11 giugno 2013

Il cammino verso la chiusura è lento ma inesorabile


Viene proprio da chiedersi perché, nonostante gli accorati appelli strappalcrime, questo giornale che cerca sempre "di mantenere distinti i fatti dalle opinioni." sia ogni giorno più vicino all'inesorabile destino dell'incarto del pesce con quelle poche copie che resteranno in giro dopo il fallimento.
Eppure sono una voce così pregiata, nel panorama informativo italiano.
Proprio non si spiega come mai vendano meno di un giornalino di quartiere.

Eppure di giornalisti di qualità che sanno distinguere i fatti dalle opinioni ne hanno a mazzi.
Così come la qualità dei commentarori/lettori è lì nero su bianco.

20 commenti:

  1. A me, però, il pezzo sul così-ridicolmente-detto femminicidio pare stranamente sensato, e molto più lucido della media (al di là dei calcoli piuttosto abborracciati sul dato quadrimestrale).

    Nella contemporanea cultura del piagnisteo quel che paga di più, mediaticamente e quindi socialmente e politicamente, è il vittimismo e l'insinuazione del senso di colpa nella supposta classe o "categoria" dominante: l'hanno capito da un pezzo terzomondisti e omosessualisti, che a forza di piagnistei, rivendicazioni e insulti stanno sbriciolando una civiltà plurimillenaria. Mancava giusto che suonassero la carica le fautrici della ginecocrazia (Prassagora e le compagne), insultando quotidianamente tutto il genere maschile e accusandolo integralmente d'ogni nefandezza (proprio in quanto tale, press'a poco come i nazisti con gli ebrei: basti pensare all'illazione più volte ripetuta che l'attuale crisi economica sia figlia dell'approccio maschile alla finanza) per ottenere attestazione formale della superiorità del genere femminile (perché questo e solo questo significa la pretesa dell'istituzione del reato di femminicidio: uccidere una donna è più grave che uccidere un uomo, come uccidere un essere umano è più grave che uccidere un animale): e non ho alcun dubbio sul fatto che l'odierna, schiacciante maggioranza di mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà finirà quanto prima col calarsi ufficialmente le brache per offrire le terga alla degna punizione e sottoscrivere la definitiva abdicazione e retrocessione del genere maschile.

    In conclusione, o i pochi, veri uomini rimasti si decidono il prima possibile a reagire con una controffensiva anzitutto culturale di forza pari e superiore, restituendo alla virilità il posto che le spetta tra i massimi valori umani, o tanto vale mozzarsi il membro e imparare a conciarlo per confezionare graziose borsette.

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  2. Non ti seguo su tutto il discorso del quale alla fine sintetizzi il cuore, perché è posizione tua molto diversa dalla mia sulla quale abbiamo già avuto modo di confrontarci e che sappiamo essere, in quanto legittime entrambe, punto che è inutile discutere.

    Diverso è il discorso sull'articolo, che non ho linkato per contestarne il contenuto ma come esempio di utilizzo strumentale di un tema per vestire di "Fatto" quella che è una pura Opinione, utilizzando il facile giochino dei numeri.
    Non a caso il link è su "distinguere i fatti dalle opinioni".
    La mia critica è al tipo di giornalismo (e conseguente ovvio tipo di lettori), non all'articolo in sé.
    Quell'articolo prende un tema caldo e ne fa pista di lancio per una tesi tutta personale, legittima per carità, presentandola però come fosse la versione oggettiva della questione grazie ai numeri offerti come prova.
    Ti faccio un esempio, estraendo un passo che nei commenti non a caso gli ho contestato:
    "per esempio, nella tabella citata si enfatizza il dato di 25 donne uccise nel quadrimestre gennaio-aprile senza rendersi conto che questo corrisponderebbe a una media annuale di appena 75 omicidi, cioè il 40% in meno dell’anno scorso."
    Nei commenti non gli ho contestato le cifre, ma il fatto che quelle cifre sono state da lui usate per scrivere quel vero e proprio scempio della decenza che è il termine "appena" messo prima di 75 omicidi.
    Dentro quel "appena" c'è la chiave di lettura dell'intero articolo e io, senza entrare nel merito della qualità umana di cui bisogna essere dotati per riuscire a scrivere "appena" davanti a 75 omicidi, sto semplicemente dicendo che quello non è giornalismo.

