16 luglio 2006

a Gianluca

Erano mesi che pensavo al post che avrei scritto il primo giorno.
Nella mente ne avrò scritti almeno 100.
Stamattina al risveglio ho pensato che mi sarei messo qui a scrivere un post pieno di poesia e di riflessioni sui cambiamenti, sui traguardi, sulle ripartenze, per raccontare la mia prima notte in questa nuova casa.
Il fatto è che in certi momenti o si è presenti oppure anche di fronte a qualcuno che sa raccontare le cose, non si potrà comunque capire, sentire, vedere, quelle davvero importanti.
E lo so perché provando a tradurre le cose che sento, anche prendendone una a caso tra le tante, in parole scrivibili, l’ho sentito che non uscivano come sono.
Forse non sono più capace io, forse semplicemente non tutto è traducibile in sequenze di caratteri 8 bit.
Forse va bene così, forse è giusto che una cosa mia rimanga mia, almeno quando è così grande.
E allora me le tengo e lascio alla fantasia di chiunque abbia passato una sua prima notte da qualche importante parte, in qualche importante porto, magari da solo come me come è giusto che vengano vissute certe importanti notti, la possibilità di ricordarsi com’è stato per lui (o per lei) e di immaginare che è stato così anche per me.
Chi non c’è mai passato non capirebbe comunque e ascolterebbe il racconto della mia né più né meno di come si ascolta il racconto di una vacanza o di un incontro di lavoro.
E non lo voglio, perché questa notte non è stata una vacanza né un incontro di lavoro.

E allora quello che ho dentro me lo tengo e uso queste righe per dire grazie a Gianluca, che c’era e non ha bisogno di leggere com’è andata.
E gli dico grazie per una serie di cose, tra le quali il suo essere stata l’unica persona che in tutto questo lento (e faticoso) avvicinarmi a questo giorno non mi ha chiesto nulla in cambio per quello che mi ha aiutato a fare.
Gli dico grazie per l’incredibile sbattimento che s’è fatto per portare tutto quello che mancava in un solo pomeriggio pur di vedermi finalmente qui entro ieri sera e per il suo silenzioso (“Il primo rutto nella tua nuova casa” alle 2 di notte escluso) ma sempre presente avermi accompagnato, e in alcuni casi spinto, fino qui.
Anch’io montando la mia doccia a due piazze immaginavo, sognavo, che i primi piedi che l’avrebbero calpestata oltre ai mie avrebbero avuto due tette attaccate sopra e invece no, sopra hanno avuto il resto di quel metro e ottantacinque di bella persona che da, quanti sono, vent’anni, non s’è perso una sola mia boa, quelle brutte comprese (ecco la differenza).
E mentre si rideva su questo suo aver rubato a una donna “la prima doccia a casa di Bruno” io pensavo che non l’ha rubata proprio a nessuna.
È lui che ha sudato dietro di me per vent’anni, doveva essere sua la prima doccia nella prima casa davvero mia.
E gli dico grazie per essere riuscito a stupirmi, cosa non facile, con quel nastro rosso con forbice appesa fattomi trovare appeso fuori dalla porta dopo avermi spedito giù in macchina con una scusa qualsiasi.
Stupito perché non è nato così, quel taglio del nastro, non era in casa mia in qualche cassetto.
Se l’è portato proprio apposta e apposta ha lasciato in macchina una cosa per aver la scusa di mandarmi a prenderla.
Stupito per la premeditazione di una cosa così bella della quale non allego la foto perché è speciale e chi la vuole vedere la vedrà appesa in casa mia, su quella parete che ieri sera nasceva un pezzo alla volta, un’idea alla volta e che sarà così come l’abbiamo pensata, piena di bei momenti tra i quali, ben in vista, ieri sera.
E gli dico grazie perché quei “La prima birra in casa di Bruno” “La prima canna in casa di Bruno” “Il primo rutto in casa di Bruno” sono tutte cose che gli spettano di diritto, che gli cedo volentieri e che sono felice portino il suo nome, come dieci anni fa ogni prima cosa nell’altra casa, perché tra tutti quelli che mi hanno accompagnato in questo viaggio lui è l’unico che quando pronuncia il mio nome non rischia di confondere la U con le due OO, perchè a differenza di chi legge queste righe, oltre ai due anni di OO lui ne ha altri diciotto di U che gli ricordano qual è la versione giusta.
Non so dire se è stato più importante averlo avuto accanto in ognuno dei momenti brutti o in ognuno di quelli belli, un po’ come non so tradurre in sequenze di caratteri 8 bit quello che mi è passato dentro stanotte, però so che se è stato sempre presente negli uni è perché è stato sempre presente anche negli altri e questo stanotte ha fatto parte di quelle cose che sono passate dentro e che mi hanno fatto capire che, provo a tradurlo in una sequenza di caratteri 8 bit, se sono arrivato qui è anche grazie a lui.
Che quando son caduto m’ha preso per i capelli, quando apro una bottiglia è sempre il primo bicchiere, quando non ce ne sono altri è sempre quello che mi consente di sentire quel tipico rumore che fanno i bicchieri quando si toccano, ottenibile solo avendone minimo due.

Grazie.
Per avermi da vent’anni consentito di non alzare mai un solo, silenzioso, bicchiere, quando l’occasione meritava anche un abbraccio.
Ora però troviamoci una fidanzata entrambi, eh.

Nessun commento:

Posta un commento