Questa volta hai fatto una regia un po’ delicata, c’erano migliaia di persone il cui applauso stava appeso a un tuo Pronti e si scioglieva a un tuo Via.
Per carità, anche gli artisti il loro peso l’hanno avuto,
ma lo sai cos’è un bravissimo artista messo in mano a un regista incapace? Un
puntino sfuocato su uno schermo buio in una piazza con un volume della folla
più alto del microfono del suo strumento: nessuno.
Questa volta hai pensato, quel pensiero che ti attraversa
una o due volte l’anno in coincidenza delle occasioni speciali, a quanto tu sia
fondamentale, a quanto tu sia la linea di demarcazione tra anni di
conservatorio che sfociano in una standing ovation e anni di conservatorio che
sfociano in gente che se ne va mentre ancora suoni, quell’incubo che ti teneva
sveglio nelle notti a ripetere all’infinito pagine e pagine di solfeggio, anni
di conservatorio non tuoi però, quindi il doppio del peso perché chi fa un
lavoro normale è responsabile delle proprie vittorie e colpevole delle proprie
sconfitte, chi fa il tuo è responsabile delle vittorie degli altri così come
delle loro colpe, tu puoi far apparire peggiore il miglior musicista del mondo,
uno che ci ha messo trent’anni ad arrivare su quel palco e tu gli stessi ad
arrivare ad essere quello che può far sì che sia il suo ultimo e tutto senza
che lui ti abbia fatto nulla, senza che tu abbia vendette da consumare, basta
che tu non sia capace di fare il tuo lavoro e per lui miss italia finisce
quando ancora avrebbe tette e culo per stracciare qualsiasi concorrente ma
purtroppo per lui non si vedono e non si sentono.
Questa volta hai dovuto accusare i colpi di tecnici
oggettivamente più bravi di te che non hanno fatto mistero del loro
considerarti incapace, ma è nelle cose, quando quasi sempre i tecnici con i
quali lavori sono più bravi di te la volta che lo sono davvero tanto devi
riconoscere loro anche il diritto di sparare sul regista, lo sognano per anni
ed è l’unica cosa che nessun regista permetterebbe mai loro, tu sei la loro
occasione di dirlo anche ad alta voce invece che ingoiarne il solo pensiero,
che devono prendere ordini da uno meno capace di loro e allora stai lì e fai la
sagoma per le palle di gomma, sei pagato il triplo di loro perché i due terzi di
differenza coprono proprio quella voce lì, loro non possono darti ordini tu non
sei chiamato a fare altro, loro devono dimostrarti di essere capaci tu non devi
dimostrare loro nulla e allora loro non possono rispondere alle offese, tu puoi
permetterti di scegliere di farlo e non c’è niente di più bello dell’assenza
della necessità di dimostrare che se sei lì è perché qualcuno ti ci ha messo e
per questo se tu sei incapace chi ti ci ha messo è incapace e dato che chi ti
ci ha messo è la stessa persona che ci ha messo quello che ti considera incapace,
automaticamente ne viene fuori che se ha ragione lui stesso non può dirsi
sicuro di meritare di star lì e puf, rispondere non è più necessario, non è
nemmeno più soddisfacente, è una cosa che non ha più un ruolo né una funzione e
allora perché dedicargli un tempo che non ti è richiesto.
Questa volta hai dormito un po’ pochino, anzi diciamo che
la notte prima l’hai fatta completamente insonne non per l’ansia, l’ansia non
sai cosa sia, ma per la quantità di pensieri e per la velocità di rotazione,
quante incognite da prevedere e quanti scenari di reazione da predisporre ed
assimilare sperando di essere riuscito ad archiviarli là dove tieni le cose che
scatteranno con il tempo di reazione di un salvavita, un archivio di azioni-reazioni che ci metti anni ad addestrare
con la differenza che hai solo una notte per metterci i nuovi e la consapevolezza che l'esserci riuscito lo scoprirai solo quanto e se si verificherà uno di quegli scenari e se scoprirai che no sarà tardi per pensarne altri e allora il
pensiero predispone quelli successivi di reazione che hanno il compito di
risolvere le conseguenze di scenari di reazione sbagliati e con ‘sta roba esponenziale ci
fai mattina in un attimo con in più l’aggravante del fatto che quando cambi un
letto ogni due notti per statistica ti sdrai anche su letti davvero ma davvero
ma davvero scomodi sui quali fatichi a dormire persino la sera dopo nonostante
le quarantotto ore di veglia consecutiva, ma è così, è la tua vita, per altri è
uguale ma di nascosto dalla famiglia, tu ci hai costruito sopra una
professione.
