Il film dico, non il libro.
Quindi:
a) è un gran cazzo di bel film.
Tutto, la (le) storia, i dialoghi, la cosa di farlo in dialetto strettiiiiiiiiiissimo, il montaggio, la fotografia, tutto.
Ché io in genere i film italiani non li apprezzo mai a fondo.
C’è quello che la storia è fantastica ma pare confezionato da un gruppo di studenti al primo anno.
C’è quello che la regia è speciale ma, accidenti, la storia, quattro luoghi comuni in più sull’italiano medio e ci si può confezionare uno spot per tedeschi a Venezia.
C’è quello che gli attori sono anche bravi, ma finché il limite è “non dite preservativo ché c’è il moige” poi finisce sempre che a far le cose belle vanno in francia.
C’è quello di chi si azzarda a mettere nella sceneggiatura un paio di preservativi ma poi lo fa pronunciare a Jerry Calà e tutto crolla (per quanto, anche il trash c’ha il suo perché).
E poi c’è Verdone, che fa categoria a sé, che per me poteva (doveva) chiudere la carriera con “In viaggio con papà” e invece ha voluto proseguirla e oggi vince premi su premi e io non me ne spiego manco uno.
Questo no, questo ha tutto, questo è fatto bene, questo c’ha le palle, c’ha attori che non sono attori ma danno la merda alla maggior parte dei volti sullo schermo oggi, tutti, dal primo all’ultimo, non ce n’è uno che ti dia quell’effetto “attori di strada” che non vedi la camera ma lo sai, lo senti, quasi la vedi che è lì a dieci centimetri da quella faccia (questo effetto qua, per capirci), lì no, paiono tutti usciti dall’actor studio e se non è così dovrebbero entrarci perché la base c’è tutta e se quello è il punto di partenza il possibile arrivo è roba da non perdersi, oppure sono tutti davvero camorristi dentro, che è la seconda spiegazione possibile a tanta dimestichezza col metodo quello là, come si chiama, Stanislavsky, che sembra inventato per, anzi da, loro.
b) La parte di Servillo è l’unica che si poteva anche togliere in blocco.
No, lui bravissimo, niente da dire, ma lì in mezzo pareva, per tornare al parallelo, al suo posto quanto Placido in Mery per sempre appunto.
Il più prevedibile, il meno dirompente, lo specchietto per le allodole, il nome che fa botteghino, la storia meno storia di tutte, quella che sta lì perché a’munnezza oggi fa cronaca e non la si poteva evitare, però si fosse evitata il film ne avrebbe guadagnato, anche perché è stata raccontata davvero ma davvero scema, come fosse affare di un ragioniere e la sua furbizia e non roba da riunioni d’affari all’estero quale invece è.
Sì, c‘hanno provato con classico dialogo finale che ti dici “Ok, ora ci raccontano la chiave di tutto il meridione” e invece manco gli spara mentre si allontana dopo aver sentito le due frasi più banali della storia delle frasi banali dei film.
Titta pare lontano secoli.
c) Manco un cenno alla politica.
Ecco, dai, diciamolo, va bene tutto, ma manco un assessore, un consigliere comunale, un circolo di quartiere, niente.
Siamo mica nati ieri.
Va però detto che nella sala accanto c’era “il Divo” e quindi probabilmente tutto il resto, sicuramente assessori, consiglieri comunali, circoli di quartiere, Roma.
d) Sono uscito con un unico gigantesco dubbio
Ma come diavolo è possibile che abbiano permesso di girare il film proprio lì, tra quelle porte, tra quelle scale, tra quelle vedette?
Mi ha risposto lei, che su diverse cose è innegabilmente più intelligente di me.
È uno spot.
È un film bifronte.
Riesce a essere contemporaneamente profondissima denuncia e ineguagliabile spot nello stesso tempo.
Conveniva a entrambi che fosse girato lì, proprio lì, proprio in quel modo.
Chi non ha in sé il germe non ottiene altro che il radicamento della convinzione che quel mondo sia il vero male dell’Italia.
Chi ha in sé il germe, dopo aver visto il film corre ad arruolarsi tra le fila della camorra.
A me ha confermato solo un sacco di cose che con la camorra poi c’entrano fino a un certo punto.
Ma che sono mie e tali restano.
Ora però un suggerimento.
La sicilia ha avuto il suo Mery per sempre.
La puglia il suo (splendido) Mio cognato
Ora la campania il suo Gomorra.
Ecco, il suggerimento dicevo.
Magari qualcuno si prenda le palle in mano e racconti seriamente la calabria.
Ché sarebbe anche ora.
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