The Big T(h)ree.
Il seguito del post più lungo della storia.
Ovvero: come metterci tre settimane per raccontare una storia durata una settimana.
Il post, appunto, è più lungo della storia che racconta.
Parte 3.
Dalle un dito, attendi che si prenda il braccio e sii spalla su cui ridere se vuoi che prosegua a salire.
Ti lascio questo, io parto.
Sul mio tappeto volante sempre più lontano sempre più su, lassù dove poter dire a tutti di guardare fuori dall’oblò mentre dirò loro “Guardate laggiù, io la conosco” e loro vedranno intere città, fiumi come serpenti, montagne grandi come le cunette di sabbia in spiaggia quando avevamo cinque anni e bastava un dito per percorrere un intero mondo e gli unici visi che si inseguivano erano dentro le biglie spinte da quelle stesse dita che erano gambe capaci di percorrere qualsiasi distanza, vedranno file di luci e tavolozze di colori sui quali crescono alberi e mi chiederanno “Chi conosci? Chi stiamo guardando?” e io dirò loro che stanno vedendo te, che possono farlo perché saremo lassù, più su dei tre metri del muro di questa stanza e della tua stanza e di tutte le stanze che ci sono in mezzo e che finché staremo qui giù a meno di tre metri ci obbligheranno sempre a vederci raggiungibili solo scavalcandoli, lassù no, lassù si può perché nessun muro è così alto e chiunque di loro guarderà fuori vedrà te perché non ci sono muri in mezzo e non importa se tu starai guardando su io starò guardando giù e ti vedrò, di nuovo.
Fiu-Me, si chiamava la fanciulla che ogni giorno alle prime luci dell’alba si recava sulle sponde del corso d’acqua che dritto come una lancia attraversava la regione che abitava, proprietà di un ricco signore di nome Son-Miei che possedeva tutte le terre tutti i monti tutte le città, un tiranno convinto che il potere sulle terre lo rendesse padrone delle vite degli abitanti e tra esse, di quella di Fiu-Me, la fanciulla che amò dal primo giorno che la vide ma che fu incapace di rendere felice e portare a sé nonostante i doni che ogni giorno le faceva arrivare.
Gli abitanti soffrivano la fame, lavoravano ed erano costretti a cedere ogni frutto del loro lavoro ai soldati che puntualmente passavano inesorabili a raccogliere tutto ciò che il tiranno pretendeva per sé, frutti e fiori dai quali ogni giorno prendeva quella parte che faceva poi inviare a Fiu-Me per convincerla a sposarlo.
I soldati ogni giorno tornavano indietro dal tiranno riportandogli il cesto con i doni, riferendo che Fiu-Me non si trovava mai nella sua capanna e che nessuno sapeva dove fosse ogni giorno quando loro passavano.
I confini delle terre del tiranno erano estesi ma la notizia dell’esistenza di quella bellissima fanciulla ci mise poco a raggiungere il paese accanto, regnato da Ta-Mai, un giovane divenuto guida del paese quando Fio-Re, sovrano e suo amato padre, rimase vittima di un agguato ai tempi della battaglia scatenata da Son-Miei per il controllo del mercato delle pere, il quale inviò due suoi soldati per eliminare il vicino sovrano, incapace di difendersi poiché avendo regnato in pace, non sentì mai la necessità di dotarsi di un esercito.
Ta-Mai apprese dell’esistenza di questa fanciulla attraverso i racconti dei mercanti che sostavano nelle locande del suo paese durante i viaggi che li portavano ad attraversare ogni terra e per questo veri tenutari della geografia e della storia dei paesi.
Narravano, i mercanti, di questa fanciulla dalla bellezza rara che vedevano sulle sponde del corso d’acqua lungo il quale sostavano per abbeverare i loro cavalli quando attraversavano il paese di Son-Miei.
Aveva lunghi capelli e movimenti soavi, mani delicate e occhi sinceri, ma di più non sapevano, poiché non si lasciava avvicinare se non dalle acque nelle quali si specchiava.
Ta-Mai non riuscì più a pensare ad altro che a lei, voleva incontrarla, desiderava offrirle il suo regno in cambio del suo solo riflesso nelle acque del suo paese, ma non poteva oltrepassare il confine perché sapeva che avrebbe subìto la stessa sorte del padre, avendo anche lui deciso di non dotarsi di un esercito.
