28 luglio 2006

la bestia

La bestia ti siede accanto da quando hai 2 anni, arrivata il giorno dell’equilibrio, della prima parola, del primo “Perché?”.
Fa parte del pacco, non puoi rinunciarci, amico mio, fratello mio non puoi rinunciarci, non ci è stata data questa possibilità, puoi solo sederti di fronte e guardarla in faccia quando decide di mostrarsi e chiederle “Perché?”, come quando avevamo quattro anni e non sapevamo perché le nuvole son bianche e il cielo invece è blu, perché il bicchiere se cade si rompe, non sapevamo perché bisognava andare a letto presto, chiedevamo perché il fuoco brucia.
Ricordi, fratello mio, quando eravamo bambini, che di fronte a una cosa nuova ci affidavamo a chi la conosceva già, a chi poteva darcene i codici di interpretazione, a chi ci poteva mettere in guardia o autorizzarci a fidarci.
La bestia ci siede accanto da quando a due anni abbiamo storto per la prima volta il naso lasciati soli di fronte a un dubbio irrisolto, consegnando all’archivio il perché mancato di quel gesto, di quella scelta mai spiegata, di quel piatto mandato giù per obbligo, ma faranno poi così male, gli spinaci?

La bestia, fratello mio, non consiglia, non indica, non spiega, la bestia raccoglie ogni perché mancato e lo conserva da parte per gli anni futuri, vissuti lungo una strada scelta a un bivio un giorno che quel perché concesso avrebbe reso diversa.
Ma questa è la vita, fratello mio, non la possiamo cambiare, non c’è la formula soddisfatti o rimborsati, nessuno ci aveva garantito che sarebbe stata diversa il giorno che ci è stata data.
Forse avremmo dovuto chiedere perché, almeno, dell’assenza di quella garanzia, ma ormai è andata, son passati troppi anni e tanti ancora ce ne sono davanti e la bestia è qui da sempre e per sempre con noi si fermerà, è inutile far finta che non ci sia, perché si fa solo il suo gioco.

Cosa credi, fratello mio, di essere l’unico al mondo che vive con la bestia nel cuore?
Non lo sai che non esiste una sola persona al mondo che non abbia la sua bestia accanto da quando ha mosso i primi passi?
Chiediglielo, alla tua, se è vero.
Parla con lei, chiedi a lei i “Perché?” che senti ti son stati negati, fatti dire dove ha messo i tuoi dubbi, le tue paure, cosa ne è stato del coraggio e della forza, fatti ridare il sorriso quello vero, è tuo, è lì, ce l’ha lei nascosto ma ce l’ha ed è a lei che devi chiederlo se lo rivuoi, non a me, non ad un amico, non alla mamma, non alla fidanzata di turno se un domani dovessi di nuovo averne una, se dovessi di nuovo averlo, un domani.

