, figurati come è messo un paese capace di generarli entrambi nella stessa stagione e di offrire a entrambi contemporanee probabilità di egemonia culturale senza doverne togliere porzioni a uno o all'altro perché quella contemporaneità possa farsi possibile.
Starò diventando conservatore, vai a sapere, sarà la crisi dei quaranta, che cazzo ne so, ma in questo momento il Bersani della pompa di benzina mi sembra un'immagine così rassicurante che non riesco a respingerla nemmeno quando la mia camera mentale me lo inquadra con dietro Rutelli che fa le corna come Paolini."


Lo scrissi più di un anno fa, di nuovo non ho altro da dire e se lo avessi non sarei mai capace di dirlo con l'abilità del sempre godibilissimo Leonardo.

13 febbraio 2014

Le jardin Poulain - Enghien - Les Bains



Questa volta hai fatto una regia un po’ delicata, c’erano migliaia di persone il cui applauso stava appeso a un tuo Pronti e si scioglieva a un tuo Via.
Per carità, anche gli artisti il loro peso l’hanno avuto, ma lo sai cos’è un bravissimo artista messo in mano a un regista incapace? Un puntino sfuocato su uno schermo buio in una piazza con un volume della folla più alto del microfono del suo strumento: nessuno.
Questa volta hai pensato, quel pensiero che ti attraversa una o due volte l’anno in coincidenza delle occasioni speciali, a quanto tu sia fondamentale, a quanto tu sia la linea di demarcazione tra anni di conservatorio che sfociano in una standing ovation e anni di conservatorio che sfociano in gente che se ne va mentre ancora suoni, quell’incubo che ti teneva sveglio nelle notti a ripetere all’infinito pagine e pagine di solfeggio, anni di conservatorio non tuoi però, quindi il doppio del peso perché chi fa un lavoro normale è responsabile delle proprie vittorie e colpevole delle proprie sconfitte, chi fa il tuo è responsabile delle vittorie degli altri così come delle loro colpe, tu puoi far apparire peggiore il miglior musicista del mondo, uno che ci ha messo trent’anni ad arrivare su quel palco e tu gli stessi ad arrivare ad essere quello che può far sì che sia il suo ultimo e tutto senza che lui ti abbia fatto nulla, senza che tu abbia vendette da consumare, basta che tu non sia capace di fare il tuo lavoro e per lui miss italia finisce quando ancora avrebbe tette e culo per stracciare qualsiasi concorrente ma purtroppo per lui non si vedono e non si sentono.
Questa volta hai dovuto accusare i colpi di tecnici oggettivamente più bravi di te che non hanno fatto mistero del loro considerarti incapace, ma è nelle cose, quando quasi sempre i tecnici con i quali lavori sono più bravi di te la volta che lo sono davvero tanto devi riconoscere loro anche il diritto di sparare sul regista, lo sognano per anni ed è l’unica cosa che nessun regista permetterebbe mai loro, tu sei la loro occasione di dirlo anche ad alta voce invece che ingoiarne il solo pensiero, che devono prendere ordini da uno meno capace di loro e allora stai lì e fai la sagoma per le palle di gomma, sei pagato il triplo di loro perché i due terzi di differenza coprono proprio quella voce lì, loro non possono darti ordini tu non sei chiamato a fare altro, loro devono dimostrarti di essere capaci tu non devi dimostrare loro nulla e allora loro non possono rispondere alle offese, tu puoi permetterti di scegliere di farlo e non c’è niente di più bello dell’assenza della necessità di dimostrare che se sei lì è perché qualcuno ti ci ha messo e per questo se tu sei incapace chi ti ci ha messo è incapace e dato che chi ti ci ha messo è la stessa persona che ci ha messo quello che ti considera incapace, automaticamente ne viene fuori che se ha ragione lui stesso non può dirsi sicuro di meritare di star lì e puf, rispondere non è più necessario, non è nemmeno più soddisfacente, è una cosa che non ha più un ruolo né una funzione e allora perché dedicargli un tempo che non ti è richiesto.
