11 febbraio 2014

Se Milano avesse lu mère sarebbe una còs da bere

Ieri sera dopo tanti anni ho incontrato Milano la sbagliata, quella che mangia il tempo, lo spazio, lo annulla e lo appiattisce in un'unica grande bolla nella quale tutto è frenetico nella stessa misura in cui riesce a essere drammaticamente statico.
La Milano che prende il dolore e lo affronta diluendolo in soluzioni che ne lasciano sempre una parte non sciolta che resta sui tavoli, sui bicchieri, sulle mani e sulla pelle, nelle parole, nella rabbia, rabbia, rabbia in quantità sempre superiore a qualsiasi compagno di spazio, mettila insieme al dolore sarà più la rabbia, mettila insieme alla delusione sarà più la rabbia, mettila insieme alla difficoltà di vivere sarà più la rabbia, Milano e qualsiasi cosa sarà più la rabbia per un processo di sublimazione collettivo che ha come unico risultato un'intera città infestata di rabbia, di rancori, di non c'è tempo, di non c'è spazio.
Milano è la città che se smetti di salutarla non ti chiede chiarimenti ma smette di salutarti a sua volta perché se non la saluti più non importa il motivo, conta solo il non esserti seconda, il non subirti, è la città che ti invitano fuori a cena e intendevano a bere, la città che parla per te per poter allestire il dialogo nella maniera adatta a legittimare le uniche risposte che è in grado di darti.
Milano fu una centrifuga dalla quale un improvviso dolore un giorno mi sparò fuori fermandomi, togliendomi, salvandomi dai suoi ingranaggi senza scampo, raccolgo pezzi di passato uno più distrutto dell'altro, se non è la droga è il gioco d'azzardo, se non è il gioco d'azzardo è dio, quanti amici passati dal pisciare sui portoni, i loro stessi portoni, a parlare non di dio ma con dio, se non è dio è la follia, quella malata, quella che è disperazione, che non ha il colore ruggine di testi da lisergico poeta maledetto ma quello del vomito dei primi anni di birre quando eri ubriaco così presto che quello che lasciavi sul marciapiede non era la tua notte da bucoschi di 'sta minchia ma il pranzo di mamma, milano ti accoglie in piazza in età da sbronze al pomeriggio, ti stritola in età da sbronze di notte, ti restituisce budella al collo neuroni sciolti e bile a soffocarti in sbronze di nuovo pomeridiane, gira la ruota, una regressione collettiva in scala metropolitana che passa inosservata solo perché sono tutti, in trentacinque anni ne posso salvare forse cinque, così.
Ieri ho reincontrato il mio tratto di strada milanese, l'ho trovato peggiore di come l'avevo lasciato e non era davvero facile.
Ho avuto davanti me stesso dieci anni fa e insieme me stesso oggi se non me ne fossi andato.
Mi è mancato il fiato finché non se n'è andata lasciandomi lì al tavolo due ore prima del previsto, dice che non c'era un senso, che non c'era tempo da perdere, che la verità è una e che ogni cosa ha una sola unica versione, la sua, cosa vuoi mi diceva, ho da fare mi diceva, mi metteva in bocca le parole che un secondo dopo si diceva certa avrei detto, una valanga.
Non so se è stato più surreale scoprire di essere stato invitato fuori per rendere divertente l'anniversario di una morte di nemmeno un mese fa o l'aver cercato di colpevolizzarmi per non essere stato in grado di svolgere il compito assegnatomi.
Ho aspettato si allontanasse, mi sono alzato, mi sono incamminato verso l'hotel, sono andato a farmi una birra e un panino al pub sotto casa dei miei.
Magari passava mio fratello, magari era lì come ogni sera, avevo voglia di dirgli che non l'avevo mai visto così bello come lo visualizzavo nemmeno mezz'ora prima di fronte a quella milano che mi vomitava addosso il suo star bene ripetuto e rimbombato per convincermi del suo star bene e della sua analisi del mio star male e io zitto, in silenzio, fermo, immobile, come il Prodi di Guzzanti, foglie stagionali a velocità luce comprese finché non si è alzata ha pagato se n'è andata e io no, resto a finirmi la sigaretta, il silenzio, salutare il gentile signore del bar, fare due passi, tempo, un'intera serata di tempo improvvisamente regalatomi da una che diceva di non averne.



A proposito di musica.
Se oggi alle 18 non sai cosa fare, sei a Milano e ti sei sempre chiesto che diavolo di lavoro io faccia, puoi venire qui a vederlo di persona, io sono quello con la faccia da regista.

2 commenti:

  1. http://ilmiomanifesto.blogspot.it/2014/01/notte-di-san-lorenza.html

    ... no?

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