23 maggio 2012

In poche parole

I registi, fatelo dire a me che son regista, come impostazione di fondo sono mediamente delle mastodontiche teste di cazzo.
Poi ci sono quelli che non lo sono solo come impostazione di fondo, in forma latente, ma che usano questa caratteristica proprio come palese strumento di confronto e soprattutto di lavoro nascosti dietro la gerarchica legittimazione a farlo, prede dell'efficacia risolutiva di quel che si chiama "Esercizio del potere", in quella maniera maldestra che in un baleno scivola in direzione distruttiva per la squadra e quindi, in soldoni, per loro stessi che ne portano la responsabilità
Semplice quando definitivo test per avere la certezza di essere al cospetto di esemplare della categoria mastodontica testa di cazzo.

Milano negli anni in cui era da bere e tutti erano pubblicitari col marketing, di figure così ne ha sfornate a decine.
Oggi hanno 50 anni, una vita a simulare per arrivare a un presente fatto di approssimazioni e inadeguatezze, in un contesto che non riconosce più il mito dalla sola cittadinanza.
Ti odiano perché sanno che tu non ci sei cascato e per questo hanno un detonante bisogno di ripeterti la loro storia perché per un regista è sufficiente la subordinazione perché tutto funzioni, per un regista testa di cazzo è necessario che la subordinazione sia il risultato di un'ammirazione, vogliono essere legittimati, non solo eseguiti.
Nella maggior parte dei casi la sintesi di queste figure è la miseria interiore, l'istinto di sopravvivenza gli si attiva al solo stringergli la mano, hanno bisogno di elencare, prima di ogni frase, l'intera loro storia per ingrassare la frase successiva altrimenti banale come la precedente, insicurezza allo stato puro.
Una trappola molto milanese, marcatamente milanese, per uscire dalla quale non basta più indossare pantaloni gialli, scarpe rosse, occhiali bianchi, una pashmina e far roteare il quarto negroni sbagliato chiamato confienzialmente Sbagliato ché tanto al di là del banco lo sanno di cosa parli, sei Fonzie, come sognavi a dodici anni e mai hai smesso o semplicemente sostituito con traguardi più sostanziosi.


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