Questa volta hai dormito un po’ pochino, anzi diciamo che la notte prima l’hai fatta completamente insonne non per l’ansia, l’ansia non sai cosa sia, ma per la quantità di pensieri e per la velocità di rotazione, quante incognite da prevedere e quanti scenari di reazione da predisporre ed assimilare sperando di essere riuscito ad archiviarli là dove tieni le cose che scatteranno con il tempo di reazione di un salvavita, un archivio di azioni-reazioni che ci metti anni ad addestrare con la differenza che hai solo una notte per metterci i nuovi e la consapevolezza che l'esserci riuscito lo scoprirai solo quanto e se si verificherà uno di quegli scenari e se scoprirai che no sarà tardi per pensarne altri e allora il pensiero predispone quelli successivi di reazione che hanno il compito di risolvere le conseguenze di scenari di reazione sbagliati e con ‘sta roba esponenziale ci fai mattina in un attimo con in più l’aggravante del fatto che quando cambi un letto ogni due notti per statistica ti sdrai anche su letti davvero ma davvero ma davvero scomodi sui quali fatichi a dormire persino la sera dopo nonostante le quarantotto ore di veglia consecutiva, ma è così, è la tua vita, per altri è uguale ma di nascosto dalla famiglia, tu ci hai costruito sopra una professione.
Ma dicevamo che questa volta sul palco hai avuto artisti degni di questa parola, il più capace era il più umile, la più sconosciuta era la più magica, il più giovane sul palco in prova ci è salito con la fidanzatina che lo guardava come fosse il più bravo musicista del mondo e onestamente quando ha suonato per un istante anch’io ho pensato lo fosse e allora ho disposto tutti gli altri in modo che rispetto alle camere lui, da pianta posizioni palco nascosto e coperto dagli altri, ne avesse almeno una a favore per due megaschermi tutti per lui nel momento del suo assolo(*) che in prova avevo già deciso di riservargli perché la sua fidanzata costretta a stare nel pubblico lo vedesse delle stesse dimensioni di quando lo ha avuto a venti centimetri per chissà quante ore in camera insieme quando lei non capiva perché la trattasse come valesse meno delle scale pentatoniche con le quali le spaccava i timpani per ore e ore che lei avrebbe voluto dedicasse solo a scoparla e si commuovesse nello scoprire che quando ci credeva aveva ragione lui che lo stava dicendo incontestabilmente da un palco condiviso con la filarmonica della Scala e un viso così grande da riempire due schermi interi e con migliaia di persone che, unico tra tutti gli altri, lo hanno applaudito così tanto da costringerlo ad alzarsi in piedi per ringraziarli e farli smettere perché la scaletta proseguisse e l’hanno fatto perché fino all’ultima fila di quelle migliaia di persone hanno potuto vedere da vicino che strumento strano stesse suonando e quanto bello fosse il suono che ne tirava fuori e allora quanto fosse bravo nonostante fosse così giovane e allora doveva essere davvero bravo e quando migliaia di persone ti applaudono urlando tu li farai smettere solo risedendoti e sarai dannatamente combattuto incastrato tra la voglia di non farlo e la necessità di farlo e lo farai, ti siederai e fermerai quell’applauso e a natale a tavola potrai dire di non poter sapere quanto sarebbe durato, forse all’infinito e nessuno potrà escluderlo e allora sarai un artista da quel giorno in poi.
Tu questa volta hai di nuovo toccato quel punto là in cui diventa chiaro a te stesso quale sia il tuo vero mestiere, quale sia il tuo vero potere, tu sei dio, tu sei l'ago della bilancia sulla quale starà seduto da quel giorno in poi che su un piatto ha il suo futuro sicuro e sull'altro il timoroso, tu gestisci vite, stabilisci inizi di vite di successo o profondità di burroni e lo stabilisci con piccole scelte semplici a vederle da fuori ma accipicchia quanto sono profonde, quanto sono ponderate, quanto peso contengono, quante ore di insonnia, quanta responsabilità ma anche quanta bellezza, tu sei quella standing ovation regalatagli, quella notte stessa in cui finalmente l’avrà scopata per tutte le volte accantonate in attesa di quella notte in cui lei avrebbe capito e quanto è grande tutto questo, quanto può essere grande perché sia sufficiente da sacrificargli tutto te stesso, lo immagini?


