28 marzo 2005

Pasqua

Dire che questa è stata una bella pasqua, viene difficile pure a me che bevo solo da bicchieri mezzo pieni da circa trent’anni.
“Mi dispiace”
“Per cosa?”
“Per un sacco di cose”.

Ora immaginate questa frase detta da un marcantonio di fratello di 34 anni, che in 120 chilometri dice solo questa frase, per passare i successivi 80, chilometro più chilometro meno, diciamo da Torino, dove sei andato a (ri)prenderlo, fino a spanne a Novara, a singhiozzare non cercando nemmeno più di nascondersi, tanto è profondo il buco dal quale sei andato a riprenderlo.
Poi ditemi “Passata bene la pasqua?”
E accettate il mio “no” senza andare oltre.

Ma c’è la nonna.
Ma si, quella che ogni volta mi racconta un aneddoto di quando eravamo piccoli.
La nonna, insomma, come altro la puoi descrivere?

Quella che cucina?
Si, aspetta, la cucina, dopo.
L’aneddoto di questa volta racconta dell’asilo nido.
La nonna non sa che il compito pasquale di Mario è tipo elisoccorso, quello di mettere Mario Bros nel baule della macchina, tra le catene per non uscire di strada e le cartine senza le strade del ritorno, e difenderlo dai mostri fino a casa.
Cioè, casa per come la intende lui.
Cioè, come non la intende lui.
Cioè come nemmeno lei, come del resto lui, fino a oggi aveva mai capito di che casa si sta, da due anni, parlando.

Fine antefatto a testimonianza di bravura di nonna.

L’aneddoto:
Mario Bros venne iscritto al nido, come da anagrafe, un anno prima di Mario.
La nonna, come da storia, andava a prendere e portava Mario Bros ogni giorno al nido, e Mario poi lo riportava con lei a casa.
Mario Bros urlava.
Dice la nonna, da quando con la macchina imboccava la via del nido.
La riconosceva e urlava.
Lo tiravano giù dalla macchina e urlava.
Lo portavano dentro e urlava.
La bidella un giorno disse alla nonna
“Lei oggi non scende nemmeno dalla macchina così si abitua”
e la costrinse a restare in macchina.
Mario Bros urlava di più.
Un giorno poi anche Mario venne iscritto allo stesso nido.
Il giorno che Mario Bros entrò al nido con Mario, non pianse.
Non pianse più da quel giorno in poi.
Fine dell’aneddoto.

La cucina, dicevamo.
La nonna è quella che cucina come la nonna.
Sembra un controsenso ma solo perché è troppo perfetto per essere vero.
Si autoconferma, diciamo.
È inappellabile.
Cucina anche gli altri giorni figurati a pasqua.
Ma oggi non era pasqua e non si è mangiato tutto quello che lei aveva messo in tavola.
Si aveva poca fame e tanta fretta di tornare a casa.
E poi alla fine allora le scatole più grandi per tutti.
Le scatole sono quelle vaschette d’alluminio nelle quali ogni volta che pranzi dalla nonna lei impacchetta la possibilità di cenarci, anche.
Sono laboratori in miniatura per la clonazione dei pranzi della nonna.
Sono come il cilindro del mago.
lei ci mette un tovagliolo, quando tu le apri ci trovi un coniglio.
Come il suo congelatore, nel quale risiede, pagato con la sua sola (mai aumentata) pensione minima, cibo sufficiente per tutti gli amici che le porti, a sorpresa, a casa.
Amici che mangiano sempre almeno un piatto di pasta fatta in casa, almeno un barattolo di peperoncini ripieni, almeno due cotolette, almeno un contorno caldo, almeno un dolce.
La gente non lo sa, ma i segreti di Fatima non sono solo tre.
Ce n’è un altro.
Mia nonna.
Quella delle scatole.
Quelle che ogni volta lei ce le consegna, noi non glie le riportiamo mai indietro, e la volta dopo quando pretendiamo la nostra scatola, alla sua, sempre finta, incazzatura “Non ho più contenitori! Ve li ho dati tutti e non me li riportate mai! Avete le case piene dei miei contenitori!” noi rispondiamo puntuali “Contenitori? Noi? Ma guarda che non li abbiamo!” senza mai essere usciti da casa sua con meno di dieci contenitori d’alluminio, senza mai esserci entrati con non dico due ma nemmeno uno pulito.
Un rito.
Antefatto: Mario sta per partire e allora dice
“No, nonna, metti solo la pasta, perché mangerò solo stasera e non voglio buttare la roba perché la lascio una settimana in frigo”
“Ma nemmeno due polpette?”
“No, nonna, davvero, tanto sono pienissimo e stasera la pasta andrà benissimo, lascerei il resto”
“Ma nemmeno un po’ di agnello?”
“No, nonna, sul serio, non insistere, lo dico davvero solo perché non li voglio buttare. Dalli a loro”
Il fatto:
Poi Mario arriva a casa, e ride un po’ al telefono con la nonna più giovane del mondo delle nonne.
Cioè, un po’, ci passa un’ora, diciamo.
E più lei racconta una cosa bella e più lui sorride.
E più lei parla e più lui si rasserena.
E più lei ride e più lui sente tornare la fame.
Ma le scatole erano quelle piccole di chi è un po’ triste e a lui dispiaceva perché adesso quelle due polpette le avrebbe mangiate volentieri, eccome.
Ma vabbè.
È lui che aveva rotto le palle.
“Andiamo a scaldare la pasta, vah”, pensò Mario.
Nella scatola:
Due dosi di pasta.
Quattro polpette.
Due pezzi d’agnello.

