Passeggio al mercato nel solito giretto del sabato con la mia borsa da dieci chili di spesa.
Il mercato è fatto in modo che il passaggio centrale sia un fiume di persone che fa fatica a procedere, anche a causa del fatto che non pochi utilizzino quel ristretto canale come personale salotto nel quale intrattenersi a chiacchierare Signora mia con il vicino di casa (farlo sul pianerottolo pare brutto?) come non ci fossero decine di persone che devono saltare sulle bancarelle per superare l'ostacolo del loro andare al mercato a fare public relation portandosi dietro l'intera famiglia nonni zii parenti badanti e non meno di sei bambini tutti sul loro passeggino d'ordinanza addobbato con tutto il necessario per i dieci minuti fuori casa come manco le Jeep alla Parigi-Dakar.
In senso contrario passa una signora, avrà una sessantina d'anni, un uomo, avrà quarantacinque anni mani da muratore e sguardo da grillino, accanto a me inverte la direzione, torna indietro, la ferma e le dice di aver sentito cosa lei gli ha detto dopo che lui inavvertitamente l'ha toccata procedendo nel fiume di gente.
I miei sensi di ragno mi impongono di fermarmi con loro.
Le va con la faccia a dieci centimetri dalla sua e le dice che questa volta le è andata bene ma se si permette un'altra volta di dirgli quello che ha detto, la prossima volta le gira la testa con un pugno.
Capisco che la scintilla è partita, metto giù la borsa e mi fermo accanto a loro a seguire la scena pronto a intervenire se dalle parole passa ai fatti anche solo prendendole un braccio, cosa che per non si sa quale scintilla di lucidità sembra riuscire a impedirsi di fare.
Seguo l'intera scena, la signora è di quel genere che a Torino è incontrabile con discreta frequenza e cioè quel genere di signora tutt'altro che gentile, tutt'altro che educata, tutt'altro che femminile, ai semafori di torino è più probabile incontrare signore inguainate in pantacollant leopardati infilati in stivali camperos che menano camionisti tenendo il ritmo dei pugni cantilenando bestemmie che il contrario, ma tant'è quella sempre una signora è e sempre sessant'anni come minimo ha e a una signora con quelle caratteristiche non vai a un centimetro dalla faccia minacciandola di girargliela con un pugno.
Parentesi.
Io non sono propriamente uno di quelli che se si ferma fa da argine, non intimorisco manco i dodicenni sull'autobus, peso venti chili e si vede lontano un miglio che mi abbatti con uno starnuto.
Ma sono nello stesso momento uno di quelli che in caso di necessità si è sempre fatto argine e, per non so quale legge della fisica, tutte le volte che si è messo in mezzo è sempre riuscito a prevalere senza portare a casa mai uno schiaffo (e forse è questo che mi inganna e mi porta a intervenire, perché la prima volta che lo prenderò serio lo prenderò con tutta la sua potenza e forse da quel momento in poi ci penserò due volte) e anzi riuscendo a fermare persone che per potenza e dimensione le stesse forze dell'ordine faticavano a contenere.
Sono uno di quelli pessimi, di quelli che non si muovono per superiore potenza ma per il contrario, quelli che pur consapevoli dell'inferiorità si muovono solo sulla base di un principio di giustizia, quella leva che annebbia la lucidità e fa sentire potenti e invulnerabili perché protetti dalla giustezza dei pensieri, una follia che prima o poi verrà interrotta dalla realtà che non so quanti anni ancora avrà voglia di darmi ragione.
Ho fermato mafiosi con la stessa polizia che mi suggeriva di non mettermici contro, ho fermato skinheads che erano il doppio di me sia in altezza che in larghezza e solo fissandoli negli occhi, occhi che quando spinti dalla ragione non lo so che forma assumano ma certo fino a oggi devono esser stati davvero imponenti perché hanno sempre prevalso, nei miei periodi di più alta esaltazione ho persino sedato risse nei locali sollevando di peso persone come sempre più grosse di me e buttandole fisicamente fuori lanciandoli sul marciapiede e forse è questo che mi rendeva efficace, la capacità di piegare le stesse leggi della fisica, ho fermato un uomo che in strada stava menando la sua ragazza semplicemente dicendogli "Meglio a me che a lei" alla sua minaccia di darle pure a me e nonostante il giorno dopo un'amica comune (di lei) mi abbia confermato che aveva ragione lui e che lei vuole che lui la meni.