(*): Qui al minuto 31:15

11 febbraio 2014

Se Milano avesse lu mère sarebbe una còs da bere

Ieri sera dopo tanti anni ho incontrato Milano la sbagliata, quella che mangia il tempo, lo spazio, lo annulla e lo appiattisce in un'unica grande bolla nella quale tutto è frenetico nella stessa misura in cui riesce a essere drammaticamente statico.
La Milano che prende il dolore e lo affronta diluendolo in soluzioni che ne lasciano sempre una parte non sciolta che resta sui tavoli, sui bicchieri, sulle mani e sulla pelle, nelle parole, nella rabbia, rabbia, rabbia in quantità sempre superiore a qualsiasi compagno di spazio, mettila insieme al dolore sarà più la rabbia, mettila insieme alla delusione sarà più la rabbia, mettila insieme alla difficoltà di vivere sarà più la rabbia, Milano e qualsiasi cosa sarà più la rabbia per un processo di sublimazione collettivo che ha come unico risultato un'intera città infestata di rabbia, di rancori, di non c'è tempo, di non c'è spazio.
Milano è la città che se smetti di salutarla non ti chiede chiarimenti ma smette di salutarti a sua volta perché se non la saluti più non importa il motivo, conta solo il non esserti seconda, il non subirti, è la città che ti invitano fuori a cena e intendevano a bere, la città che parla per te per poter allestire il dialogo nella maniera adatta a legittimare le uniche risposte che è in grado di darti.
Milano fu una centrifuga dalla quale un improvviso dolore un giorno mi sparò fuori fermandomi, togliendomi, salvandomi dai suoi ingranaggi senza scampo, raccolgo pezzi di passato uno più distrutto dell'altro, se non è la droga è il gioco d'azzardo, se non è il gioco d'azzardo è dio, quanti amici passati dal pisciare sui portoni, i loro stessi portoni, a parlare non di dio ma con dio, se non è dio è la follia, quella malata, quella che è disperazione, che non ha il colore ruggine di testi da lisergico poeta maledetto ma quello del vomito dei primi anni di birre quando eri ubriaco così presto che quello che lasciavi sul marciapiede non era la tua notte da bucoschi di 'sta minchia ma il pranzo di mamma, milano ti accoglie in piazza in età da sbronze al pomeriggio, ti stritola in età da sbronze di notte, ti restituisce budella al collo neuroni sciolti e bile a soffocarti in sbronze di nuovo pomeridiane, gira la ruota, una regressione collettiva in scala metropolitana che passa inosservata solo perché sono tutti, in trentacinque anni ne posso salvare forse cinque, così.
Ieri ho reincontrato il mio tratto di strada milanese, l'ho trovato peggiore di come l'avevo lasciato e non era davvero facile.
Ho avuto davanti me stesso dieci anni fa e insieme me stesso oggi se non me ne fossi andato.
Mi è mancato il fiato finché non se n'è andata lasciandomi lì al tavolo due ore prima del previsto, dice che non c'era un senso, che non c'era tempo da perdere, che la verità è una e che ogni cosa ha una sola unica versione, la sua, cosa vuoi mi diceva, ho da fare mi diceva, mi metteva in bocca le parole che un secondo dopo si diceva certa avrei detto, una valanga.
Non so se è stato più surreale scoprire di essere stato invitato fuori per rendere divertente l'anniversario di una morte di nemmeno un mese fa o l'aver cercato di colpevolizzarmi per non essere stato in grado di svolgere il compito assegnatomi.
Ho aspettato si allontanasse, mi sono alzato, mi sono incamminato verso l'hotel, sono andato a farmi una birra e un panino al pub sotto casa dei miei.
Magari passava mio fratello, magari era lì come ogni sera, avevo voglia di dirgli che non l'avevo mai visto così bello come lo visualizzavo nemmeno mezz'ora prima di fronte a quella milano che mi vomitava addosso il suo star bene ripetuto e rimbombato per convincermi del suo star bene e della sua analisi del mio star male e io zitto, in silenzio, fermo, immobile, come il Prodi di Guzzanti, foglie stagionali a velocità luce comprese finché non si è alzata ha pagato se n'è andata e io no, resto a finirmi la sigaretta, il silenzio, salutare il gentile signore del bar, fare due passi, tempo, un'intera serata di tempo improvvisamente regalatomi da una che diceva di non averne.



