18 gennaio 2007

CogNome

Non è finita, non è nemmeno a metà, il cammino.

Si, certo, è un passo avanti che viene da chiedersi perché mai ci abbiano messo così tanto a fare, ma non è finita, non si fermino, non ora che è stato fatto il passo.
Non è un gioco per chi vuol fare il nobile, questa legge che autorizza il doppio cognome è di più, ma è una porta, non l’arrivo.
Ed è una di quelle battaglie così difficili da far passare che ora che è passata bisogna approfittare dello spiraglio per portare oltre l’ostacolo il resto, quel resto che manca per far sì che il percorso sia completo.
Perché manca, ho guardato, ho controllato subito, sono andato immediatamente a cercare per sapere se c’era e invece non c’è e allora mi sono detto che ancora non è finita, non basta, non si sono guardati intorno abbastanza.

Si, certo, applauso al traguardo raggiunto, ma non si sono guardati intorno abbastanza, come sempre prima non hanno chiesto, non si sono informati e così come sempre non l’hanno fatta per tutti.
Questa nuova legge consente ai genitori di scegliere se lasciare come da tradizione il solo cognome paterno o se aggiungergli quello materno.
La prima proposta è stata l’obbligatorietà del doppio cognome, ma poi qualcuno deve aver (giustamente) fatto notare che un cambiamento come questo, in un settore così influenzato dalle tradizioni popolari, non poteva essere reso immediatamente obbligatorio e quindi hanno proposto e accettato la modifica che rende la scelta facoltativa e così oggi quando nasce un bambino, i genitori possono scegliere quale strada seguire, se quella tradizionale o quella nuova del doppio cognome.
Gran legge.
Ma si sono dimenticati una bella fetta di popolazione: i figli già nati.

Ma si, lo so che tutti sono “figli già nati”, lo so, non sono mica scemo.
Non sto dicendo che questa legge è monca perché andrebbe estesa a tutti, dico che è monca perché non ha incluso tra quelli che ne potranno usufruire una categoria che è molto più che un gruppetto irrilevante di persone: i figli di divorziati.
E non è una dimenticanza da poco perché dimostra che dietro questa legge manca tutto un pezzo di ragionamento che al contrario meritava di essere fatto.
Io sono contento del mio cognome e non lo cambierei.
Ma il cognome di mia madre, per una lunga sequenza di figlie femmine in famiglia, è finito, non verrà portato avanti da nessuno.
Cosa c’entrano i figli dei divorziati con questo discorso, verrebbe da chiedere, ce ne sono migliaia di cognomi che non hanno discendenti maschi a tramandarli.
Si, giusto, ok, vero, ma.

Nelle famiglie di divorziati c’è una caratteristica che le rende diverse da tutti gli altri “cognomi destinati a finire” ed è il fatto che nella maggior parte dei casi a crescere i figli è solo uno dei due genitori, nel mio caso mia madre, mia nonna, mia zia, tutte col cognome che scomparirà.
E mia madre un giorno mi disse che le sarebbe piaciuto aggiungerci il suo cognome, per poterlo portare avanti noi, ma ci informammo e la legge impediva questa scelta o la sconsigliava vivamente a causa della trafila che avrebbe richiesto senza peraltro garantire il successo.
E invece sarebbe giusto, perché io mi porto dentro l’intera famiglia di mia madre, è grazie a loro che siamo cresciuti bene, è grazie a loro se non ci è mai mancato niente, è grazie a loro se l’assenza di un padre ha avuto effetti solo sui sentimenti e non sul cibo in tavola, non sulla scuola, non sulla serenità.
E di famiglie di uno dei due genitori che si fanno interamente carico del ruolo lasciato vacante dell’altro, di nonne e di zie che suppliscono, che diventano il padre andato a comprare le sigarette, ce ne sono migliaia in Italia e se questa legge fosse stata pensata davvero intorno al valore di un cognome e non solo intorno ad una (comunque apprezzatissima) bandierina del progresso generico e non pensato, avrebbero capito che il minimo che si possa fare è farsi portatori di quel cognome che fino a ieri non aveva alcun valore se non sul citofono e nemmeno su tutti.
Avrebbero dovuto darla anche ai figli cresciuti da uno solo dei genitori, la possibilità di scegliere quale cognome affiancare alla propria vita, perché in quel cognome c’è una salvezza, c’è un’infanzia felice anche tra mille difficoltà, ci sono i regali di natale sotto l’albero e i compiti al pomeriggio, ci sono vestiti puliti e educazione, ci sono valori e c’è amore, amore a mille, amore a pacchi pur di non far sentire l’assenza dell’altra metà di amore.
E tutto questo nel mio caso, come in quello di migliaia di figli cresciuti da un solo genitore, è chiuso in un cognome al quale oggi una legge ha finalmente dato valore legale MA non per me, che sono già nato.

Ancora un passo, su.
Fate quest’altra piccola modifica prima che il papa si accorga che si sta cercando di dare più valore al ruolo della donna nella famiglia e cominci a sbavare bile e a spaccare il cazzo pure su questa cosa bloccando ogni altro sviluppo, ché sia mai che lui permetta che uomo e donna vengano parificati, siamo mica nel 2007.
Fatelo adesso che la porta è aperta o non lo si farà mai più.
Io quel cognome non lo vorrei solo perché altrimenti finisce.
Certo, anche per quello, perché in parte glie lo devo e sarebbe un buon modo per onorarli e ringraziarli.
Ma lo vorrei soprattutto perché sarebbe naturale portarlo.
Come i capelli lunghi, come questa casa, come il mio lavoro, come la mia educazione, come i miei amici.
Sono tutti scritti dentro quel cognome lì.
Sono tutti frutto di quella famiglia lì.
L’altro, il mio, è del tizio che è andato a comprare le sigarette e a scrivere libri lontano lontano.
Belli, niente da dire, ma non ci han dato da mangiare né ci hanno mandati a scuola.

Ancora un passo, su.
Per molti questa cosa è molto di più della solita bandierina dell'ennesimo progresso di facciata senza pensiero, per molti è molto più importante, per molti è un'attesa di anni.
Ancora un passo, su.
Ancora un passo.

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