Quelli come me sono il peggio, perché siamo quelli che non si girano mai dall'altra parte non per proteggere i deboli, che nella stragrande maggioranza dei casi sono comunque più forti di noi e pensa cosa mai potrai fare per proteggerli, ma per combattere la propria personale battaglia contro quel sé stesso che si sa essere debole, fragile, che se la farà sotto e non in senso solo letterale la prima volta che incontrerà, perché per quelli come me è solo questione di tempo, qualcuno che non si farà convincere dagli occhi Jedi, quelli che quasi se le cercano le occasioni per intervenire solo per dire al mondo "Ehi guardami! guardami anch'io posso proteggere i deboli!", siamo il peggio, fanfaroni che offrono a chi sta loro intorno più danni che soluzioni.
Ma siamo anche quelli che quando la personale asticella viene superata non li fermi manco con le cannonate e la mia personale asticella è sempre stata le persone che amo e ogni volta che nella mia vita qualcuno si è avvicinato minacciosamente a una persona che amo, quella persona non l'ha fatto una seconda volta.
Chiusa parentesi.
Sono fermo accanto a lui pronto a intervenire e nel frattempo non ascolto ciò che le sta dicendo ma, come sempre, mi ripasso nella mente ciò che gli dirò nel momento in cui deciderò che è il momento di intervenire e prendo le misure del fisico per capire da che parte aspettarmi il colpo, particolarmente concentrato su mani che da sole pesano quanto tutto me e che misuro bene essere sufficienti per risolvere a suo favore se riuscirà a portarne una al mio volto anche una sola definitiva volta.
Ma dalla mia parte ho il fatto che è più basso anche se massiccio come un blocco di cemento di quelli da posto di blocco e il ricordo di cosa mi disse il carabiniere che si occupava di proteggermi quando mi misi contro il mafioso "Tu in quel momento cambia lato della strada e lascia fare a noi, quelli grossi fanno solo più rumore quando cadono e cadono perché più sono grossi e più sono lenti" e così misuro l'altezza delle gambe sapendo che dovrò entrare lì facendolo il più velocemente possibile e pronto a fuggire via appena fatto perché la gente non veda i pantaloni bagnarsi.
Mentre mi faccio questo film lui conclude la sua scena e riprende a camminare senza averla toccata, lei riprende la sua direzione con la stessa faccia di prima, io mi metto a camminare accanto a lui seguendolo e continuando a misurarlo, pronto al momento in cui avesse voluto comunque portarsi a casa la sua rissa quotidiana ormai assaporata dopo aver notato che 'sto scemo non solo si era fermato ma lo seguiva pure.
Stavo continuando la mia battaglia con me stesso, non me ne fregava più nulla della signora, ero io il problema, era lui il problema, quasi mi auguravo che mi notasse perché anch'io ero rimasto a bocca asciutta in tutto quello.
Lo seguo, lo anticipo, lo supero, torno indietro e gli sto accanto ancora una cinquantina di metri, poi lo perdo e torno a casa a mani vuote, ma intere.
Torno a casa e dico a me stesso che di nuovo sono stato pronto a intervenire, di nuovo non mi sono girato dall'altra parte né sono passato oltre.
Passano dieci minuti e l'adrenalina sfuma via lasciando spazio alla lucidità, quella che mi fa rivedere la scena e mi fa vedere che sono stato fermo mentre un uomo di cemento minacciava una donna di paglia di girarle la faccia con un pugno e io non sono intervenuto perché impegnato a dirmi forte, a dirmi capace, a dirmi invincibile e a trovare un modo per controllare la vescica che già mi stava salutando al solo mio ipotizzare i vari possibili interventi.
E ho ripensato a quel fatto là che quelli come me, quelli aggressivi a parole, così eccitati dalla vittoria dei confronti verbali, dei duelli della logica, arroganti e sprezzanti a parole, stanno fermi quando c'è da intervenire fisicamente e in quella scena non c'era da intervenire solo se l'avesse toccata, perché la violenza era già nella minaccia non solo nella sua concretizzazione, perché la paura di quella signora era il fine e il fine era raggiunto con la violenza verbale, quella in cui io sono maestro e io invece l'ho guardata svolgersi senza fare nulla.