A proposito di musica.
Se oggi alle 18 non sai cosa fare, sei a Milano e ti sei sempre chiesto che diavolo di lavoro io faccia, puoi venire qui a vederlo di persona, io sono quello con la faccia da regista.

7 febbraio 2014

Il casalingo di Voghera

Il tema dell'incontro con gli investitori su richiesta del cliente viene veicolato attraverso la metafora del sistema solare, anelli orbite e tutte cose intorno al brand principale che fa la parte del sole, c'è da fare i jingle video e il walk-in (dicesi Walk-in i video e gli audio che girano in loop mentre la sala si riempie), Bruno prende gli anelli progettati dal grafico ci appiccica i brand satellite li accompagna con i materiali di ogni brand e in mezzo ci mette il brand madre, roba scolastica che meno di quello ci trovi solo lo sportivo che dice di sentirsi più forte bevendo quel succo di frutta, livello che peraltro ancora ha la sua bella fetta di clienti che da lì non li sposti manco a cannonate dove il "da lì" non è da ricondurre all'idea del testimonial ma alla faccia da avanguardisti che fanno quando te lo commissionano, il cliente vede le prove video approva gli anelli ma chiede vengano eliminati i brand collegati perché, dice, così sembra un sistema solare, cioè la metafora richiesta, e non va bene.

Un mese fa, ore quattro del mattino Bruno riceve una mail, il testo è il seguente:
"Ciao Bruno
I punti e le virgole sui numeri vanno bene
Non cambiare nulla anche domani mattina
Puoi solo alla quart’ultima pagina c’è una virgola su XYXYX (1.952)
Puoi inserire il punto pf?"

Settembre, sala prove con la cliente interno giorno, controlla i materiali, approva, boccia, boccia, approva, modifica, conferma, arriva a un'immagine nella quale ho messo una parte del testo in corsivo, sobbalza "No questo no!"
Alla mia richiesta di motivazione, necessaria per comprenderla e tradurla sui testi da quel momento in poi, assume sguardo da che domande fai e mi spiega che "Il corsivo no perché gli assicuratori hanno bisogno di certezze".

Un giorno quando il mio saper far sentire normale gente che normale non è mi avrà fatto finire di pagare l'atollo in Oceano Indiano e potrò finalmente parlare, scriverò un libro sui miei primi quarant'anni e il mondo scoprirà uno spaccato dell'industria italiana che tutti dovrebbero conoscere e invece sta nascostissimo.

