22 gennaio 2006

Post in tre righe

Ovvero: l'amore ai tempi dei blog.

Sono fortunato, non hai ancora scritto di un altro.
Sono in tempo per cancellare il tuo indirizzo e congelare 'st'illusione.
E consentirti di scrivere di un altro.

4 gennaio 2006

Desert Rose

Una volta, tempo fa, ti avrei scritto un post che avrebbe contenuto una vita.
Ti avrei scritto di noi, avrei inventato una giornata insieme e l'avrei raccontata fino a fartene sentire il profumo.
Avrebbe parlato di pelle, di occhi e di impronte di labbra su un bicchiere.

Una vecchia fiaba cinese racconta di due amanti che non potendosi toccare si amavano bevendo dallo stesso bicchiere.
Lei, vestita di sete preziose, aveva maniche larghe che dai polsi cadevano per nascondere il suo prendere il bicchiere che lui lasciava sul tavolo.
Lui sognava di pettinarla, per lui quello era il gesto più intimo che si potesse immaginare, l'avrebbe pettinata per ore.


Una volta avrei scritto parole disegnate su di te, impacchettate e messe sotto un albero finto di un natale finto in una casa finta, sono bravo a inventarmi la vita come la vorrei.
Ti avrei raccontato di una vecchia fiaba cinese che narra di due amanti che avevano imparato a fare l'amore vestiti perché il mondo non li vedesse.
Una volta sarei entrato nella tua vita come un ariete, avrei buttato giù il portone e ti avrei regalato tutto quello che ancora non ho.
Ti avrei disegnato il sorriso anche quando non l'avevi e avrei ripreso a suonare la chitarra solo per suonare per te.
Una volta non avrei lasciato spazio ad altri uomini, ti avrei mangiata e bevuta, respirata e affaticata.

Ti avrei raccontato quella antica fiaba cinese che narra di due amanti condannati a non scendere mai dalle nuvole, pena la trasformazione in pioggia, poi in ruscello, poi in fiume, poi in mare, poi in oceano, poi in sale che arrossa le labbra e poi si scioglie lasciandoti solo un ricordo lontano di sapori forti irripetibili a meno di non tornare ad essere nuvole.

Una volta, tempo fa, sarei salito in piedi sul tavolo, avrei fermato tutti i discorsi e ti avrei detto chi sei vista con gli occhi di un uomo.
Mi sarei insinuato nelle piccole crepe della tua sicurezza, le avrei occupate con la mia presunzione e avrei atteso l'esplosione, l'implosione, l'esondazione, per poi prendere le mie sicurezze, farne sacchetti di sabbia e renderli argini per contenere il tuo inondarmi.

Ti avrei raccontato quell'antica fiaba cinese che narra di quell'uomo che scopertosi innamorato della preferita dell'imperatore aveva deciso dimettersi da comandante delle truppe per diventare giullare di corte, perché per lui amare significava vederti sorridere, non combattere.

Una volta avrei addestrato elefanti per portarti ovunque e delfini per accompagnarti nel mare.
Avrei comprato un panino una lattina di birra e un giornale, per poi sedermi sotto casa tua ad aspettare ore solo per vederti tornare, per vedere come sono i tuoi occhi quando hanno appena finito di fare l'amore.
Avrei lottato, avrei combattuto, avrei ucciso, per averti.
Una volta avrei rinunciato anche a me stesso se questo fosse servito per convincerti.
Oggi no.
Oggi ti lascio andare.

Quando sarai più grande, se un giorno ti dovessi ritrovare, ti racconterò quell'antica fiaba cinese che narra di un uomo che un giorno trovò un fiore nel deserto così bello che lo convinse ad incamminarsi per cercare dell'acqua per tornare a nutrirlo e del fiore che, vedendolo allontanarsi, si lasciò morire pensando che quell'uomo non sarebbe mai più tornato.

Certo che parlo di te, stupida.