    Nel merito della questione invece non posso che confermarti la mia posizione opposta alla tua, che riesce a essere opposta pur senza contestare la tua.
    Hai ragione a dire che il reato di femminicidio è un reato che non ha base logica, quello su cui sbagli è prendere questa verità per analizzare il dibattito sulla necessità di renderlo in ogni caso legge.
    Perché la tua critica è sul termine in sé, in linea diciamo di principio, mentre la questione è sul numero di omicidi.
    mettila così: se gli diamo un altro nome risolvendo la questione lessicale, pensi sia necessario, oggi, individuare un'aggravante nel caso di omicidio compiuto da uomo vs donna quando la motivazione è passionale/familiare?
    Lo noti anche tu che c'è un filo conduttore "antropologico" dietro le enne donne uccise ogni mese e che quel filo conduttore richiede una riflessione dedicata, oppure il solo spauracchio della mascolinità sotto attacco è sufficiente per liquidare la questione dicendo che un omicidio è un omicidio in ogni caso?
    Perché secondo questo ragionamento allora non esisterebbe nemmeno, per fare un esempio, l'aggravante dei "futili motivi" che invece nel codice è stata prevista.
    Se invece che chiamarlo "Femminicidio" si predispone un'apposita aggravante, chessò "per motivi passionali" ti torna?
    E se sì, sei in grado (certo che lo sei) di capire che allora di conseguenza in un peese nel quale il delitto d'onore era legittimo fino a ieri ma chissà com'è sempre da parte di un uomo vs una donna, quell'aggravante sarebbe sinonimo di femminicidio?

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  3. Riguardo all'articolo, ho detto che mi pare appunto "stranamente sensato" (visto il giornale): per il resto, avevo già esplicitato io stesso un certo scetticismo riguardo ai fragili calcoli presentati, e naturalmente pure a me era parso parecchio fuori luogo e infelice quell'"appena" privo di virgolette. Ma, appunto, quello che poi ha catturato la mia attenzione era la questione oggetto dell'articolo, non l'articolo in sé.
    Venendo dunque al punto, stavolta mi pare che siamo proprio distanti: il problema non è formale né lessicale, non è se chiamare quel reato "femminicidio" o "mariaconcetta": il problema è sostanziale, ed è proprio l'inconcepibilità di quella fattispecie di reato, non solo in base al più elementare senso comune, che potrebbe pure essere opinabile, ma anche a rigor di Costituzione, che bene o male è un fatto.

    Sinceramente un po' mi fa strano che in questa bolla mediatica ti sia lasciato irretire pure tu, che di solito sei molto più lucido e disincantato rispetto a simili ossessioni collettive. Il meccanismo è sempre lo stesso: il giorno 1 si annuncia ai quattro venti una notizia del tipo "Cane sbrana uomo"/ "Pensionato indigente ruba il pane"/ "Chirurgo dimentica pinza nella pancia del paziente", e sta' certo che nei giorni 2, 3, 4, 5 tutti i notiziari e tutti i quotidiani riferiranno ogni giorno di altri cani che hanno sbranato altri uomini, di altri pensionati indigenti che hanno rubato altro pane e di altri chirurghi che hanno dimenticato altre pinze nelle pance di altri pazienti. Che cosa significa allora, che c'è un'emergenza di cani rabbiosi, o di pensionati cleptomani, o di chirurghi distratti? no: significa solo che in tutte le redazioni ci sono giornalisti pigri che non hanno voglia di cercare notizie vere, e che in tutte le case c'è gente che trova più rassicurante ascoltare per la milionesima volta la stessa identica storiella piuttosto che ampliare un poco la propria prospettiva e sforzarsi di usare un po' di più le meningi. La storia della "strage delle donne" per come viene raccontata appartiene esattamente allo stesso ordine di notizie: fatti veri che purtroppo accadono così come sono sempre accaduti, senza che questo configuri alcuna reale emergenza, così come è evidentemente ridicolo parlare ogni giorno per vent'anni di "emergenza rifiuti a Napoli", dal momento che un fenomeno permanente non è un'emergenza, ma un fatto puro e semplice.
    Questo significa che va bene così, e chissenefrega delle donne ammazzate o dei rifiuti in strada? Certo che no, anzi: proprio il fatto che siano fenomeni duraturi e non "banali" emergenze dovrebbe indurre ad affrontare il problema con un approccio più serio e lucido, che si preoccupi di operare dapprima gli interventi più urgenti (rispettivamente assistenza alle donne maltrattate e rimozione dei rifiuti dalle strade) e poi di cercare di intervenire "alla radice", in modo da limitare quanto più possibile l'entità del fenomeno, sia con provvedimenti concreti (creazione di centrali di smaltimento dei rifiuti) sia, laddove necessario, con campagne culturali (pubblica denuncia del problema e relativa sensibilizzazione), ma sempre mantenendo un sano e pragmatico senso critico e senza lasciarsi sedurre da insensate generalizzazioni.
    Nel caso specifico