Ma dicevamo che questa volta sul palco hai avuto artisti
degni di questa parola, il più capace era il più umile, la più sconosciuta era
la più magica, il più giovane sul palco in prova ci è salito con la fidanzatina
che lo guardava come fosse il più bravo musicista del mondo e onestamente
quando ha suonato per un istante anch’io ho pensato lo fosse e allora ho disposto
tutti gli altri in modo che rispetto alle camere lui, da pianta posizioni palco
nascosto e coperto dagli altri, ne avesse almeno una a favore per due
megaschermi tutti per lui nel momento del suo assolo(*) che in prova avevo già
deciso di riservargli perché la sua fidanzata costretta a stare nel pubblico lo
vedesse delle stesse dimensioni di quando lo ha avuto a venti centimetri per
chissà quante ore in camera insieme quando lei non capiva perché la trattasse
come valesse meno delle scale pentatoniche con le quali le spaccava i timpani per ore e ore
che lei avrebbe voluto dedicasse solo a scoparla e si commuovesse nello scoprire che quando ci credeva aveva ragione lui che lo stava dicendo incontestabilmente da un palco condiviso
con la filarmonica della Scala e un viso così grande da riempire due schermi interi e
con migliaia di persone che, unico tra tutti gli altri, lo hanno applaudito
così tanto da costringerlo ad alzarsi in piedi per ringraziarli e farli smettere
perché la scaletta proseguisse e l’hanno fatto perché fino all’ultima fila di quelle
migliaia di persone hanno potuto vedere da vicino che strumento strano stesse
suonando e quanto bello fosse il suono che ne tirava fuori e allora quanto
fosse bravo nonostante fosse così giovane e allora doveva essere davvero bravo
e quando migliaia di persone ti applaudono urlando tu li farai smettere solo
risedendoti e sarai dannatamente combattuto incastrato tra la voglia di non farlo
e la necessità di farlo e lo farai, ti siederai e fermerai quell’applauso e a
natale a tavola potrai dire di non poter sapere quanto sarebbe durato, forse
all’infinito e nessuno potrà escluderlo e allora sarai un artista da quel
giorno in poi.
Tu questa volta hai di nuovo toccato quel punto là in cui
diventa chiaro a te stesso quale sia il tuo vero mestiere, quale sia il tuo
vero potere, tu sei dio, tu sei l'ago della bilancia sulla quale starà seduto da quel giorno in poi che su un piatto ha il suo futuro sicuro e sull'altro il timoroso, tu gestisci vite, stabilisci inizi di vite di successo
o profondità di burroni e lo stabilisci con piccole scelte semplici a vederle
da fuori ma accipicchia quanto sono profonde, quanto sono ponderate, quanto
peso contengono, quante ore di insonnia, quanta responsabilità ma anche quanta
bellezza, tu sei quella standing ovation regalatagli, quella notte stessa in
cui finalmente l’avrà scopata per tutte le volte accantonate in attesa di quella
notte in cui lei avrebbe capito e quanto è grande tutto questo, quanto può
essere grande perché sia sufficiente da sacrificargli tutto te stesso, lo
immagini?
(*): Qui al minuto 31:15
Bravo Bruno, così si fa, perbacco!
RispondiEliminaTra l'altro, quello strumento da cui quel ragazzo trae suoni d'ultraterrena bellezza è quello che l'Ape (infinitamente zotica come al suo solito) chiama il wok, ma che in realtà si chiama hang, è ben difficile da suonare, ne esistono assai pochi al mondo (e ovviamente costano un ohmioddìo) e sono ancora meno quelli che lo sanno suonare bene.
L'ho sentito per la prima volta qualche anno fa durante il festival di fotografia di Arles e son rimasta incantata (ché sarò anche zotica ma so riconoscere le cose belle e speciali quando le incontro).
Tra l'altro, quel concerto lì di cui hai curato la regia è bello tutto, appena ho un angolino di tempo me l'ascolto per bene.
Superfluo dire che per l'intera durata delle prove, anche tra noi identificavamo la posizione/palco di quello strumento sintetizzandolo con "La pentola" pur sapendo (perché così era stampato sul foglio) che si chiamasse Hang.
EliminaIl fatto è che se avessi detto a luci o audio "vai su Hang" quelli mi avrebbe guardato per enne secondi (quindi un'infinità in termini di diretta) mentre "Vai sulla pentola" era un codice immediato abbastanza da vincere l'utilizzo comune e condiviso.
Alla fine quel festival di fotografia continua a tornare, vedo!
Sulla qualità del concerto, devo ammettere che quando mi hanno chiamato dicendomi che sarebbe stato con la Filarmonica della Scala mi ero immaginato tutt'altro concerto e quello che poi effettivamente è stato nel suo totale mi ha lasciato perplesso in non pochi punti, non essendo io uno particolarmente appassionato delle rivisitazioni in chiave moderna dei classici.