Poi ci metterò il capitolo finale, che racconterà quel giorno in cui i miei anni a lamentare assenza di coraggio nella comunicazione italiana sono stati completamente inceneriti dall'unica occasione in cui mi fu data la possibilità di dire un sì o un no che non avevo percepito essere determinante finché non vidi, troppo tardi, le conseguenze del mio parere.
Era una campagna sociale, tema duro, l'occasione rara per chi sogna l'azzardo, immagine creata dall'agenzia molto forte, volutamente dirompente, finalmente coraggiosa, quelle immagini che per sintesi si dice "urtano la sensibilità", quelle campagne che quando le vedi all'estero dici sempre che in italia non si avrà mai il coraggio di farle, la padrona dell'agenzia mi chiama per altri discorsi nostri, mentre sono lì entra la ragazza con le prove di stampa, lei prende la stampa me la passa e mi chiede di dire cosa ne pensi, guardo l'immagine, chiedo su che media andrà, se sarà nazionale, scopro che sarà nazionale tv in prima serata, mi vesto da famiglia a tavola, guardo la tizia e le dico "Non potete passare questa roba a ora di cena, quello che per voi è pennellata di colore per la famiglia è schizzi di sangue e nella parte bassa tagliata via dall'immagine la gente ci vedrà un corpo a pezzi, non può andare in prima serata ve la boicotteranno", non c'era sangue, non c'erano corpi, era tutto sott'inteso, solo un paese arretrato avrebbe considerato quell'immagine un'immagine che avrebbe disturbato, in qualsiasi paese con una cultura visiva mediamente educata quell'immagine sarebbe stata la cosa più opportuna e adeguata all'effetto necessario, era perfetta, efficace e nello stesso tempo non cruenta nonostante lo fosse il tema, io sentenziani il mio no e la bocciai, venne cambiata l'immagine e il progetto originale venne buttato per sostituirlo con uno più morbido e adeguato alla sensibilità della prima serata.
Credevo sarebbe stato un parere ascoltato tanto per e invece decretai la bocciatura di una campagna che ho sempre detto l'italia non avrà mai il coraggio di fare, quel giorno l'agenzia lo ebbe, a non averlo fui io e non mi perdonerò mai la direzione che prese la mia mente al bivio di quell'istante, né basterà a risolvermi il problema il trucchetto mentale che adotto ogni volta che ci penso per perdonarmi e cioè il mio dirmi che se mi avessero detto che sarei stato determinante forse avrei azzardato, perché che me lo abbiano detto o meno io ero e perfettamente consapevole del peso che viene dato alla mia parola in alcuni posti e per questo dichiarata o meno che fosse, quella era una richiesta di approvazione e quindi occasione mancata senza attenuanti possibili.
Se vi troverete un giorno in una discussione sul coraggio nella comunicazione italiana, nel punto in cui se ne attribuirà l'assenza a figure professionali impersonali mai definite ma per logica esistenti, siete autorizzati a dire che voi ne conoscete uno.
Dare il mio nome a ciascuna di quelle impersonali facce è il minimo a cui devo essere condannato per quell'istante in cui dissi no e fu no e a voi per colpa mia fu sottratta la possibilità di crescere.
Il perché è una cosa molto complicata da spiegare ma dietro la banalità della comunicazione italiana c'è spesso gente che voi considerate tutt'altro che banale, guidata da processi e meccanismi per spiegare i quali di capitoli ce ne vorrebbero non meno di dieci e forse comunque nemmeno li capireste.
Ma è così, è colpa mia nella stessa misura in cui è merito mio.
I Luttazzi non vanno in tv perché a scegliere c'è gente come me che ce li vorrebbe.
Perché la forza stia in equilibrio sono necessarie contrapposte e consapevoli fragilità, l'equilibrio è tale solo quando si è cresciuti abbastanza da non aver più timore di metterle entrambe sulla carta d'identità e un giorno troverò anche il modo per spiegarla bene questa cosa perché fino a ieri nemmeno le avevo in mente, ora le ho in mente anche se non le so spiegare, un giorno le saprò anche spiegare e il cerchio sarà chiuso.

Nel frattempo per te, che chissà dove sei oltre che in ognuno dei miei passi.
Quel che credo di poter dare per certo è che non sei più qui e così sia, ma che bello che è stato quel colpo di vento, che profumo di pulito, di aquiloni colorati, di possibile.