25 marzo 2007

Chador

In sala c'erano quasi 400 medici, divisi in due o tre per nazione, sei per tavolo, ogni tavolo un paio di stati.
Le farmaceutiche si sa, quando parlano parlano su scala globale.
Curioso ascoltare le domande dalla sala, tipo quel medico iracheno voglioso di sapere come una terapia che si basa sull'individuazione precoce della malattia quando si trova ancora nella fase 1, possa essere portata in un paese dove i centri per le diagnosi saltano in aria appena gli si è finito di dare il bianco.
Fa un certo effetto, lo riconosco, sentire un medico dividere il si può e il non si può utilizzando come spartiacque il nome di Saddam (un saluto a quelli di Echelon), rende il mondo un po' meno lontano.
Ma la cosa che è saltata all'occhio di tutti noi è stato il numero di chador in sala.

Parlavano, facevano domande, rappresentavano il loro tavolo e ricevevano applausi dagli altri tavoli/nazione per i contenuti dei loro interventi senza che nessuno si sia buttato sotto il tavolo al loro ingresso in sala.
Ma in fondo gli unici italiani eravamo noi della regia e sotto il nostro tavolo c'erano talmente tanti cavi elettrici che a rimanerci attaccati si rischiavano più lesioni di quelle causate dagli eventuali bulloni che ci hanno insegnato ad aspettarci, quindi niente, le ascoltavamo anche noi, qualcuno giocando a tetris, altri attenti, altri ancora incuriositi dal fatto che se erano lì e non erano ancora saltate in aria allora l'applauso lo meritvano davvero.
Quando abbiamo platee di medici italiani le uniche donne che vedi sono le assistenti e le segretarie, quelle che vengono portate in forma anonima con espressa richiesta di non farle comparire sulla registrazione della camera.
I medici italiani amano dormire da soli in camere doppie.
Amano la comodità.

Nel frattempo le mogli stanno a casa a organizzare raccolte fondi per aiutare le donne col chador meno libere di loro a conquistare il diritto allo studio.
Non so se dirglielo, che quelle col chador già studiano e sono parecchio più serie dei loro mariti.
Ma no, facciamo che non glie lo diciamo, ché a levare la fabbrica del sorriso a certa gente gli si leva il terreno sotto i piedi.
Le indiane si emozionano quando vedono il loro collega intervistato sul grande schermo e lo capivi perché si illuminavano in viso (e che belle, le indiane illuminate in viso), le giapponesi fotografavano lo schermo ogni volta che comparivano dei dati utili e non è una battuta, le canadesi incontrate la notte fuori dal pub ci hanno chiesto se parlavamo inglese e se, nel caso, conoscevamo il significato del termine "Horny".
Tornato a casa sono andato al bar della birretta e nel tragitto ho incrociato il solito novanta per cento di passanti musulmani, chi ubriaco alle 5 del pomeriggio, chi con i piedi sul seggiolino del bus, chi regalava al quartiere il solito strato quotidiano di saliva sull'asfalto e facendo l'involontario parallelo con la sala di poche ore prima mi sono reso conto che in Italia l'immigrazione poteva essere davvero una cosa bella e invece non siamo stati capaci e il meglio l'abbiamo lasciato agli altri.
Che forse non è stata la scelta migliore, perché irrigare un campo è promessa di raccolto, allagare per tracimazione manda in fallimento il contadino.

Milano è destinata a generare un discreto aumento del razzismo.
Nel frattempo in tutto il resto del mondo donne in chador ricevono applausi da tutti i continenti per la preparazione che si portano addosso.
Senza evidenti cavi elettrici.
Eppure ci han detto che li avevano, ci han detto che sono oppresse, ci han detto che dobbiamo salvarle, ci han detto che non possono studiare, ci han detto che prendono solo schiaffi.
Il rumore era quello in effetti.
Ma giuro, c'ero, lo posso dire, lo stesso rumore della mano destra su una faccia lo fa una mano sulla sinistra.
E' uguale uguale.

Aggiornamento:

In seguito alla scoperta che in diversi hanno letto questo post pensando che io abbia in qualche maniera scritto che penso non esista l'oppressione della donna in diverse parti del mondo (ma davvero mi credete così folle?) ritengo indispensabile un'integrazione esplicativa il cui unico fine è cercare di spiegare il senso di questo post attraverso un esempio, nei limiti del possibile breve.
Avete presente la appena conclusa "Settimana del sorriso" durante la quale si poteva mandare la solita donazione via sms per contribuire a combattere il problema acqua nel terzo mondo?
Ecco.
Accanto a ogni appello e richiesta di contributo, sarebbe stato utile informare la gente che il problema acqua è pure nostro, non è una roba che non ci riguarda liquidabile con uno di quegli sms che tanto piacciono ormai alla gente che ama risolvere i problemi altrui.
Hanno fatto, per esempio, una puntata di un programma in tv, che parlava proprio del problema acqua in tutto il mondo e parlando dell'Italia ha calcolato che una sola giornata di una fontana di roma, darebbe acqua per un anno a un paese africano.
Ecco, a tutti quelli che hanno mandato l'euro bisognerebbe dire che se ogni comune chiudesse per un giorno (un giorno solo, su) le proprie fontane, il problema acqua nel terzo mondo non sarebbe cancellato, ma insomma qualche bicchiere in più l'avrebbero.
E invece nulla, tutti contenti di aver fatto il loro dovere costo un euro per dare una mano a quelli del terzo mondo ché loro hanno il problema dell'acqua mica noi e poi via tutti alla fontana di trevi a buttare il secondo soldino per esprimere il desiderio di andare in vacanza quest'estate, magari in Sicilia o in Calabria, sperando di non capitare in quei giorni là nei quali non esce una goccia d'acqua dai rubinetti manco a pagarla oro.
Ecco.
Penso che non esista il problema acqua nel terzo mondo, se dico questo?

Il senso del post è uguale.

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