Per esempio se, sempre assetati come siete, non resistete dal sentire la fondamentale mia anche sulle contestazioni alla festa del PD, non dovreste far altro che andare qui.
Se invece lui vi sta sulle palle e non volete andarci ma lo stesso non dormite se non conoscete la mia anche su questo argomento, allora come sotto agevolo.
Non prima però di aggiungerci un update.
Sono due giorni che i vertici/media della maggioranza hanno fatto scattare la solita opera di mistificazione.
Il fumogeno è diventato la bomba carta.
La tecnica è sempre la stessa, quella di Fede che storpia i nomi, far finta di sbagliarsi fino a far passare la cosa.
"hanno tirato la bomba carta...cioè sì scusa il fumogeno"
Non "Il fuLogeno"..."il fuTogeno"...."il fuCogeno"...ché uno può sbagliarsi, no... "la Bomba carta cioè scusa il fumogeno" e il fumogeno diviene bomba carta per quella metà popolazione che non conosce la differenza o non la considera importante.
E così a ruota da un paio di giorni c'è chi riassume con "terrorismo", agganciandoci la novità intelligentissima che vede la colpevole del gesto essere figlia di un PM, come fosse quell'aggravante che non è ma che così viene presentata da chi sta piegando la realtà fino a renderla utilizzabile, fino a scoprire questo inaspettato dettaglio che la rende utile persino a battaglie parallele che con questa non c'entrano un cazzo ma che possono esservi agganciate causa botta di culo genitoriale.
Ed essendo una bomba carta e quindi attentato e quindi terrorismo, Bonanni di conseguenza oggi può parlare di arresto senza che nessuno gliene tiri un altro, sapendo che essendo anche figlia di un PM non passerà un giorno prima che qualcuno dica che se non è stata arrestata non è perché non è un reato tirare fumogeni (altrimenti fuori dagli stadi dovrebbero esserci treni con le grate alle finestre pronti a partire a fine partita) ma perché è figlia di un PM, quindi protetta, quindi i PM sono politicizzati, quindi è una casta e per di più filoterrorista.
Ualà, tecnica per l'ennesima volta a segno, mistificazione compiuta, realtà per l'ennesima volta piegata a uso e consumo.
Fine update, agevolo di nuovo saggezza:
Sono giorni che si parla delle contestazioni come fossero delle violenze volte a zittire Dell’Utri, poi Schifani, poi Bonanni.
Ce ne fosse uno che considera i tre sopracitati come semplici elementi esterni di un gioco che nemmeno li riguarda.
No, macché, troppo ghiotto il piatto per non dare per vero il primo strato della foto e utilizzarlo per il vero punto d’incontro trasversale che è riuscito a unire l’intero arco parlamentare: la libertà di parola.
E che bello, ma che bel suono, e parliamone un po’, massì, c’è spazio e mancano gli argomenti, difendiamo la libertà di espressione che se non è anche di Dell’Utri non è di nessuno e darei la vita e bla bla bla.
Sai che c’è?
C’è che viene da chiedersi se la capacità di analisi sia forse la vera emergenza nazionale, prima ancora del processo breve e, settimana prossima, della par condicio.
Non che la tua sia sbagliata, eh, intendiamoci.
E’ che è vera ma riferita a uno scenario che forse non è quello, o comunque non è così certo che sia l’unica lettura possibile degli stessi eventi.
Te ne propongo un’altra, la stessa scena ma da un’altra prospettiva:
Chi davanti al palco ha impedito a Schifani di parlare, non fischiava Schifani, fischiava Fassino.
Chi ha contestato violentemente Bonanni, non contestava Bonanni, ma Letta.
Stessa prospettiva: Fassino non difendeva Schifani richiamando gli squadristi, ma sé stesso.
Letta in piedi col dito alzato non difendeva Bonanni (né tantomeno la libertà d’espressione) ma metteva in piedi la scenetta provata davanti allo specchio per tutto il giorno (il gomito, dai, ma l’hai vista com’era fasulla la tensione?) per la quale Bonanni era necessario al fine di dire “Ma quanto siamo democratici noi, eh?”.
E arrivo al punto.
Il Piddì, alla lunga e pare interminabile sequenza di incredibili cazzate comunicative che è fino a oggi e dal primo giorno di fondazione riuscita a inanellare inarrestabile, ha oggi aggiunto questa che forse è la più sofisticata e, per questo, la più madornale (essendo il piddì tutt’altro che un tavolo di sofisticati comunicatori):
utilizzare il proprio spazio/palco non per parlare, ma per FAR parlare.
Ora tu dirai “e che c’è di male?”.
Niente, se fossi un partito che ha già detto tutto ciò che doveva dire ai suoi elettori fino a sviscerare e risolvere ogni singola area scoperta di messaggi e posizioni e progetti, al punto da potersi permettere il lusso di concedere il suo spazio/tempo addirittura agli avversari.
Niente, se fossi la Lega, in sostanza.
E invece sei il Piddì, un partito delle cui idee ancora si ricerca non dico l’origine ma almeno la forma, così da risalire autonomamente se proprio se ne ha voglia all’origine.
Un partito la cui linea è chiara quanto il genoma letto da me.
Un partito i cui stessi elettori faticano a descrivere forma, progetti, prospettive.