Io con la mia ci parlo spesso.
Nel tempo ho imparato riconoscerla e pian piano ne ho capito la strategia e ho imparato a prevederne le mosse.
Sai cosa fa la bestia, fratello mio?
Non la mia, ma la mia, la tua, quella di chiunque.
La bestia sta lì in attesa.
Ti lascia vivere, non interferisce nelle tue scelte, non ti dice cosa devi o non devi fare, non ha colpe per i tuoi errori e non ha meriti per le tue vittorie.
Sta lì, in attesa di ogni tuo bivio e dopo che tu hai scelto prende nota della strada che non hai voluto prendere, ne scrive le caratteristiche su un anello di metallo e lo mette da parte.
Così ogni bivio.
E non se ne perde uno, credimi, senza che tu te ne accorga li tiene da parte per anni, per decenni, per sempre, ogni strada che non hai voluto prendere la bestia la trasforma in un anello che mette da parte attaccandolo al precedente.
Non fare come tutte quelle persone che vivono convinte di non avere nessuna bestia nel cuore, convinte che basti rimpiazzare un bivio sbagliato con qualcosa di frettolosamente raccapezzato lì sul posto solo per poter andare velocemente oltre e lasciarsi alle spalle qualcosa che un giorno tornerà prepotente a chiedere il conto.
Non cedere alla tentazione di scambiare l’oblio per la soluzione, non lo è, non lo sarà mai.
Non esiste oblio, non fa parte del pacchetto, esiste la bestia, che se ti permette di illuderti di aver dimenticato è solo perché così lei ha più tempo per lavorarti dentro, per lavorare quella sua lunga catena fatta dai tuoi anelli sbagliati, pronta a farla tintinnare quando avrà bisogno di attirare la tua attenzione.
Toglile il tempo.
Non te ne puoi privare, nessuno se ne può privare, puoi solo decidere se averla alle spalle o di fronte.
Tu dove lo vorresti un nemico, alle spalle o di fronte?
Parla con lei.
Non aspettare che sia lei a farlo, quando è lei a farlo lo sa fare soltanto facendo roteare la catena e più avrà avuto modo di farla lunga e pesante più ossa ti romperà colpendoti, non darle questa possibilità, girati tu adesso, girati ora che sei ancora in piedi, sono tuoi gli anelli che ha in mano, puoi prenderli e smontarglieli davanti, ma puoi farlo soltanto se li prendi uno per uno, partendo da quello in cima e sganciandolo per poi andare a quello prima per sganciarlo e poi quello prima ancora e sganciarlo e poi quello prima ancora e sganciarlo, fratello mio si parla di andare indietro fino al primo anello che le hai concesso, tanti anni fa, avevamo forse quattro anni, forse sei, il resto è una catena, nulla di più, per questo più facile da smontare perché ogni anello ha attaccato il precedente, non devi andare in giro a cercarlo, lo trovi lì attaccato al successivo, la bestia si è occupata di tenerli tutti insieme e per questo oggi tutti insieme li hai davanti.
Non siamo il risultato del caso, non abbiamo addosso la sfiga, non siamo un terno al lotto.
Siamo quella catena lì.
Quello che abbiamo scelto lo abbiamo davanti ogni giorno, quello che non abbiamo scelto ce lo mostra la bestia.
A noi la scelta di vivere una vita che ci permetta di metter su i muscoli necessari per quelle volte nelle quali la bestia decide di mostrare la catena allo stato in cui si trova quando decide di mostrarcela, o una vita fatta di dimenticanze sequenziali, ognuna delle quali delegata a farci credere che se ci voltiamo indietro ci sentiremo sempre forti, ci sentiremo sempre giusti, ci sentiremo sempre grandi e per questo non avremo mai bisogno di spalle larghe ma soltanto di un sorriso beffardo.
Quello che abbiamo voluto è tutto intorno a noi, quello che non abbiamo voluto è dentro.
È la bestia.

In entrambi i casi siamo noi, siamo stati noi, è colpa nostra se abbiamo sbagliato è merito nostro se abbiamo vinto.
E se per qualche assurda ragione per anni abbiamo scelto di commettere solo errori e di far finta che fossero scelte giuste e oggi il mondo ci è crollato addosso, possiamo solo interrompere il cammino, la fuga, girarci verso la bestia che ci sta spaccando la schiena con la nostra stessa catena e smontargliela davanti.
Anello per anello.
Dovessero volerci altri trent’anni, fratello mio, è l’unica possibilità di ripartire e sperare un giorno di tornare a condurre quella che da anni ha smesso di essere deifinibile vita.