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  4. Nel caso specifico, immagino che già probabilmente starai pensando: ecco, appunto, l'istituzione del reato di femminicidio o simile sarebbe proprio quel genere di iniziativa culturale. E invece no. L'istituzione di un simile reato, o di una qualsiasi aggravante che stabilisse che un reato fosse più grave se commesso da X contro Y piuttosto che da Y contro X, laddove X e Y ricadono entro le categorie dichiarate di pari dignità sociale e uguali dinanzi alla legge (dunque: sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali), è con ogni evidenza insensata e innammissibile, qualsiasi sia l'entità della presunta emergenza o del fenomeno che possa portare a ipotizzare un simile abominio giuridico. L'unico effetto che un dibattito del genere può avere, lungi dal rafforzare una simile e sacrosanta campagna culturale (quella che per anni è stata giustamente portata avanti: "Donne, non accettate di subire violenze e denunciate gli aggressori"), sarà proprio quello di estremizzare insensatamente i termini della questione, trasmettendo di fatto messaggi assurdi e autenticamente criminali ("Donne, l'uomo è un essere inferiore, ed è il vostro nemico naturale") e producendo ovvio risentimento nella categoria così grossolanamente diffamata.
    Un reato che si fondasse su una prospettiva simile o speculare peraltro non è mai esistito: al contario di quanto scrivi, non lo era neppure il famoso delitto d'onore, che, almeno per quanto riguardava i coniugi, prevedeva il medesimo trattamento sia che l'onore ferito fosse quello del marito sia che fosse quello della moglie ("Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella [...]": l'unica discriminazione era nell'inclusione della "figlia" o della "sorella": ma questo era evidentemente dovuto a una mentalità patriarcale, da tempo perduta e dunque espunta anche dal codice penale): insomma, poteva essere sia il marito tradito a uccidere la moglie fedifraga e il suo amante sia la moglie tradita a uccidere il marito fedifrago e la sua amante; che poi, di fatto, il primo caso fosse con ogni probabilità più frequente del secondo è altro discorso, e certo non può essere regolamentato dalla legge. Quel tipo di prospettiva non è stata peraltro introdotta neppure nella definizione del reato di molestie persecutorie (o "stalking"), recentemente istituito col tuo e col mio plauso proprio nel nome di quella sacrosanta battaglia culturale: anch'esso, infatti, parla genericamente di "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno [...]", sì che possa valersene sia una donna persegutata da un uomo (o da una donna) sia un uomo perseguitato da una donna (o da un uomo), come pure è recentemente avvenuto. Insomma: una legge deve anzitutto essere istituita con estrema lucidità e "a sangue freddo", non sull'onda dell'emotività, qualunque ne sia il motivo. Perché, se a dettare le leggi fosse l'emotività, si rischierebbe appunto di istituire reati sproporzionati, secondo la sensibilità di ciascuno. Tanto per fare un esempio

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  5. Tanto per fare un esempio, per me uno dei crimini più odiosi in assoluto, e forse quello che più di tutti mi fa veramente male al punto che non posso neppure sentirne parlare è (insieme alla deturpazione di opere d'arte) la violenza gratuita perpetrata contro animali, e ti giuro sui miei coglioni che il mio primo pensiero ogni volta che mi capita di sentire di fatti simili è che quei bastardi meriterebbero solo la morte, possibilmente previa tortura: e ti ricordo che io, per principio (quello secondo cui l'uomo non può e non deve avere diritto di vita e di morte sull'uomo), sono contrario alla pena di morte (così come, per il medesimo principio, all'aborto e all'eutanasia), dunque il mio istinto m'indurrebbe a sanzionare più gravemente la violenza gratuita contro animali rispetto all'omicidio stesso. Non per questo, se anche ne avessi la facoltà, giungerei mai ad avanzare una simile proposta: perché, non appena riprendo fiato a pieni polmoni, mi risulta evidente come un provvedimento simile sarebbe obiettivamente sproporzionato, sia in assoluto sia rispetto ad altri reati che sono giustamente considerati più gravi: ma questo non cambia il fatto che la mia sensibilità personale sia pur sempre quella, e che, se assistessi personalmente a un atto simile, non escludo assolutamente di poter, "a caldo", spaccare la testa a chi lo stesse compiendo.
    Quindi: tu puoi anche credere alla storia della strage delle donne, dei maschi brutti e cattivi, dell'emergenza ecc., e questo potrebbe anche indignarti tanto quanto fa incazzare me la violenza sugli animali, e certo non potrei che rispettare una simile sensibilità, ma la tua ragione dovrebbe indurti a distinguere la pulsione emotiva dalla scelta ponderata, e quindi mostrarti come profondamente sbagliata e insensata l'idea del reato di femminicidio, o di qualsiasi provvedimento legale che istituisse una discriminazione tra categorie del tipo X e Y sopra indicato. Altrimenti, prova a pensare: una volta stabilito un precedente simile, magari grazie ai voti di una maggioranza di centrosinistra, che cosa impedirebbe qualche tempo dopo, magari all'indomani di un atto terroristico islamista e in presenza di una maggioranza di centrodestra, l'istituzione di una legge che decretasse che l'omicidio di un cristiano da parte di un musulmano fosse più grave dell'omicidio di un musulmano da parte di un cristiano (dal momento che anche in questo caso si ricadrebbe entro le categorie sopra citate per definire X e Y)? o, perché no, l'istituzione di nuove leggi razziali?

