5 giugno 2008

Sei Perseo? Auguri.

No, non lo sapete.
Non lo sapete perché io voglio che non lo sappiate. Più.
Altrimenti sapreste dello tsunami che ho scatenato.

Chi mi leggeva un tempo, sapeva che c’erano storie che parlavano di persone vere.
Quello che non sapeva però, era che anche le storie erano vere.
Sembravano sempre, mi si diceva, delle rappresentazioni di storie fantasiose con personaggi reali.
E invece no, erano vere anche le storie.

Un giorno scrissi una storia che forse è la storia più cara che ho dentro.
Mentre scrivevo avevo in mente l’immagine esatta di quella storia, ogni virgola era parte di quell’immagine.
Quello che non ricordavo era che di quella storia, di quell’immagine nei miei pensieri, ne esisteva una versione reale.
Non sapevo che in un posto lontano, ma non così tanto, qualcuno ha per trent’anni protetto con cura, con la stessa cura che io ho riservato per trent’anni all’immagine che portavo dentro, l’unica foto esistente di quella storia che no, non era inventata.

E allora per i miei trentasei anni mi regalo di nuovo quella storia così da averne finalmente la versione completa che non credevo avrei mai avuto, alla quale oggi posso aggiungere la sua vera immagine reale così da chiudere la storia nell’unico modo possibile e cioè così come cominciò.

Buon compleanno a me.
Che sto cambiando il mondo intorno con fatica, ma con la gioia di chi nel farlo si sente dire “guarda, cosa ho conservato per tutti questi anni”.
Che per la prima volta da quando sono nato sento una cosa che non avevo mai sentito.
Sento che esiste una terra alla quale appartengo.
E io non l’ho mai provata questa cosa.

Quando eravamo piccoli ci troveremo di nuovo sulla collina, io la sabbia, tu l’acqua, lui ci guarderà sorridendo indicandoci mattoni grandi, troppo grandi, io la sabbia infatti, tu l’acqua infatti, dove mai andremo, quando eravamo piccoli.
Farà caldo e andavamo al pozzo, che paura ma poi uscirà ancora fresca, fredda, quando eravamo piccoli sarà buona, cammineremo sul sentiero e sceglieremo la cameretta sopra i ciotoli e la sabbia e l’erba, eravamo piccoli la vedevamo era lì, io la sabbia, tu l’acqua, la cameretta poteva essere dovunque, la faremo, ci sembrerà possibile, eravamo piccoli, più piccoli dei mattoni, più grandi della cameretta, un legno disegneremo la finestra qui, la porta là, ci guarderà sorridendo, ci dirà sì, dove facevamo la cameretta.

Quando eravamo piccoli impareremo il cemento, dove eravamo rimasti il giorno che avevamo smesso, io la sabbia, tu l’acqua, lui i mattoni troppo grandi anche per lui.
Io, sai, ho imparato a costruire clessidre, qualcosa dovevo farmene di quella sabbia senz’acqua quando ci siamo lasciati quel giorno sulla collina, vedessi che belle, all’inizio non tanto oggi tanto, soffio il vetro con la sabbia già dentro, un pezzo unico, il vetro è sabbia prima, lo sapevamo, disegnavamo finestre sulla sabbia, infatti, oggi prendo la sabbia soffio intorno ma solo poco, quanto serve per rendere vetro un velo intorno, si chiamano clessidra, mi hanno detto segnano il tempo, non è vero, lo dicono quelli che non sanno ma se vuoi dimostrarglielo mostragli una clessidra e chiedi di dire quanto tempo è passato, non lo sanno, ti devono prima per forza chiedere quante volte l’hai girata, ti devono chiedere da quanto ce l’hai, ti devono chiedere se l’hai fermata, il sole segna il tempo, quando eravamo piccoli ci scalderà sul prato mentre disegnamo finestre e camerette.

Quando eravamo piccoli saremo figli, io porterò le mie clessidre e ti racconterò il segreto, ti dicevo “Guarda, guarda qui, che cos’è?” e tu mi dirai “Una clessidra, segna il tempo” e io ti dicevo “No, sono i piccoli delle finestre nella pancia della finestra mamma” tu mi dirai che tu avevi l’acqua.
Sei bravo, sai, con l’acqua, hai imparato a lavare tutto, a scavare solchi nella roccia, a far scorrere via i legni, le auto, le case, maniacalmente pulito, tutta quell’acqua del resto, qualcosa dovevi fartene senza sabbia, quando eravamo piccoli mi farai vedere il pozzo e mi dirai che hai imparato, ci sei stato, c’è l’acqua, tanta acqua, io ti dicevo “È fredda” e tu mi dicevi “Solo se la lasci lì, fuori c’è il sole, scalda oltre che segnare il tempo”.
Allora lo saprai e avevi disegnato le finestre, mi hanno detto che sono grandi oggi, lo sapevi che sono fatte di sabbia?
Non ci fossimo lasciati, quel giorno, oggi lo sapresti.

Quando eravamo piccoli lo saprai, andremo sulla collina dove c’è il pozzo disegneremo finestre sulla sabbia tu prenderai l’acqua nel pozzo ché io non ci sono mai stato e avrò paura tu non più, io prenderò tutte le mie clessidre, le più belle, le appoggerò dove avevamo disegnato le finestre della cameretta, il sole scalderà il vetro, si scioglierà come acqua, i piccoli delle finestre scapperanno tutti fuori tu non ti tenevi più l’acqua tutta per te, la lascerai andare, dove avevamo disegnato le finestre tutto si unirà e nascerà la cameretta, avevamo a un passo dal nostro naso il cemento, quanti anni, quando eravamo piccoli ne avremo passati tanti, troppi, io sabbia, tu acqua, bravissimi a disegnare dove vorremo la nostra casa ma incapaci di costruirla.
È andata così, pazienza.

Di buono c’è che quel giorno anche lui scoprirà che cazzo farsene di tutti quei mattoni.
Era bravo, sai, lui con i mattoni, qualcosa doveva farsene, del resto, non stavano più attaccati quel giorno che ci siamo lasciati sulla collina io ho portato via la sabbia, tu l’acqua.
Andava in giro per le piazze e faceva l’artista di strada metteva una bilancia con i due piatti al centro, su uno ci metteva tutti tutti tutti i mattoni sull’altro si sedeva e la bilancia tornava in pari e tutti dicevano “Oooohhhhhh” e gli davano i soldi, aveva trovato il trucco era diventato bravissimo, non era vero che i mattoni che metteva sul piatto erano tutti, erano solo la metà, l’altra metà li aveva inghiottiti lui, pesava come la casa, dentro era di pietra, il bilancio era pari, io fragile come il vetro, tu svicolante come l’acqua, lui pesante, pesante come tutti i mattoni di quella casa sulla collina che un giorno che ci siamo lasciati ingoiò, l’avessimo seppellito intero pesante com’era avrebbe fatto un buco per terra profoooooondo di quelli quando eravamo piccoli che credevamo che se fai un buco profooooooondo esci in Cina, dalla terra, come i fiori.
Pensa le facce.
"E questo che cazzo è? Una casa?"
"No, un suiseki grande quanto, una casa"

Quel giorno saremo finalmente piccoli come non lo siamo mai stati, se escludiamo quel giorno che dopo aver disegnato la casa per terra, ci lasceremo per sempre.



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