13 novembre 2002

Lei, Uomo.





Spesso il corso delle giornate viene deciso da una telefonata con la quale iniziano.

Sono strani i giorni che iniziano con una telefonata che ti dice che qualcuno non c’è più.

Assumono tinte diverse, hanno una luce tutta particolare.

Tutto diventa più ovattato, i suoni si trasformano, le voci sembrano girare intorno come in un paio di cuffie tappate col cotone.

Si dice di si a qualsiasi cosa, pur di non andare avanti a spiegare il perché dei no.

Tutto assume un significato sempre inferiore a quello che gli si da nel resto dei giorni.

Quasi fosse un meccanismo per ottimizzare le energie ed i pensieri, tutti rivolti a quell’immagine che fino al giorno prima era reale e da quel giorno in poi diventa fotografia.

Forse la morte è in realtà semplicemente questo, un semplice passaggio tra l’essere migliaia di fotografie nel cuore di chi ci ama, all’essere una sola per il resto del tempo.

Ognuno sceglie la sua.

Ognuno in giorni come questi guarda dentro il proprio album e ne estrae una sola singola foto che rappresenta tutto ciò che in un secondo parla di tutto un mondo.

Strana famiglia la nostra, nessun ruolo stereotipato, niente di utilizzabile in pubblicità di brioches o salotti comprati la domenica.

Padri che non sono lo stereotipo del padre, fratelli che ti fanno discutere il senso della fratellanza insegnandotene forse il vero significato, costretto da quella realtà che essendo così lontana dagli stereotipi ti impone di trovare dei canoni apposta.

Nonni che non chiedono di essere nonni, ne di essere padri.

Solo di essere uomini.

Chissà, forse il non dialogo sarà sempre una caratteristica delle figure maschili della mia vita.

Ognuno per un motivo diverso.

Ognuno per una scelta diversa.

Non dirò “Avrei voluto… mi sarebbe piaciuto… se potessi….”

Non lo dirò, perché quando potevo non l’ho fatto.

Sempre consapevole del perché.

E non lo dirò per la solita arroccata coerenza.

Ci sono solo due cose che avrei potuto dire, ma che non ho mai detto perché avrebbero reso tutto diverso da quello che penso della nostra storia.

Due cose che adesso posso dire perché non potendomi più rispondere, non correranno il rischio di finire tra le cose normali così lontane da te, non correranno il rischio di sembrare domande.

La prima riguarda me.

Avrei voluto sapere cosa pensavi di me.

E non c’entra con il bisogno di conferme o di apprezzamento.

C’entra solo con il fatto che quando si stima così tanto un uomo, la sua mente, il suo animo, la sua vita, il suo cuore, si vorrebbe sapere se in qualche modo si sta facendo un percorso se non uguale per lo meno vicino a quella forza e a quella vita che da lontano e in silenzio si ammira così tanto.

La seconda riguarda te.

Anzi, Lei.

Perché in trent’anni non ho mai smesso di darLe del Lei, come si faceva un tempo, con rispetto, con onore, con riconoscenza e una forma tutta personale di consapevole e voluta subordinazione.

Sentimenti e valori così lontani dalla vita di quell’oggi che stupidamente ha deciso di privarsi delle uniche cose che avrebbero salvato il mondo.

La seconda riguarda Lei.

Vorrei sapesse, senza parole eccessive ed inutili, ne pompose, ne cerimoniali, ne di circostanza, Lei, e solo Lei, perché nessun’altro potrebbe capirne il motivo anche per la distanza che ho sempre lasciato tra noi, che Lei è l’unico vero esempio maschile che nella mia vita sto cercando di seguire.

In silenzio

Se essere nonni vuol dire indicare la strada, Lei non è stato il nonno che avrei voluto.

È stato il nonno che ho avuto la fortuna di avere.

Se portassi un cappello, ora lo toglierei.

Buon viaggio Nonno Paolo.

È stata una fortuna conoscerLa,

e un onore d'altri tempi.

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Con rispetto,

Bruno.

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