    Per il resto, per quanto le mie conoscenze giuridiche siano pressoché nulle, l'aggravante del legame familiare o della "relazione domestica" mi risulta esistere già, così come quella della crudeltà e delle sevizie e quella dei futili motivi: e personalmente queste, a corroborare le varie fattispecie di omicidio, mi parrebbero già sufficienti; se a te e ad altri così non sembra, è giusto che se ne discuta, ma sempre tenendo ben saldo il principio di uguaglianza, e quindi salvaguardando l'obiettività della legge, oltre che quel poco di ragionevolezza che forse ancora ci resta.

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    1. No.
      Io di questo argomento ne parlo da anni e non solo qui sopra.
      Poi possiamo magari parlare di maggior frequenza, questa sì legata all'attualità, ma si parla di cosa ovvia in un blog sul quale metto lì le mie piccole cagate quando l'attualità me le attiva.
      Ma che io stia facendo questo discorso perché caduto vittima dell'ossessione collettiva, te la passo (nel senso che non sto qui a contestartela per sei ore) solo perché so che ti serviva una pista di lancio per poi descriverla, questa ossessione, e il caso era adatto.

      Sul punto:
      Io continuo a seguire la strada del lessicale e te la giro così:
      Se la definizione "Emergenza femminicidi" non è corretta nel momento in cui il concetto di emergenza è riferibile solo a percorsi che subiscono improvvise accelerazioni, possiamo dire che lo diventa se colleghiamo il termine "emergenza" non al femminicidio ma al suo avvenire nel silenzio e nella sottovalutazione generale del problema?
      Che, quindi, non è emergenza in termini di numeri ma in termini di necessità di affrontare il discorso che li rende così tanto parte di questa società da non costituire, appunto, emergenza?
      Che non è importante aprire la questione per salvare quella di domani, ma perché solo aprendo la questione puoi pensare di fare qualcosa per le altre 1000 tra dieci anni.
      Cioè questo discorso sulle relazioni interpersonali e difficilotà (e patologie) collegate va avviato in qualche modo, prima o poi, con qualsiasi booster iniziale.
      E se se ne deve trovare uno allora va bene partire da questo, che tv o non tv ha delle cifre spaventose.
      Facciamo un parallelo:
      è come il tema dei suicidi nelle carceri.
      Certo che non avrebbe senso considerare il suicidio diverso a seconda del luogo in cui avviene, ma è pur vero che quando quel luogo è il carcere allora al parallelo discorso che apri per trattare il tema del suicidio, varrebbe la pena aprirne uno parallelo che affronta i perché il carcere spinge al suicidio anche persone che magari quando fuori non erano predisposte.
      Ecco, l'uomo che uccide la donna è un po' come il suicida ma solo a causa carcere e l'amito relazionale è quel carcere.
      Lasciando un attimo da parte il tema dei suicidi in carcere in termini di attualità, resta comunque il problema carcere che a quei suicidi porta.