Un partito che utilizza ogni piccola finestra mediatica che la mastodontica macchina avversaria le concede in briciole di brevi secondi intervallati da settimane di vuoto, per lamentare l’assenza di spazi per “comunicare le nostre proposte e non sapete com’è dura fare opposizione quando non hai spazi per far conoscere le mosse che fai ma che nessuno vede” e giù lacrime e tu dici “Beh, questa era un’occasione, potevi approfittare e infilarci dentro una proposta, invece che la comunicazione dell’assenza di occasioni per comunicare una proposta”.
Ecco tu sei questo partito, no?
Ecco una volta all’anno gli spazi te li costruisci da solo, le telecamere sono le tue, lo spazio è il tuo, la gente che non vedeva l’ora di sentirle queste proposte è la tua che è lì per dirti “Hai ragggione cazzo, creiamoceli da soli gli spazi per parlarci, ora siamo qui, dicci tutto, non te lo possono togliere il microfono ora e vediamo se riescono a impedirti di dirci le tue proposte! Basta dieci secondi tra una dichiarazione filogovernativa di Schifani e una di Bonanni! Ora siano tre ore tutte di proposte, così ci convinci e votiamo!”
Ecco, tu a quel punto rispondi:
“E ora passiamo la parola a Schifani e poi a Bonanni, perché siamo democratici”
Tu sei proprio così sicuro sicuro di vedere la cosa dalla prospettiva giusta, quando dici che quelli che si sono fatti due ore di fila in macchina per finalmente sentire le tue proposte senza i tagli/panino della macchina da guerra RaiSet, roba della quale ti lamentavi tu eh, e si ritrovano a dover ascoltare per due ore Schifani perché tu ti possa dire un sacco democratico, se ti tirano giù il palco di fischi e sedie si sono comportati male malino?
Non so, io credo che a furia di inseguire la bandiera della difesa delle libertà (ehm) si sia finito col perdere completamente la bussola.
Un partito che passa il suo tempo a piangere perché i suoi elettori non lo votano perché gli viene impedito di far arrivare loro le proposte che eccome ci sono oh quante ne abbiamo madonna che carrettata di progetti se solo ce li facessero comunicare e poi quando ha una settima di orecchie spalancate decide che la priorità è la difesa della Libertà che va dimostrata sparando in quelle orecchie non quei progetti e sentiamoli, ma la voce di Schifani… beh, fanculo al bon ton e se ne venga giù la tenda con sotto te, le tue lacrime da calimero per 355 giorni l’anno quando Schifani non ti fa parlare e la tua difesa del diritto di Schifani di parlare anche negli unici 5 che erano tuoi e la gente tali se li aspettava.
La Lega potrebbe permettersi una boiata del genere.
Perché non c’è una sola virgola delle sue idee che non sia stampata dentro ogni suo elettore fino al punto che anche se stai zitto o se fai parlare il tuo peggior nemico, non hai comunque perso una virgola o un solo voto e a quel punto sì che puoi persino guadagnarne se li fai parlare davanti ai tuoi, perché i tuoi li consolidi se gli dai in pasto un “comunista”.
La Lega, non il Piddì.
Hai mai visto fare una roba del genere?
Macché, quelli anche potendolo fare non si staccano un secondo dai loro microfoni e se raccolgono qualche migliaio di loro sostenitori quella piazza la usano per incollarseli ancora di più addosso, per accenderli ancora di più, per eccitarli all’inverosimile e gli altri si fottano, vadano a parlare a casa loro.
E tu sei il Piddì.
E fai il democratico.
E piangi l’assenza di microfoni e quando li hai li regali e se i tuoi s’incazzano gli punti pure il dito contro perché loro eh eh eh non sono mica democratici come te.
E il giorno in cui viene stracciata ogni operaia speranza contrattuale per sostituirla con il testamento nazionale e tombale dei diritti e la distruzione dei sindacati viene certificata nero su bianco, il giorno in cui il sindacalista più governativo che esista rilascia una dichiarazione profedermeccanica che sigilla il suo essere di confindustria temporaneamente spostato a quinta colonna in fabbrica, quello stesso giorno, non un altro, quello stesso, nella città di quella FIAT che sta facendo carne da macello di quegli operai che hai davanti, quella città, non un’altra, quel giorno, non un altro, il giorno dell’apertura dei cancelli che per ciascuno di loro è il primo della serie finale che durerà lo spazio della cassa integrazione e poi il futuro aspettano che glielo dica tu che dici di averlo in mente ma nessuno ti da spazio per raccontarglielo e loro corrono lì perché nessuno ora potrà toglierti il microfono, loro vengono lì a sentire come li aiuterai a non essere maciullati insieme ai loro diritti chi gli fai trovare sul palco?
Bonanni.
Lui, non uno degli altri.
Perché così sei democratico.
E vaffanculo, tu una sedia allora te la meriti.
Bonanni e Schifani, in tutto quello che è successo in quella piazza in questi giorni, non c’entrano assolutamente nulla.
Sono semplicemente la forma del perché il Piddì era roba morta ancor prima di nascere.
I fischi, le sedie, i fumogeni, non erano per loro.
Erano per chi agli operai ha fatto trovare Bonanni e Schifani e s’è pure incazzato quando questi hanno detto “ok, confine superato, al mio segnale scatenate l’inferno”.
Scusa la lunghezza, però basta, con ’sta storia della libertà di parola, come fosse il problema.
Libertà sì, ma allora sia reale.
E certe parole non si possono sussurrare, né certe sedie possono essere tirate in faccia, contrattualmente e moralmente, solo a chi le ha costruite, salvo poi insultarli se le rispediscono indietro.
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