Sono uno di quelli che di persona ha paura e interviene solo quando è davvero necessario, sì, sono uno di quelli che nel restante novanta percento dei casi è quel che si dice solo chiacchiere e distintivo e quindi uno di quelli che si porta addosso la colpa, tutta, del fatto che uomini come quelli possono minacciare donne anziane senza che nessuno intervenga e quando dovete dare un volto a quei nessuno metteteci pure il mio che sarei intervenuto subito solo se quella donna fosse stata mia nonna e che quindi per quella donna sono stato nessuno intervenuto, esattamente come quelli che poi a parole descrivo come il peggio di questo paese.
Tanto dovevo all'onestà.
Almeno quella qualità posso vantarla.
Secondo me molto, moltissimo dipende dalla percezione soggettiva del fatto, cioè da come viene "filtrato" dalla personalità più o meno articolata e complessa di quello che lo vive.
RispondiEliminaQuindi per me, in base a come hai descritto la scena e i protagonisti, quell'episodio è stato probabilmente molto più "pesante" a livello emotivo per te che per la signora, che, sempre stando a come l'hai descritta, sarebbe forse potuta essere la (degna) madre del gradasso.
Tutt'altro genere di situazione, ma a me per esempio è rimasta impressa una scena di ormai diversi anni fa, quando, passando davanti a un liceo nei pressi della mia zona, ho visto, accostato a un muretto lì vicino, un ragazzo (pressoché coetaneo, sconosciuto) piangere da solo (doveva essere la tarda primavera, forse giorni di promozioni e bocciature, ma appunto non c'erano altri). Subito, appena l'ho visto, mi ha fatto molta impressione: le lacrime di un maschio (maschio virile, quale lui sembrava) sono rare e preziose, quindi ho pensato ci potesse essere dietro un motivo serio, uno sconforto profondo, chi sa forse persino qualche retropensiero cupo. Ricordo che gli sono passato vicino un po' rallentando e così ho proseguito per qualche metro, molto combattuto tra il desiderio di avvicinarmi e chiedergli che cosa non andasse e il timore di risultare inopportuno. Alla fine ha avuto la meglio il solito pudore (un po' maschile, un po' ligure, un po' da timido, un po' pavido), e non sono tornato indietro: ma per lungo tempo, e ancora adesso, mi è capitato di ripensare a quella scena, e di chiedermi per cosa stesse piangendo, e se intervenendo non gli avrei potuto dare un minimo di supporto o conforto, e addirittura chi sa poi alla fine che cosa ha fatto. Ma, appunto, si ritorna al discorso iniziale: magari sono stato io a ingigantire quell'episodio, che alla fine potrebbe essere stato più incisivo sulla mia emotività, e sulla mia coscienza, che sulla sua. Tant'è, ancora adesso un po' mi rimprovero di non avergli offerto la mia spalla, e il mio orecchio.
(Rileggendo quanto ho scritto, m'è tornato in mente Stand by me: la scena in cui il protagonista conforta il migliore amico che piange e gli confessa com'era andata veramente la storia dei soldi custoditi dalla maestra per cui l'avevano accusato, e la rivelazione finale del protagonista sulla fine del migliore amico, intervenuto per placare una rissa tra due tizi in un bar, e finito accoltellato. Curioso...)
EliminaCertamente va tutto ricondotto alla personale percezione, non a caso ho posto la scena sul piano del contenitore e il mio personale duello con me stesso su quello del contenuto, quasi il racconto della scena fosse solo la cornice necessaria per inquadrare quello che era il vero cuore del pensiero che mi ha occupato le ore successive.
EliminaPerò, c'è un però.
E cioè che entrambi i piani sono due questioni a sé stanti e l'uno può essere cornice dell'altro.
Letta come l'hai letta tu, che poi è esattamente come volevo trasferirla io, la scena in sé poteva essere qualsiasi scena, non a caso anche quella da te descritta che ti ha visto protagonista di una riflessione simile nonostante fosse così diversa in termini di area emotiva.
Nella mia la leva che ha attivato il tizio era la rabbia, nella tua quella che ha attivato quel ragazzo era forse il dolore, ma entrambi noi spettatori siamo stati portati dalla stessa intima parte.
Però è anche vero che noi a nostra volta possiamo essere cornice e la scena cui abbiamo assistito il suo contenuto.
Nel senso che dietro quell'uomo lì non di rado c'è qualcuno che lo stesso mio percorso ha voluto risolverlo in altra maniera, in direzione violenta, così come il ragazzo da te incontrato magari stava piangendo per non aver saputo stare accanto a qualcuno che soffriva e al quale lui teneva.
