24 ottobre 2012

Torno e mi rendo conto che

All'interno di Chinatown c'è un piccolo quartiere che si chiama Milano dove puoi trovare un bar gestito da italiani, un ristorante gestito da italiani, un negozio gestito da italiani e persino gente che parla italiano.
Mi ricorda i tempi in cui vivevo a Milano, una città nella quale c'era un piccolo quartiere che chiamavamo Chinatown.

6 commenti:

  1. Dionysus11:42

    Se va avanti così, al posto di "Milano" potrai presto scrivere "Italia" (aspettando - poco - di poter scrivere "Europa", attualmente impegnatissima nel farsi islamizzare): nonostante molti, patetici "cittadini del mondo" sembrino non accorgersene, le invasioni e le colonizzazioni nel terzo millennio si fanno coi permessi di soggiorno (quando ci sono) e con le acquisizioni e le nuove aperture di esercizi commerciali, mica con le battaglie e coi sacchi.
    E, naturalmente, con la giuliva complicità dell'uomo bianco, imbelle fantoccio del tutto privo di coscienza storica, in balia dei propri inutili sensi di colpa e della propria ridicola ideologia suicidaria.

    Gli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, la Cina oggi: squallida nazione d'ignavi privi di dignità, senza neanche un Mishima a denunciarne la putrefazione, e a riscattarne l'onore.

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  2. Beh, ora..."uomo bianco" mi pare eccessivo.

    Io ne facevo questione economico/commerciale, e su questo ti straseguo, ma sul resto un po' meno, diciamo...

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  3. "Uomo bianco" a intendere l'occidentale, l'europeo in particolare, con una implicita allusione a Kipling (l'"uomo bianco", appunto, da missionario di civiltà a passivo, e inconsapevole, oggetto di "missione" altrui), certo non per questioni razziali: tanto che, infatti, annovero tra i coloni anche (anzitutto, storicamente e "culturalmente") gli statunitensi.

    Basta vedere quel che è accaduto in questi giorni: una marea di coglioni a cianciare di Halloween, ad appiccicare zucche ghignanti sulle finestre delle scuole (ne ho una vicino a casa, e ogni volta che le vedo mi vien voglia di vederci schiantare sopra un aereo) e a organizzare feste per celebrare una ricorrenza che in realtà non sanno nemmeno che cosa sia veramente, solo perché ne hanno sentito parlare centinaia di volte nelle serie americane e ovviamente figuriamoci se possiamo astenerci dall'omologarci ai barbari d'oltreoceano pure in questo. Aggiungici il solito pseudo-giornalismo accattone sempre alla ricerca di un argomento qualsiasi per costruirci il solito servizio-cuscinetto, e il gioco è fatto: e una civiltà è fottuta.

    Nel frattempo il Natale in molti luoghi del mondo viene pudicamente ribattezzato (pardon: ridenominato, non sia mai che usi una terminologia cristiana) "Festa d'inverno" per non offendere le altre "sensibilità religiose", ovviamente auto-censurando tutta la relativa simbologia e iconografia cristiana (e il Parlamento europeo stesso non ne fa menzione nelle agende che distribuisce ai deputati), padre e madre, dopo il fulgido esempio della Spagna zapateriana, vengono rinominati "genitore A" e "genitore B" anche in Francia per non offendere le coppie adottive omosessuali, impiegati e commesse in varie parti d'Europa soprattutto settentrionale vengono licenziati per aver indossato a vista una catenina adorna di crocifisso in quanto anch'essa lesiva delle "sensibilità religiose" altrui e per la medesima ragione non reintegrate neppure in sede giudiziaria (giusta causa, quindi!), ecc.: se questo non è il miserabile suicidio di un'intera civiltà, non so come altrimenti possa essere chiamato.

    So che leggendo la prossima frase ti farai una sonora risata e mi prenderai per folle, ma tienila a mente: verrà il giorno in cui anche tu, accantonato per un istante il disprezzo per la struttura e le gerarchie e la "carne" fallibile e corruttibile della Chiesa, ti renderai conto, non foss'altro per sottrazione e per contrasto, che in fondo il Cristianesimo è alla base anche della tua identità, e, forse proprio quando ti sarà più sconsigliato di dirlo per motivi d'opportunità e di "correttezza politica", non potrai fare a meno di dirti cristiano.

