11 dicembre 2016

Connessioni

Nonna non ha perso uno dei fratelli, ha perso quello che amava così tanto da essere l'equivalente di un unico fratello.
Da giorni osservo il suo silenzioso rapporto con questa perdita, un silenzio esteriore e per questo di nessuna utilità per capire, misurare, cercare in qualche modo di imparare come si faccia a restare in piedi di fronte a quella che se la ipotizzo su di me mi appare l'unica sfida che il mio cuore non saprebbe vincere.
Ma anche su questo mi sta insegnando la dignità del dolore, la necessità di non coinvolgere il mondo esterno in un'elaborazione che mai come in questo caso di esterno non potrebbe avere comunque nulla e si farebbe solo commiserazione, come la esterni la fine di quasi novant'anni di confidenze, parole, sostegni, dediche, cura, segreti, se non con il suo equivalente più rappresentativo e cioè il totale silenzio, un silenzio che non è assenza di racconto di come stai abitando quella fine ma il suo racconto più perfetto.
Stasera mi sono concesso una sola piccola finestra a forma di domanda che della curiosità della quale non poteva che vestirsi non portava nessun contenuto, avrei potuto evitare l'intonazione interrogante per farle capire che non chiedevo risposta ma solo dirle che il mio silenzio è rispetto, non disinteresse.
Le chiedo come va il rapporto con il pensiero di lui, se ce la sta facendo, abbassa gli occhi e ammette la fatica, non serve andare oltre, quello che dovevo dire a lei l'ho detto, quello che doveva dire al mondo esterno l'ha risposto, ogni aggiunta sarebbe morbosità e violazione.

L'età le sta facendo perdere la memoria e a nulla serve dirle ogni volta che non è questione di età dato che io ne ho meno di lei, non serve perché dimentica l'avermelo detto la sera prima e anche quella prima ancora e insieme alle sue parole dimentica le mie risposte che per questo possono permettersi il lusso di essere sempre uguali.
Lo chiamo lusso perché tale è, essendo l'unico essere vivente che non mi fa pagare il giorno dopo cose dette il giorno prima o il mese prima o l'anno prima, sono qui con lei ormai da sei anni ed è come se fossi qui da un giorno, sempre lo stesso bellissimo primo giorno in cui mi trovò dietro la porta di una casa che non sapeva essere diventata mia con in mano una valigia che conteneva il necessario per il per sempre e nemmeno il sospetto del peso e della violenza che mi porto in dote e scarico addosso a chiunque si avvicini a meno di due metri dalle mie vene, la gioia di oggi è la stessa di quel giorno, il dolore lo dimentica ogni giorno o per amore si comporta come se, il risultato è uguale e io sono a casa, luogo che persone più fortunate e pratiche della questione mi dicono avere questa forma qui.
Potessi alleviarle la paura che la perdita della memoria le sta imponendo farei l'unica cosa che manca per farla riposare ma non si può, perdere la memoria la sta spaventando forse più del perdere un fratello perché si rende conto che significa perdere anche i vivi, chi non ne sarebbe terrorizzato.
Guardiamo in tv Ligabue, le piace la musica, la commenta, mi racconta dettagli della vita ricavati dalle riviste con l'affetto che si riserva alle notizie dei parenti, è il rapporto che gli anziani hanno con la tv e che finirà con loro, vorrebbe raccontarmi di quell'altra canzone che ha sentito dalla parrucchiera e che le è sempre piaciuta ma non ricorda né la canzone né di chi sia, torna la paura, si riabbassa lo sguardo, la fatica, le propongo di giocare ad arrivarci per tentativi così da insegnarle indirettamente, la finalità le risulterebbe certificante e quindi la respingerebbe, un modo per non cadere sotto il peso della sconfitta dell'inutile ricerca del ricordo confezionato, lo si può evocare anche un pezzo alla volta, se impara il meccanismo per un po' siamo a posto, accetta e allora le dico che bisogna partire dal macro: è maschio o femmina?
Con il mezzo sorriso del pudore di chi non offenderebbe nemmeno il suo nemico ma che nello stesso momento non riesce a trattenere la voglia di sfotterlo un po', mi risponde "metà uno e metà l'altra".
"Tiziano Ferro!"
Capisce quanto merito vada al suo aver risposto come una che aveva preso seriamente il gioco e sorpresa dall'efficacia scoppia a ridere come non la sentivo ridere da tempo e come cinque minuti prima non avrei detto possibile.
Ci aiutiamo così, capendoci al volo con non più di due parole una delle quali è sempre scelta a caso tra Fortuna e Amore.