Voglio dire che io in altra vita e a parità di percorso avrei potuto essere quell'uomo lì perché chi si muove in quel modo ha sempre degli irrisolti enormi dentro, maldestramente sedati a colpi di prevaricazioni continue e generate là dove il caso si renda particolarmente avaro di occasioni, così come tu avresti potuto essere quel ragazzo che soffriva da solo in pubblico se solo il motivo fosse stato in linea con i tuoi punti deboli.
E questo rende quelle cornici due questioni a sé che non sono ridotte solo perché noi ne abbiamo attaccata loro una personale più grande, perché noi potevamo essere indifferentemente sia contenitore che contenuto.
E un uomo non può risolvere i propri vuoti scaricandoli addosso a chi non ne ha colpa solo perché la potenza (o l'intangibilità che può avere varie forme) glielo permette, nemmeno se l'obiettivo della sua rabbia quella rabbia la merita tutta.
E sì, confermo, quella madre non solo poteva essere la sua, ma con ogni probabilità se un figlio l'ha avuto l'ha cresciuto esattamente in quel modo lì e il cerchio si chiude anche solo rilevando che forse per questo nessuno dei due arretrasse nonostante la mastodontica differenza di fisicità, di età e di sesso: parlavano la stessa lingua ed entrambi erano appagati dal solo aver aggredito l'altro.
E poi c'ero io, che a margine mi vivevo la mia personale battaglia di chi semplicemente trova che tutto questo sia assurdo quando uno dei due è una montagna e l'altra è una donna più vicina ai 70 che ai 60 ma ugualmente sembravo l'unico a chiedersi se davvero stesse accadendo quello che stava accadendo.
P.S. E lo vogliamo dire che Stand by me è uno dei dieci film più belli del mondo?
Elimina... e diciamolo! Pare strano, ma è l'ennesima volta che si torna a citarlo e a parlarne, e ogni volta arrivandoci per una via diversa :-)
EliminaBruno/Broono, sono un tuo lettore fedele, leggo e non commento (quasi) mai, se non per ricordarti l'episodio dei biscotti nelle foto del Post. Ma questa volta devo intervenire per dire: sì cazzo! Nei primi dieci, decisamente!
EliminaMi sono riletto il post da capo per capire a quali dieci facessi riferimento mentre oltretutto mi chiedevo perché mai avessi commentato in risposta a questi e non giù in coda...
EliminaPoi ho capito.
(vedi che sono meno sveglio di quanto sembri....?)
Per non parlare del libro. Oh, Stephen.
RispondiEliminaEh, considerato il gap che sempre divide i libri dalle loro trasposizioni cinematografiche, in questo caso se il film è così bello immagino cosa dev'essere il libro
EliminaBeh guarda, io ho letto anche il libro (titolo originale "The body" cioè "Il corpo", ritenuto però inopportuno per il film perché non sembrasse di genere erotico o horror, e quindi cambiato adottando il titolo della canzone principale scelta per la colonna sonora), e secondo me è uno di quei rarissimi casi (l'unico nel quale personalmente mi sia imbattuto) in cui libro e film da esso tratto si equivalgono per bellezza. Nel senso che, a differenza di celebri capolavori, come per esempio "Il gattopardo" e "Arancia meccanica", in cui la fin troppo acclamata bellezza del film è una pallida ombra della bellezza del libro, e ha spesso finito per banalizzarlo fortemente o persino tradirlo (l'oleografico film di Visconti taglia tutta la prima metà del libro di Tomasi di Lampedusa, e il finale del libro di Burgess è completamente diverso da quello del film di Kubrick), trovo che il regista di Stand by me abbia colto e rappresentato benissimo l'intima vena del libro, e attraverso quella chiave sia riuscito a impostare un film privo di complessi d'inferiorità, in cui tutte le scelte necessariamente autonome - dalla colonna sonora all'ambientazione, alla fotografia, ai volti dei protagonisti - e persino qualche modifica rispetto al libro non ne intaccano minimamente lo spirito. In poche parole, film e libro ovviamente non sono la stessa cosa (come non potrebbero né dovrebbero esserlo), ma, ciascuno nella sua forma e nel codice suo proprio, sono due "incarnazioni" parimenti belle della medesima anima.
