1 maggio 2007

Rawa

Metti via quel carretto, è ora di andare”
“Dove andiamo, nonno?”
“A vedere la zia, è ora di diventare uomo”

L’aria secca e gialla di polvere toglie la possibilità di dare una immediata dimensione alla folla, il suono no, il suono di centinaia di voci sembra permettere di contarle una a una, lo stadio è pieno, nel campo, quello che dovrebbe essere il campo, gruppelli di persone sembrano giocare a dadi vendere frutta, “Nonno, quanta gente, che bello, lo stadio!” in un’area del campo tre signori stanno finendo di spostare terra su un cumulo accanto, un metro, un metro e mezzo al massimo di terra in su segnala un buco di un metro, un metro e mezzo al massimo in giù lì accanto, un panno bianco, candido, lo riflette tutto, il sole, quasi stona in quel giallo aria, giallo sabbia, giallo spalti, giallo pelle, un bianco che pare accecante e invece si vede si deve vedere, la donna si deve vedere, “Nonno, la zia! Allo stadio! Che bello!”, si siedono il nonno e il bambino, un uomo fà loro posto, si scosta, c’è posto, per i bambini c’è sempre posto allo stadio, devono diventare uomini, uno dei tre signori abbandona il badile, la buca è pronta, la donna è pronta, la prende sotto braccio, la accompagna, la fa scendere un metro, un metro e mezzo al massimo, rimangono fuori le spalle della zia, la testa della zia, il panno bianco su quel che resta esposto della zia, sul viso, non deve vedere la zia, non deve sapere da dove arrivano, il giallo intorno della terra, dell’aria, al centro adesso un’imperfetta piramide bianca di mezzo metro, sessanta centimetri al massimo, intorno cumuli di pietre, tutte uguali, lì accanto, a pochi metri, dagli spalti sembrano chicchi di riso, “Nonno, cosa sono quei sassi?”, sono la legge, “Nonno perché sono tutti uguali?”, sono tutti uguali perché così il giudice ha stabilito, non ci sia differenza, ogni gesto contribuisca, ogni uomo contribuisca, nella stessa maniera, lo stadio alza la voce, l’aria pare farsi più gialla, sono le mani, di tutti, mosse nell’aria, mossa dai gesti, tum, arriva il primo sasso, l’imperfetta piramide bianca sposta di colpo l’aria intorno a sé, dalla parte opposta, tum, arriva il secondo sasso, le voci esaltano, le voci esultano, tum, secco, come l’aria gialla, il terzo, il quarto, l’imperfetta piramide si muove come un sacco preso a calci, tum, il bianco rivela un’impercettibile cambio di colore, tum, è rosso, meno impercettibile, gli uomini intorno girano, ognuno un sasso, “Nonno dov’è la zia?”, il panno bianco non è più bianco, il sacco bianco è macchiato, è sempre più imperfetto, nella forma, nei movimenti, tum, tum, un sasso, un sasso, un sasso, rosso, sempre meno bianco quel panno, quella piramide imperfetta, sempre più imperfetta, tum tum, “Perché i sassi sono piccoli, nonno?”, tum, sono piccoli perché la condanna è dura, così dice la legge, così ha stabilito la legge, tum, rosso, sempre più rosso, sempre più sacco nei movimenti, sempre meno rigidi, sempre meno resistenti, la legge dice che più la pena è severa e più piccoli dovranno essere i sassi perché non siano letali ma lenti, tum, il bianco non c’è più, è ocra adesso, il sacco, “Nonno, dove vai?”, deve andare a fare un cosa, il nonno, “Mi dia un’occhiata al nipote” chiede il nonno al signore che aveva fatto spazio “sa è giovane e ancora non è educato, potrebbe allontanarsi”, il nonno scende nel campo, tum, gli uomini intorno, il nonno scompare tra gli uomini, tum, il rosso, il tempo, lento, lungo, tum, sassi, minuti, sassi, ore, tum, giorni, anni, rosso, paiono secoli, il vento, la piramide imperfetta pare muoversi solo per il vento, è ocra, il giallo della sabbia, si è aggiunto al rosso del panno, si muove la piramide, così vuole la legge, i sassi sono scelti in base ai bordi, devono essere smussati perché non spacchino il cranio ma lo indeboliscano fino a che si spacchi per l’insieme dei colpi, tum, non per quello di uno solo, tum, come la pallottola a salve del plotone di esecuzione, tum, ma con in più la geometria della fisica, rosso, sempre più rosso, applicata alla legge, ancora sassi, il sacco è marcio, sembra marcio dagli spalti, non può fuggire, un metro, un metro e mezzo al massimo gli impedisce di fuggire bloccandola fino alle spalle, ma non di cercare di farlo, senza farlo, provare a farlo, tum, per un tempo che pare secoli, tum, senza poterlo fare, tum tum, finché il panno marcio si lacera, non sono i sassi, si lacera dall’interno, tum, pezzi di giallo escono, si lacera dall’interno, schegge d’osso lo lacerano, gli uomini intorno, girano intorno, esaltanti, tum, dal panno lacerato escono schegge d’osso, esultanti, i sassi aprono gli strappi, adesso, dal panno lacerato ora la zia forse vede, tum, forse vede il padre, tum, forse, sassi, tum, escono cascate d’ocra, è acqua rossa che porta fuori dagli strappi pezzi di cervello, giallo, come la sabbia, come l’aria, il sacco non oppone più resistenza, i sassi fanno saltare le ultime schegge di resistenza, il panno non c’è più, il cranio non c’è più, un purè ocra esce da un metro un metro e mezzo al massimo dal terreno, la zia non c’è più, giustizia è fatta, se dio vuole.
“Nonno, dove andiamo?”
“Andiamo a casa, ora, sei un uomo che sa cosa è giusto”
“Domani dove mi porti?”
“Domani ti insegno la giustizia sugli uomini, se dio vuole”

www.rawa.org

viaggio27-6-06

Nessun commento:

Posta un commento