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    1. No, nessuna sonora risata, capisco cosa intendi.
      Ma io non ho disprezzo per struttura e gerarchie, ho semplicemente un'idea della vita che non contempla alcuna origine né controllo sovrannaturale.
      Questo mi preserva prima di ogni cosa dalla possibilità, oggi o domani, di difendermi dalle derive di una religione rifugiandomi idealmente nelle caratteristiche meno invasive, se mai possano esserlo, di qualsiasi altra.
      Io è proprio il principio del controllo sovrannaturale che discuto e questa discussione non è tale solo quando declinata nel concreto di questa o quella, ma è …“transconfessionale”.
      Una discussione che prescinde da quella sull'origine, motivo per cui non disprezzo la struttura quando non mi impone controllo derivante da una verità “originale”da lei considerata tale.
      Puoi credere in dio, in sostanza, non perdendo per questo il mio rispetto (e chi sono?), ma lo perdi in un baleno quando pretendi che le tue verità debbano farsi confini delle mie.
      E non ne faccio questione di pura autodeterminazione, ma principalmente di rispetto della libertà di pensiero.
      Tu, se lo scenario ti appare verosimile pur se non provato, puoi dire vero di esser stato portato da una cicogna, fa parte della tua libertà.
      Quello che non puoi fare è di imporre a me di non mangiare volatili perché facendolo sottraggo un fondamentale mezzo di trasporto per nuove vite.
      Puoi scegliere di non mangiarli tu perché il tuo presupposto ti direbbe bastone tra le ruote del grande progetto umano della procreazione, ma non puoi punire me in quanto bastone se, non riconoscendo il tuo presupposto, mi abbandono al piacere del pollo arrosto.
      Allora se domani quelli della grande vacca decidessero di farsi saltare in aria in piazza castello davanti a un burger, io non correrei tra le braccia del grande angelo perché più moderato, ma ancora di più cercherei di conservare in me quell'idea di libertà che condanna qualsiasi, qualsiasi, legittimazione di violenza attraverso il richiamo a un sovrannaturale più o meno sorridente.
      Perché sarebbe il presupposto sovrannaturale a essere generatore di vittime, non il tritolo.

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    2. Poi capisco il tuo fastidio e devo anche riconoscere che in qualche maniera sta iniziando a essere un sentimento che non mi è più così estraneo, ogni volta che guardando (es di questi giorni) le riprese con audio in presa diretta delle strade siriane a ogni colpo di fucile, a ogni esplosione, a ogni vetro che salta, l'audio della telecamera riporta un ossessivo coro di "Allah è grande" in misura così maniacale da non poter che provocare fastidio e ogni volta penso alla tecnica di preghiera che fin da bambino impone di far oscillare la testa per centinaia di volte al giorno e mi chiedo quanto la tecnica, prima dell'idea, stia alla base di un lavaggio del cervello che, hai ragione, prima o poi sarà qualcosa con cui avremo drammaticamente a che fare.
      Ma il mio fastidio diretto si ferma qui, per lasciare il posto a quello di principio transconfessionale che mi ricorda costantemente che, pur vantando tecniche di preghiera meno annullanti, il dio cristiano è tutt'oggi richiamato prima di ogni guerra e inciso sui fucili dell'uomo occidentale per garantirsi la medesima finalità assolutoria, seppur meno urlata, di quello musulmano.

      Se ci si ferma al Come, non posso che essere con te nella difesa della bellezza del natale, delle madri e dei padri, vuoi anche della libertà di indossare il crocefisso.
      E' quando entri nel Cosa che ti abbandono, quando quel Cosa non si limita a difendere la tua libertà di indossare il crocefisso ma vuole che anche io lo "indossi" quando entro in classe, quando entro in tribunale, quando entro in ospedale.
      Perché dovrei preferire questa imposizione a quella armata di un musulmano, quando prima dell'arma è l'imposizione che io discuto?
      Certo tra i due mondi non posso dire che il nostro sia il peggiore, sarei folle a dirlo.
      Ma quando (se) un giorno dovessi trovarmi a cercare rifugio nel nostro, lo farò per paura non per riconoscimento di miglior qualità.
      Non potrò fare a meno di dirmi impaurito, condizione che storicamente equivale a Cristiano solo per chi riconosce il presupposto che sta alla base della "nostra" religione prima di molte altre e cioè proprio quella paura che ti impone di e-seguire e di non discutere.