Però poi preso nel dettaglio dei vari musicisti e soprattutto delle particolarità degli artisti di strada, devo dire che ha offerto diversi momenti davvero belli.
Il tizio con l'arpa, per esempio, uno che oltre a suonare una versione di arpa diversa da quella classica e davvero particolare, era talmente surreale nel suo personaggio che alla fine si è rivelato uno dei più carini da guardare.
Così come la tizia con la fisarmonica, che si è inventata il giochino del carillon, davvero brava (una che tra l'altro mi ha spiazzato quando mi è venuta incontro dicendomi "Ehi, tu sei di Torino!") e particolare, oltre ad avere una voce pazzesca considerato che suona e canta mentre fa girare il meccanismo che ruota pedalando come una bicicletta.
Alla fine quelli della Scala i momenti migliori li hanno offerti in prova, quando non potendo fare la scaletta della serata si sono messi a fare i classici necessari per provare gli strumenti e se pensi che ciascuno di loro era il "Primo" strumentista della filarmonica di ogni strumento, capirai che le prove sono state a lor ovolta un piccolo concerto.
Al contrario gli artisti si sono tenuti in segreto le cose migliori (tranne la tizia del carillon appunto, ma solo perchè era necessario vederla girare per tarare i microfoni) per poi stupirci tutti durante la serata.
insomma, musicalmente (ma io non è che faccia poi così tanto testo) mi ha lasciato un po' così, come artisti particolari e come qualità dell'abilità di ogni singolo, è stata invece proprio una bella serata.
tanto per vederne due...
EliminaQuesta, per vederla meglio, è la tizia del Carillon:
https://www.youtube.com/watch?v=BGneFIMULv0
Qui invece giusto per vedere meglio quel matto dell'arpista:
http://www.youtube.com/watch?v=ifKw2ttu818
Ah, il mondo degli artisti di strada è una miniera di sorprese magnifiche!
EliminaNoialtri siamo andati diverse volte a 'Bondone in strada', manifestazione incantevole durante la quale un paesino abbarbicato sulla montagna viene 'invaso' per un paio di giorni da artisti di strada spesso d'eccezionale bravura, ed è un piacere conoscere magari anche direttamente queste persone che sono spesso davvero particolari ed interessanti (oltre che, in svariati casi, fuori come poggioli).
Quanto allo hang, pentola per pentola allora va bene anche come lo chiamo io, chè wok è rapido da dire ed efficace ;o)
Piuttosto, ogni volta che l'ho sentito suonare ho notato che l'artista era timido, timidissimo... Anche nel caso della serata che hai diretto tu, quel ragazzo era il ritratto della timidezza, l'han dovuto incoraggiare i colleghi ad alzarsi in piedi per ringraziare degli applausi. Che tenerezza, l'ApeChioccia si scioglie davanti a 'sti spettacoli.
Eccomunque di strumenti strani ce ne son tanti, come quella volta ad Ala Città di Velluto che abbiamo sentito suonare il cajon (che tra l'altro pare un'offesa sanguinosa per veneti) e l'abbiamo subito ribattezzato il comodino, anzi, alla veneta, el comodìn.
Quanto al festival di Arles, ormai è diventato un appuntamento fisso, e dall'anno scorso sono pure riuscita ad aggiudicarmi una delle ambitissime camere di uno degli alberghetti del centro storico (che son tutti piccolissimi e prenotatissimi da un anno all'altro) eqquindi al piacere di vedere un sacco di mostre di fotografia s'aggiunge anche il piacere di stare in un posto davvero incantevole e di fare colazione al mattino nel patio sui tavolini disposti in mezzo ai vasi colle piantucce belle (il fatto che la colazione comprenda degli squisiti croissant appena munti è puramente accessorio, eh!)
Eppoi ad Arles devo controllare che l'omo non mi capisca fischi per fiaschi nell'interpretare le mostre che vede, come un paio d'anni fa: c'era una fotografa messicana (che di persona pareva una creaturina minuta tutta quieta e tranquillina) che esponeva foto di violentissima denuncia sociale, solo che anziché esprimere la denuncia per mezzo di foto di povera gente, lei l'esprimeva fotografando ricchi, bonazze e marmocchi viziati in scenari più che vagamente allucinati. Io di fotografia non capisco niente, ma son parecchio sensibile alle atmosfere e riconosco una provocazione e una denuncia sociale quando le vedo, e lì eravamo a livello di ceffone in faccia come impatto visivo.
E invece l'omo, che guarda robe come l'esposizione e la regola dei terzi (e pure le bonazze, savasandìr), fa il giro della mostra eppoi mi dice, "Qui l'autrice non ha voluto trasmettere nessun tipo di messaggio" al che gli ho chiesto se era cieco o cosa.
Arles mi aiuta a vedere dentro alle cose e a capire di più, è cibo per la mente (e non solo croissant ;o))