In Turchia alla fine mica ci sono stato.
Parlavano turco, girava moneta turca, si mangiava un sacco di pollo e improponibili simulazioni di salumi forzatamente colorati rosa confetto, probabilmente convinti che le fette di finto salame sul piatto possano diventare fette di vero salame sugli occhi e farti così dimenticare che quello non è salame, non può essere salame, sei in Turchia.
Epperò di vino quanto ne vuoi, al bar la birra a fiumi, whisky non ne parliamo, “on the rock?” massì, ché così fa meno schifo.
A tavola l’ho buttata lì, con quattro compagni di cena due dei quali sconosciuti, il solito silenzio di chi non ha scelto di star lì e non ha scelto di starci con quei quattro e per questo non ha sostanzialmente nulla da dirsi e per questo, infatti, non si dice nulla; situazione più frequente di quanto si pensi, di quanto si voglia pensare per non ammettere quanto a volte la stessa tavola si finisca persino per sceglierla pure a due metri da casa propria, io le detesto quelle situazioni, non è possibile che non ci sia nulla da dire, anche una cazzata, un pensiero, non si può mangiare in silenzio quando non si è soli e allora ho scelto io la prima cazzata che mi è venuta in mente, come sempre quando voglio spezzare il silenzio di chi non ha nulla da dirsi.
“Per me non dovrebbero servire alcolici”, dico mentre chiamo il cameriere per avere il mio solito bicchiere di red wine (e non chiedere altro, ché altro non c’è da sapere su quel vino lì).
Poco ci è mancato che non si alzassero per cambiare tavolo, reagiscono loro chiamando il cameriere per avere la loro solita coca cola.
“E perché mai? Perché devono imporre le loro credenze anche ai turisti?”
Io mi chiedevo perché per tre persone che per cinque giorni hanno bevuto coca cola fosse importante avere il vino a tavola e non è che ci abbia messo molto a capirlo, in effetti, il perché: la solita cazzona questione di principio.
Ma che stronzi, pensavo.
“Non ti imporrebbero nulla, sei tu che hai scelto di venir qui” è come ho tradotto quel “ma che stronzi”.
“Se non servissero alcolici, non ci verrebbe più nessuno e potrebbero chiudere baracca e burattini”.
A quel punto ho mollato il discorso, troppo lunga, troppa poca voglia, non c’era appiglio.
Come fai a spiegare a uno che vuole il vino pure se poi non lo beve, che l’assenza di una persona che va in un paese che per cultura non beve alcolici a chiedere alcolici, per quel paese non sarebbe una perdita?
Vallo a spiegare al solito orgoglioso italiano, che là fuori c'è un mondo che potrebbe tranquillamente fare a meno di lui.
Battaglia persa.
Più viaggio e più continuo a pensare che il problema della incomprensione tra culture sia il vino e siano gli spaghetti col sugo macaroni.
Senti un sacco di gente dire che lo sviluppo del medio oriente non può che avvenire quando si decideranno a spostarsi verso l’occidente e la sua voglia di bere vino e mangiare salame.
Ma no, ma-no.
Basterebbe levare di mezzo la religione dai governi, non il the dalle tavole, e sarebbero paesi in alcuni casi cento volte più belli dei nostri.
Non impiccare gli omosessuali, non infibulare (è declinabile?) le bambine, non punire le conversioni, il resto tutto come è arrivato dopo secoli di storia diversa dalla nostra, ché è bello così, non serve occidentalizzare il medio oriente, serve andarci lo stesso pure se non ti servono il vino.
Io vorrei bere cosa beve chi non beve vino, voglio mangiare topi se mangiano topi, voglio andare in un posto e trovarci, banalmente, il posto.
Allora facciamo che si va ad Asmara a mangiare lo zighinì chiedendo le posate e via così, ché siamo italiani, oh.
Ma quale ottusità ci può essere dietro l’idea che tra la cultura di un posto e quella di chi in quel posto ci va, quella predominante debba essere la seconda?
E io adesso non è che voglio star qui a farla troppo spicciola, ma non è che serva troppa filosofia per capire che se tu italiano vai in Turchia pretendendo che sia il tuo modo di vivere quello che ti dev’essere permesso, al turco che in Italia se ne sbatterà il cazzo della raccolta differenziata tu avrai ben poche possibilità di dire qualsiasi cosa perché non starà facendo nulla di diverso di quello che fai tu quando vai a casa sua a pretendere il vino perché per te tra la tua cultura e quella del posto in cui sei andato ospite, quella che pretendi di trovare è la tua.
Si sono già occidentalizzati, non è vero che non si sono occidentalizzati.
Semplicemente hanno scelto il peggio dell’occidentale e quel modo di fare là che li porta a chiedere di levare i crocefissi dalle scuole è lo stesso che porta quei tre là a cambiar tavolo al solo accenno di privazione del vino che nemmeno bevono.
È il sugo macaroni, il motivo delle guerre, non il petrolio.