Andò a chiedere consiglio a Co-Sì, il vecchio saggio del paese, sua unica guida e per questo da lui protetto da tutto e da tutti, nascondendolo all’esercito di Son-Miei sul monte più alto della sua terra, per avere sempre una guida alla quale domandare consiglio quando la sua giovane età e l’assenza di un genitore non gli consentiva di sapere quale fosse la strada giusta da seguire.
Co-Sì, dopo aver ascoltato il problema che affliggeva il giovane Ta-Mai, osservò le aquile e le nubi, lesse il legno e il fuoco e disse:
“Nei poteri dell’uomo non troverai soluzione ma causa, è nella natura la risposta. Le tue sole braccia non sono lunghe da attraversare il confine e il tuo popolo non ha lance lunghe da proteggerti se lo oltrepasserai. Non il tuo essere uomo, potrà raggiungerla, ma il tuo essere natura. Affida i tuoi messaggi alla corrente e lascia che sia lei a portarli alla fanciulla. Nessun esercito può fermare la forza dell’acqua”
Ta-Mai tornò a palazzo e chiese, non ordinava Ta-Mai, ai suoi sudditi di raccogliere ogni giorno un fiore ciascuno, solo uno per dar loro modo di ricrescere perché la bellezza della sua terra era il suo primo pensiero, di recarsi sulle sponde del corso d’acqua e di appoggiarlo sulla sua superficie perché potesse partire per la terra accanto e giungere a Fiu-Me, che specchiandosi nell’acqua avrebbe da quel giorno visto il suo viso circondarsi di fiori e l’aria intorno a sé profumarsi.
Così fecero e improvvisamente Fiu-Me cominciò a vedere il suo riflesso circondarsi di fiori e si trovò talmente bella che non fece più ritorno a casa.
Passava il suo tempo lungo le sponde del corso d’acqua, rapita da questo passaggio di fiori e invasa dal bisogno di scoprire da dove provenissero.
Iniziò così a incamminarsi seguendo il dritto corso d’acqua, convinta che se avesse ripercorso il cammino dei fiori a ritroso, sarebbe giunta là dove nascevano.
Son-Miei,nel frattempo, sempre più iracondo per il suo essere incapace di farle giungere i suoi doni, decise di raggiungere il vecchio mago della sua terra, un anziano dotato di poteri magici che teneva imprigionato in una torre costruita sul monte più alto della sua regione fin dal giorno che invase la regione con il suo esercito, impossessandosene e rendendo schiava l’intera popolazione di contadini che non seppero opporsi, mago che costringeva a esaudire le sue richieste minacciando di uccidere un contadino per ogni ordine di incantesimo da lui impartito e dal mago non eseguito.
“Cosa vuoi oggi?”
“Ti ho detto di chiamarmi Mio Signore o farò uccidere un contadino”
“Cosa vuoi oggi mio signore?”
“Voglio una fanciulla!”
“Ne hai quante ne vuoi mio signore, manda il tuo esercito a prenderla come fai sempre”
“Il mio esercito non la trova!”
“Sei padrone di tutto ciò che esiste, se una cosa non la trovi forse è perché non c’è, mio signore”
“Io so che c’è! L’ho vista!”
“Allora perché non l’hai presa mio signore?”
“Mago non abusare della mia pazienza, io ti ordino risposte, non domande! Non mi costringere a uccidere un contadino!”
“Allora ordinami ciò che vuoi mio signore, la tua saggezza saprà guidare i miei poteri”
“Voglio farmi Fiu-Me!”
Il mago, guidato dall’esperienza dei suoi anni, scorse in quell’ordine la fine della tirannia alla quale fu costretto il suo popolo e senza attendere un solo istante fece uscire dal suo cuore un fascio di luce che colpì il tiranno e lo trasformò in un corso d’acqua.
Imprigionato in quella nuova forma, il tiranno cominciò a urlare e a cercare di divincolarsi, ordinando al mago di riportarlo alla sua forma originaria.
Il mago rispose che fu lui a dare quell’ordine e solo alla sua ignoranza poteva attribuire quella trasformazione, che non era più costretto a eseguire alcun ordine poiché l’ultimo impartito gli aveva tolto la sua forma e quindi i suoi poteri di tiranno.
Improvvisamente i contadini cominciarono a sentire urla e rumori d’acqua scatenata giungere dalle rive del fiume e corsero tutti a vedere cosa stesse succedendo.