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    2. Per quanto riguarda il sano e pragmatico senso critico che è necessario tenere ben solido, potrei essere d'accordo se si parla dell'aspetto culturale del problema, perché invece quando si torna al concreto e quotidiano problema degli omicidi, tocca realizzare che il tempo di reazione necessario non è di quelli che permettono il lusso del lungo e pragmatico discorso filosofico.
      L'aspetto culturale sì, puoi e anzi devi metterci tutto il tempo necessario per affrontarlo al meglio, altrimenti sarà tutto tempo buttato.
      Ma l'aspetto cronaca purtroppo ha dei numeri che impongono reazioni il più immediate possibili, al punto che si può persino accettare un margine di errore nelle soluzioni adottate, se questo permette di avviare quelle reazioni.
      Perché questo particolare tipo di delitti è uguale ai delitti nei confronti degli uomini soprattutto in termini di contromisure a protezione: nessuna.
      E' l'omicidio di un uomo sarà anche uguale a quello di una donna, ma si da il caso che il paese sia costellato di centri antiviolenza sulle donne, mentre se ne cerchi uno che apre le porte agli uomini sotto minaccia, se escludi il parlamento (aaahh qualunquismo portami viaaaaa), mi sa che non ne trovi uno e ci sarà un perché.
      Allora succede che non avendo altra forma di protezione non dalle persecuzioni provabili, per le quali è stato approvato lo stalking, ma da quelle "intuibili" o anche solo pratiche ma non dimostrabili, quei centri lì finiscono con l'essere l'unica forma di protezione concreta e quindi l'unica forma di reazione e contrasto immediata, il discorso non può che spostarsi sull'esistenza di quei centri.
      Centri che, in quanto ricoprenti un ruolo che dovrebbe essere dello stato, devono essere messi quantomeno in condizione di operare al meglio delle possibilità proprio da quello stato stesso che lascia scoperto il ruolo.
      E qui si arriva al discorso economico, che nei commenti di quell'articolo l'ha fatto da padrone come filo conduttore delle risposte che per il 90% vedono nella voglia di arricchirsi delle femministe il vero motivo di questa esposizione mediatica.
      Quando in realtà il discorso economico è un discorso che tratterebbe quel fatto là della sussidiarietà con la quale lo stato ama riempire i discorsi e che mai come in questo caso è fatta concreta.
      Non è necessario che lo stato fornisca fondi in termini di denaro contante.
      Basterebbe anche fornisse le sedi, magari la formazione, magari un supporto professionalmente qualificato.
      Facciamo niente soldi, così i teorici delle femministe queste ladre sono contenti, ma che sia fondamentale che lo stato dedichi risorse non ai centri ma alla costruzione degli strumenti dei quali i centri necessitano, lo possiamo dire?
      Allora perché lo stato ritenga lo stanziamento di risorse a supporto della rete dei centri AV è necessario che la questione sia percepita come un problema reale e se perché questo scatti qualcuno avesse pensato di alzare un po' i toni e scuotere un po' le coscienze (l'ho cercata, sì, non ridere) anche se in maniera superiore al reale livello dell'emergenza, allora avremmo un motivo per considerare opportuna anche la scelta di mostrarla come fosse un'emergenza, anche condividessimo l'idea che non lo è più di quanto lo fosse ieri.

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    3. che poi, di fatto, il primo caso fosse con ogni probabilità più frequente del secondo è altro discorso, e certo non può essere regolamentato dalla legge

      No, però puoi usarlo per notare la singolare coincidenza.
      Non credo serva infatti andare a pescare i numeri per essere ragionevolmente certi di trovarci le stesse % di differenza che hai oggi.
      E allora qual è il punto, non è forse che proprio il fatto che con o senza legge punitiva l'uomo uccide le donne in numero superiore a quante donne uccidano gli uomini?
      E non è un problema di genere, questo?
      E non è un problema che quindi richiede soluzioni studiate espressamente per la tipologia particolare di problema?

      che cosa impedirebbe qualche tempo dopo, magari all'indomani di un atto terroristico islamista e in presenza di una maggioranza di centrodestra, l'istituzione di una legge che decretasse che l'omicidio di un cristiano da parte di un musulmano fosse più grave dell'omicidio di un musulmano da parte di un cristiano

      Beh ma è già così, e non devi nemmeno aver ucciso qualcuno.
      A Guantanamo non ci sono cristiani e i musulmani che ci sono sono lì anche senza aver mai ucciso o subìto un processo.
      Quindi si torna a bomba, al problema culturale:
      Perché quando si parla di religione l'uomo moderno è in grado di inventarsi aggravanti discrezionali, considerarle legittime se non addirittura necessarie e tenere gente dentro le gabbie anche solo in attesa di sentirli "in quanto musulmani" (o hai mai sentito di fermi di cattolici qui in italia perché sospettati di esser parte di cellule dell'IRA?), mentre quando si parla di genere la risposta è "No no, bisogna ponderare, eguagliare, non cedere alla tentazione della non obiettività"?
      Sì può fare, si è già fatto e nessuno ha storto il naso.
      E' bastato dire la famosa frase "Non è vero che tutti i musilmani sono terroristi ma è vero che tutti i terrosti sono musulmani" perché la cosa passasse, quindi per chiudere si potrebbe dire così: "Non è vero che tutti gli uomini uccidono le donne ma è vero che quasi tutti gli omicidi passionali sono compiuti da uomini".
      Così passa?

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    4. "Così passa?"
      No.

      E, giusto per cominciare dalla fine: Guantanamo è in Italia? è stata istituita dall'Italia? e quindi: che minchia c'entra? (o non vorrai mica pure tu scadere nello schema di risposta tipo "E Obama?"?) Pure l'IRA non mi risulta aver mai avuto niente a che fare con l'Italia, peraltro. Quindi, visto che di leggi italiane si stava parlando (o tu sostenevi forse l'opportunità d'introdurre il femminicidio negli Stati Uniti?), resta il fatto che IN ITALIA non esistono leggi del tipo "se è X ad agire contro Y è più grave che se fosse Y ad agire contro X" (laddove X e Y ricadono entro le categorie dichiarate di pari dignità sociale e giuridica dalla Costituzione Italiana).