EliminaE comunque il libro è un racconto molto scorrevole (sulle 120 pagine, se ben ricordo: a mente sgombra, si legge in poche ore), scritto con quella magistrale semplicità e facilità di scrittura propria di King (l'unico vero, grande scrittore seriale di libri: peccato che gli altri siano quasi tutti horror, genere che non m'ispira), e fa parte della raccolta "Stagioni diverse" (diverse appunto in quanto non-horror), che comprende anche "L'allievo" (da cui il film), "Le ali della libertà" (idem) e, mi pare, "Il metodo di respirazione", tutti e quattro decisamente notevoli.
http://www.inmondadori.it/Stagioni-diverse-Stephen-King/eai978886836074/
"a mente sgombra, si legge in poche ore"
Eliminaogni riferimento... :)
no ma sto facendo progressi, la lancetta indicante il ritorno alla normalità si sta posizionando sempre più vicina al libro letto senza mai ripartire da capo.
Ci sto andando piano, la riabilitazione in questo momento la sto facendo con Celestini dopo un periodo iniziale nel quale nella borsa del computer preparata per i viaggi ci entravano i Classici Disney per evitare la terapia d'urto, ma pare stia funzionando, sì sì.
Quando apro il libro del momento per proseguirlo mi ricordo persino di che parla e chi sono i personaggi.
E' una riabilitazione complessa che non permette accelerazioni, ma ce la farò!
No, scusa, e tu per riabilitarti ti metti a leggere Celestini, uno talmente inutile, noioso e pedante che penso pure i suoi parenti lo minacciassero di rinchiuderlo in camera senza cenone non appena si alzava da tavola per recitare la poesia di Natale?
EliminaMa torna subito ai Classici Disney, che spesso avevano fior di sceneggiature che Celestini se le sogna, altroché!
Ecco, lo sapevo che mi avresti cazziato!
EliminaMa che ne so...il precedente (Storie di uno scemo di guerra) m'era piaciuto e allora per non rischiare un altro prendipolvere (la riabilitazione ha bisogno di certezze!) sono tornato da quelle parti, per di più orientandomi verso un titolo che mi ha fatto pensare di prendere due piccioni con una fava, la riabilitazione alla lettura e l'interesse per la politica: Lotta di classe.
E invece...in effetti...
Ma ce la farò!
Questa volta lo finisco!
Anche perché dai alla fine è carino.
O comunque ogni tanto ha delle trovate così geniali che fanno da carburante per le successive venti pagine.
Anche perché dopo Bauman pure il successivo è finito a prender polvere dopo venti pagine e non è che possa continuare così ancora per molto.
Dai, avanti, cazziami di nuovo: Saramago.
No dico ma come diavolo si fa a scrivere periodi di venti righe senza interruzione ma solo una serie di virgole che pare infinita?
Madonna una roba da apnea, l'ho messo via per non strappare le pagine una a una dal nervoso!
Però mi è servito perché alla terza pagina, che poi altro non era che la conclusione di una frase iniziata nella prima (no veramente una roba impossibile), mi sei venuto in mente tu in quel famoso commento e mi sono reso conto che un giorno dovrò davvero premiarvi in qualche modo perché se io faccio robe come quelle (nella forma, non nel contenuto) mi chiedo come non mi abbiate mandato ancora a fare in culo.
ahahahah
E comunque ora che finisco Celestini la smetto di scegliere accazzo e avendo finito la pila di quelli ormai comprati passo direttamente alla lista suggeritami da Lei, ché io lo sento che dentro quell'elenco c'è il passo finale della riabilitazione e poi torno nuovo al mondo!
Non è più tempo di improvvisazione, mi affido agli esperti.
Anche perché se fossi capace non sarei da riabilitare, savasandìr
Metter via Saramago per apnea et nervoso: trattasi di tipico caso di gatto che soffia allo specchio, hai presente?
RispondiElimina(Comincia a pensare ai premi da darci.)
Per il bene che mi voglio, auspico a breve di seguire il tuo esempio-rehab, poiché anni di vita da criceto nella ruota hanno limitato il mio orizzonte di parole al volantino della Coop, a poche pagine di Donna Moderna e al giornalino della parrocchia di quartiere, scaraventati sul pavimento pochi secondi dopo averli presi in mano, al sopraggiungere del quotidiano svenimento a fine giornata.
Leggere solo 15 gg al mare, quando ti aprono la gabbia, non si può, non si deve, non si fa.