Giunti nei pressi del corso d’acqua videro le sue sponde un tempo dritte come una lancia agitarsi come un serpente e le sue acque cercare di uscire dagli argini.
Tutto ciò che si trovava nel fiume veniva scagliato tutt’intorno dalla forza del tiranno che cercava di divincolarsi da quella prigione alla quale si era ingenuamente costretto.
Quello che un tempo era un corso d’acqua dritto come una lancia era adesso un serpente agitato e tutti i fiori che vi scorrevano dentro da giorni erano ora scagliati lungo le sue sponde.
I contadini udirono i lamenti del tiranno e vedendo tornare il mago finalmente libero capirono cosa successe e cominciarono a festeggiare, saltando di gioia lungo gli argini e ballando sul tappeto di fiori che si era formato tutt’intorno al fiume, fiori che finalmente ritornarono in quelle terre dopo che le leggi del tiranno che li avevano condannati ad essere sempre tutti consegnati a lui per essere utilizzati per abbellire il solo suo palazzo, avevano tolto ai contadini anche i pochi semi che servivano per farli crescere.
Nel frattempo Fiu-Me, incamminatasi per seguire a ritroso i fiori, aveva raggiunto le terre di Ta-Mai e lì aveva scoperto una terra nella quale i contadini erano felici e i fiori crescevano ovunque, una terra della quale ignorava l’esistenza per il solo fatto che il vecchio tiranno aveva detto a tutti di essere lui e solo lui il padrone di tutte le terre confinanti per toglier loro la voglia di fuggire.
Si incontrarono, Ta-Mai e Fiu-me, e lei rimase così colpita dalla serenità di quella terra da chiedergli di seguirla per liberare il suo popolo e regnarlo con le stesse leggi.
Lui fu così affascinato da lei da decidere di chiedere ai suoi cittadini di seguirlo per ridare serenità al popolo di Fiu-Mei.
I cittadini, conoscendo il loro sovrano, capirono che era il cuore che lo guidava e decisero di seguirlo.
Ma quando oltrepassarono il confine pronti alla battaglia, scoprirono un paese in festa, fiori ovunque, musica e balli e a quella festa si unirono.
Il mago, riconosciuto il giovane Ta-Mai che dall’alto della sua torre, unico punto dal quale si poteva vedere oltre i confini, aveva da sempre visto governare nel giusto e nella lealtà, gli chiese di divenire sovrano di quella liberata terra, spiegando ai suoi finalmente festanti cittadini che quel giovane avrebbe saputo farli vivere senza tirannia e senza paura.
I cittadini, memori della saggezza del mago, cancellarono i confini e accolsero il loro nuovo sovrano con tutta la gioia della quale erano ritornati capaci.
Fu così che Ta-Mai, senza mai imbracciare un arma, si ritrovò ad essere sovrano di una terra grande quanto non immaginava, soltanto grazie alla sua natura e sposò Fiu-Me facendo una festa alla quale parteciparono i cittadini di tutte le regioni confinanti.
Regioni attraversate da quel tiranno che condannato a cercare di divincolarsi per l’eternità, continuò a spargere acqua e fiori lungo le sue sponde, regalando suo malgrado ai contadini liberi fertilità e ricchezza.
Ancora oggi, l’anniversario del giorno del matrimonio del sovrano Ta-Mai e della regina Fiu-Me viene festeggiato da tutti i cittadini che, recandosi sul monte più alto dove fu per anni tenuto prigioniero il mago, guardano per un giorno intero l’intera regione senza confini e senza muri, monte dal quale riescono a vedere il vecchio fiume una volta dritto, divincolarsi come un serpente circondato da quelle distese di alberi e di fiori che la sua stessa tirannìa regalò a tutti.
“Signore…Signore, mi scusi…dovrebbe tirar su lo schienale e chiudere il tavolinetto, stiamo atterrando”
“Ah…si…scusi…mi ero addormentato guardando fuori. Mi scusi…lei che sicuramente conosce la rotta…sa mica che fiume è quello?”
“Quale fiume, signore? Siamo sopra la città, stiamo atterrando”
“Si, scusi…niente, forse ha ragione il mago, c’è solo quello che si vede”
“Quale mago, signore? Sta bene? Vuole un po’ d’acqua?”
“No no, tutto bene. Sono solo un po’ intontito dal sonno. Accidenti com’è bella, signorina. Le interesserebbe un lavoro nel settore del commercio delle pere?”
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