Mi sono comprato un bellissimo quanto inutile camino da tavolo.
L'altra sera mio fratello è venuto a trovarmi e notato lo strano oggetto mi chiede cosa sia.
Gli dico che è un bellissimo quanto inutile camino da tavolo che ha il pregio di fare una fiamma bellissima e il difetto di spargere nell'aria odore di combustibile, per cui gli avrei risparmiato la condanna.
Mi chiede di accenderlo lo stesso, lo incuriosiva, lo guarda per un po' e stabilisce che è bellissimo.
E' stato con me mezz'ora, ci siamo bevuti una birra davanti al mio nuovo camino in silenzio come si fa davanti ai bellissimi camini, un bellissimo quanto inutile camino da tavolo che ha il pregio di spargere nell'aria parole contate in numero mai superiore a due scelte a caso tra Fortuna e Amore incartate in un unico foglio d'oro fatto di metà uno e metà l'altra.



2 commenti:

  1. Mia nonna ha compiuto 90 anni a inizio mese.

    Pochi giorni prima di Natale chiamo mia zia (la figlia mediana di mia nonna), presso la quale vive da qualche anno, per concordare quando passare a trovarla per gli auguri. Mia zia mi dice, un po' preoccupata, che il giorno prima è passata a trovarle la figlia maggiore di mia nonna (quella con cui è sempre andata meno d'accordo - e comprensibilmente: giusto per "dare un nome alle cose", un'emerita stronza) insieme alle sue due figlie, e che mia nonna non ha riconosciuto nessuna delle tre. Poco dopo, mentre sta parlando con me, mia zia s'interrompe un momento e dice: "Sì, mamma, è Simone. D'accordo, te lo saluto". Io rido. "Ma come, quella non la riconosce manco dal vivo, e invece capisce che sono io pure mentre sto parlando al telefono con te? Passamela un attimo". "Ciao, nonna! come va?". "Oh, ciao, Simone! Io bene, tu?".

    Il giorno dopo passo a trovarla: mi riconosce immediatamente. Dopo un po', conoscendo la simpatia che provo per l'emerita stronza, mi dice, sorridendo: "Eh, peccato che non abbiamo invitato anche lei oggi... ti manca, eh!?". E io: "Eh, no: quando viene lei, è giusto che te la goda tutta tu!". E ridiamo insieme. Qualche settimana prima, quando le avevo detto scherzando che forse l'e.s. l'avrebbe invitata a casa sua per il pranzo di Natale, aveva risposto: "Piuttosto mangio un pezzo di pane secco, ma di qui non mi muovo". Quella volta, quando - pochi giorni prima - la figlia era passata a trovarla, l'aveva riconosciuta, ma, dopo averla salutata all'inizio, aveva fatto scena muta per tutto il tempo.

    Mia nonna è una gran paracula. E il cuore ha un'ottima memoria, anche a novant'anni.

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    1. La mia stasera mi ha salutato sulla porta sgridandomi e nello stesso momento facendomi sapere che mi perdonava il modo il modo in cui le rispondo male.
      Lì per lì proprio il mio caratteraccio mi ha fatto pensare che la scenetta sul pianerottolo aveva tutte le caratteristiche e quindi il fuoriluogo di una scenata da moglie, poi in ascensore a sangue raffreddato ho pensato che no, che quello è proprio ciò che fa una nonna.
      L'altra sera per la prima volta in 88 anni ha accettato di indossare un cerchietto con le renne natalizie e abbiamo fatto una foto io e lei che racchiudeva un sacco ma proprio un sacco di cose.
      Certe persone sono tesori preziosi, sì.

      Benritrovato, Dion.

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