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  4. Mi sembra tu abbia in parte frainteso quanto da me "profetizzato": dicendo che un giorno ti saresti anche tu detto cristiano non intendevo certo in senso fideistico, cioè che ti saresti convertito (ché quella sarebbe appunto solo una questione tra te e te - e magari tra te e Qualcun Altro - nella quale certo non intendo intromettermi), ma nel senso appunto del crociano "non possiamo non dirci cristiani": una questione non di fede (ché Croce stesso era agnostico e certo tutt'altro che clericale: anzi, alcuni suoi libri erano persino stati messi all'Indice dalla Chiesa) ma di civiltà, in realtà una semplicissima constatazione, in base alla quale, piaccia o no, il cristianesimo è alla base della cosiddetta civiltà occidentale (quanto meno da oltre un migliaio e mezzo di anni a questa parte). Il legame con l'attualità sta appunto nel fatto che, mentre fino a oggi si è sempre dato per scontato questo fatto (tanto che il termine "cristiano" è anche mero sinonimo di "uomo": almeno fin che non se ne accorgono a Bruxelles, ovvio) e sempre più, fin quasi a obliarlo (soprattutto a partire dalla seconda metà del Novecento, periodo quanti altri mai vittima di ideologie alienanti), la stretta attualità sta rendendo ogni giorno più evidente come (in particolare) un'Europa "sazia e disperata", a forza di sterilizzare le proprie istituzioni, i propri simboli e perfino i propri vocaboli più pregnanti, cioè, in una parola, la propria civiltà, stia procedendo giuliva verso il proprio auto-annichilimento culturale. E quel che forse più stupisce è come la maggioranza non si renda conto del fatto che, in natura come nella storia, non può esistere il vuoto, e dunque appena una civiltà si ripiega su se stessa per eccesso di mollezza (e di autentiche seghe mentali) fin quasi a scomparire ce ne sarà sempre un'altra, più giovane, vitale, scaltra e combattiva che, prima che quella se ne possa accorgere e anzi facendo leva sui suoi stessi, sublimi principii, avrà già provveduto a rimpiazzarla e a dettar legge al posto suo, certo senza porsi altrettanti problemi di "tatto" e di autocritica.

    Per questo, avendo notato già da qualche tempo una tua maggiore percezione almeno epidermica del fenomeno, ho detto che un giorno anche tu - e, dato che non sei stupido, probabilmente prima di molti altri - ti renderai conto di quanto la civiltà cristiana (e il crocifisso stesso in quanto sua somma sintesi simbolica: questo appunto significa, nelle scuole come nei tribunali: la più alta garanzia di laicità, non certo un'esortazione alla conversione) sia la tua stessa civiltà, e anzi sia alla base di quegli stessi principii che ti consentono di criticarla tanto nettamente, e che soprattutto in Europa la stanno rendendo sempre più debole, rendendo così sempre più debole l'Europa stessa, e anzi l'idea stessa di Europa.
    Che tu creda o no in Dio (anche se secondo me crederci è l'atto più razionale, non foss'altro che per il primo principio della termodinamica: se niente si crea e niente si distrugge, come è nata la materia? il "Big Bang" può anche spiegare come il nucleo originario della materia sia esploso, ma quel nucleo da dove viene? per spiegarlo mi sembra appunto razionalmente necessario ipotizzare un'entità trascendente rispetto alle leggi della natura, che l'abbia creata dal nulla), sono solo affari tuoi, ma non c'è bisogno di essere credenti per riconoscere, in quanto italiani, europei, occidentali e ancor prima in quanto uomini liberi e degni proprio e semplicemente perché uomini (non è forse la più grande rivoluzione della storia, quella di definire l'uomo, qualsiasi uomo, "creato a immagine e somiglianza di Dio"?), di essere intimamente cristiani, e magari per cominciare ad assumere una prospettiva un po' più lucida e pragmatica sulla realtà contemporanea, prima che sia troppo tardi.

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