A nonna Mària.
Con due mani.
Come ci ha sempre mostrato.

9 commenti:

  1. utente anonimo03:55

    mmmmhhh... la pastiera della nonna.
    Imbattibile.

    Ste

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  2. perché non è la polpetta, che mangi. quella diventa nulla. è solo il veicolo di transustanziazione della nonna.
    me lo ricordo, fino a un po' di tempo fa.

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  3. utente anonimo13:58

    è che la nonna, lei sì che lo sa.
    che due porzoni abbondanti di cuore non rischiano mai di essere buttate.
    :)
    lisa

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  4. Uno: certe cose che scrivi le leggo sempre nel momento giusto.

    Due: la nonna Mària è di quelle che la sei o non la sei. Per fortuna ce ne sono tante, per sfortuna sono in via di estinzione, ma ci sono cose che si imparano, basta volerlo. Non dir di no, ho ragione io :P

    Tre: Di tutto il resto, un abbraccio.

    Haze

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  5. X Ste:

    La pasta, della nonna!
    La nonna è calabbbbrese!

    X Flounder:

    Solo il resto delle parole, lette intorno a quella, mi hanno dato la possibilità di capire cosa c'era scritto là... transu...transusta...

    vabbè.
    La polpetta, insomma.

    Ho capito.

    X Lisa:

    La nonna sà.
    Cosa tu desidererai dopo qualche ora.

    A te sembra solo che non ti ascolti, e invece, non ascoltandoti, ti ascolta.

    e ti parla, qualche ora dopo.

    X Hazel:

    Uno: Spero non sia un rammarico.

    Due: Hai assolutamente ragione tu.

    Tre: Lo prendo come una promessa.

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  6. straordinario
    sarà orgogliosa di te, tua nonna
    a proposito, il tuo post ha avuto dei fan anche sul mio blog, ma non avevo dubbi
    a presto

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  7. utente anonimo00:12

    Che tristezza broo... io di ricordi del genere ne ho pochissimi.
    Ad 11 anni avevo già finito la mia dose di pranzi della nonna, consigli della nonna e odore della nonna. Leggere questo post mi fa venire da piangere.
    [lacoincidenza]

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  8. X Tuareg:

    Beh...immagino che ogni nonna sia orgogliosa dei propri nipoti.

    o..."Nipotoni"... come dice lei.

    come del resto ogni nipotone non può che essere orgoglioso della propria nonna.

    grazie.
    l'ho visto.

    X LaCoincidenza:

    eh no...
    piangere no.

    non la vedi, nella foto?

    lei sorride.

    ha sempre dato tutto a chiunque, non solo a noi.

    la critichiamo un po' per questo, ma in realtà, come sempre, c'è da imparare anche da quel non dedicarsi solo ai propri nipoti.

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  9. 1, No, non è un rammarico. E' una sorpresa di quelle belle, che dici "Thò!" e sorridi. Molto.
    3, Si, è una promessa. Io le promesse le mantengo, vedrai.
    :)

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