I Atto:
Ossessione
Ossessione
Il disturbo ossessivo-compulsivo o DOC (in inglese
obsessive-compulsive disorder o OCD) viene chiamato anche sindrome
ossessivo-compulsiva o SOC (in inglese obsessive-compulsive syndrome o OCS).
[...]
[...]
Tale disturbo consiste in un disordine psichiatrico che
si manifesta in una gran varietà di forme, ma è principalmente caratterizzato
dall'anancasmo, una sintomatologia costituita da pensieri ossessivi associati a
compulsioni (azioni particolari o rituali da eseguire) che tentano di
neutralizzare l'ossessione.
[...]
il fatto di avere genitori o figure importanti durante
l'infanzia e l'adolescenza affetti da DOC o da tratti di personalità ossessiva,
influisce in modo decisivo sullo sviluppo del disturbo
ossessivo-compulsivo;[...], pare che il DOC sia scatenato dall'aver avuto
genitori assenti, cioè ipoprotettivi, o, soprattutto, iperprotettivi e insicuri
nei confronti del mondo.
II Atto:
Stalking: quando le attenzioni diventano persecuzione
Stalking: quando le attenzioni diventano persecuzione
L'attenzione che si trasforma in ossessione. Molestie
quotidiane, silenziose, difficili da individuare e arrestare. E il sospetto
diventa paura, erode la libertà fino a costringersi in una prigione soffocante.
Questo è lo stalking: comportamenti reiterati di sorveglianza, controllo,
contatto pressante e minaccia che invadono con insistenza la vita di una
persona per toglierle la quiete e l’autonomia. Gli atti persecutori sono ora un
reato ben definito, punito con condanne da sei mesi a quattro anni di
reclusione.
Dall'entrata in vigore della legge sullo stalking, il 25
febbraio scorso, è emerso un fenomeno dalle dimensioni allarmanti, portando
alla luce centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime.
III Atto:
La sentenza n. 14402/2011 - Danno esistenziale, danno morale, personalizzazione ed integrale risarcimento dei danni:
La sentenza n. 14402/2011 - Danno esistenziale, danno morale, personalizzazione ed integrale risarcimento dei danni:
«Orbene, va anzitutto precisato che, diversamente da
quanto affermato nell'impugnata sentenza, il “cosiddetto danno esistenziale”
non consiste invero nella “privazione di attività non remunerative, fonti di
compiacimento o benessere” bensì, come da questa Corte anche di recente
ribadito, nel pregiudizio del fare aredittuale del soggetto determinante una
modifica peggiorativa della personalità da cui consegue uno sconvolgimento
dell'esistenza, e in particolare delle abitudini di vita, con alterazione del
modo di rapportarsi con gli altri nell'ambito della comune vita di relazione,
sia all'interno che all'esterno del nucleo familiare (v. Cass., Sez. Un.,
11/11/2008, n. 26972; Cass., 12/6/2006, n. 13546; Cass., Sez. Un., 24/3/2006,
n. 6572).
È lo sconvolgimento foriero di “scelte di vita diverse”,
in altre parole, lo sconvolgimento dell'esistenza obiettivamente accertabile
in, ragione dell'alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell'ambito
della vita comune di relazione, sia all'interno che all'esterno del nucleo
familiare, che, pur senza degenerare in patologie medicalmente accertabili
(danno biologico), si rifletta in un'alterazione della sua personalità tale da comportare
o indurlo a scelte di vita diverse ad assumere essenziale rilievo ai fini della
configurabilità e ristorabilità di siffatto profilo del danno non patrimoniale
(v. Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972; Cass., 12/6/2006, n. 13546;
Cass., Sez. Un., 24/3/2006, n. 6572).
Deve quindi adeguatamente sottolinearsi che, come le
Sezioni Unite del 2008 hanno avuto modo di porre in adeguato rilievo, quando il
fatto illecito come nella specie si configura (anche solo astrattamente: v. già
Cass., Sez. Un., 6/12/1982, n. 6651) come reato, il danno non patrimoniale
sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati (nel caso
di illecito plurioffensivo: v. Cass. n. 4186 del 1998; Cass., Sez. Un., n. 9556
del 2002) è risarcibile nella più ampia accezione di danno determinato dalla
lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica,
giacché in tal caso, superato il tradizionale orientamento che limitava il
risarcimento al solo danno morale soggettivo, identificato con il patema
d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale
nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale
consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale
determinata dal non poter fare) è risarcibile (così Cass., 11/11/2008, n.
26972).
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