28 giugno 2006

Cartoline

Sei lontana.
Come quelle cartoline trovate sulle bancarelle dei mercatini d’antiquariato consumate da passaggi di mani non nostre, dietro le quali Maria scriveva a Mario “Presto ancora insieme” e leggendole provi per un attimo l’istinto di chiedere quanto costa, quella cartolina, quelle parole, quanto costa essere quel Mario che un giorno fu sogno per Maria, meta, orologio, calendario con il giorno del ritorno segnato da un cuore rosso e due piccole emme vicine, di nuovo, presto, ancora.
Maneggi quella cartolina cedendo al desiderio di far finta che davvero basterebbero pochi centesimi per trasformare quelle parole in parole per te, che non sei quel Mario, che non lo sarai presto e forse non lo sarai mai, che non puoi dire ancora, no tu oggi non lo puoi dire quell’ancora, a quella Maria che non diceva a te e nemmeno al passante dopo di te che con lo stesso tuo desiderio sognerà di comprarsi forse un figlio che lo saluta dal fronte, magari una nonna che dalla montagna abbozza un tremolante “Cari saluti al mio nipotino”.
Metti le mani in tasca sperando che il destino di non avere quei centesimi ti sollevi dalla scelta consapevole di sottrarti alla delusione di leggere parole non tue, immagini non tue, pensieri non tuoi.
Speri di non averli, quei centesimi.
Ma l’uomo della bancarella ti ha visto maneggiare quella cartolina e ha deciso di regalartela, non sapendo che così non ti fa affatto un favore.
Lui crede che tu desideri quella cartolina, magari pensa che le collezioni, ti considera un possibile esperto, forse anche di francobolli, e si sa, gli uomini delle bancarelle sanno investire e una sola cartolina regalata può significare tante cartoline comprate o forse solo i francobolli, qualche centesimo che il tempo trasforma i molti soldi, o soltanto in trasportatori di parole non nostre ma acquistabili sulla prima bancarella di un mercato di antiquariato.
Questo pensi tu mentre guardi il venditore attendere un tuo cenno.
“Mi ha scritto Maria! Mi ha scritto Maria!” urleresti ai tuoi amici il giorno stesso tutto gonfio di orgoglio con la tua cartolina in mano a testimonianza del fatto che tu puoi essere il suo Mario, che potresti essere la sua meta, il suo cuore sul calendario, il suo ancora.
Hai ancora le mani in tasca a cercare quei pochi centesimi che ti separano da lei e dalle sue parole quando un pensiero ti attraversa la mente, forse il cuore.
Perché quella cartolina è su quella bancarella?
Perché non è in una scatola, chiusa in un cassetto a casa di Mario, tra un fazzoletto profumato e un biglietto di un viaggio non timbrato?
E se fosse lì perché Mario non l’ha mai ricevuta?
E così in un istante quei pochi centesimi che per un attimo ti hanno fatto credere di poter avere, ancora, Maria, si trasformano in pochi centesimi che impedirebbero a quella cartolina di proseguire il suo viaggio, magari Mario è proprio il passante che dietro di te sta aspettando il suo turno per sfogliare le cartoline sulla bancarella, magari riconoscerebbe la calligrafia, magari scoprirebbe che la delusione che da anni si porta dentro da quell’ultima volta che la salutò ha dietro soltanto un indirizzo trascritto male.
Tu ci pensi, mentre le tue mani scoprono al tatto la presenza di monete sonanti in tasca, pronte a rubare quello e chissà quanti altri sogni, al suo legittimo proprietario.
Altro che centesimi, sono pesanti le monete che senti in tasca.
Accumulate in anni di precedenze concesse.
Ma tu non sei Mario, lo sai, e quel presto, quell’ancora, quell’insieme, non erano per te.
E non lo diventano nemmeno se li paghi.
Lo sai, anche se ogni tanto fai finta di dimenticarlo lo sai che Mario è il prossimo passante dietro di te, è il passante che se n’è appena andato con le sue belle cartoline non comprate ma ricevute, con il suo nome scritto bello chiaro accanto a quel “Presto ancora insieme”.
Di questo si, sei esperto.
Del togliere le mani dalla tasca fingendo di non aver trovato nemmeno spiccioli scusandoti con il venditore per avergli fatto perdere del tempo e scusandoti per aver occupato per un attimo uno spazio non tuo con il passante prima di te e quello dopo di te, che a differenza tua non vestono la certezza di non essere i destinatari di quella cartolina e che per questo meritano di provare a prenderla tra le mani, a poggiarci sopra gli occhi, per vedere se riconoscono la calligrafia, se la associano a biglietti di natale, a tovaglioli di carta lasciati accanto al caffè con un “Buongiorno amore” scritto di corsa prima di uscire mentre tu dormivi con un sorriso ebete sulla faccia figlio di una notte di ancora, di insieme, a biglietti di auguri per il compleanno, a promesse scritte sul vetro dell’oblò di una nave, a un “Ti amo” scritto con il rossetto sullo specchio del bagno che ancora, dopo anni, nonostante la pulizia decisa si intravede quando si appanna, per consentirti di confrontarlo con le cartoline di ogni bancarella di ogni mercatino dell’antiquariato di ogni piccolo paese del mondo.
Ma il venditore ti guarda, capisce che stai per allontanarti, che stai per rinunciare e ti porge la cartolina dicendoti “La prego, la prenda lo stesso, glie la regalo, basta che me la tolga da questo banco”
“Non posso” gli dici “Non sono io Mario”.
“Lo so” ti risponde lui “sono io”.

Che stupidi, noi uomini.
E tu che bella che sei, Maria.

Nessun commento:

Posta un commento