      Poi, scusa, ma, nonostante la tragicità dell'argomento, una tua frase è obiettivamente comica: "Se la definizione "Emergenza femminicidi" non è corretta nel momento in cui il concetto di emergenza è riferibile solo a percorsi che subiscono improvvise accelerazioni, possiamo dire che lo diventa se colleghiamo il termine "emergenza" non al femminicidio ma al suo avvenire nel silenzio e nella sottovalutazione generale del problema?" NEL SILENZIO E NELLA SOTTOVALUTAZIONE GENERALE DEL PROBLEMA? Ripeto: NEL-SILENZIO-E-NELLA-SOTTOVALUTAZIONE-GENERALE-DEL-PROBLEMA!? Ora, ho capito che sei spesso in viaggio e che non avrai il tempo di seguire ogni tg/ giornale radio/ quotidiano/ rotocalco/ gazzettino di quartiere, ma ormai sono non mesi ma ANNI che OGNI SANTO GIORNO parlano ossessivamente di uomini che uccidono o molestano donne, e in toni ogni giorno sempre più allarmistici (fino all'abominio del femminicidio, appunto) e più disgustosamente androfobici, quindi va bene lo zelo per la causa, ma almeno manteniamo il senso del ridicolo, eh.
      Venendo al parallelo coi suicidi in carcere, questione di per sé indubbiamente grave, diamo un'occhiata ai numeri. Sono andato a cercarmi i dati Istat ('na fatica...!), e risulta che nel 2011 su una popolazione carceraria totale (al 31 dicembre) di 66897 individui i suicidi registrati sono stati 63 e i tentati suicidi 1003: dunque quasi lo 0,1 % (0,094 %) di suicidi (quasi 1 su 1000!) e l'1,5 % (1,495 %) di tentati suicidi. Sempre in base ai dati Istat, nel 2011 si sarebbero verificati 137 omicidi di donne uccise in ambito familiare e sentimentale su circa 16.490.000 donne tra sposate, unite di fatto e divorziate (quindi escludendo le "semplici" relazioni informali e temporanee, non censite): dunque lo 0,000831 % di "femminicidi", cioè press'a poco 0,831 omicidi su 100.000 (e si noti che, a rigore, quelle 137 vittime includono un 70% circa di donne uccise da amanti/ compagni/ mariti/ ex, ma le altre sono donne uccise da altri componenti della famiglia, forse sempre maschi: quindi alla fine quelle rientranti nella casistica "classica" sarebbero press'a poco 0,6 su 100.000 - e sempre escludendo le relazioni temporanee e informali, il cui numero amplierebbe notevolmente la base totale, riducendo ulteriormente la percentuale).

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    5. Cercando 'sti numeri, mi sono pure imbattuto in un paio di osservazioni lucide sul fenomeno, che evidenziavano come, a fronte di una diminuzione complessiva in valore assoluto del numero di omicidi commessi in Italia negli ultimi vent'anni, la parcentuale delle donne uccise rispetto al totale fosse aumentata, nonostante invece in valore assoluto si registrasse anche in questo caso un continuo calo: e facevano notare che questo va ricondotto al fatto che il netto e progressivo calo degli omicidi riguarda soprattutto i delitti consumati nel Meridione e legati alla criminalità organizzata (che proprio vent'anni fa, nei primi anni '90, erano aumentati), che tradizionalmente colpiscono quasi esclusivamente uomini; per tale ragione, dato che comunque l'ordine di grandezza non è in termini assoluti astronomico, un sensibile calo del numero degli uomini ammazzati dalla criminalità organizzata ha indirettamente causato un aumento, nel computo complessivo, della percentuale delle donne uccise, nonostante anche il loro numero sia fortunatamente in continuo calo.
      Il tasso di suicidio in carcere sembra invece piuttosto costante negli anni, e non pare purtroppo calare: pertanto, se sul piano dei numeri la vuoi mettere, quella dei suicidi in carcere, se non un'emegerenza (ché appunto anche in questo caso si tratta purtroppo di fenomeno costante), è certo una piaga tuttora ben aperta, che certo meriterebbe qualche attenzione in più da parte del legislatore (o in termini di amnistia/ indulto, che personalmente trovo insensati, o in termini di allestimento celere di nuove carceri); il cosiddetto femminicidio, sempre a livello meramente numerico, sembra invece per fortuna un fenomeno in continua regressione, che però, a differenza dei suicidi in carcere, in modo inversamente proporzionale alla tendenza in atto è oggetto di una sovraesposizione mediatica ogni giorno più parossistica e ormai smaccatamente ideologica.
      (Sì, lo so, che il tuo discorso era soprattutto un altro, cioè su come, secondo te, una relazione sentimentale induca l'uomo all'omicidio della donna in modo simile a come il carcere lo induce al suicidio: ma sono i numeri stessi a dimostrare come il parallelo sia improprio, essendo i due dati percentuali su ordini di grandezza completamente diversi.)