(e i crocefissi nelle scuole, ché se non ci fossero nessuno chiederebbe di levarli)
Parlavano turco, girava moneta turca, si mangiava un sacco di pollo e improponibili simulazioni di salumi forzatamente colorati rosa confetto, probabilmente convinti che le fette di finto salame sul piatto possano diventare fette di vero salame sugli occhi e farti così dimenticare che quello non è salame, non può essere salame, sei in Turchia.
Epperò di vino quanto ne vuoi, al bar la birra a fiumi, whisky non ne parliamo, “on the rock?” massì, ché così fa meno schifo.
A tavola l’ho buttata lì, con quattro compagni di cena due dei quali sconosciuti, il solito silenzio di chi non ha scelto di star lì e non ha scelto di starci con quei quattro e per questo non ha sostanzialmente nulla da dirsi e per questo, infatti, non si dice nulla; situazione più frequente di quanto si pensi, di quanto si voglia pensare per non ammettere quanto a volte la stessa tavola si finisca persino per sceglierla pure a due metri da casa propria, io le detesto quelle situazioni, non è possibile che non ci sia nulla da dire, anche una cazzata, un pensiero, non si può mangiare in silenzio quando non si è soli e allora ho scelto io la prima cazzata che mi è venuta in mente, come sempre quando voglio spezzare il silenzio di chi non ha nulla da dirsi.
“Per me non dovrebbero servire alcolici”, dico mentre chiamo il cameriere per avere il mio solito bicchiere di red wine (e non chiedere altro, ché altro non c’è da sapere su quel vino lì).
Poco ci è mancato che non si alzassero per cambiare tavolo, reagiscono loro chiamando il cameriere per avere la loro solita coca cola.
“E perché mai? Perché devono imporre le loro credenze anche ai turisti?”
Io mi chiedevo perché per tre persone che per cinque giorni hanno bevuto coca cola fosse importante avere il vino a tavola e non è che ci abbia messo molto a capirlo, in effetti, il perché: la solita cazzona questione di principio.
Ma che stronzi, pensavo.
“Non ti imporrebbero nulla, sei tu che hai scelto di venir qui” è come ho tradotto quel “ma che stronzi”.
“Se non servissero alcolici, non ci verrebbe più nessuno e potrebbero chiudere baracca e burattini”.
A quel punto ho mollato il discorso, troppo lunga, troppa poca voglia, non c’era appiglio.
Come fai a spiegare a uno che vuole il vino pure se poi non lo beve, che l’assenza di una persona che va in un paese che per cultura non beve alcolici a chiedere alcolici, per quel paese non sarebbe una perdita?
Vallo a spiegare al solito orgoglioso italiano, che là fuori c'è un mondo che potrebbe tranquillamente fare a meno di lui.
Battaglia persa.
Più viaggio e più continuo a pensare che il problema della incomprensione tra culture sia il vino e siano gli spaghetti col sugo macaroni.
Senti un sacco di gente dire che lo sviluppo del medio oriente non può che avvenire quando si decideranno a spostarsi verso l’occidente e la sua voglia di bere vino e mangiare salame.
Ma no, ma-no.
Basterebbe levare di mezzo la religione dai governi, non il the dalle tavole, e sarebbero paesi in alcuni casi cento volte più belli dei nostri.
Non impiccare gli omosessuali, non infibulare (è declinabile?) le bambine, non punire le conversioni, il resto tutto come è arrivato dopo secoli di storia diversa dalla nostra, ché è bello così, non serve occidentalizzare il medio oriente, serve andarci lo stesso pure se non ti servono il vino.
Io vorrei bere cosa beve chi non beve vino, voglio mangiare topi se mangiano topi, voglio andare in un posto e trovarci, banalmente, il posto.
Allora facciamo che si va ad Asmara a mangiare lo zighinì chiedendo le posate e via così, ché siamo italiani, oh.
Ma quale ottusità ci può essere dietro l’idea che tra la cultura di un posto e quella di chi in quel posto ci va, quella predominante debba essere la seconda?
E io adesso non è che voglio star qui a farla troppo spicciola, ma non è che serva troppa filosofia per capire che se tu italiano vai in Turchia pretendendo che sia il tuo modo di vivere quello che ti dev’essere permesso, al turco che in Italia se ne sbatterà il cazzo della raccolta differenziata tu avrai ben poche possibilità di dire qualsiasi cosa perché non starà facendo nulla di diverso di quello che fai tu quando vai a casa sua a pretendere il vino perché per te tra la tua cultura e quella del posto in cui sei andato ospite, quella che pretendi di trovare è la tua.
Si sono già occidentalizzati, non è vero che non si sono occidentalizzati.
Semplicemente hanno scelto il peggio dell’occidentale e quel modo di fare là che li porta a chiedere di levare i crocefissi dalle scuole è lo stesso che porta quei tre là a cambiar tavolo al solo accenno di privazione del vino che nemmeno bevono.
È il sugo macaroni, il motivo delle guerre, non il petrolio.
(e i crocefissi nelle scuole, ché se non ci fossero nessuno chiederebbe di levarli)
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