8 febbraio 2006

Tavolo vista ponte Milvio

Che poi in fondo sarebbe bastato capirsi, sui tempi, sui modi, sui perché meritavamo.
È un continuo riempirmi la casa di cose rapite.
La rivuoi? Non te la restituirò mai.
Finché tu non ridarai a me quello che ti sei portata via.
Dare avere avere dare.
È lì, nel cassetto e l’altra cosa è là sulla maniglia, a prender polvere.
La ragazza che viene a fare le pulizie deve averlo capito dai miei occhi, perché non c’è stato mai bisogno di dir nulla.
O forse voi donne vi parlate a distanza, forse le hai detto tu di non toccarla, o forse non l’ha toccata perché voi donne fate tutte le stesse cose e a lei è bastato guardarla per capire che tutto deve toccare tranne quella.

Era inverno.
Era inverno e faceva un cazzo di freddo che quest’anno in confronto sembra di stare ai tropici.
O forse è solo che non si passeggia più nel parco e in casa fa sempre caldo, quanto era freddo il parco sotto la pioggia.
Ci hanno fatto pure un film, giusto?
No, più di uno, un sacco di film nei parchi con la pioggia d’inverno su una cazzo di panchina, intorno c’era bambi gli scoiattoli due nani con la barba un cacciatore e la pioggia che non bagnava.
O forse è solo che sapevamo evitare le gocce, si camminava così senza meta, senza direzione se non quella tra una goccia e l’altra e allora perché alla fine l’ultima non l’abbiamo saputa evitare?
Mancava poco, mancava tanto così per arrivare alla fine del parco dove un albergo ci aspettava con asciugamani caldi e un piatto di spaghetti con le vongole e due occhi grandi una bottiglia di vino bianco bambi due scoiattoli i nani il cacciatore e quella cazzo di nuvola che continuava a seguirci.
Ma noi eravamo sotto la tettoia, non ci spaventava niente, nemmeno le nostre vite buttate all’aria e forse i camerieri certe cose le sanno perché il nostro stava lì, in disparte, a guardare quel siparietto che ogni sera allo stesso tavolo si riproponeva come un film.
Hanno questo, i camerieri.
Ti si affezionano per due ore e sanno tutto senza che tu gli debba dire nulla perché ogni sera viaggiano tra tavoli sempre uguali dove coppie di scoiattoli si giurano amore eterno e loro lo sanno che la sera dopo a quel tavolo ci saranno altri due scoiattoli che si giureranno amore eterno e forse è per quello che non prendono una sedia e non si siedono lì con loro a dire “State attenti, non cascateci, non giuratevi amore eterno, accontentatevi di un piatto di spaghetti con le vongole e di un buon vino, promettetevi al massimo un dolce, non andate oltre le prossime due ore è pericoloso, i giuramenti fatti a questo tavolo una volta usciti da qui non hanno valore legale, controllate il resto, rimandateci indietro il vino se non è buono, ma non giuratevi amore eterno perché la cucina chiude all’una e io non potrò sopportare di vedere andar via pure voi, come tutti gli altri, come sempre, perché vi giurate tutti amore eterno?”

Mario faceva il cameriere, in un’altra vita.
Conosceva le storie di tutti perché osservava ogni piccolo gesto.
Le coppie più solide erano quelle ai tavoli delle quali il vino finiva sempre, quelle uscite per noia si mettevano sempre vicine alla vetrina, amano guardare fuori la vita che passa le coppie annoiate, facendo una specie di sudoku con il colore dei vestiti dei passanti, se passa uno con la giacca blu lo amo ancora, se passa una con i capelli raccolti la amo ancora.
Mario aveva una passione personale per le coppie anziane.
Gli piaceva servire loro due portate perché gli anziani quando escono a cena gradiscono, gradiscono l’aria, l’odore di cucina, la gentilezza di quello che potrebbe essere loro nipote.
Ma più di tutte, Mario sapeva riconoscere le coppie che la sera dopo non sarebbero tornate.
Le riconosceva perché lui e lei si guardavano sempre negli occhi e si giuravano amore eterno.
Le coppie appena nate fanno sempre raffreddare la cena perché hanno tante cose da raccontarsi, Mario questo lo sapeva bene.
Aveva un sistema tutto suo per riconoscere le coppie appena nate.
Quando andava a prendere le comande controllava se lei o lui avevano qualcosa di buffo, una macchia sulla camicia, il prezzemolo tra i denti, quelle cose che chi ti sta di fronte ti fa notare solo se c’è confidenza.
Dopo un po’ di tempo tornava al tavolo con la scusa di sapere se tutto andava bene e controllava se il prezzemolo era ancora lì.
Se c’era, voleva dire che lui o lei non avevano avuto il coraggio di dire nulla e questo significava che la coppia era nuova e c’era quel timore di mettere in imbarazzo l’altro, imbarazzo al quale si preferiva tacere e conservare questo segreto, anche sapendo che bastava tornare a casa o andare in bagno o entrare in ascensore per far sentire cento volte di più il peso di quel prezzemolo a chi in quel momento si rendeva conto che era lì da tutta la sera e non mi hai detto niente e allora non sei l’uomo per me e domani non ci torniamo al ristorante perché io non voglio fare di nuovo brutta figura.
Ma noi avevamo Bambi e gli scoiattoli accanto e questo Mario non l’aveva mai visto.

Ci guardava come fossimo un coppia appena nata di anziani che gradivano, una cosa nuova per lui.
Per questo aveva sospeso il suo giudizio e il solito gioco a scommettersi la mancia col caposala non l’aveva fatto quella sera.
Diceva che tu avevi gli occhi troppo grandi per essere lasciati e io avevo un viso troppo sereno per dire qualcosa di sbagliato.
E gli spaghetti con le vongole non avevano lasciato tracce di prezzemolo.
“È un segno” diceva Mario al caposala che cercava di convincerlo che non esistono coppie appena nate che si giurano amore eterno e riescono ad arrivare alla settimana successiva, nemmeno se hanno Bambi e gli scoiattoli intorno, seppure anche a lui, in effetti, quelle presenze anomale qualche dubbio lo avevano fatto venire.
Avremmo dovuto alzarci da quel tavolo in quel preciso istante, per farci di nuovo seguire dalla nuvola giocando ancora a camminare tra le gocce.
Eravamo riusciti a farlo tutto il giorno, non avremmo dovuto aver paura di riprovare.
O forse soltanto non avremmo dovuto giurarci amore eterno, come diceva Mario, che poi si smette di saper camminare tra le gocce e sapessi come ci si riduce la faccia, quando le si prende tutte.
O forse tu lo sai, ero io che dovevo scoprirlo.
Ma in effetti anch’io già lo sapevo.
Solo, questa volta, ero convinto sarebbe andata in maniera diversa.
Sarà stata la presenza di Bambi, forse gli scoiattoli.
O forse che bella come eri quella sera al ristorante, mi parevi eterna.
T’avesse vista Mario nell’altra vita non avrebbe fatto il cameriere convinto che non ci si debba mai giurare amore eterno.
E forse, in questa, non sarebbe stato tanto stupido da perderti.

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