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    6. Riguardo al fatto che i centri antiviolenza siano sistematicamente dedicati alle donne, dedurne automaticamente che siano solo le donne a essere oggetto di violenza mi pare quanto meno semplicistico: magari i due sessi hanno un approccio diverso alla questione, e soprattutto i due sessi sono già adesso trattati in modo ben diverso dalla giuriprudenza. Basti pensare alle leggi e alle prassi in materia di separazione e divorzio, con il vergognoso svilimento della figura maschile e soprattutto paterna rispetto alla coppia e alla famiglia, che per l'uomo medio rende spesso tali pratiche una autentica condanna all'indigenza e alla degradazione sociale: non è forse questa una forma di violenza di Stato, e di "stalking" legalizzato? quanti sono gli ex mariti e i padri che avrebbero bisogno di supporto psicologico ed economico, e soprattutto di una adeguata considerazione giuridica, e che però il legislatore ignora impunemente da decenni? Ma, certo, l'uomo che si lamenta e manifesta il proprio disagio è subito visto come poco virile e piuttosto ridicolo, la grande stampa se ne sbatte le balle, come pure tv e cinema, mentre alle donne tocca ancora il mito anni '50 delle povere vittime sacrificali del marito-padrone-orco, per difendersi dalla brutalità del quale invocano pure leggi speciali! Detto in tutta franchezza, IO MI SONO ROTTO I COGLIONI: è giunta l'ora di sfidare il politicamente corretto, di confutare prima i falsi miti coi quali per anni ci hanno sommersi e di instaurare quindi un nuovo paradigma culturale, che, finalmente libero da complessi, pudori e reticenze, abbia il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, di denunciare le mistificazioni ideologiche e di ripristinare una robusta dose di virilità (che non è maschilismo, ma sobrietà e pragmatismo) nella società contemporanea, altrimenti destinata alla definitiva dissoluzione nel giro di uno o due decenni al massimo.

      E poi, se si vuole proprio usare il termine "femminicidio", lo si faccia almeno con un po' di senso, e di senso della misura: il femminicidio esiste ed è una tristissima e tragica realtà, una vera e propria emergenza per le proporzioni sempre maggiori che sta assumendo. Ma non è certo quello di cui strologano Prassagora e le compagne: è quello, vero, che si consuma in Asia, non solo in Cina ma anche in India e in molti altri paesi del continente, in cui si pratica l'aborto selettivo delle bambine, continuamente uccise a centinaia di milioni - quelle, sì! - proprio IN QUANTO FEMMINE (vero e proprio femminicidio, appunto: lo sterminio sistematico di un genere in quanto tale, come il genocidio è lo sterminio sistematico di un popolo in quanto tale). Eppure, in mezzo a tutte le migliaia di iniziative benefiche, di spot che invitano a mandare messaggini di solidarietà, di maratone questuanti, e con tutte le prefiche perennemente scandalizzate che affollano i mezzi di comunicazione a tutte le ore del giorno e della notte, ne senti forse mai parlare (questo, sì, è un femminicidio che avviene "nel silenzio e nella sottovalutazione generale del problema"!)? Forse che parlandone temono di scalfire il sommo totem dell'aborto, e quindi si continui pure il macello purché sia fatto in silenzio, per piacere, perché lo spirito del tempo e la più grande conquista del femminismo non abbiano a risentirsene?

      E' nel silenzio di chi non può parlare, che bisogna ricercare la verità e la tragedia: non nelle grida forsennate di chi ha imparato a prendersi la ragione urlando più forte.

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    7. Giuseppe11:13

      Sono completamente d'accordo con te. Mi presento. La mia ex moglie, desiderando ardentemente liquidarmi (nel vero senso del termine, cioè farmi sparire per sempre) dalla casa familiare DA ME ACQUISTATA e dalla vita di nostro figlio di nove anni, ha aguzzato l'ingegno insieme ad una avvocatessa indegana della sua professione, e si è recata a mia insaputa varie volte alpronto soccorso, denunciando continue ripetute quanto inesistenti violenze. A seguito di ciò, dopo alcuni mesi di sotterfugi, spariva di casa insieme portandosi dietro il bambino, e rifugiandosi in un centro antiviolenza. Morale: ho scoperto tutto dopo una settimna di ricerche di lei e di nostro figlio, denunce di scomparsa e timori di rapimento o altri fatti gravi. Ho rivisto il bambino dopo due mesi circa, distrutto e soggiogato dalla violenza del centro antiviolenza. Da due anni devo difendermi da accuse terribili per fatti mai avvenuti e violenze inesistenti ma certificate da certificati di pronto soccorso richiesti ad hoc con l'ausilio di operatrici dei centri di accoglienza. Nonchè una testimone d'eccellenza. La direttrice di un noto centro antiviolenza di Roma, che, disonestamente, per non avere alcuna conoscenza dei fatti del nucleo familiare, testimonia che "bisogna credere" credere alla signora violentata dal marito". Questo è l'effetto mortificante della dignità non degli ex mariti e padri, ma della stessa dignità di una famiglia, operata dai mass media che a giustificazione dell'ennesiama speculazione economica dei finanziamenti a suon di centinaia di milioni di euro elargiti all'esercito che per giustificare la propia esistenza doveva inventarsi il nemico/orco/bestia assassina/ uomo ex marito.

