19 agosto 2010

Le chiacchiere se le porta lu uènto

A differenza di quanto promesso, siamo tornati non dopo cinque donne uccise ma dopo solo tre.
Il che non significa che abbiamo noi anticipato il ritorno ma che, avendo fatto meno caldo del previsto, nel tempo in cui di solito se ne uccidono cinque, se ne sono salvate due.
O due hanno solo visto concedersi qualche settimana in più di vita, a seconda del lato dal quale si guarda il mondo.
Per far tornare un minimo la previsione facciamo che una delle tre uccise, la filippina, vale due visto che è stata uccisa da innocente per uccidere per interposta persona la vera destinataria dell’amore maschile.
Quindi è come se valesse due, dai.

Adesso un momento intermedio di cuscinetto, per rimettere insieme le idee e provare a dare un ordine alle cose da raccontare.
Niente di storico, per carità, nulla che non possa lasciare indifferente il mondo della cultura e della comunicazione.
Un po’ di tempo per capire cosa merita di essere raccontato della giornata a L’Aquila, quante cose (poche) si potranno scrivere e quante no (molte) dei miei quotidiani colloqui con il chirurgo più ospitale del mondo, fonte per il mio appassionato dietrologismo indispensabile quanto un’oasi dopo una traversata del deserto, che mi ha riempito tante di quelle caselle bisognose di crocette per chiudere i miei cerchi, che non vedo l'ora di reincontrarlo per avere il resto.

Poca voglia di spendere chissà quali acrobazie mentali per commentare le due scemenze che questo agosto politico ha messo a disposizione.

La morte di Cossiga, per esempio, al quale poco prima di partire e in assenza di qualsiasi notizia che preannunciasse la sua fine, augurai lunga vita in una maniera che a leggermi oggi mi chiedo perché mai non ho augurato lunga vita a un sacco di altra gente in vita mia, a sapere che sarebbe bastato così poco per levarseli di torno.
Una morte sulla quale poco c’è da dire se non che è realmente sconfortante non tanto il teatro di “Statista” e “Assassino” che si alternano da un paio di giorni, quanto l’assurdità di quel giornalismo, che poi corrisponde in gran parte a quella fetta di paese che vive in funzione della copertina di Sorrisi e Canzoni, che da un paio di giorni attende l’apertura del testamento con la domanda “Conterrà qualche rivelazione sui segreti di stato?”
E questo è realmente sconfortante, questo vedere il paese definitivamente composto da menti ormai incapaci di distinguere politica da notizia da salone di parrucchieri, al punto da ipotizzare che un uomo che muore decida di mettere i suoi segreti tra il servizio da caffè lasciato alla nipote e la casa in campagna lasciata agli amici pastori, un paese che ha così tanto interiorizzato lo spostamento del piano politico su quello dell’orticello personale, da pensare che non ci sia niente di intellettualmente misero nel pensare che il nome di chi ha messo la bomba alla stazione di Bologna Cossiga potrebbe averlo tranquillamente messo nel testamento.
Niente, capacità di analisi lucida degna di un criceto ormai elevata a media nazionale.

Fini e la casa di Montecarlo, per esempio.
Un paese appeso a un piano cottura, l’avrebbe mai immaginato mio nonno mentre si faceva sparare per difenderlo o non si faceva sparare per difendersi, a seconda del lato dal quale si guarda la famiglia.
Stai lì e ascolti dibattiti sulla lunghezza del piano di marmo e l’altezza del forno, sarà stato a ventilazione, chissà, è il paese che ce lo chiede, lo stesso che ipotizza la nazionalità del missile di Ustica insieme alla divisione del terreno tra i cugini, i criceti vogliono la ruota, il padrone gliela da, dice che sono loro a chiederla per divertirsi.

E intanto Fini, che tanto quanto Cossiga le cose importanti che potrebbe rivelare se le tiene ben strette e se rivelazioni fa riguardano il fatto che berlusconismo è killeraggio mediatico e ‘sticazzi, chi l’avrebbe mai detto, diamo il paese in mano a tanta illuminazione.
E intanto Fini, dicevo, che potranno dire tutto quello che vogliono ma ha capito perfettamente come si abbatte il Re (e vogliamo parlare del sottoscritto, 'sto genio incompreso -sigh- che sono mesi che lo dice cosa sarebbe successo oggi), che sta usando le stesse armi del Re per abbattere il Re.
Leggevo e mi chiedevo se Feltri si sta rendendo conto di quanto stia aiutandolo ad abbattere il Re.