S. King, beh, arrivaci piano e affamato. Perché è un indigestione, che non sazia mai.
No ma aspetta, qui apri le porte a un fiume in piena nonché categoria a parte: i volantini della Coop!
EliminaOra non so se anche dalle altre parti è così o altrove è solo uno dei tanti modi di fare pubblicità, ma qui a Torino quel genere di promozione è talmente alla base delle scelte della casalinga, che è quasi L'UNICA forma di promozione.
Qui si calendarizza la spesa in base alle date di inzio promozione scritte sui volantini e si scrive davvero la lista della spesa scegliendo dove comprare ogni singolo prodotto in una specie di carosello che porta la gente non ad andare "lì" per fare la spesa, ma a decidere quale spesa fare per poi spostarsi tra i posti diversi fino a lista completata.
E così qui a Torino non c'è ipermercato che non si promuova con i fogli settimanali generando cassette della posta che paiono i contenitori della differenziata, tanta carta contengono.
E per me è il paradiso, perché quei volantini lì per me sono una vera a propria perversione!
Me li leggo tutti, li prendo tutti, passo ogni singolo prodotto immaginando cosa ne farei, una roba da analisi.
Non importa il genere può essere alimentare, arredamento, bricolage, sport, non conta, vale tutto, basa che siano stampai su quei fogli e io me li guardo, controllo il prezzo, ipotizzo cosa potrei farne.
E poi butto tutto, perché il fine mica è comprare, il piacere non è attivato dall'acquisto ma proprio dal passare in rassegna ogni dettaglio.
Dovrebbero classificarla come malattia.
c'è di che leaflettere ...
Elimina(beh, è una malattia come un altra no?)
Uff...oggi sono sceso e non ce n'era nemmeno uno in cassetta...
EliminaSono in astinenza!
E vogliamo parlare del catalogo Ikea?
RispondiEliminaCiao, sono il PdM-Lei e ho un problema coi volantini.
Ciao, PdM-Lei.
Ahhh, perché, PERCHE' hai tirato fuori la mia spina nel fianco, il mio sempiterno desiderio sempiternamente deluso, il catalogo Ikea?
EliminaChè l'Ikea ce l'avrò a 10 chilometri da casa mia, volendo ci potrei andare in bicicletta (no, meglio di no perché dovrei fare la tangenziale e m'arroterebbero, eppoi come farei al ritorno con gli scatolons, ancorché ultrapiatti e minimizzati al minimo?), ci passo davanti tutti i giorni andando al lavoro eppoi tornando, e allora perché, PERCHE' quei malevoli spediscono a tutti il catalogo Ikea nel raggio di ennemila chilometri fuorché a me??
E quando passo a farci un giro non ce n'è mai, MAI uno a disposizione delle minoranze postali che se lo vorrebbero portare a casa per guardarselo, sfogliarselo, costruirci delle storie, immaginarci dei film e insomma adoperarlo.
Non è giusto, no, non è giusto per niente.
Ecco.
Il catalogo Ikea non è abbastanza perversione perché offre prodottini a 2 euro ma che sai avere il loro effetto solo se li metti in un loft da 1 milione di euro come quello in cui li ambientano loro.
EliminaCi caschi i primi anni, ma dopo aver speso un milione di euro in lampade gustosissime quando viste lì che diventano palesi lavoretti col das che all'asilo li fanno migliori non appena la posizioni sul tuo tavolino in formica autocostruito, non ci caschi più.
E ti orienti sui più onesti venditori di tosaerba e stufe a pellet scontornate su bianco, così non ti costruisci delusioni certe e sogni il tuo bel tosaerba che senti poter essere tuo perché non hai siepi ma hai anche tu muri bianchi bellissimi!
Bee, ti dico solo che io l’ho RUBATO da altrui cassetta della posta.
RispondiEliminaE ti ho detto tutto.
Sorella!
EliminaIo devo sempre lottare colla tentazione d'imboscarmi quello colla copertina gialla che mettono a disposizione della clientela coll'accordo di renderlo all'uscita.
Per fortuna stavolta m'è andata di lusso: The marit è andato a fare un giro all'Ikea e (indossando le vesti di Dottor Meraviglioso) mi ha portato a casa il desiato catalogo.
Happyness is... un marito che si pensa 'ste cose :o)
qui a torino è una lotta senza quartiere ...
Eliminaeh, sì, perché in alcuni arriva prima che in altri ...
anche mooolto prima.