      Saluti

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  6. No, prometto: stavolta non ti faccio aspettare un mese.
    Due.
    :)

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  7. Anonimo09:34

    L' articolo è pura opinione perché parte da un termine di fantasia e ci costruisce sopra anche dati statistici. Il termine "Femminicidio" è frutto della chiacchiera da bar tra giornalai. I professionisti parlano di delitti relazionali. Per professionista si intende chi si occupa di psicopatologia forense o i criminologi .
    Se si parla di delitti relazionali ha poi un senso associarvi dati statistici, e questi dati sono rilevanti perché analizzandoli viene fuori che i rapporti interpersonali sono sempre più strutturati in forma complessa e che l' individuo è meno capace di adattamento nell' ipotesi di cambiamento.
    Gli articoli del FQ sul tema sono mere chiacchiere da bar sovraesposte.

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    1. Non conosc(ev)o la definizione, né la rete mi è venuta particolarmente in aiuto, ma a questo punto immagino indichi quella che è una fattispecie a parte di delitto.
      Oppure è solo una categoria utile nelle perizie come possono essere le patologie?
      Certo a differenza del termine "femminicio" risolve in ogni caso l'ostacolo posto da chi indica nella (considerata) maggior gravità in caso di vittima donna, la falla dell'eventuale aggravante, dal momento che "relazionali" non distingue il genere.
      Però nel momento in cui gli associ i dati statistici non puoi non veder venire a galla la realtà per quella che è e cioè che è proprio la relazione in quanto tale a dover essere ridiscussa nel profondo e sotto ogni punto di vista, in un paese che non riesce a superare il modello patriarcale della famiglia, se non con passi avanti misurabili in ere geologiche.
      Certo che l'individuo non ha genere, però è pur vero che per portare l'uomo (generalizzo abbestia, eh) alla capacità di adattamento al cambiamento cui al contrario la donna viene quasi educata, se proprio non bastasse la predisposizione biologica, servirebbe un lavoro culturale talmente profondo che sarebbe esso stesso un'ipotesi di cambiamento condannata a scontrarsi con i limiti di cui sopra.
      Lo vogliamo chiamare cane che si morde la coda?

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    2. (ah scusa, l'ultimo punto...)
      Che è più o meno come chiedere a un giornale che si è voluto chiamare "Il Fatto", di ammettere di essere un puro foglio pieno zeppo di opinioni.
      E poi fare il lavoro culturale necessario per mostrare quanto oltretutto siano nella maggior parte dei casi pessime.

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    3. Anonimo21:15

      Secondo i dati della polizia il 44,9 per cento delle vittime femminili è stato ucciso dal partner o da un ex . Nel caso delle vittime maschili i dati cambiano: solo il 3,8 per cento dalla partner o da una ex, ma il 44,5 per cento dei delitti che colpiscono gli uomini sono commessi da una persona non identificata.
      Se questa persona non identificata fosse donna il dato statistico sarebbe uguale per i due sessi.
      Del resto la donna è più abile dell' uomo a non farsi scoprire o ad indurre altri ad agire al suo posto.

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    4. Già.
      E poi si sa, se mette la minigonna è anche un po' puttana e qualcuno disposto a uccidere per lei lo trova sempre.
      Così è completo?

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  8. Anonimo14:56

    La donna non è ben disposta davanti agli insulti, ma è indubbiamente felice di far fesso un uomo, con minigonna o senza.

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  9. Bon, mo', capisco che quando ci succede qualcosa più di una volta tendiamo a farne paradigma per l'intera umanità così che l'effetto deresponsabilizzante ci protegga dalla presa d'atto di come siano andate realmente le cose, ma davvero tieniti forte che sto per darti la rivelazione del secolo: quelle che hai incontrato tu non sono tutte le donne.
    Saranno moltissime, immagino, ma non sono comunque tutte né abbastanza per star qu ia seguirti su 'ste cazzate da giudizio universale.

    Le abbiamo tutti le corna, su, è superabile.

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