Vabbè, ve la faccio breve:
1) Feltri riempie di accuse consistenti quanto quelle su Boffo la famiglia Fini, così convinto di essere protetto da non nascondere nemmeno l’affinità con la strategia Boffo, tanto da quelle parti sanno che l’italiano di oggi è soddisfatto in maniera direttamente proporzionale al sangue che vede scorrere, vero o meno che sia non se lo pone come problema anche perché non lo saprebbe manco più riconoscere.
2) Fini lo lascia fare senza difendersi realmente se non su piccole virgole che però non devono arrestare la macchina attivata dal Re e anzi alimentando la bava di Feltri così che sia stimolato ad inventarne sempre di nuove.
3) Feltri ne sforna ogni giorno una nuova fino a riempirci l’intera stagione estiva altrimenti vuota.
4) Fini attende che l’asticella sia alta al punto da essere imputabile, perché la sua strategia è attivabile solo quando sarà realmente accusato.
5) Feltri ci cade e si fa trascinare tronfio in tribunale, convinto che il fine sia colpire lui, cosa della quale non ha paura.
6) Fini arriva a settembre, in piena campagna elettorale, da presidente della Camera e quindi nelle possibilità di sottrarsi ai magistrati grazie alla legge che il Re ha voluto non solo per sé ma anche per le altre tre alte cariche e, con un colpo di teatro che il Re non potrà contrastare se non facendo lo stesso, non se ne serve e si presenta ai giudici
7) I giudici chiederanno a Feltri se ha verificato quel fatto là delle sirene della polizia monegasca che viaggiavano a tutto spiano
8) Feltri farà spallucce tanto quanto le ha fatte sul caso Boffo, sulla lettera delle BR che si erano auto spediti, sul fidanzato di Noemi e su tutte le campagne che si sono rivelate buchi nell’acqua della vergogna ma alle quali ha risposto con un chissenefrega.
9) Fini vincerà senza essersi servito dello scudo che come presidente della camera avrebbe potuto usare
10) Chi continuerà a utilizzarlo, apparirà come un pavido.
11) Una questione di dimensione politica due, regalerà a Fini un ritorno d’immagine di dimensione politica cento.
12) Avendo puntato due mesi su un bilocale, sarà impossibile per i cavalieri del Re contrastare il risultato d’immagine dato dal fatto che se la cosa più impattante che avevano tirato fuori per abbatterlo si è rivelata un buco nell’acqua, l’uomo che sarà stato capace di uscirne senza scappare diventerà gigantesco e per dimostrare di non avere “altri” scheletri nell’armadio gli basterà da quel giorno in poi richiamare il nome Feltri.
Uno che se ci fosse stato dell’altro certamente l’avrebbe usato, uno che se ci fosse stato dell’altro certamente l’avrebbe visto arrivargli sulla scrivania, uno che evidentemente davvero non c’era altro se non una cucina comprata da uno che si licenzia per dire la sua e un appartamento dato a un parente.
In un paese governato da Berlusconi, quello che mette il segreto di stato sulla sua casa vacanze, davvero roba da milioni di padani in piazza che è il paese che ce la chiede un po’ di sana moralità a palazzo.

Ah, i padani, alla fine.
Nel viaggio di ritorno mi sono sentito su Radio Radicale l’intera diretta dal palco della giornata a Ponte di Legno.
Da non credersi se non lo si fosse ascoltato, ma per 4 ore non c’è stato uno, dico uno solo, ragionamento.
Si sentivano persino gli sputi di bava attraverso l’autoradio, si sentivano le gole rauche da comizio palle in mano, si sentivano gli stenti di un uomo che se non fosse pericoloso quanto (perché) mentalmente instabile comincerebbe seriamente a suscitare pena cristiana per la condizione in cui si trova.
Si è sentito tutto per quattro ore, ma una frase che contenesse un ragionamento politico, non necessariamente condiviso, nemmeno a trovarla col lanternino.
E questi hanno in mano il governo.
“Aaaahhhhh AAAhhhhhh (è l’ictus) Ahhhh Padaniaaaa…”
“Libera!”
“aaahhhahhhhh ahhhh ahhhh ahhhh Padaniaaaaaaa…”
“libera!”

Mentre Calderoli spiegava come tecnicamente hanno bypassato i vincoli delle leggi democratiche.
“Ci sono cascati” ha detto, così, letterale.
Ecco, in quattro ore l’unica frase che conteneva qualcosa di politico è stata questa.
L’avessi trovata su qualche giornale il giorno dopo.

Poi vi dirò de L’Aquila.
Devo riordinare le idee e capire prima di tutto se si respira più morte passeggiando nel centro storico o tra i vialetti delle C.A.S.E.
Il dubbio nasce dal fatto che il silenzio che ti circonda è identico in entrambi i siti.

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