Siamo tutti stanchi.
Perché abbiamo anche noi la nostra bestia, da combattere ogni giorno.
Siamo stanchi di non poterci permettere di progettare nulla che non ti includa da qui all’eternità.
Siamo stanchi di questa consapevolezza di essere le tue vittime ma di essere guardati da te come fossimo i tuoi carnefici, quando siamo gli unici al mondo che, anche per egoismo, vorrebbero soltanto che tutto finisse.
Siamo stanchi di essere così stanchi da scoprirci innaturalmente capaci di non stare più attenti ad aggiungere “bene” a “vorremmo che finisse”.
Siamo stanchi di questo senso di impotenza che ci sbatti in faccia sul quale si sono retti gli ultimi fallimentari anni.
Siamo stanchi di non poterci permettere di costruire qualcosa di bello perché puntualmente il tuo orologio ci distrugge tutto appena si posa l’ultima pietra.
Siamo stanchi del ricatto.
Siamo stanchi di doverci convincere a vicenda ogni tre mesi che è il momento di tirarci su le maniche, sempre le nostre, solo le nostre, oltre che per la nostra vita anche per la tua.
Siamo stanchi di telefonarci a vicenda per verificare che nessuno di noi abbia dimenticato l’eventualità del suicidio.
Siamo stanchi di metterci d’accordo sui termini da usare per spiegare con cautela ma necessario realismo ogni tre mesi alla mamma che tra i due futuri possibili quello è uno.
E che bisogna arrivarci preparati.
Perché non prendiamoci per il culo.
È lì che stai andando.
Ce la stai solo facendo cagare tutta addosso, prima.
Siamo stanchi anche di cagarci addosso.
Siamo stanchi di convincerci a vicenda in estenuanti riunioni familiari che chi si troverà davanti a te quando pronuncerai la minaccia massima dovrà stringersi i coglioni, stringersi forte i coglioni, stringersi forte forte i coglioni e trovare il coraggio di alzarsi e aprirti la finestra perché solo così, in un modo o nell’altro, ne uscirai.
Basta.
Non si tratta più di lottare per farti vivere la tua vita.
Ormai si tratta di lottare per farti lasciarci vivere la nostra.
Basta.
Bestia.
Non è amore, questo.
Né per te stesso, né per noi.
Questa ormai è guerra.
O vinciamo tutti o perdiamo tutti.
E noi siamo quattro.
Tu sei uno.
È la natura che ci sta dicendo di difenderci.

Capisci cosa fa la bestia quando la conosci e la domini?
Ti permette di razionalizzare il possibile suicidio di tuo fratello.
E di non sentirti sbagliato, quando lo fai.
Perché hai imparato a guardarti indietro.
E per questo sei capace di saper guardare avanti.
Non mentendoti in una direzione.
Non mentendoti nell’altra.
Non mentendoti.
Non mentirti.
È un lusso che non ti è più concesso.
Non più.
Voltati indietro.
Non è così spaventoso come credi.
E se ne hai paura siamo qui.
Tutti.
Da anni.
Desiderosi di vederti finalmente cominciare a soffrire davvero.
Perché solo così può cominciare l’uscita.
Ti devi voltare.
Avanti, per te, così, non c’è più niente.
Il futuro lo puoi cambiare.
Il passato no.
Fidati di me.
Lo so.
C’ero anch’io.
Anche se non te lo ricordi più, io sono l’altro.
L’altra bestia.
E anche se zoppico un po’, sono sempre in piedi.
E non vuol dire che sono superman.
Vuol dire che si può fare.
E se ce la faccio io, vuol davvero dire che lo può fare chiunque.
Se ce la faccio io, ce la puoi fare anche tu.
Siamo usciti dallo stesso cazzone.
Di quei milioni che eravamo quei giorni, ce l’abbiamo fatta io e te.
Lo possiamo rifare.
Torna indietro sulla tua catena fino al primo anello e lo vedrai.
Vedrai e scoprirai che il primo, anche il tuo primo, è stata una vittoria.
Frutto dell’esserti lasciato alle spalle un passato da coglione.
Pronto e in grado di lottare fino all’ultimo per diventare un uomo.

Dimmi, fratello mio, cosa c’è di diverso, oggi?

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